lunedì 29 gennaio 2018

Perché è difficile andare a votare il 4 marzo

Questa volta per la prima volta, da quando ho il diritto il voto, sono propenso a non andare a votare e credo che difficilmente cambierò idea. Come orientamento sono di sinistra nel senso attribuitogli da Bobbio, cioè che propendo più per la giustizia sociale (mentre la destra mette al primo posto le libertà individuali); ma la mia preferenza non è per ragioni etiche o morali ma per motivi razionali, perché penso che un mondo o un economia dove c’è maggiore giustizia sociale è un mondo dove le risorse umane migliori possono emergere e quindi contribuire al progresso della società e, nello stesso tempo,  creare un economia più stabile e meno a rischio.
Detto ciò vediamo cosa ci propone la offerta politica a sinistra. Liberi e uguali  è una formazione molto eterogenea (eufemismo), con da una parte la vecchia sinistra ex SEL con Fratoianni, Possibile di Civati e gli esuli del PD Bersani e D’Alema. Alla sua guida c’è Grasso che come figura istituzionale può anche andare bene ma come leader è un tantino scarso, la sua proposta sulla Università poi non è neanche di sinistra. D’Alema sempre pieno di se (ma da dove gli viene tanta sicumera dagli studi alle Frattocchie?) ha già combinato parecchi guai al paese (non gli perdono tra l’altro di aver distrutto una delle più grandi aziende del paese), farebbe meglio a produrre vino, Bersani che è persona anche onesta e preparata ma ha avuto le sue chances e le ha perse come segretario del PD, facendo una campagna elettorale deprimente e anche sbagliando  dopo nella legislatura. Civati mi sta anche simpatico ma non ce la faccio a votare per questa accozzaglia.
Per quanto riguarda il PD parliamo di Renzi. All’inizio mi stava anche simpatico, diceva delle cose in buona parte condivisibili, mi sembrava che interpretasse la sinistra in maniera moderna e innovativa ma poi…, il suo governo ha cercato di fare alcune cose ma alcune sono state completamente sbagliate (la riforma costituzionale), il Job Act non ha funzionato se voleva creare posti di lavoro a tempo indeterminato ha solo continuato a precarizzare il lavoro e peggiorare la situazione anche di quelli che il lavoro ce l’hanno, ha fatto meglio Gentiloni, con un esecutivo con personaggi in media migliori o più efficaci, ma non è abbastanza per dargli il voto.
Berlusconi non l’ho votato quando era una novità, figuriamoci se lo voto adesso che ci propina la solita paccottiglia da imbonitore sapendo che non manterrà nessuna promessa, tanto quello che gli interessa sono solo i suoi affari. Mi domando comunque come gli italiani possano ancora dargli credito dopo che ha governato, portando il paese sull’orlo del disastro che poi ha visto l’intervento di Monti e le sue conseguenze.
Salvini è un ragazzo sveglio, capace di capire al volo i sentimenti di una parte dell’elettorato e usare questi temi a suo favore, bisogna dargli atto che ha preso un partito allo sbando e con un elettorato molto concentrato al nord è riuscito a recuperare consensi e creare  una base elettorale geograficamente più ampia. Sull’euro e sul deficit ha anche ragione in fondo (si vede che ha studiato) ma sa benissimo che la sua posizione è di minoranza voglio vedere poi al governo cosa farà, sul resto non condivido le sue posizioni estreme pertanto non lo voterò.
La Meloni non appartiene ad una area che mi rappresenta anche se è stata almeno brava a smarcarsi da Berlusconi, per il resto non ho idea di cosa possa fare nella coalizione in caso di vittoria.
5 Stelle, qui il discorso è complicato, dò atto a Grillo di aver creato un movimento  che comunque ha cercato di portare i cittadini a impegnarsi in politica, in questo modo ha anche intercettato una parte di delusi che potevano andare a finire in formazioni ben peggiori. Sono anche convinto che le persone dei 5 stelle sono mediamente oneste e animate da buoni propositi. La passata legislatura però è stata un occasione persa, per i voti che ha preso la capacità dei 5 Stelle di incidere sulle attività del parlamento mi è sembrata molto limitata, certe posizioni aventiniane come al solito non pagano. Se poi andiamo a vedere i contenuti dei programmi e lo spessore dei candidati qui la situazione è piuttosto drammatica. I punti del programma dei cinque stelle in parte sono difficilmente economicamente sostenibili, in parte sono velleitari e in altri punti non sono neanche convincenti. I candidati a partire di Di Maio hanno curriculum deprimenti, altri sono solo nomi noti (Paragone o Di Falco), complessivamente poca cosa (a dire il vero  gli altri partiti non sono comunque un gran che). 
Penso che fare politica coinvolgendo i cittadini sia giusto ma per affrontare una realtà cosi complessa non basta la buona volontà o l’onestà, bisogna capire bene come girano le cose altrimenti sei facilmente gabbato (non voglio pensare a Di Maio che si confronta con Merkel o Macron); sulla preparazione e la selezione il movimento si doveva fare molto di più in questi anni e invece siamo quasi come all’inizio, il rischio nel votarli è quello di sprecare ancora una volta il voto ( cambiare tutto per non cambiare niente).

In conclusione, se dovessi votare con il cuore voteri Liberi e Uguali ma questa sinistra non ha cuore, se dovessi votare con la ragione voterei PD ma votarlo oggi non è molto razionale, se dovessi votare con il portafoglio voterei a destra ma votare per il solo portafoglio non è abbastanza, se dovessi votare per rabbia voterei 5 Stelle ma la rabbia non è da sola una buona consigliera, quindi molto probabilmente resterò a casa.

martedì 16 gennaio 2018

Marc Lavoie - Introducion to Post-Keynesian Economics

In questo libro, l’autore Marc Lavoie, economista post-keynesiano e autore di diversi saggi, presenta una introduzione alle teorie post-keynesiane.
Nel primo capitolo introduce i principali elementi che differenziano le teorie economiche neoclassiche e quelle eterodosse. Infatti, nelle teorie eterodosse, rispetto a quelle neoclassiche, si contrappone il realismo allo strumentalismo, l'organicismo all'individualismo, la razionalità procedurale alla razionalità sostanziale. Inoltre, gli eterodossi sono focalizzati su produzione e crescita mentre i neoclassici su scambio e scarsità.  In aggiunta i primi si battono per l'intervento dello Stato mentre  i neoclassici per il libero mercato. L'autore  individua anche quelle che sono le principali correnti post-keynesiane: fondamentalisti, Sraffiani e Kalechiani.
Nel secondo capitolo illustra le principali caratteristiche della microeconomia nelle teorie post-keynesiane, in particolare la teorie delle scelte e le teorie sui costi e la formazione dei prezzi.
Nel terzo capitolo affronta aspetti macroeconomici e in particolare il tema del circuito monetario: tassi di interesse, il credito e le banche, la creazione della moneta.
Nel 4 capitolo analizza i temi della domanda effettiva e del mercato del lavoro, con particolare enfasi  sulle  teorie di Kalecki.
Infine, il 5 capitolo è dedicato ai modelli di crescita e, anche in questo capitolo, si sofferma sui modelli di Kalecki.
In conclusione, per quanto il libro dedichi molta enfasi alle teorie di Kalecki e non faccia menzione di molti altri filoni di ricerca eterodossi più moderni, rimane un libro interessante e ben fatto, molto schematico e di introduzione alle principali tematiche economiche eterodosse post-keynesiane, anche se presuppone una buona conoscenza di economia.