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domenica 20 luglio 2025

Ma come abbiamo fatto a ridurci cosi?

 Riflettendo su come stanno andando le cose in giro per il mondo rimango sconcertato da come sia possibile che, nel XXI secolo con alle spalle secoli di progresso scientifico, tecnologico e in generale di conoscenza in tutti i campi, si dia credito a persone così poco preparate, che spesso mentono e  prendono decisioni importanti sulla base di scelte istintive e poco ragionate. Non c'è dubbio che abbiamo fatto passi da gigante nella scienza,  anche se molte cose non le capiamo. La scienza avanza per tentativi ed errori e le conoscenze non sono mai definitive  ma certo molte cose le sappiamo con ragionevole certezza.

In economia, branca che ho molto studiato recentemente, molti passi sono stati fatti anche se qui le certezze sono minori e le cosiddette leggi economiche sono solo parzialmente e contestualmente valide (Rodrik). In questo campo comunque ci sono cose su cui c'è una certa convergenza anche se le visioni rimangono differenti. Sappiamo, ad esempio, che il progresso è dovuto alla ricerca scientifica e alla applicazione delle innovazioni tecnologiche e di processo (Solow, Perez) . Il grande aumento della crescita è della produttività si è avuto a partire dalla fine del 1700 in avanti per effetto delle rivoluzioni tecnologiche. Inoltre una cosa che mi sento di sostenere e' che la crescita economica si realizza, e che si trasforma in sviluppo concetto più ampio, quando vi è un miglioramento delle istituzioni che creano le condizioni per una crescita più equilibrata e in qualche modo inclusiva e direi più democratica (Acemoglu). Sistemi poco democratici e dittatoriali hanno mostrato nel lungo periodo di essere meno efficienti, vedi URSS ma anche i sistemi dittatoriali in genere.

Il sistema capitalistico ha mostrato le sue potenzialità nel favorire la crescita ma, se non controllato, finisce per creare diseguaglianze eccessive che non sono né giuste né efficienti, inoltre porta allo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali come stiamo assistendo da tempo. Abbiamo bisogno di istituzioni finanziarie e monetarie che funzionino, anche qui le esperienze passate ci hanno mostrato che la finanza lasciata a sé stessa crea spesso disastri e che un prestatore di ultima istanza è necessario come pure l'intervento dello Stato per attenuare le crisi e favorirne la uscita (Kildenberger, Tooze).

Potrei aggiungere molto altro ma ciò basta a capire che abbiamo strumenti, ancorchè imperfetti, che ci possono aiutare a costruire società che funzionino meglio, siano più inclusive, distribuiscano meglio le risorse e non mettano in pericolo la sopravvivenza della umanità. Nonostante tutto ciò negli ultimi anni stiamo assistendo a una crescita dei populismi, con la salita al potere di persone di scarsissima preparazione che spesso combinano guai. Sono contrario alla tecnocrazia,  ma chi va al potere, anche se non preparato, dovrebbe avere il dovere di sentire e confrontarsi con più esperti, per decidere in base al volere popolare ma tenendo conto di ciò che sappiamo in termini di coscienze scientifiche, mediche, economiche, ecc. Purtroppo la TV è ancor più i social networks sono veicolo di disinformazioni, fake news e falsità scientifiche che circolano convincendo purtroppo troppe persone.

Se ci guardiamo indietro la umanità ha fatto passi da gigante e il progresso, in senso  ampio, si è  realizzato nel corso dei secoli ma questo non è sempre vero, abbiamo avuto periodi in cui le conoscenze hanno fatto passi avanti poi sono finite nel dimenticatoio per essere poi riscoperte secoli e secoli dopo (vedi ad esempio Erstostame e la conoscenza della sfericità della terra e la sua circonferenza); così pure a periodi di società ricche, organizzate e fiorenti sono seguiti periodi bui di degrado, povertà e disordine. Quindi il progresso non fa un cammino lineare (De Long)  e queste avvisaglie dovrebbero metterci in guardia; i cittadini tutti, e in particolare quelli che hanno più conoscenze, dovrebbero risvegliarsi dal torpore, non accettare uno status quo che spesso non è maggioritario, troppe persone infatti non votano. La democrazia, il progresso ma anche la nostra sopravvivenza su questo pianeta sono in pericolo, c'è bisogno di un risveglio di coscienze assopite, sono convinto che la maggioranza delle persone sarebbero favorevoli a cambiamenti nelle politiche dettati da scelte consapevoli e meditate e rivolte al bene comune.

Non possiamo e dobbiamo accettare che qualche folle, magari anche ricco,  ci imponga la sua volontà contro gli interessi della maggioranza, abbiamo avuto già condottieri, re e imperatori che hanno creato disastri e morti solo per la brama di potere, abbiamo già dato e sarebbe anche l'ora che facessimo i nostri interessi senza essere fuorviati da narrazioni ma basandoci sulle conoscenze acquisite.


sabato 22 febbraio 2025

Dalla fine della storia a l'inizio della distopia

 Se c'è un libro che mostra i suoi limiti in questa fase storica è il famoso libro di Francis Fukuyama: La fine della storia. Infatti, come scritto nella recensione, l'autore preconizzava la vittoria della democrazia come sistema di governo che si stava realizzando quasi  ovunque nel mondo. A vedere quello che sta succedendo negli ultimi anni,  e in particolare negli USA paladini per anni, almeno a parole, della democrazia sembra piuttosto di essere in un qualche film o serie distopica su un futuro che è invece realtà. Non sembra proprio che la democrazia stia avanzando, torna di moda invece l'uomo forte che decide e si sbarazza di quei lacci e contrappesi di cui è infarcita questa inutile democrazia.

Ma come siamo arrivati a questo punto piuttosto che ad una espansione della democrazia a un suo sostanziale regresso, con molti cittadini, il fantomatico popolo, che inneggia alla distruzione delle regole democratiche. Come ho già detto le democrazie anche nelle sue forme primitive, Atene o la Repubblica romana, non sono durate a lungo mentre abbiamo avuto una sequela di condottieri, imperatori e re nella maggioranza della storia conosciuta. 

La democrazia si basa su di un patto, come diceva Russeau il contratto sociale. Semplificando molto, da una parte i cittadini cedono una parte  della loro indipendenza e libertà a uno Stato che, con adeguate istituzioni democratiche, dovrebbe garantire sicurezza, rispetto della legge e una serie di politiche che siano conformi a quelli che sono i desideri della maggioranza. 

Ma questo meccanismo, per quanto imperfetto, si è  interrotto, perché una parte dei cittadini non vota più e un altra parte vota chi in pratica cerca di minare i fondamenti della democrazia, e non solo negli Stati Uniti lo vediamo in molte parti, anche a casa nostra qualcuno voleva i pieni poteri. 

Il problema è che lo Stato non è riuscito a mantenere il patto. Da una parte la globalizzazione lo ha indebolito togliendoli potere e mezzi economici, inoltre sono aumentate le regole internazionali, ad esempio le leggi e i regolamenti UE che sono visti come lontani e spesso avulsi dalle decisioni degli elettori. Inoltre, le classi medie stanno scomparendo per cui molti sono delusi e non votano, mentre i più arrabbiati votano chi si presenta come in opposizione allo status quo. La cosa divertente e sconcertamte è che negli Stati Uniti quelli che stanno cambiando le regole sono due ricchi miliardari, cioè la classe che più si è arricchita negli ultimi 30 anni. Come ho già scritto tutto ciò è anche colpa della classe politica, quella che dovrebbe avere a cuore la democrazia e il progresso, che ha continuato a sostenere di essere nel migliore dei mondi possibili quando invece stava perdendo di vista il demos, cioè il popolo.

Fukuyama nel suo libro sosteneva che la democrazia riusciva a soddisfare il desiderio di isotimia, cioè di essere riconosciuto come uguale, a me sembra che oggi  invece prevalga il sentimento del gregge che anela ad essere guidato da un pastore, e che spesso non è un buon pastore.

In conclusione, che tu sia progressista o conservatore, che tu sia nella classe media o anche sotto, dovresti cominciare a preoccuparti e a protestare per il rispetto delle regole democratiche, perché quando si è cominciato a lasciarsi guidare dal conduttore di turno le cose generalmente non sono finite bene,  e sono piuttosto preoccupato anche perché vedo persone,  che reputo democratiche, che si stanno illudendo che questo cambiamento sia positivo.

mercoledì 19 febbraio 2025

Non tutto il male viene per nuocere: Vance e la UE

 Certo il discorso di Vance sulla Europa è singolare, dire che noi europei abbiamo perso di vista i valori democratici, da uno che è il vice di un presidente che non ha accettato le precedenti elezioni e  poi ha di fatto sobillato i suoi fans, che  hanno assalito Capitol Hill con una delle azioni più gravi che si siano viste in USA, fa veramente sorridere, io se fossi stato lì mi sarei alzato e andato via. 

Comunque criticare la UE è giusto perché troppe cose non vanno e questi continui schiaffi, che l'ammistrazione Trump da a l'Europa e alla UE, spero siano benefici. Diciamo che gli USA hanno sempre fatto quello che gli pareva, magari i modi erano più soft ma la sostanza non cambia, gli USA fanno e hanno sempre fatto i loro interessi. 

Ma andiamo con ordine, la creazione del mercato unico e poi della UE è stata una cosa giusta che ha portato più vantaggi  che svantaggi. L'allargamento a est della UE lo capisco da un punto di vista politico ma ha creato una struttura elefantiaca, ingestibile con il sistema della unanimità; inoltre i paesi dell'est sono molto diversi da quelli occidentali, hanno sistemi democratici giovani, economie in crescita mentre a ovest abbiamo economie mature, non è  facile fare convivere paesi così diversi.

 Poi c'è stata la introduzione dell'euro, anche qui ci sono alcuni aspetti positivi, diciamo che ne ha beneficiato la Germania con una moneta più debole del marco, non ne ha beneficiato l'Italia delle svalutazioni competitive anche se, ovviamente, ne abbiamo beneficiato per gli scambi con il dollaro e con interessi più bassi su di un debito enorme. Ma il punto peggiore, che ho sempre sottolineato, è che abbiamo creato una moneta unica e poi non la utilizziamo a pieno, non emettendo bond comuni che sarebbero utili al sistema bancario, avremmo un debito comune da utilizzare e si pagherebbero meno interessi, almeno noi è non solo. Senza parlare delle politiche economiche sempre restrittive e anti deficit, che tanti problemi hanno creato nel passato e ancora si persiste su questa linea. Per non parlare di una mancanza di una vera politica industriale e strategia di crescita e sviluppo, e ancora l'elenco sarebbe lungo. 

Per fortuna a dire queste cose non sono io ma Mario Draghi che con il suo report ha sconfessato gli ultimi 30 anni di strategie UE. Purtroppo negli ultimi anni la UE è  stata a guida germanica, con la Francia che ha ripetutamente fatto accordi con la Germania invece di guardare anche ai paesi del sud, Italia e Spagna, per fare fronte comune. Della UK meglio non parlarne anche perché è fuori ma ha sempre guardato più oltre Atlantico. Adesso che sarebbe ora di cambiare la situazione non è delle migliori, Macron e la Francia sono in enormi difficoltà, la Germania è in piena crisi economica e politica con la destra che avanza, e da noi la Meloni fa esercizio di equilibrismo tra UE e Trump, un vero disastro, difficile che si riesca a dare un cambio di rotta deciso. 

D'altra parte la UE non ha scelta se rimane in questo stallo istituzionale e politico è destinata a soccombere. Per competere bisogna avere i numeri, e in Europa non mancano né le risorse né le teste, ma bisogna avere una struttura istituzionale funzionale, più snella, più capace di rispondere alle sfide economiche, tecnologiche, militari e strategiche che le altre grandi potenze pongono. Il futuro è  sempre aperto, chissà se questi schiaffi non ci facciano bene e ci costringano  veramente a cambiare, peccato che solo Draghi sembra l'unico che abbia ben capito la situazione è abbia fornito delle proposte concrete.

lunedì 27 gennaio 2025

Inutile piangere sul latte versato

 La  vittoria di Trump, le sue mosse e i comportamenti di Elon Musk stanno generando commenti preoccupati e contrariati da parte di molti che parlano di declino della democrazia, autoritarismo e finanche fascismo. Per quanto mi riguarda certo non sono felice della situazione che si sta creando negli USA ma anche in buona parte di Europa. Non mi piace che un uomo, perquanto geniale, si permetta di intromettersi nella politica di molti paesi, compreso il nostro, un uomo troppo ricco e troppo potente non dovrebbe avere ancora più potere. 

Detto ciò quando mi accorgo di aver fatto un errore cerco di non prendermela con il destino baro e cinico ma mi sforzo di capire dove ho sbagliato, se una squadra perde ha sbagliato evidentemente molte cose. Chi crede nei valori democratici e nel progresso, nel miglioramento della società e,  soprattutto, chi dovrebbe rappresentare queste istanze nella politica dovrebbe fare un profondo esame di coscienza

Il capitalismo non è il migliore dei sistemi ma con opportuni limiti si è dimostrato migliore di utopie, belle in teoria, che si sono rivelate fallimentari sul piano economico e con molte sofferenze e morti a suo carico. La democrazia ha tanti vantaggi ma ha anche molte debolezze, inoltre non si può dare mai per scontata, anzi la storia ha dimostrato che la democrazia, in qualsiasi forma, è  minoritaria nel corso dei secoli. Il capitalismo sopratutto dovrebbe essere visto come un mezzo e non un fine per raggiungere la prosperità. 

Come ho infatti scritto qui il sistema economico e sociale funziona bene quando Mercato, Stato e Democrazia si equilbrano. Come asserisce anche Acemoglu le società che progrediscono di più sono quelle con istituzioni più inclusive e cioè democratiche, dove società e Stato si equilibrano. Come diceva Schumpeter magari il popolo o i cittadini non possono avere contezza di tanti problemi complessi che riguardano la società, ma conoscono bene i loro interessi. 

In particolare, le persone vogliono sicurezza: sicurezza economica, sicurezza personale e dei loro beni, sicurezza della salute. Cosa è successo negli ultimi 30 anni in gran parte dei paesi occidentali? Il lavoro è diventato più precario, alcune fasce della popolazione, che appartenevano a una certa classe media, si sentono più povere e insicure, la sanità sta diventando sempre meno efficiente, inoltre una certa propaganda fa cadere che le città siano meno sicure di un tempo, cosa mediamente non vera, e che il problema più importante sia la immigrazione. La risposta di quella parte politica, che storicamente era a difesa delle classi medie e anche più sfortunate, ha di fatto sostenuto che il mercato era buono, che la globalizzazione era un bene, che l'Europa era la nostra salvezza, ecc. 

A fronte di una situazione che ha visto i ricchi sempre più ricchi, le aziende sempre più globalizzate e capaci di spostare il lavoro dove costava meno, buona parte di queste persone hanno perso fiducia nel sistema, in parte sono quindi passate a votare formazioni populiste e sovraniste, che almeno a parole pretendono di prendere a cuore la loro parte, un notevole gruppo di persone invece ha smesso di votare. 

Questo stato di cose è  molto chiaro a molti analisti e studiosi come abbiamo visto nel blog, oltre al fatto che la politica nazionale ha molte meno leve per fronteggiare la situazione, vedi aziende che delocalizzano o spostano le loro sedi all'estero, o ancora spostano i ricavi fuori eludendo le tasse. Quindi, invece di un inutile vittimismo ed esecrazione dei nuovi vincitori, bisogna avere il coraggio di ammettere di aver fatto molti errori e che gli elettori non sono solo una massa di ignoranti e creduloni.

Da dove si riparte? In teoria è facile bisogna ridare ai cittadini la possibilità di contare di più e di vedere che i loro interessi vengano persi in considerazione e possibilmente esauditi. Ovviamente la azioni pratiche da intraprendere sono più complesse da implementare. In primo luogo c'è un problema di informazione, la stampa e TV sono spesso in mano a potentati economici, bisogna favorire maggiormente stampa e TV indipendenti. In Italia, poi, la RAI dovrebbe essere soggetta ad organismi indipendenti formati anche da cittadini estratti a sorte per evitare che sia al servizio del governo di turno. Oggi la informazione viaggia principalmente sui social, e qui abbiamo visto la importanza e alcuni azioni per limitare il potere dei giganti digitali che possono condizionare il dibattito politico e anche le votazioni.

A livello di istituzioni sono state proposti organismi parlamentari con persone prese a sorteggio o con camere del merito, cioè persone selezionate in base a certi risultati di rilievo ottenuti a livello accademico o professionale. Da noi in particolare bisognerebbe abolire questa pessima legge elettorale che blocca le liste e  favorisce la scelta delle segreterie sulla volontà popolare. Sono favorevole al finanziamento pubblico dei partiti, per evitare i grossi condizionamenti economici, ma vorrei che una quota rilevante sia destinata alla possibilità dei cittadini di partecipare, ad esempio avere la possibilità di usufruire di spazi pubblici di discussione e aggregazione, come pure andrebbero finanziati anche partiti o organizzazioni democratiche, anche non elette. Poi come ho scritto qui servono scuole di formazione per preparare persone competenti, infatti uno dei capisaldi del progetto di Grillo indicava una giusta partecipazione dal basso ma che, senza adeguata preparazione, finisce come si è visto di scadere nel velleitarismo.

In conclusione, non serve piangere sul latte versato, o prendersela con i cittadini che sbagliano, bisogna prendere atto della situazione, cambiare strategia e prendere a cuore i reali problemi della gente come scritto anche qui  evitando che si vada ad ingrossare la massa di delusi e scontenti;  bisogna anche che una parte della classe politica fallimentare si faccia da parte e sia invece pronta a far crescere una nuova classe di giovani che guidino la innovazione politica e della società.

venerdì 17 gennaio 2025

Un paese di politici scappati di casa

 Le vicende di Trenitalia degli ultimi tempi evidenziano ancora una volta la scarsezza dei nostri politici in generale e della compagine di governo in particolare. Sicuramente di questi incidenti e disastri sulla rete ferroviaria non è colpa tutta di Salvini ma cosa ha fatto fino ad esso il Ministro? A parte grande propaganda sul ponte sullo stretto, su cui ho moltissime perplessità sia perché non ne vedo la priorità e sia per i costi che in Italia si decuplicano rispetto al preventivo, non si è mai preoccupato dei trasporti piuttosto di tutto il resto. Buttarla in caciara dando la colpa al passato è ridicolo e inaccettabile (oltre che falso visto abbiamo avuto molti ministri di destra). D'altra parte Salvini nella sua vita non ha mai fatto niente, non ha neanche titoli di studio, niente di niente. Però Salvini è in buona compagnia, il Ministro dell'Agricoltura ha inanellato tutta una serie di affermazioni risibili, e infatti parla poco ultimamente. Vogliamo parlare delle castronerie del precedente Ministro della Cultura caduto in disgrazia per una vicenda piuttosto ridicola, sostituito  da un signor nessuno che si sta laureando adesso e ha avuto un paio di uscite degne della famosa supercazzola. 

L'elenco è lungo potrei fare altri esempi, ovviamente anche nella opposizione la situazione non brilla di personaggi di alta  levatura, ad esempio la Schlein ha una buona cultura ma di esperienza pratica poca. Ma come ci siamo ridotti così? Siamo uno dei paesi più ricchi e industrializzati e non ci mancano persone di buona levatura. Se ci guardiamo indietro, nel primo parlamento del dopoguerra, c'erano più laureati in percentuale di adesso e oggi il nostro paese ha un grado di scolarizzazione molto più elevato di allora. 

È quindi un problema di selezione sicuramente, la attuale legge elettorale favorisce i fedelissimi rispetto al tanto citato a sproposito merito. Probabilmente chi ha una buona preparazione e buone possibilità non guarda alla politica ma piuttosto a qualche professione. Qualcuno, ad esempio Martin Wolf, ha proposto un Senato del merito, certo non si può imporre un curriculum come condizione per presentarsi in politica ma qualcosa andrebbe fatto, non solo sul piano della preparazione ma anche dell'etica, cosa ancora più difficile. Io in un mio post proponevo di dare una formazione di alto livello ai giovani meritevoli e non fortunati economicamente, forse una idea naive ma scusate sono fissato sul fatto di utilizzare al meglio le persone. Certo che un paese moderno, in una situazione che diventa sempre più complessa, tecnologicamente, socialmente, economicamente ecc., farsi guidare da una banda di scappati di casa (in buona parte) non promette nulla di buono e, infatti, nonostante tante eccellenze in vari campi il nostro paese negli ultimi decenni si è avviato in una discesa senza fine.

lunedì 23 dicembre 2024

Michael Lind- La nuova lotta di classe- Elite dominanti, popolo dominato e il futuro della democrazia

 Michael Lind è professore alla Lyndon Johnson School of Public Affairs del Texas, analista politico-economico che scrive su molte testate influenti. Il libro affronta da un punto di vista politico la situazione economico-sociale delle democrazie occidentali. Il problema principale delle nostre società è il potere, il potere sociale si esprime in tre ambiti: governo, l'economia e la cultura, e in ciascuno di essi è sede di una lotta di classe. 

La lotta  di classe è iniziata con il processo di industrializzazione. Dopo la II guerra mondiale si è affermato nei paesi occidentali quello che l'autore definisce plurarismo democratico, grazie alla presenza di alcuni mediatori: i partiti politici di massa, i sindacati e associazioni varie (agricole e religiose). Dopo gli anni settanta questo sistema si è indebolito con la nascita di quello che l'autore definisce neoliberismo tecnocratico, grazie alle delocalizzazioni e arbitraggio globale del lavoro, portando alla riduzione del potere dei mediatori. Questa situazione sta provocando una controreazione in tutti i paesi occidentali con la nascita dei cosiddetti populismi.

La nuova divisione di classe può essere condiderata tra insider e outsider. Da una parte abbiamo una "superclasse" di manager e professionisti con istruzione universitaria, dall'altra è quella delle classi operaie locali. Abbiamo inoltre  un mercato del lavoro diviso, cioè lavoratori con stipendi diversi anche a volte a parità di mansione, cioè due segmenti che sono in concorrenza (classe operaia di nativi vs immigrati). Vi è anche una divisione geografica tra chi vive nei quartieri costosi e chi vive nei quartieri perifierici e i sobborghi, che l'autore definisce rispettivamente hub e entroterra, divisione che riflette il divario sociale.

Segue una ricostruzione storica con la nascita del plurarismo democratico a partire dal New Deal (liberalismo dei gruppi di interesse) e poi nei paesi europei dopo la II guerra mondiale, grazie anche alla situazione internazionale della guerra fredda. In seguito, grazie alle idee neo liberiste, nasce la cosidetta rivolta delle èlite che con la globalizzazione permette alle aziende l'arbitraggio globale del lavoro portando all'indebolimento delle istituzioni che davano potere anche alla classe operaia, partiti politici di massa e sindacati. 

Le due classi in realtà non sono compatte nello schieramento politico, da una parte la superclasse ha una destra liberista e una sinistra con un liberismo moderato (es. Clinton e Blair), la classe operaia è divisa tra una sinistra piu tradizionale e una destra di populismo conservatore, entrambe le classi hanno forme di centro politco. Questo ha portato ha portato a un cambiamento nei partiti tradizionali in USA e in Europa riflettendo la mutevole composizione di classe, abbiamo quindi una sinistra che rappresenta anche classi agiate e che vivono negli hub, e una destra che fa presa su molti operai che vivono nell'entroterra, basta vedere le ultime elezioni americane o anche quelle italiane. Abbiamo due visioni estreme della politica  tra un neoliberismo tecnocratico che vede un èlite di esperti al potere che in teoria dovrebbe garantire il benessere pubblico, e il populismo che vuole personaggi forti con un rapporto quasi mistico con le masse. L'autore comunque difende il populismo dalle demonizzazioni delle èlite tradizionali. L'ondata populista è una reazione difensiva piuttosto che semplicemente dovuta a  macchinazioni dei russi o rigurgiti fascisti e autoritari (vedi ad es. idee di Polanyi sulle  reazioni della società al mercato).

Varie sono le proposte fatte dalle èlite tecnocratiche per ridurre i problemi delle classi meno agiate, ad esempio il "redistribuzionismo" con crediti di imposta e reddito universale, o le  teorie antimonopoliste, ma ciascuna proposta, oltre ad essere difficilmente sostenibile anche sul piano economico, non risolve il problema di fondo ovvero lo squilibrio di potere tra le classi.

Dato che il problema di sbilanciamento del potere nasce  dall'indebolimento di certe forme di istutuzioni: partiti politici di massa, sindacati, ecc., vi è la necessita di nuove istituzioni associative che l'autore definisce "corporazioni" in ambito economico, "circoscrizioni" in ambito governativo e "congregazioni" in ambito culturale. Per esempio in ambito economico dovrebbe essere ricostituito il trialteralismo nella contrattazione tra manodpera e capitale. In ambito politico l'obiettivo è ricostruire un localismo permettendo alla gente comune di vivere la politica da partecipanti, e inoltre accrescere il potere della classe operaia con agenzie indipendenti, con partecipazione popolare, che compensino/controllino apparati burocratici centralizzati.

Rimane il problema della sovranità esterna, cioè salvaguardare il pluralismo democratico dalle influenze della globalizzazione e degli organismi/accordi internazionali (vedi Rodrik). Questo vuol dire che gli Stati si dovrebbero impegnare anche per una globalizzazione selettiva, con ad esempio politiche selettive per la immigrazione nell'interesse della produttività nazionale e cercando di limitare il mercato del lavoro diviso.

Il libro è interessante nel fornire  una visione politica e sociologica della situazione attuale dei paesi occidentali, anche se di fatto ricalca molte delle analisi che abbiamo visto in altri libri. La sua divisione delle classi è chiaramente una semplificazione di una realtà molto più complessa, i lavoratori professionisti e della conoscenza hanno sicuramente  meno problemi delle classi operaie, ma i veri depositari del potere sono coloro che muovono le file delle grandi corporation industriali e finanziarie che si sono arricchiti grazie alla globalizzazione. D'altra parte anche le professioni piu elevate potranno essere a richio con lo sviluppo della Intelligenza Aritficiale. Indubbiamente il problema di fondo è la perdita di potere contrattuale di larga parte della popolazione che o non vota più o si rivolge al populismo, che non è la soluzione. 

Certo bisogna creare qualcosa di nuovo per ristabilire il potere dei cittadini e rivedere la democrazia (vedi ad esempio qui) ma anche come indicato da Rajan con la suo terzo pilastro delle comunità locali. Al momento la situazione è piuttosto difficile con la vittoria del populismo ma anche con il rigurgito di destre estreme. Dato che le rivoluzioni non le fà il popolo serve un èlite che promuova il cambiamento.

La sinistra democratica ha sbagliato quasi tutto negli ultimi 30 anni, perdendo il suo popolo; è stata infatti acquiesciente a politiche economiche troppo pro-mercato, non avendo capito che la immigrazione era un tema da affrontare con maggiore attenzione, non avendo sottolineato che la globalizzazione creava grossi problemi. Serve quindi, in primo luogo, una profonda autocritica e presa di coscienza, servono poi persone nuove e preparate che sappiano indirizzare la politica nazionale verso una direzione che dia maggiore potere ai cittadini e gli dia speranza di un futuro migliore. Come abbiamo visto nei libri che ho recensito le analisi della situazione sono chiare e molti autori concordano sui problemi, forse le soluzioni sono più complicate da mettere in atto ma le idee ci sono, speriamo che tra i giovani emergano nuove forze in grado di portare avanti questa battaglia, le alternative infatti sono piuttosto cupe. 

sabato 16 novembre 2024

La vittoria di Trump

 Ormai sono passati alcuni giorni dalle elezioni americane, provo anche io a fare qualche considerazione. La vittoria di Trump non mi è giunta inaspettata, quando ho visto che i sondaggi davano la parità ho capito che Trump avrebbe vinto, molte persone che votano Trump non lo ammettono pubblicamente e quindi i sondaggi tendono a sottostimare i voti della America profonda e rurale. Non mi aspettavo forse una vittoria così schiacciante ma la Harris non si è dimostrata un candidato convincente. I dati mostrano che Trump ha vinto non nelle grandi città ma nelle zone rurali, grazie al voto dei ceti operai e, sorprendentemente, anche le donne.

Ciò detto se qualcuno ha letto, anche solo una parte, dei libri che ho recensito le analisi sulla situazione occidentale sono quasi tutte unanimi. I partiti di sinistra o progressisti hanno perso buona parte del sostegno delle classi operaie e medie. In qualche caso l'appello contro le destre può ancora funzionare, vedi Biden o la Francia, ma la stigmatizzazione dell'avversario non basta più. Da una parte abbiamo la disaffezione di una parte dell'elettorato che non vota più, dall'altra parte una parte della popolazione è profondamente delusa e disperata perché non vede cambiare niente, anzi le cose peggiorano per cui sono facili perde di una certa propaganda e ormai sono disposte a votare anche quelli che, apparentemente, sono impresentabili pur di veder cambiare qualcosa. Eppure nonostante le analisi ancora la sinistra continua a sbagliare con candidati non all'altezza che non danno segni di cambiamento di una strategia politica fallimentare. 

Certo non è  facile contrastare certa propaganda che agisce sulla pancia della gente, soprattutto se alimentate dai media e social in mano a certi personaggi o a certe cordate economiche. Si continuano a fare errori, i democratici hanno atteso troppo per esautorare Biden dalla corsa e poi hanno puntato, per mancanza di alternative, sulla Harris che non aveva poi impressionato molto come vice presidente. Anche in Italia, con tutto il rispetto per la Schlein, mi sembra proprio il prototipo del radical-chic che tanto viene citato dalla destra a sproposito spesso. Servono quindi in primis candidati credibili, persone nuove che sappiano modificare le strategie finora adottate. Serve anche un modo nuovo di parlare alla gente, meno affettato e meno political correct ma che vada al cuore della gente e soprattutto ai suoi problemi, cioè bisogna tornare ad immergersi nella realtà e finire di essere troppo acquiescienti con lo status quo. La globalizzazione non è un vantaggio per molti anzi porta spesso discoccupazione e precarietà, la Unione Europea non è il migliore dei mondi possibili e ha fatto troppi errori in termini di politiche economiche nonchè industriali, e, comunque, così non funziona diventando  un facile capro espiatorio per la destra e i populisti. Non dico di scendere allo stesso livello della propaganda di destra, ma bisogna essere razionali e anche socialmente attenti ai problemi delle persone e della società; alcuni temi come la immigrazione non devono essere lasciati alle sole destre, la immigrazione è un problema complesso e difficile, ma bisogna essere chiari che se si combatte la immigrazione indiscriminata si combatte anche per il mantenimento del welfare così faticosamente ragguinto e negli ultimi anni sempre meno finanziato, vedi sanità. 

Sono anni che scrivo che spero nell'arrivo di leadership nuove, che la situazione politica e democratica si sta deteriorando e da questa situazione non abbiamo molto da guadagnare, probabilmente neanche i ricchi, e che quindi è necessario invertire la tendenza per non svegliarsi in qualche nightmare anti democratico e anche per un peggioramento della situazione sociale e anche climatica. 

Se c'è qualche politico democratico e progressista in ascolto si dia da fare perchè non c'è molto tempo.

venerdì 6 settembre 2024

Dan Davies-The Unaccontability Machine- Why Big Systems Make terrible Decisons - And How The Wordl Lost ItsMind

 Il libro che recensico oggi è un libro particolare di Dan Davies, che è uno scrittore/attore/produttore pluripremiato e di fama internazionale, autore di vari libri di cui questo è l'ultimo. Il tema sono, come da sottotitolo, i sistemi complessi e le diffcoltà a gestirli.

Il libro si apre con una dissertazione sulla responsabilità (accountability) per cui la crisi odierna della politica e del management è una crisi di responsabilità. La prima legge della responsabilità è per l'autore: la misura in cui si è in grado di cambiare una decisione è la misura per cui si può essere ritenuto responsabile e viceversa. Riducendo l'abilità di prendere decisioni come individui, la classe manageriale e professionale ha cementato il controllo sul sistema. Pertanto, a meno che non vengano prese misure consapevoli per impedirlo, qualsiasi organizzazione, in una moderna società industriale, tenderà a ristrutturarsi in modo da ridurre la quantità di responsabilità personale attribuibile alle sue azioni. Questa tendenza continuerà fino a quando non si verificherà una crisi (principio della diminuizione di responsabilità). Da cui segue la definizione di "pozzo della responsabilità" (accountability sink): è un sistema che è pensato per fornire decisioni che non sono attribuibili a una persona identificabile e che non sono modificabili in risposta al feedback di coloro che ne sono interessati. 

Segue poi una parte relativa alla cibernetica e ad uno dei suoi fondatori: Stafford Beer. Un sistema complesso è quello in cui non puoi sperare di ottenere informazioni complete o perfette sulla struttura interna.  La cibernetica è lo studio del controllo dei sistemi, i costituenti dei sistemi cibernetici devono essere visti quindi come scatole nere, per cui per capire un sistema tutto ciò che si può fare è osservarne il comportamento, e tutto ciò che si può imparare da ciò è tutto ciò che c'è da sapere su di esso, lo scopo del sistema è cio che fa.

I sistemi non hanno desideri interiori, quindi non fanno le cose intenzionalmente. Il problema dei sistemi complessi è che la combinazione di più cose tende a moltiplicarsi piuttosto che addizionarsi. Un dato sistema ha il potenziale per raggiungere la stabilità solo se ogni fonte di variabilità dall'ambiente è accompagnata da una fonte uguale o maggiore di varietà nel sistema di regolamentazione. Quando ci troviamo di fronte a flussi di informazioni ingestibili nelle organizzazioni possiamo creare sistemi che regolano la varietà in arrivo, operando il più possibile attraverso catene di causa ed effetto piuttosto che attraverso singoli manager che devono prendere decisioni; inoltre è necessario assicurarsi che il regolatore possa disporre delle informazioni più velocemente di quanto il sistema possa generare varietà e rispondere rapidamente.

Vengono poi descritti i principali componenti di un sistema cibernetico: il sistema 1 è quello che opera nel mondo reale ovvero la parte operativa. Il sistema 2 è quello che gestisce le regole per la condivisione e programmazione. Il sistema 3, ottimizzazione e integrazione,  è quella parte del sistema che dirige la gestione di ogni singola operazione al fine di coordinare le loro attività verso uno scopo particolare, questo è il livello a cui si inizia a vedere il management, la differenza è che il Sistema 2 riguarda la prevenzione degli scontri e la gestione dei conflitti, mentre il Sistema 3 si occupa di raggiungere uno scopo. Il sistema 2 ha lo scopo di assorbire la varietà di interazioni tra le operazioni,  il sistema 3 deve essere  sufficientemente ampio per trattare questa varietà. Il sistema 4, ovvero la funzione di intelligenza e politica, ha lo scopo di indirizzare il sistema 3 affinchè possa riorganizzarsi per affrontare i cambiamenti, cioè di assicurare che tutto funzioni anche in caso di cambiamenti strutturali. Infine, abbiamo il sistema 5, cosidetto di filosofia o identità; avere una identità coerente e costante è un modo efficace di ridurre la varietà con cui bisogna trattare perchè significa che molte possibilità possono essere ignorate. 

La capacità di tradurre le informazioni in azioni è la parte più cruciale, nel sistema complesso abbiamo  dei collegamenti tra le parti di un sistema in grado di assorbire la varietà dell'altra, ma vi è la necessità  di un collegamento tra questo tipo di visione, incentrata sulle informazioni di un'organizzazione, e ciò che effettivamente fa. Ogni canale di comunicazione tra sistemi non solo deve avere una larghezza di banda sufficiente per trasportare la varietà che deve trasmettere, ma deve anche essere dotato di una capacità di traduzione sufficiente per garantire che il segnale venga compreso.

In sintesi per la cibernetica: ci sono cinque funzioni fondamentali e se una di queste manca o non ha risorse sufficienti, il flusso di informazioni non sarà bilanciato dalla capacità di elaborarla. Le informazioni contano solo se vengono fornite in una forma in cui possono essere tradotte in azioni, e questo significa che devono arrivare abbastanza rapidamente. I sistemi preservano la loro vitalità affrontando i problemi il più possibile allo stesso livello in cui arrivano, ma devono anche avere canali di comunicazione che attraversino più livelli di gestione, per gestire grandi shock che richiedono un cambiamento immediato.

Segue poi una critica agli economisti e alla disciplina della economia. In particolare gli economisti creano dei modelli caratteristici dell'economia eliminando quasi tutta la complessità; fanno un sacco di ipotesi semplificatrici, spesso discutibili in termini di rilevanza empirica; agiscono come se le loro conclusioni fossero  dimostrate nel mondo reale, ed è un aspetto molto problematico quello di dedurre fatti da un modello, poco realistico, e poi applicarlo al mondo reale. In questo modo hanno sviluppato un metodo per ridurre la varietà del mondo reale ma così si perdono moltissime informazioni, da un punto di vista cibernetico un modello economico è un sistema dal quale sono state eliminate molte informazioni. Esiste poi il cosiddetto Vizio Ricardiano ovvero la pratica di risolvere il modello prima di aver applicato le soluzioni alla vita reale, ciò che lo rende un vizio è quindi la sua tendenza a dimostrare le cose in un modello stilizzato, e poi agire come se fossero verità ovvie del mondo reale. Il grande punto cieco dell'economia è che gli economisti hanno dedicato così tanto tempo alle loro questioni generali di ottimizzazione e scarsità, prezzo e quantità, che sembrano dimenticare che c'è molto di più nella gestione di un'azienda, per non parlare di un'intera società. Un altra critica si rivolge ai sistemi di contabilità che sono spesso fuorvianti per il management, perchè considerare un costo fisso o variabile è piuttosto una decisione strategica e qualunque costo può essere considerato variabile se ristrutturi il tuo business. Inoltre, il problema principale dei sistemi di management delle organizzazioni è che queste sono divenute sempre più complicate ad una velocità che i managers non riescono a gestire. In conclusione i punti ciechi dell'economia e i punti ciechi del management lavorano insieme per produrre un modello del mondo che tende ad allontanarsi dalla realtà e produrre cattive decisioni. 

Le critiche dell'autore si rivolgono poi a Friedman e alla sua teoria della massimizzazione del valore per gli azionisti, cioè i manager sono agenti per conto  dei proprietari-azionisti e doveno agire nell'interesse esclusivo di questi ultimi. Inoltre, si scaglia contro la moda del leveraged buyout, dove il debito diventa una strumento di controllo, e che tanti danni ha fatto alle imprese e ai lavoratori. Critica anche le forme assunte dal management, iper pagato, dove si sono cercati di abbattere i costi diminuendo il personale e il middle management, così riducendo le capacità cognitive delle organizzazioni.

Il problema di base è che i sistemi in generale hanno bisogno di meccanismi per riorganizzarsi quando la complessità del loro ambiente diventa troppo difficile da sostenere, ma i sistemi di governo di alto livello del mondo industriale (politica economica e gestione aziendale) hanno mostrato  alcuni difetti e punti ciechi che hanno impedito che ciò accadesse. 

Nell'ambito delle politica il popolo dovrebbe essere considerato una entità di decisione collettiva e, quindi, il canale di comunicazione con la popolazione deve rimanere aperto per consentire a questo di esprimere la propria visione. Il meccanismo di comunicazione del popolo è la protesta o malcontento, mentre le elezioni sono diventate una corsa in cui il potere esecutivo diventa il prezzo, pertanto una società liberale dovrebbe poter rispondere al disagio di massa piuttosto che al suo contenuto. La natura della crisi è che non è una crisi in sé, piuttosto è il modo in cui il sistema raggiunge la stabilità. Il mondo diventerà sempre  più complesso, ciò significa che devono essere costruiti sistemi che assorbano la volatilità e la varietà ai livelli appropriati. Quindi è necessario ristabilire il canale di comunicazione con il popolo forzando le classi dirigenti ad ascoltarlo. Il popolo ha lanciato un allarme, dobbiamo trovare un nuovo principio organizzativo. La cibernetica gestionale, sfortunatamente, non fornisce alcun indizio su come si potrebbe ottenere un cambiamento sociale così profondo, quello che l'autore auspica è che si presti pià attenzione ai meccanismi di "allarme maniglia rossa" che indicano un risultato insopportabile per le persone.

Dalla lunga recensione e dai suoi contenuti si capisce che è un libro che affronta molti argomenti, alcuni complessi, ma l'autore è molto bravo a rendere cose difficili in maniera gradevole da leggere e comprensibili che rende il libro molto leggibile, pertanto è un libro molto interessante e di cui suggerisco calorsamente la lettura.

In merito ai contenuti, le critiche alle economia e a certe degenerzioni nelle imprese sono stati più volte affrontati in questo blog da vari autori, però l'approccio sistemico e il ricorso alla cibenetica è senza dubbio nuovo, interessante e probabilmente convincente. L'autore però non da molte soluzioni nel finale oltre alle critiche al modo di fare economia e alle storture del management. 

Che il mondo sia estremamente complesso l'ho più volte dichiarato nei  miei post e che questo richieda èlite preparate, idee e modalità nuove, anche  in democrazia. Sono d'accordo che il popolo va ascoltato e il populismo non è altro che una reazione al mancato ascolto. Sono anche d'accordo che non ci sono soluzioni semplici, abbiamo soprattutto  bisogno di modalità organizzative nuove, dobbiamo velocemente abbandonare certe storture ideologiche del liberismo sul mercato che sono servite solo a far arrichire sempre di più i ricchi, per sostituirle con una visione dove conti di più la dimensione sociale e una maggiore etica senza ricadere in vetuste idee di utopie irrealizabili.


sabato 27 aprile 2024

Daron Acemoglu- James A. Robinson- La strettoia- Come le nazioni possono essere libere

Il libro che recensisco oggi è  di Daron Acemoglu, professore di Economia al MIT di Boston e James A. Robinson che insegna alla Harris School della Università di Chicago. Del primo abbiamo gia recensito qui e qui altri due libri.
Il libro parte dalla filosofia di Hobbes per cui, per evitare la guerra tra gli uomini (Homo hominini lupus), era necessario un potere dispotico il cosiddetto Leviatano. L'altra forza che gli autori considerano è quella della società, questo potere può controbilanciare il potere del Leviatano, cioè lo Stato, creando il cosiddetto Leviatano incatenato, questa è la configuazione delle democrazie dove i due poteri si bilanciano. Esiste un altro meccanismo che gli autori espongono, con una citazione letteraria da Alice nel paese delle meraviglie, la coisddetta Regina Rossa cioè, visto che le situazioni economiche e sociali si modificano, Stato e società devono adattarsi di pari passo per evitare che l' equilibrio si modifichi. 
La strettoia è lo stretto corridoio di equilibrio tra potere dello Stato e della società che conduce alla democrazia, stretto perchè è difficile imboccarlo e facile uscirne. Il libro quindi è un lungo elenco di storie di evoluzione politica e istituzionale di svariati paesi che vengono portati ad esempio dei vari equilibri che si creano  tra le due forze in gioco. 
Vengono quindi elencate le storie dei paesi che sono riusciti ad arrivare al Leviatano incatenato, cioè laddove la societa è  riuscita a imbrigliare il potere dello Stato, in questa fattispecie rientrano principalmente le democrazie occidentali. Esistono molti casi invece dove predomina il Leviatano dipostico, dove la forza dello Stato domina sulla società, gli esempi non mancano, ad esempio la Cina, dove la tradizione di autoritarismo non è mai riuscita a far emergere una forma di democrazia.  Abbiamo poi casi di Leviatano assente, cioè dove non si creano le condizioni per la costruzione di un vero Stato abbastanza forte, situazioni che degenerano spesso in forme di dipotismo. Infine, viene citato il caso del  Leviatano di carta, vedi ad esempio Argentina, dove anche esiste uno Stato e una burocrazia, ma è un potere vuoto incoerente e disorganizzato e spesso assente in alcune aree del paese. 
Il libro è quindi una dettagliata storia di molti paesi con le loro caratteristicche e le loro traiettorie che li hanno portati alla configurazione attuale. In particolare viene dato rilievo allo state-building negli Stati Uniti, dove il Leviatano è incatenato con una Costituzione che mantiene debole lo Stato federale, un compromesso che ha funzionato ma ha portato ad uno sviluppo squilibrato. Un altro caso interessante è l'India dove abbiamo una democrazia, grazie a una lunga storia di  partecipazione popolare, ma una democrazia problematica e frammentata resa debole dal sistema delle caste. Entrare o uscire dalla strettoia dipende da molte circostanze, storiche ed economiche, un esempio è la caduta della Repubblica di Weimer per motivi strutturali ma anche economici.
Per gli autori non ci sono regole generali per entrare nel corridoio che porta al Leviatano incatanato, dipende da molti fattori, storici, strutturali, economici e sociali che dipendono fortemente dal contesto locale. Sicuramente una condizione per il mantenimento nella strettoia è una società in grado di mobilitarsi per rispondere efficacemente alle variazioni economiche e sociali, per questo gli autori danno enfasi alla tutela dei diritti dei cittadini contro tutte le minacce dello Stato. 
Un libro molto interssante e ovviamente ricco di informazioni storiche su uno spettro molto ampio di nazioni. A mio parere il voler raccogliere così tanti esempi lo rende sicuramente più completo ma lo rende poco scorrevole e faticoso da leggere. Sicuramente questo libro può essere considerato una continuazione di quanto viene riportato nell'altro libro: Perchè le nazioni falliscono
Alcune considerazioni sulla teoria esposta, sicuramente è una teoria interessante, non del tutto nuova, ma piuttosto approfondita. Come tutte le teorie cerca di trarre conclusioni sintetiche da un modello semplificato del funzionamento della società. A mio parere quello che manca, in parte, nella loro teoria è un elemento molto importante, ovvero il potere delle èlite economiche, finanziarie e tecnologiche, che io nei miei post ho definito come potere del mercato, vedi ad esempio qui. In effetti nel corso del libro il loro ruolo delle èlite viene evidenziato, ad esempio delle èlite latifondiste, che sono state spesso un freno allo sviluppo democratico della società, o le èlite coloniali che hanno condizionato lo sviluppo di molte nazioni ex-colonie. Inoltre, in questo momento sono molto forti le èlite tecnologiche, i grandi player come Google, Facebook, Amazon ecc., e  come evidenziato da Acemoglu nel suo libro Power and Progress le scelte tecnologiche, molto importanti nel modellare la evoluzione della società, sono definite dalla visione dominante e tendono a rinforzare il potere e lo status di coloro che stanno modellando la traiettoria della tecnologia. Quindi manca nel libro una evidenziazione di una componente importante nella evoluzione di una nazione, cioè il potere del mercato e delle èlite di qualsivoglia natura. Nel libro mancano alcune indicazioni sulle modalità per avere una società pronta a mobilitarsi. Su questo punto penso che molto si potrebbe fare  sul piano istituzionale aumentando le possibilità dei cittadini di partecipare alla politica, superando il mero sistema elettorale rappresentativo, che sta mostrando i suoi limiti per effetto del sistema di cattura esercitato dalle lobby economiche, aumentando anche le possibilita e modalità dei cittadini di aggregarsi ed esprimere le proprie opinioni. Infine, dando maggiore visibilità e potere alle organizzazioni come le ONLUS sociali e recuperando il ruolo dei sindacati.

mercoledì 27 marzo 2024

Il futuro dell'Europa

 La guerra in Ucraina, ma anche la crisi mediorientale tra Israele e palestinesi, sta mostrando l'estrema debolezza dell'Europa, senza una politica estera e un esercito comune siamo dipendenti dalle scelte o non scelte degli USA. Rispetto alla guerra fredda il mondo è cambiato, la Cina è  assurta a potenza mondiale commerciale e politica, sta crescendo l'India, paese più popoloso del mondo, inoltre vediamo rigurgiti imperialisti russi. 
Gli Stati Uniti sono in difficoltà, se non altro perché alle elezioni presidenziali si sfideranno due candidati deboli o discutibili lasciando al comando della potenza, ancora leader mondiale, un presidente comunque problematico. Noi europei siamo al palo da parecchio tempo e sarebbe ora di decidersi. Nessuno ci obbliga a fare una federazione europea, nel mondo ci sono centinaia di stati che vivono benissimo da soli. Se vogliamo fare una federazione con l'intento di avere un maggior peso nello scacchiere geopolitico mondiale però dobbiamo cambiare approccio. In politica è in economia non vale la regola commutativa, cioè che invertendo l'ordine dei fattori il prodotto non cambia, anzi la storia è spesso come si dice path dependent. Errori ne abbiamo fatti, era sbagliato partire dalla unione monetaria, non lo dico io ma molti, è stato affrettato allargare cosi tanto la UE  creando una struttura ingestibile. 
Quindi, se si vuole proseguire, bisogna cambiare strategia, la moneta unica ha senso se la BCE ha gli strumenti e quindi serve anche  un debito comune per avere un budget degno di questo nome. Serve un ministro europeo per la politica estera con delega, così come serve un esercito europeo e un ministro della economia europeo. Ciò significa delegare alle Europa alcune funzioni diminuendo la sovranità nazionale e in ogni caso per fare ciò bisogna partire da un numero ristretto di nazioni. C'è la volontà politica di fare questo? Non mi sembra, a nessuno piace delegare e il nazionalismo è sempre forte, certe rivoluzioni necessitano o di gravi emergenze o leadership forti e illuminate. Certo che rimanere in mezzo al guado non serve, se la Francia smettesse di guardare alla Germania, strategia che non ha pagato, ma guardasse più verso il mediterraneo, Spagna e Italia, potrebbe essere l'inizio di un cambiamento, Macron ha perso l'occasione difficile che il prossimo si ravveda.

sabato 10 febbraio 2024

Paul Krugman- Discutere con gli Zombie- Le idee politiche mai morte che uccidono la buona politica

Paul Krugman è una noto economista statunitense, vincitore del cosiddetto Premio Nobel per l'economia nel 2008, di cui abbiamo già pubblicato qui la recensione di un suo libro sulla crisi economica. Paul Krugman è anche  un editorialista del New York Times e quasto libro è, di fatto, una raccolta di suoi articoli; pertanto non essendo un libro unitario ma una raccolta di aricoli su diversi argomenti quella che segue non è una vera recensione. 
Il libro è suddiviso in vari argomenti, i temi sono diversi, in particolare sono relativi a: social secutity e Obamacare, la crisi del 2008, l'austerità, l'euro, le tasse, Trump, i media ed altro, in particolare ovviamente temi economici
L'autore su questi argomenti esprime la sua opinione, sempre in contrasto con la visione del partito repubblicano USA. Gli argomenti sono spesso incentrati su tematiche degli USA pertanto sono relativamente interessanti per noi italiani, anche se forniscono un punto di vista sulla  politica americana e i suoi difetti. E' un libro interessante ma non unitario e, quindi, in parte dispersivo. 
Interessante è, sopratutto, la panoramica che offre sulla situazione politica americana, ovviamente di parte, cioè dalla parte di un economista liberal progressista. Quello che si vede è la degenerazione del partito repubblicano, sempre piu ancorato su posizione di retroguardia e ultimamente dominato dal trumpismo. Mi ha sorpreso, negativamente, la tenacia con cui i repubblicani, senza un vero successo, hanno tentato di sabotare la riforma sanitaria di Obama che offriva, giustamente, possibilità di assistenza sanitaria a una larga fascia di popolazione che ne era sprovvista. 
Francamente sembra strano che possano avere tanti voti i repubblicani quando smaccatamente fanno politiche a vantaggio di pochi, taglio delle tasse ai ricchi, e molto poco a vantaggio dei più. In realtà non è cosi strano se pensiamo a quanto possano pesare i ricchi negli Stati Uniti nel condizionare i media e quindi la opinione pubblica, riuscendo a convincere a votare una parte della popolazione più povera a favore di politici che perseguono obiettivi che non  la avvantaggiano. 
Anche da noi in Europa si assiste a una ripresa della destra ormai generalizzata, comunque, come ho più volte sottolineato, è soprattutto colpa dei partiti progressisti incapaci di affrontre in maniera corretta e fornire le giuste risposte ai cambiamenti sociali ed economici che le nuove tecnologie e la globalizzazione stanno imponenendo a gran parte della popolazioni, con aumento delle difficoltà economiche  e visione pessimistica sul futuro, lasciando spazio a chi cavalca queste crisi con un populismo facile da capire ma che non risolve molto.

venerdì 5 gennaio 2024

La politica che sconforto

 Ho visto la conferenza del nostro Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la sensazione è di sconforto. Giorgia Meloni è un politico navigato capace di rispondere ad alcune accuse con altrettante accuse ai suoi predecessori e con battute sferzanti ma, detto ciò che sul piano comunicazionale può funzionare, per il resto non ho grande ammirazione per questo governo. Intanto la squadra di governo e i personaggi che ruotano intorno a Fratelli d'Italia non mi sembrano un gran che, basti vedere alcune figure tra il ridicolo e il penoso: Lollobrigida che ferma il treno e quest'altro che gira con la pistola a Capodanno. 

La manovra di governo è limitata dai ridotti spazi fiscali, fa poche cose, più che altro cerca di evitare il peggio. La figura peggiore è a livello internazionale. Per mesi hanno evitato di ratificare  il MES con la speranza di poter contrattare qualcosa sul nuovo patto di stabilità. Il patto è invece stato stabilito  sopra le nostre teste e non sembra molto migliorativo rispetto a quello proposto della Commissione Europea. Dimostrazione di quanto non contiamo molto in Europa, problema che non è nuovo ma la Meloni, per quanto cerchi di proporsi come statista europeo, in realtà conta ancora meno dei suoi predecessori. 

Siamo alle solite una politica orfana di leadership con scarsa visione del futuro da dare a questo paese. L'unica proposta è la riforma costituzionale con il premierato, che darebbe un ulteriore colpo al parlamento riducendo anche il potere del Presidente della Repubblica, se passase ci condannerebbe a ulteriori leadership populiste che non hanno mai fatto del bene a nessuna nazione, vedi Argentina. 

D'altra parte l'opposizione è ben poca cosa, la Schlein non riesce a fare una opposizione efficace, Conte prova a fare qualcosa ma il suo passato non lo rende credibile, uno che è passato da un governo giallo-verde a uno giallo-rosso, con l'approvazione di politiche, forse negli intenti buone, ma disastrose negli esiti: reddito di cittadinanza e superbonus. Come si vede mancano leadership preparate e illuminate, non c'è nessuna volontà di formare una buona classe dirigente (vedi qui), i nostri giovani non sono per niente valorizzati tant'è che i migliori se ne vanno all'estero. Certo da altre parti non è meglio, vedi in USA, dove i due candidati alle presidenziali più probabili in lizza sono due ultra settantenni, possibile che in un grande paese come gli Stati Uniti non si trovino candidati più giovani? Senza contare che poi Trump ha già dimostrato di cosa è capace.

Insomma una situazione deprimente che non lascia grandi speranze per il futuro.

mercoledì 11 ottobre 2023

Israele e Palestina

 Gli ultimi avvenimenti in Israele mi gettano nello sconforto, ancora uccisioni, barbarie e sofferenze per la popolazione civile, giovani e bambini, a cui seguiranno sicuramente altre sofferenze e uccisioni. Ma lasciando da parte per un attimo queste tragedie è difficile capire la ratio di certe azioni. Che probabilità ha Hamas di sconfiggere Israele: nessuna, quindi sono azioni tremende e criminali che non risolvono niente, anzi danno la possibilità a Israele di ulteriormente inasprire le azioni verso i palestinesi, e Israele ha le capacità di fare molto male.
La guerra ormai, perché guerra è, va avanti da più di 70 anni. I palestinesi purtroppo stanno pagando personalmente per una serie di vicende storiche che risalgono a molto tempo fa, inutile disquisire se tutto ciò sia giusto o sbagliato, ormai Israele esiste ed è  impossibile ribaltare la situazione. Gli accordi di Oslo erano un buon punto di partenza per stabilire definitivamente una Palestina divisa in due nazioni, ma poi le cose non sono andate avanti e Israele ha continuato ad occupare territorio in Cisgiordania facendo valere la legge del più forte. 
I palestinesi sono più deboli e anche divisi, senza un intervento esterno una soluzione non si troverà, anzi purtroppo il finale sembra già scritto con i palestinesi cacciati definitivamente come gli ebrei 2000 anni fa. Per questo molte dichiarazioni di sostegno a Israele che sono giuste poi finiscono per ignorare  del tutto la realtà e la terribile e sofferente situazione dei palestinesi, come se fossero solo terroristi e non avessero diritto a un pezzo della loro terra come previsto dalle risoluzioni ONU.

martedì 6 giugno 2023

Michele Salvati- Norberto Dilmore- Liberalismo inclusivo

 Gli autori del libro di oggi sono un professore di Economia Politica alla Statale di Milano (Salvati) mentre il secondo è uno prseudonimo. 

Il libro si propone di delineare una possibile strada, che gli autori definiscono liberalismo inclusivo (embedded liberalism), che superi il fallimento del neoliberismo e riavviare un nuovo patto che consenta di gestire la complessità del mondo moderno, riducendo le diseguaglianze, garantendo le libertà economiche e, sopratutto, aumentare il benessere dei cittadini.

Il libro, da una parte, delinea come il compromesso socialdemocratico, alla fine della seconda guerra mondiale, ha garantito nei paesi occidentali crescita e aumento del benessere per 30 anni ("i trenta gloriosi") ma si basava su condizioni specifiche che non sono più riproducibli, pertanto non va né mitizzato né riproposto nella stessa forma. D'altra parte l'ascesa del neoliberismo dagli anni '70, in sostituzione di politiche di stampo keynesiano (almeno in parte), ha portato inizialmente una crescita economica ma con un aumento disastroso delle diseguaglianze e, infine, ha certificato il suo fallimento con la crisi economica del 2008. Un intero capitolo è dedicato al libro di Piketty: Capitale e ideologia, che abbiamo recensito qui, gli autori più che criticare l'analisi di Piketty si concentrano sulle souzioni da lui proposte (socialismo partecipativo) che reputano un pò troppo radicali e in alcuni casi controproducenti.

Per quanto riguarda la loro proposta gli autori partono dalla analisi della situazione attuale, che si presenta mutata rispetto al primo dopoguerra, infatti il capitale è molto più fluido che in passato, meno fisico e più intangibile, più mobile e internazionale che radicato sul territorio nazionale. Il mondo del lavoro è molto più frammentato del passato, con la riduzione delle grandi aziende produttive mentre oggi siamo in un mondo di servizi e tecnologie avanzate con lavoratori piuttosto diversi e meno connessi tra loro, questo ha comportato la perdita di potere dei sindacati. Ma anche la politica è cambiata, non ci sono più i partiti "pesanti" e di massa, piu radicati sul territorio e in grado di costruire il consenso piuttosto che inseguirlo come attualmente, con un potere negoziale maggiore con gli interlocutori economici. Lo Stato, pur mantendo un elevato peso sulla economia, ha perso anch'esso la sua forza per i condizionamenti internazionali e della globalizzazione: politiche europee e potere delle multinazionali delocalizzate, con una forte riduzione della capacità redistributiva.

Le soluzioni che gli autori propongono per un nuovo patto per una crescita inclusiva e sostenibile, ammesso che vi  siano le condizioni  adatte che in parte con la crisi e la pandemia  si sono create, sono in sintesi:

  • una nuova politica macroeconomica, dove lo Stato, con  un ruolo meno diretto,  abbia comunque un ruolo di indirizzo e guida  in grado di imporre una adeguata politica fiscale grazie anche alla riduzione dei paradisi fiscali;
  • ripristinare le regole della concorrenza e la riduzione della instabilità finanziaria;
  • ridare autonomia alla politica anche tramite il finanziamento pubblico;
  • rafforzare i corpi intermedi: sindacati e associazioni industriali.
  • maggiore equità fiscale e inclusione.
In sintesi un libro ben documentato e ben scritto, che ripete alcune cose che su questo blog abbiamo ampiamente riportato, con delle proposte non del tutto nuove ma comunque nel complesso equilibrate.

Alcune considerazioni personali, purtroppo anche se alcune condizioni sono cambiate non sono ottimista al momento su possibili cambiamenti. La narrazione economica del neoliberismo fortunatamente ha perso molto appeal e molti economisti mainstream hanno ammesso che vanno rivalutati alcuni approcci economici del passato e che il mercato crea molti problemi se lasciato a se stesso, per cui da un punto di vista teorico la situazione attuale è piu favorevole al cambiamento. Anche le istituzioni europee con il piano Next Generation UE sembrano aver imboccato, seppur timidamente, un nuovo corso di politica economica anche se il patto di stabilità continua ad essere riproposto anche se modificato. Mancano comunque leadership politiche preparate che, facendo base su una nuova narrazione economica e sociale, siano in grado di indirizzare il cambiamento; tanto più che servono politiche trasnazionali (almeno europee) per poter tener testa al potere economico delle aziende globalizzate che fanno affari ed eludono le tasse.  Inoltre, la gran parte dei cittadini è delusa dalla politica non votando o votando per i partiti populisti; la cosa è anche giustificata perchè i partiti progressiti dei paesi occidentali si sono mostrati troppo proni alle politiche di austerità e alla globalizzazione dei mercati ingenerando, quindi, risentimento e rabbia in tutti quei ceti, e sono molti, che hanno perso la sicurezza del lavoro e hanno visto ridotto il loro potere di acquisto. Quindi, al momento, purtroppo non vedo le condizioni per un liberalismo inclusivo; il primo passo per noi europei sarebbe una profonda rifondazione istituzionale della Unione Europea che con la attuale situazione a 27 membri vedo difficile da realizzarsi. 



mercoledì 22 marzo 2023

Aldo Schiavone - Progresso

Ho appena finito di leggere il saggio breve dello storico italiano Aldo Schiavone sul progresso. Lo storico fa alcune riflessioni sul significato del progresso e, in particolare, si sofferma sul fatto che la fiducia nel progresso degli Illuministi e dei Positivisti poi si sia via via affievolito nel corso del XX secolo, anche in seguito alle due guerre mondiali e agli orrori del Nazismo.

Queste pagine mi spingono a riprendere alcune riflessioni già fatte in alcuni post di questo blog. In primo luogo la teoria economica distingue tra la crescita, ovvero l'aumento del PIL e il vero progresso che si intende una crescita complessiva della società in termini non solo di benessere materiale ma anche di vari altri aspetti culturali, sociali, di libertà individuali, ecc.

Ci sono società, ad esempio la Cina che hanno avuto, per fortuna, un enorme crescita economica che ha spinto fuori dalla povertà e miseria milioni di persone, questo è ovviamente un bene ma il progresso della società cinese in termini di libertà democratiche mi sembra molto ridotto rispetto alla crescita economica. La cosidetta "fine della storia" preconizzata da Fukuyama con la vittoria della democrazia ovunque non si è avverata e anche le democrazie più consolidate sono in crisi.

La tecnica e la tecnologia sono il motore del progresso come hanno affermato  Solow e Schumpeter, e tanti miglioramenti nella vita di milioni di persone sono dovute anche ad esse, vedi solo ad esempio il miglioramento nella diagnostica medica con tutti i nuovi mezzi, che permettono di anticipare la scoperta di malattie, fino a qualche decennio fa impensabili o, ad esempio, la chirurgia robotica e altro ancora. Stiamo molto meglio ora di solo qualche decennio fa, basti pensare solo agli antibiotici o come abbiamo reagito alla pandemia pur con tanti errori. Negare questo e aspirare ai bei tempi andati non è giusto e neanche razionale. 

Certo non va tutto per il meglio, come affermava Roegen abbiamo tutti i mezzi per poter far vivere la maggioranza e probabilmente la totalità della umanità in condizioni dignitose e senza miseria, ma questo non accade. I paesi ricchi rimangono ricchi e molti paesi, specie in Africa, e non solo, sono nella povertà. Inoltre, il miglioramento delle condizioni nelle società occidentali, che abbiamo visto nel dopoguerra, è rallentato e probabilmente ha anche invertito la rotta con diseguaglianze crescenti e inaccettabili.

Il problema è che insieme ad una crescita della tecnologia ci deve essere una crescita anche della società, e questo è compito della politica e della democrazia, ma il meccanismo si è inceppato. Ci sono varie ragioni, uno è la globalizzazione che ha ridotto i margini di manovra dei governi nazionali. Un altro motivo è la perdita di presa popolare dei movimenti socialisti e progressiti che si sono allineati troppo pedissequamente alle teorie pro mercato e pro globalizzazione nonostante gli avvertimenti di alcuni economisti (Stiglitz, Rodrik), portando alla disaffezione dei cittadini che non votano più o votano i partiti populisti che, almeno a parole, si rivolgono a loro.

Come ho più volte affermato manca una classe dirigente in grado di interpretare il cambiamento e dirigerlo verso il miglioramento complessivo della società. Servono uomini nuovi, fuori dagli schemi obsoleti delle ideologie ottocentesche e dalle teorie sbagliate del '900 (liberismo), che riprendano teorie troppo presto abbandonate (Keynes) o male interpretate; non mancano idee, economisti  e teorie, anche più recenti, che possono essere utili per interpetrare la complessità e indirizzare la politica (vedi il mio libro).

La tecnica e la tecnologia ci possono dare molti mezzi ma quello che serve è una politica che, oltre ad essere etica, abbia una visione del futuro, anche perchè il cambiamento climatico potrebbe peggiorare la situazione e cambiare, in peggio, per tutti, gli attuali equilibri. 

Le idee e le persone ci sono ma sono tenute fuori dalla politica, che è spesso appannaggio di personaggi egocentrici e senza preparazione (Trump è un plastico esempio), spero nei giovani che vedo troppo distanti dalla politica quando invece il nostro futuro è sempre nelle nostre mani cioè nelle mani dei cittadini.

lunedì 16 gennaio 2023

Nuovo governo: benvenuti nella realtà

Con il varo della nuova manovra finanziaria del nuovo governo non sono mancate le polemiche. In particolare per quanto riguarda le accise sulla benzina, infatti  non è stato prorogato il taglio deciso dal precedente governo Draghi. Questo ha provocato un aumento della benzina che ovviamente non è piaciuto a molti. Dopo alcuni tentativi maldestri di addebitare l'aumento alle speculazioni, finalmente il premier ha chiarito che, dato che la coperta è corta, si è deciso di dedicare le risorse ad altro. Effettivamente la manovra sulle accise è regressiva, cioè favorisce i redditi più alti (i più spendenti) e quindi se si dedicano i soldi a favorire i redditi più bassi è un approccio socialmente corretto (anche se il taglio delle accise era nel programma!). Benvenuti nel mondo reale del governo, dopo per anni aver svolto il ruolo di opposizione con proposte del tutto scollegate dalle realtà, tipo quella fatta da Giorgia Meloni a inizio pandemia di dare 1000 euro a chiunque ne facesse richiesta! Diciamo che almeno questo è un passo avanti nella assunzione di un sano realismo nella gestione delle spese e del bilancio dello Stato. 

Detto questo non mi piace la manovra del nuovo governo, di cui 2/3 è frutto di continuazione di misure del precedente. Nella manovra non si vede nessun tentativo di una visione di lungo periodo, anzi ci si perde in aumento del limite al contante e riduzione del uso dei POS, e altre amenità di basso profilo.

Non c'è niente o poco per i giovani, si cerca invece di strizzare l'occhio alle fasce di età maggiori con facilitazioni al pensionamento, insomma le solite cose di una destra senza fantasia e senza ambizioni.

venerdì 26 agosto 2022

Il meraviglioso mondo delle promesse elettorali

 Ci avviamo verso le elezioni che si preannunciano tra le peggiori degli ultimi anni, grande confusione, alleanze elettorali poco chiare e di convenienza, e soprattutto programmi elettorali infarciti, spesso, di promesse elettorali costose e spesso inutili se non controproducenti. 

Qui analizzeremo sinteticamente i programmi del Centro Destra e Lega, del Movimento 5 stelle, del PD e del terzo polo (Azione-Italia Viva), trattandosi di programmi piuttosto lunghi ed elaborati tratteremo principalmente alcuni argomenti: lavoro, fisco, riforme istituzionali e PA, politica industriale 

Centro Destra e Lega

In generale il programma del Centro destra (17 pagine) è piuttosto vago e non scende nei particolari. Sulle tasse parla genericamente della pressione fiscale e di pace fiscale, quest'ultima significa di fatto altri condoni e non cita la lotta alla evasione come sempre.  Relativamente alla flat tax parla di estensione a 100.000 euro di fatturato per partite IVA, in realtà sia Salvini e sia Berlusconi parlano di Flat Tax generalizzate che significa di fatto ridurre le risorse per lo Stato a vantaggio di pochi privando certamente i meno ricchi di servizi essenziali. Sul lavoro altro vago accenno è chi più assume meno paga che detto così non significa niente, misura molto difficile da concepire. Pensioni: innalzamento delle pensioni minime  anche qui generico mentre Berlusconi parlava di 1000 euro che sarebbe giusto  ma molto costoso soprattutto in un paese che spende già troppo per le pensioni rispetto a tutto il resto. Il programma della Lega parla giustamente anche di agricoltura che comunque rappresenta una parte molto marginale del PIL mentre parla genericamente delle PMI (quando il problema Italiano, vedi il mio libro, è che abbiamo imprese troppo piccole mentre le imprese devono avere una grandezza minima per essere efficienti). Come riforma istituzionale viene proposta la elezione diretta del Presidente della Repubblica che non risolve niente 

Riduzione del orario  di lavoro a parità di stipendio, misura  populista se non collegata ad una spinta all'aumento di produttività.

Istituzioni: sfiducia costruttiva e limiti alla decretazione di urgenza.

Politica Industriale: in particolare si concentra su agricoltura e turismo.

 Scuola e Università: aumento degli stipendi per insegnanti e fondi ricerca.


Programma del PD 

Programma di ben 37 pagine.


Politica industriale: piano Transizione 4.0 per investimenti green, piano nazionale risparmio energetico, messa in sicurezza infrastrutture. Previsto anche un grande piano di assunzione nella PA.

Tasse: franchigia di 1000 euro sui contributi Inps, abolizione IRAP

Lavoro: salario minimo, retribuzione stage curriculari, lotta al precariato (modello Spagna).

Riduzione orario a parità di salario (come 5 stelle) ma legati ad aumenti di produttività.

Revisione del reddito di cittadinanza.

Scuola e Università: allineare stipendi alla media europea (ma la qualità dell'insegnamento?), potenziare edilizia universitaria, nuovi docenti universitari.

Nel programma troviamo anche un generico maggiore flessibilità per le pensioni. Vi è anche un cenno sulla digitalizzazione della giustizia e adeguare la organizzazione (giusto ma perché si è fatto poco fino ad adesso?)

Un programma che contiene molte cose ma infarcito di piani e fondi con poche iniziative dettagliate.


Programma di Azione e Italia Viva 

Programma  molto lungo (68 pagine) e dettagliato per cui evidenzieremo solo alcune cose.

Politica industriale: zero tasse per giovani imprenditori, facilitare la crescita dimensionale delle imprese, rafforzare industria 4,0. Sostenere la nascita di aziende innovative e transizione digitale. Piano dettagliato per agricoltura e trasporti.

C'è un piano dettagliato su energia e  ambiente su breve, medio e lungo periodo per ridurre dipendenza gas e aumentare rinnovabili con inclusione del nucleare (di cui parla anche la Lega).

Lavoro: salario minimo, detassare premi di produttività, combattere la precarietà (aumento vigilanza), regolare i tirocini curriculari, riforma del reddito di cittadinanza.

Fisco: semplificazione Irpef, riduzione tassazione per giovani sino a 30 anni, abolizione Irap, Iva solo due aliquote, lotta alla evasione.

Istituzioni e PA: miglioramento giustizia con rafforzamento organico e del processo telematico, informatizzazione uffici. Efficientare PA 

Piano dettagliato per la sanità.

Superamento bicameralismo (finalmente!). Elezione diretta del Presidente del Consiglio ( misura populistica e inutile).

Scuola e Università: obbligo fino a 18 anni, potenziamento ITS, riqualificare edifici scolastici, reclutamento docenti universitari e rete per la ricerca.

Il programma è molto completo ed  impossibile citare tutto, tra tutti i programmi è quello organizzato meglio e con maggiori dettagli sulle misure.

I programmi, in generale,  contengono cose che sono anche giuste ma in genere poco dettagliate, le cose giuste vengono regolarmente dimenticate nel corso della legislatura. Ci sono alcuni punti comuni tra i programmi per cui non si capisce perché non si fanno (vedi ad es salario minimo).

Alcune considerazioni generali di cose che in questo blog e nei miei libri  ho già detto più volte. Un paese per crescere ha bisogno di alcune cose fondamentali.

Stare al passo con la evoluzione tecnologica, infatti è la tecnologia che traina la crescita, quindi bisognerebbe favorire (rendere quasi gratuite) le lauree STEM (matematica, fisica ecc.) visto cha abbiamo carenza di laureati soprattutto nelle materie scientifiche e bisogna aumentare il numero di laureati. Giusto anche potenziare gli ITS che in Germania producono 1 milione di tecnici. Favorire la ricerca di base e quella applicata aumentando le collaborazioni pubblico privato come succede in altri paesi (ad es. nascita di start up). Gestire la  evoluzione tecnologica con la formazione continua nel pubblico e nel privato e aiutare lavoratori che saranno svantaggiati  dalla evoluzione tecnologica.

Miglioramento burocrazia, piuttosto che ridurre lo Stato bisogna rafforzarlo laddove serve. Bisogna migliorare la macchina burocratica ma non con le solite manovre facili, tagli lineari o aumenti del personale, ci vuole un piano organico di riforma della organizzazione, per questo servono anni e impegno e ci vorrebbe anche la partecipazione di un sindacato  più attento alla evoluzione che al mantenimento dello status quo.

Migliorare le istituzioni e la democrazia, le istituzioni devono essere allineate alle modifiche della società, sia in termini di diritti e sia nella organizzazione delle istituzioni. Piuttosto che ridurre i parlamentari è necessario superare il bicameralismo perfetto abolendo il senato o specializzando le camere per funzioni. Bisogna far crescere il livello di partecipazione e preparazione dei cittadini, a questo servirebbe una RAI che faccia più cultura e scimmiotti meno la pessima programmazione privata, bisogna anche favorire il giornalismo indipendente e autonomo mentre adesso è troppo schiavo dei privati o dei poteri pubblici.

Infine dovremmo favorire il senso di comunità, l'aumento delle diseguaglianze negli ultimi anni è stato enorme aumentando il disagio sociale, le classi dirigenti e più abbienti dovrebbero porsi il problema di come ridistribuire la ricchezza altrimenti avremo solo un decadimento economico e sociale della nostra società, la partecipazione alla crescita e un aumento delle possibilità per tutti i cittadini è garanzia di una società più ricca e stabile.