mercoledì 19 febbraio 2025

Non tutto il male viene per nuocere: Vance e la UE

 Certo il discorso di Vance sulla Europa è singolare, dire che noi europei abbiamo perso di vista i valori democratici, da uno che è il vice di un presidente che non ha accettato le precedenti elezioni e  poi ha di fatto sobillato i suoi fans, che  hanno assalito Capitol Hill con una delle azioni più gravi che si siano viste in USA, fa veramente sorridere,  io se fossi stato lì mi sarei alzato e andato via. 

Comunque criticare la UE è giusto perché troppe cose non vanno e questi continui schiaffi, che l'ammistrazione Trump da a l'Europa e alla UE, spero siano benefici. Diciamo che gli USA hanno sempre fatto quello che gli pareva, magari i modi erano più soft ma la sostanza non cambia, gli USA fanno e hanno sempre fatto i loro interessi. 

Ma andiamo con ordine, la creazione del mercato unico e poi della UE è stata una cosa giusta che ha portato più vantaggi  che svantaggi. L'allargamento a est della UE lo capisco da un punto di vista politico ma ha creato una struttura elefantiaca, ingestibile con il sistema della unanimità; inoltre i paesi dell'est sono molto diversi da quelli occidentali, hanno sistemi democratici giovani, economie in crescita mentre a ovest abbiamo economie mature, non è  facile fare convivere paesi così diversi. Poi c'è stata la introduzione dell'euro, anche qui ci sono alcuni aspetti positivi, diciamo che ne ha beneficiato la Germania con una moneta più debole del marco, non ne ha beneficiato l'Italia delle svalutazioni competitive anche se, ovviamente, ne abbiamo beneficiato per gli scambi con il dollaro e con interessi più bassi su di un debito enorme. Ma il punto peggiore, che ho sempre sottolineato, è che abbiamo creato una moneta unica e poi non la utilizziamo a pieno, non emettendo bond comuni che sarebbero utili al sistema bancario, avremmo un debito comune da utilizzare e si pagherebbero meno interessi, almeno noi è non solo. Senza parlare delle politiche economiche sempre restrittive e anti deficit, che tanti problemi hanno creato nel passato e ancora si persiste su questa linea. Per non parlare di una mancanza di una vera politica industriale e strategia di crescita e sviluppo, e ancora l'elenco sarebbe lungo. 

Per fortuna a dire queste cose non sono io ma Mario Draghi che con il suo report ha sconfessato gli ultimi 30 anni di strategie UE. Purtroppo negli ultimi anni la UE è  stata a guida germanica, con la Francia che ha ripetutamente fatto accordi con la Germania invece di guardare anche ai paesi del sud, Italia e Spagna, per fare fronte comune. Della UK meglio non parlarne anche perché è fuori ma ha sempre guardato più oltre Atlantico. Adesso che sarebbe ora di cambiare la situazione non è delle migliori, Macron e la Francia sono in enormi difficoltà, la Germania è in piena crisi economica e politica con la destra che avanza, e da noi la Meloni fa esercizio di equilibrismo tra UE e Trump, un vero disastro, difficile che si riesca a dare un cambio di rotta deciso. D'altra parte la UE non ha scelta se rimane in questo stallo istituzionale e politico è destinata a soccombere. Per competere bisogna avere i numeri, e in Europa non mancano né le risorse né le teste, ma bisogna avere una struttura istituzionale funzionale, più snella, più capace di rispondere alle sfide economiche, tecnologiche, militari e strategiche che le altre grandi potenze pongono. Il futuro è  sempre aperto, chissà se questi schiaffi non ci facciano bene e ci costringano  veramente a cambiare, peccato che solo Draghi sembra l'unico che abbia ben capito la situazione è abbia fornito delle proposte adatte.

lunedì 3 febbraio 2025

Hans Rosling- Factfulness-Dieci ragioni per cui non capiamo il mondo e perchè le cose vanno meglio di come pensiamo

 Quella di oggi non è proprio una recensione piuttosto una segnalazione. Si tratta del libro di Hans Rosling medico e statistico svedese, membro della Accademia di Svezia, scomparso poco prima della pubblicazione del libro.

 Il libro inizia con una serie di domande generali sulla situazione mondiale a cui spesso anche persone colte danno risposte sbagliate. Infatti il libro cerca di dimostrare, con dati e anche in base alle esperienze dell'autore, come spesso, noi occidentali in particolare, abbiamo una conoscenza infarcita di pregiudizi quando pensiamo al resto del mondo e in particolare ai paesi più arretrati economicamente. Nel libro elenca quindi ben 10 errori che commettiamo nel giudicare la situazione degli altri paesi mentre i fatti (factfulness) e i dati ci dicono ben altro.

 Un libro leggero e di facile lettura,  con tanti aneddoti della sua vita di medico in tanti paesi e che vale la pena di leggere per scoprire e sorprendersi che molte cose che pensiamo sono profondamente condizionate e sbagliate.

lunedì 27 gennaio 2025

Inutile piangere sul latte versato

 La  vittoria di Trump, le sue mosse e i comportamenti di Elon Musk stanno generando commenti preoccupati e contrariati da parte di molti che parlano di declino della democrazia, autoritarismo e finanche fascismo. Per quanto mi riguarda certo non sono felice della situazione che si sta creando negli USA ma anche in buona parte di Europa. Non mi piace che un uomo, perquanto geniale, si permetta di intromettersi nella politica di molti paesi, compreso il nostro, un uomo troppo ricco e troppo potente non dovrebbe avere ancora più potere. 

Detto ciò quando mi accorgo di aver fatto un errore cerco di non prendermela con il destino baro e cinico ma mi sforzo di capire dove ho sbagliato, se una squadra perde ha sbagliato evidentemente molte cose. Chi crede nei valori democratici e nel progresso, nel miglioramento della società e,  soprattutto, chi dovrebbe rappresentare queste istanze nella politica dovrebbe fare un profondo esame di coscienza

Il capitalismo non è il migliore dei sistemi ma con opportuni limiti si è dimostrato migliore di utopie, belle in teoria, che si sono rivelate fallimentari sul piano economico e con molte sofferenze e morti a suo carico. La democrazia ha tanti vantaggi ma ha anche molte debolezze, inoltre non si può dare mai per scontata, anzi la storia ha dimostrato che la democrazia, in qualsiasi forma, è  minoritaria nel corso dei secoli. Il capitalismo infine dovrebbe essere visto come un mezzo e non un fine per raggiungere la prosperità. 

Come ho infatti scritto qui il sistema economico e sociale funziona bene quando Mercato, Stato e Democrazia si equilbrano. Come asserisce anche Acemoglu le società che progrediscono di più sono quelle con istituzioni più inclusive e cioè democratiche, dove società e Stato si equilibrano. Come diceva Schumpeter magari il popolo o i cittadini non possono avere contezza di tanti problemi complessi che riguardano la società, ma conoscono bene i loro interessi. 

In particolare, le persone vogliono sicurezza: sicurezza economica, sicurezza personale e dei loro beni, sicurezza della salute. Cosa è successo negli ultimi 30 anni in gran parte dei paesi occidentali? Il lavoro è diventato più precario, alcune fasce della popolazione, che appartenevano a una certa classe media, si sentono più povere e insicure, la sanità sta diventando sempre meno efficiente, inoltre una certa propaganda fa cadere che le città siano meno sicure di un tempo, cosa mediamente non vera. La risposta di quella parte politica, che storicamente era a difesa delle classi medie e anche più sfortunate, ha di fatto sostenuto che il mercato era buono, che la globalizzazione era un bene, che l'Europa era la nostra salvezza, ecc. 

A fronte di una situazione che ha visto i ricchi sempre più ricchi, le aziende sempre più globalizzate e capaci di spostare il lavoro dove costava meno, buona parte di queste persone hanno perso fiducia nel sistema, in parte sono quindi passate a votare formazioni populiste e sovraniste, che almeno a parole pretendono di prendere a cuore la loro parte, un notevole gruppo di persone invece ha smesso di votare. Questo stato di cose è  molto chiaro a molti analisti e studiosi come abbiamo visto nel blog, oltre al fatto che la politica nazionale ha molte meno leve per fronteggiare la situazione, vedi aziende che delocalizzano o spostano le loro sedi all'estero, o ancora spostano i ricavi fuori eludendo le tasse. Quindi, invece di un inutile vittimismo ed esecrazione dei nuovi vincitori, bisogna avere il coraggio di ammettere di aver fatto molti errori e che gli elettori non sono solo una massa di ignoranti e creduloni.

Da dove si riparte? In teoria è facile bisogna ridare ai cittadini la possibilità di contare di più e di vedere che i loro interessi vengano persi in considerazione e possibilmente esauditi. Ovviamente la azioni pratiche da intraprendere sono più complesse da implementare. In primo luogo c'è un problema di informazione, la stampa e TV sono spesso in mano a potentati economici, bisogna favorire maggiormente stampa e TV indipendenti. In Italia, poi, la RAI dovrebbe essere soggetta ad organismi indipendenti formati anche da cittadini estratti a sorte per evitare che sia al servizio del governo di turno. Oggi la informazione viaggia principalmente sui social, e qui abbiamo visto la importanza e alcuni azioni per limitare il potere dei giganti digitali che possono condizionare il dibattito politico e anche le votazioni.

A livello di istituzioni sono state proposti organismi parlamentari con persone prese a sorteggio o con camere del merito, cioè persone selezionate in base a certi risultati di rilievo ottenuti a livello accademico o professionale. Da noi in particolare bisognerebbe abolire questa pessima legge elettorale che blocca le liste e  favorisce la scelta delle segreterie sulla volontà popolare. Sono favorevole al finanziamento pubblico dei partiti, per evitare i grossi condizionamenti economici, ma vorrei che una quota rilevante sia destinata alla possibilità dei cittadini di partecipare, ad esempio avere la possibilità di usufruire di spazi pubblici di discussione e aggregazione, come pure andrebbero finanziati anche partiti o organizzazioni democratiche, anche non elette. Poi come ho scritto qui servono scuole di formazione per preparare persone competenti, infatti uno dei capisaldi del progetto di Grillo indicava una giusta partecipazione dal basso ma che, senza adeguata preparazione, finisce come si è visto di scadere nel velleitarismo.

In conclusione, non serve piangere sul latte versato, o prendersela con i cittadini che sbagliano, bisogna prendere atto della situazione, cambiare strategia e prendere a cuore i reali problemi della gente come scritto anche qui  evitando che si vada ad ingrossare la massa di delusi e scontenti;  bisogna anche che una parte della classe politica fallimentare si faccia da parte e sia invece pronta a far crescere una nuova classe di giovani che guidino la innovazione politica e della società.

venerdì 17 gennaio 2025

Un paese di politici scappati di casa

 Le vicende di Trenitalia degli ultimi tempi evidenziano ancora una volta la scarsezza dei nostri politici in generale e della compagine di governo in particolare. Sicuramente di questi incidenti e disastri sulla rete ferroviaria non è colpa tutta di Salvini ma cosa ha fatto fino ad esso il Ministro? A parte grande propaganda sul ponte sullo stretto, su cui ho moltissime perplessità sia perché non ne vedo la priorità e sia per i costi che in Italia si decuplicano rispetto al preventivo, non si è mai preoccupato dei trasporti piuttosto di tutto il resto. Buttarla in caciara dando la colpa al passato è ridicolo e inaccettabile (oltre che falso visto abbiamo avuto molti ministri di destra). D'altra parte Salvini nella sua vita non ha mai fatto niente, non ha neanche titoli di studio, niente di niente. Però Salvini è in buona compagnia, il Ministro dell'Agricoltura ha inanellato tutta una serie di affermazioni risibili, e infatti parla poco ultimamente. Vogliamo parlare delle castronerie del precedente Ministro della Cultura caduto in disgrazia per una vicenda piuttosto ridicola, sostituito  da un signor nessuno che si sta laureando adesso e ha avuto un paio di uscite degne della famosa supercazzola. 

L'elenco è lungo potrei fare altri esempi, ovviamente anche nella opposizione la situazione non brilla di personaggi di alta  levatura, ad esempio la Schlein ha una buona cultura ma di esperienza pratica poca. Ma come ci siamo ridotti così? Siamo uno dei paesi più ricchi e industrializzati e non ci mancano persone di buona levatura. Se ci guardiamo indietro, nel primo parlamento del dopoguerra, c'erano più laureati in percentuale di adesso e oggi il nostro paese ha un grado di scolarizzazione molto più elevato di allora. 

È quindi un problema di selezione sicuramente, la attuale legge elettorale favorisce i fedelissimi rispetto al tanto citato a sproposito merito. Probabilmente chi ha una buona preparazione e buone possibilità non guarda alla politica ma piuttosto a qualche professione. Qualcuno, ad esempio Martin Wolf, ha proposto un Senato del merito, certo non si può imporre un curriculum come condizione per presentarsi in politica ma qualcosa andrebbe fatto, non solo sul piano della preparazione ma anche dell'etica, cosa ancora più difficile. Io in un mio post proponevo di dare una formazione di alto livello ai giovani meritevoli e non fortunati economicamente, forse una idea naive ma scusate sono fissato sul fatto di utilizzare al meglio le persone. Certo che un paese moderno, in una situazione che diventa sempre più complessa, tecnologicamente, socialmente, economicamente ecc., farsi guidare da una banda di scappati di casa (in buona parte) non promette nulla di buono e, infatti, nonostante tante eccellenze in vari campi il nostro paese negli ultimi decenni si è avviato in una discesa senza fine.

mercoledì 15 gennaio 2025

Jamie Susskind- The Digital Republic- On Freedom and Democracy in the 21st Century

 L'autore del libro, Jamie Susskind, ha studiato storia e politica alla Università di Oxford e si è laureato in Giurispudenza ad Harvard, esercita la professione di avvocato e questo è il suo secondo libro.

Il tema del libro è il potere incontrollato dei giganti digitali, che hanno lo straordinario  potere di modellare il carattere morale della società e che operano al di fuori dei canali tradizionali della politica. La crescita del potere digitale non è stata accompagnata dalla corrispondente crescita della responsabilità legale, una crescita veloce e quasi inarrestabile. L'autore, quindi, nel corso del libro cerca di mostrare le linee guida di quello che definisce repubblicanesimo digitale per contenere il potere della tecnologia digitale, i cui principi di base sono: la legge deve preservare le istituzioni di base necessarie per una società libera, la legge deve ridurre il potere della tecnologia digitale, la legge deve assicurare che la tecnologia rifletta i valori civici e morali delle persone, la legge deve assicurare che le leggi e regolamentazioni dello Stato siano le meno intrusive possibili. Questi principi rappresenterebbero un cambiamento di direzione rispetto a quello che l'autore definisce individualismo di mercato.

La tecnologia può cambiare il nostro comportamento tramite il condizionamento, inoltre può modificare la nostra visione del mondo,  infatti gli umani sono vulnerabili alle influenze cognitive, inoltre le cose negative tendono a catturare la nostra attenzione più  delle cose neutre o positive. Ogni scelta di fornire una determinata informazione è anche spesso una scelta di negare un altro tipo di informazione. In particolare il potere digitale si esplica in diverse forme: il potere di dettare le regole che gli altri devono seguire, il potere di controllare, il  potere di condizionare come le persone vedono il mondo e il potere di modellare le modalità di deliberazione democratica.

Una prima falsa credenza (fallacia della neutralità) è che un algoritmo tratti tutti allo stesso modo, anche perchè neutralità non è giustizia. Un altro problema è quella che l'autore definisce ideologia computazionale,  cioè trattare tutte le persone come meri dati che rischia di violare il principio che ogni persona conta.

Il potere è principalmente politico ed è permeato di valori, pregiudizi e ideologie. Il mercato fornisce il potere alle imprese tecnologiche a spese dei consumatori, per questo i problemi che sorgono dalle tecnologie digitali non possono essere curati dal mercato, come pure  i problemi del mercato non possono essere curati con la tecnologia. Alcune delle questioni sollevate dalla tecnologia sono così importanti e così intrinsecamente politiche che devono necessariamente essere soggette al dibattito democratico.

Uno dei problemi che viene evidenziato è la trappola del consenso, cioè che siamo continumente esposti a dare consensi su cose che non abbiamo il tempo ne le capacità di valutare, cioè siamo lasciati soli a negoziare i termini di impegno con i servizi digitali. Il problema fondamentale non è che non ci siano leggi ma che queste tendano a far decidere al business in maniera autonoma. 

In sintesi la tecnologia digitale esercita un potere, e la tecnologia non è neutrale e infine che questa tecnologia viene gestita in accordo principalmente con le logiche di mercato. Pertanto, il repubblicanesimo digitale deve avere alcuni principi il primo dei quali è di essere teso alla sopravvivenza dello stato democratico (preservation principle). Il secondo principio  è il domination principle ovvero ridurre il potere senza controllo della tecnologia digitale. Il terzo principio è il principio di democrazia, cioè che il disegno e sviluppo delle tecnologie digitali deve riflettere, per quanto possibile, i valori morali e civici dei cittadini. Infine, l'ultimo principio è che qualsiasi sistema di governance deve porre limiti al potere dello Stato (parsimony principle). 

In ogni democrazia, poi, sarebbe utile avere un organismo dedicato a pensare sistematicamente al futuro della tecnologia. In primo luogo sarebbero necessari degli organismi deliberativi pubblici di cittadini eletti a sorte con il compito di rispondere a questioni di principio sulle tecnologie digitali. Anche se esistono dei diritti individuali questi possono avere dei limiti quando i danni sono collettivi, per cui si rendono necessari dei rimedi collettivi tramite il rafforzamento collettivo degli standard e delle regole. Abbiamo fondamentalmente bisogno di contropoteri che limitino la sfida che pongono le tecnologie digitali. Ad esempio dovremmo avere degli organismi arbitrali di esperti indipendenti dallo Stato e dalle compagnie private. Sarebbero necessari anche dei meccanismi di certificazione come esistono in altri ambiti. Inoltre, sarebbe necessario promuovere la cultura per la quale chi prende importanti decisioni, in ambito tecnologico, sia obbligato a pensare attentamente alle responsabilità sociali. E' importante avere, inoltre, organizzazioni che abbiano meccanismi istituzionali per evitare fallimenti etici; ad esempio avere, per le persone che operano in ambito tecnologico, codici di comportamento e meccanismi disciplinari che li responsabilizzino, cioè un coerente sistema di regole e standards.

Per governare la tecnologia è necessario raccogliere informazioni sui sistemi e le imprese, servono comunque esperti. Esite una tensione tra le traparenza e la privacy, e la trasparenza non è una panacea ed esente da rischi. Abbiamo infatti necessità di una maggiore trasparenza nelle tecnologie digitali ma dobbiamo rispettare comunque gli aspetti tecnici e commerciali delle imprese. Un primo problema è la grandezza dei giganti digitali, purtoppo le leggi antitrust sono difficilmente applicabili al contesto digitale. Una politica antirust repubblicana considera sia il benessere del cittadino e sia  del consumatore, ma la priorità è quella del cittadino. Governare i dati è qualcosa di più che assicurare la privacy. Il consenso individuale deve essere affiancato da un un sistema di consenso collettivo garantito da una terza parte. Gli algoritmi poi sono troppo importatanti per essere lasciati al mercato poichè spesso hanno un impatto significativo sulle nostre vite, perchè prendono decisioni che sono politiche e morali. Gli algoritmi più rilevanti devono essere dunque allineati con gli standard morali della comunità nel contesto in cui vengono utilizzati.

Le piattaforme dei social media stanno già definendo i confini della libera espressione e decidendo la qualità della deliberazione democratica, queste infatti ordinano, filtrano e presentano le informazioni. La libertà di parola assoluta non è un opzione, alcune restrizioni sono necessarie per preservare una società civile. E' pertanto necessario un bilanciamento tra qualità e quantità di parola. Di fatto le piattaforme social operano per massimizzare i loro ricavi e ciò conduce a risultati nefasti in alcuni casi, esacerbando le divisioni sociali; creando inoltre  un sistema privatizzato di discussione che opera attraverso i consumatori piuttosto che i cittadini in accordo con regole mercantilistiche piuttosto che norme democratiche. In un certo modo siamo retrocessi a un livello  primitivo di discussione. Attualmente le piattoforme operano nella oscurità pertanto è necessaria una regolazione, come vi è stata negli USA per la radio e c'è attualmente in UK. D'altra parte i social media sono molto differenti dai giornali, infatti i social media collezionano una immensa mole di dati e il mondo dei giornali è molto piu decentralizzato e competitivo. In merito alla libertà di espressione vi è una profonda differenza tra l'approccio europeo e qullo americano, per gli europei la libertà di espressione è un bene comune e non individuale, pertanto deve essere assicurato in pratica il diritto alla libertà di espressione da un sistema di autogoverno. La libertà di espressione deve essere difesa dal dominio dello Stato ma anche a quello del privato. Le proposte per una regolazione delle maggiori piattaforme di social media sono che esse devono mettere in pratica un ragionevole sistema per: ridurre il flusso e la visibilità delle informazioni pericolose, evitare le molestie online, prevenire la interferenza straniera nel processo politico, mitigare gli effetti pericolosi di attività coordinate non autentiche e, soprattutto, incoraggiare la deliberazione civile su materie di importanza  pubblica. Infine, le piattaforme social dovrebbero rendere evidenti le loro politiche di moderazione.

Il libro è scritto molto bene con grande chiarezza e mette in evidenza i gravi problemi che sono inerenti alle tecnologie digitali e all'enorme potere incontrollato che le grandi coorporation hanno sulle nostre vite e anche sulla democrazia, pertanto ne consiglio vivamente la lettura. Il libro elenca non solo i principi ma anche molte proposte per limitare il potere e gli abusi delle grandi coorporation digitali. Anche se le proposte possono essere di difficile applicazione rappresentano delle soluzioni ai gravi problemi sollevati.  In UE, in particolare, è stato per fortuna emanato il regolamento GDPR,  che è un regolamento in materia di trattamento dei dati personali e di privacy, e quindi un certo passo in avanti è stato fatto, mentre negli USA, con l'amministrazione Trump, le cose purtroppo possono prendere una piega completamente diversa, basta vedere le ultime dichiarazioni e mosse di Zuckerberg.