giovedì 27 luglio 2023

Thomas Piketty- Una breve storia dell'uguaglianza

 Questo è l'ultimo libro del famoso economista francesce Thomas Piketty. E' un libro molto meno voluminiso dei due precedenti (Capitale e ideologia  e Il Capitale nel XXI secolo) di cui è in pratica una sintesi.

Il libro inizia con la constatazione che, comunque, il progresso umano esiste, oggi infatti godiamo di una situazione complessiva (salute, istruzione, ecc.) migliore di sempre. La proprietà ha subito numerose variazioni in termini di concentrazione nel corso dei secoli. La proprietà ha visto una aumento di concentrazione a partire dal XVII secolo nei paesi più ricchi occidentali. Nel corso del tempo tale concentrazione è però diminuita, cioè esiste un processo orientato verso la uguaglianza, con il progressivo formarsi di una classe media.

Esiste una differenza sostanziale nella gerarchia delle ricchezze, infatti mentre nelle classi medie e medio alte prevale la ricchezza immobiliare, nelle classi molto elevate prevalgono invece gli attivi finanziari.

Due capitoli del libro sono dedicati al colonialismo e allo schiavismo. La crescita del capitalismo industriale occidentale deve molto alla divisione internazionale del lavoro. Grazie infatti alle loro capicità fiscali, gli Stati europei hanno sviluppato anche una capacità militare, questo gli ha dato la possibilità di sfruttare le risorse dei paesi più arreterati, traendone enormi profitti. Un capitolo è poi dedicato alla triste storia delle riparazioni, cioè come oltre al danno subito con lo schiavismo si sia aggiunta la beffa del pagamento delle riparazioni verso gli schiavisti ( vedi Haiti).

Le rivoluzioni ed evoluzioni che si sono susseguite nel corso della storia hanno comunque portato alla lenta crescita dei diritti e all'allargamento della partecipazione alle elezioni.

Un capitolo è dedicato alla cosiddetta "grande distribuzione", ovvero la riduzione delle diseguaglianze che si è verificata nel periodo 1914-1980 per effetto delle guerre ma, soprattutto per l'adozione di politiche fiscali (imposte progressive). Rimane comunque una forte iperconcentrazione della proprietà, con la tendenza attuale, nei paesi ricchi occidentali, ad un aumento a partire dal 1980. Per combattere questa tendenza l'autore propone una imposta annua sul patrimonio, inoltre propone, per ridurre la concentrazione del potere nelle imprese, la divisione paritaria dei diritti di voto tra dipendenti ed azionisti.

Un altro tema che affronta è quello della cosidetta uguaglianza formale, ad esempio nella istruzione dove i ricchi possono accedere a pagamento agli istituti più prestigiosi.

Il libro si conclude con una serie di proposte verso un socialismo democratico, proposte piuttosto "forti" per ridurre le disuguaglianze all'interno della nazioni e tra nazioni ricche e quelle meno sviluppate.

Rispetto ai due precedenti libri citati non ci sono particolari novità in questo libro. Le analisi di Piketty sono sempre ben documentate; le sue proposte sono in parte condivisibili ma in alcuni casi rischiano di essere  troppo rivoluzionarie e quindi difficilmente e realisticamente realizzabili. Purtroppo in un mondo così complesso le soluzioni non sono semplici, inoltre la crescita delle disuguaglianza ha favorito, paradossalmente, la crescita dei movimenti populisti di destra che non promettono niente di buono. Certo sarebbe molto  auspicabile un ritorno a tasse più progressive in grado di ridurre le diseguaglianze, inoltre mi accontenterei  di far crescere la democrazia partecipativa, facilitando, ad esempio, l'accesso alle cariche politiche anche per le classi meno abbienti; inoltre sarebbe molto utile avere i sistemi mediatici e di comuniciazione meno asserviti ai potentati economici, questo potrebbe garantirci una informazione migliore e più indipendente dai condizionamenti delle elite economiche.

lunedì 3 luglio 2023

Branko Milanovic- Capitalismo contro capitalismo

 Branco Milanovic è professore alla City University di New York, autore di diversi saggi e questo è l'ultimo dei suoi libri.

All'inizio del libro definisce le tre forme di capitalismo: il capitalismo classico (quello nel Regno Unito prima del 1914), il capitalismo socialdemocratico (Paesi occidentali dal 1945 sino al XXI secolo), capitalismo liberal-meritocratico (dal XXI secolo in poi). Ognuno di essi è caratterizzato da alcune proprietà, in particolare il capitalismo liberal-meritocratico si differenzia dagli altri per il fatto che la ricchezza non è esclusivamente da capitale ma anche da reddito, inoltre si accentua in esso la caratteristica che i ricchi si sposano con i ricchi (omogamia). Le diseguaglianze nel capitalismo liberal-meritocratico tornano ad aumentare, inoltre diminuisce la mobilità intergenerazionale, anche perchè i ricchi hanno la possibilità di frequentare le scuole migliori a pagamento mantendendo o aumentando le diseguaglianze iniziali. 

Passa poi ad analizzare il cosidetto capitalismo politico che è rappresentato principalmente dai paesi ex comunisti (Cina, Vietnam, ecc.). L'autore evidenzia come i movimenti comunisti siano stati in grado, soprattutto, di far transitare i paesi (compresi quelli del Terzo Mondo) dal feudalismo al capitalismo. Che la Cina sia ormai un paese capitalista è indubbio visto che la quota dello Stato nella produzione industriale e agricola è ormai redisuale (20% nel caso della produzione industriale). Le caratteristiche sistemiche del capitalismo politico sono: una burocrazia efficiente, assenza dello Stato di Diritto, autonomia dello Stato, in sintesi  lo Stato controlla il settore privato in assenza di vincoli giuridici. Il capitalismo politico, soprattutto in Cina e Vietnam, ha dimostrato la sua efficcacia attraverso una crescita sostenuta, d'altra parte una caratteristica sistemica ed endemica è la corruzione. In ogni caso, anche se presenta alcuni vantaggi, le potenzialità di esportazione del capitalismo politico sono piuttosto limitate.

Relativamente alla globalizzazione la sua principale caratteristica, in termini di capitale e lavoro, è la mobilità. In particolare per la prima volta abbiamo assitito alla separazione della produzione dalla gestione. La mobilità del lavoro è legata alla differenze di reddito tra le nazioni e anche al fatto che la cittadinanza è un bene economico connessa ai vantaggi di essa, ad esempio il welfare; ciò comporta malumori degli autoctoni anche perchè con l'aumento dei flussi migratori il welfare diventa insostenibile. Una soluzione, oltre ai flussi legali, è quella, come gia avviene in alcuni paesi, di trattare in maniera diversa differnti categorie di residenti. Un altro aspetto della globalizzazione è l'aumento della  corruzione, tale crescita è sostenuta dalla ideologia che giustifica il fare soldi in qualsiasi modo. Questo porta alla crescita dei paradisi fiscali, e delle strutture (banche e uffici legali) il cui ruolo è facilitare i trasferimenti di denaro acquisito illegalmente: "riciclaggio morale".

L'ultimo capitolo è dedicato al futuro del capitalismo globale. Le società puramente commerciali hanno come unica gerarchia il successo monetario. Un tempo le persone rispondevano alle leggi e ai limiti autoimposti, mentre oggi la moralità a livello interiore non esiste più, assitiamo quindi alla esternalizzazione della moralità attraverso il ricorso esclusivo alle leggi e forze dell'ordine che molti cercano di manipolare per trarne vantaggi. Le caratteristiche delle società moderne sono: atomizzazione e mercificazione. Le famiglie hanno perso gran parte del loro valore economico dato che molti  beni e servizi si possono acquistare sul mercato (mercificazione). Nel confronto tra capitalismo liberale e capitalismo politico, i vantaggi del capitalismo liberale consistono nell'essere in un certo modo integrati nel sistema (la democrazia) e quindi più naturali, invece il capitalismo politico è obbligato a garantire tassi di crescita elevati se vuole sopravvivere. Nel finale illustra alcune possibili evoluzioni del capitalismo liberale. Una potrebbe essere il capitalismo popolare dove tutti hanno quote equivalenti di reddito e capitale, i redditi continuano ad essere diversi ma la diseguaglianza non tende ad aumentare e la mobilità intergenerazionale dei redditi viene garantita. Il capitalismo egualitario dove tutti hanno circa la stessa quantita di reddito da capitale e lavoro, la diseguaglianza è bassa, e ciò garantisce pari opportunità. Infine, l'attuale capitalismo liberal-meritocratico potrebbe degenerare in un capitalismo in cui l'élite economiche esercitano ancor più controllo sulla politica, portando a un sistema plutocratico che tende a diventare simile al capitalismo politico con tutti i problemi evidenziati per questo tipo di sistema.

Un libro scritto con grande chiarezza, rendendo semplici cose complesse, in maniera direi schematica e quasi didattica, che quindi ne favorisce la lettura, e, al contempo, contiene molte riflessioni interessanti e non banali sulla storia ed evoluzioni delle società occidentali e non. Un libro quindi che merita assolutamente una lettura.