Parto da una premessa, questo libro è stato un grande successo editoriale e viene considerato uno dei libri economici più importanti del 2014, pertanto una recensione era dovuta, devo comunque avvertire che è un libro pieno di dati e voluminoso, circa 1000 pagine, pertanto non può essere letto tutto di un fiato, come un giallo, ma con la doverosa calma.
Detto ciò veniamo al
contenuto del libro, nella prima parte l’autore mostra che, nei paesi sviluppati,
i dati evidenziano come il capitale
(patrimoni) privato, e non quello dello Stato, dopo aver subito una
profonda riduzione dovuta alle due guerre mondiali ha ripreso a crescere e si
sta riportando ai valori che aveva a fine ‘800.
Questa andamento non può,
per Piketty, che avere la tendenza a
peggiorare data la riduzione della crescita economica e di quella demografica.
Ovviamente ci sono delle differenze con il passato, i patrimoni non sono più
terrieri ma principalmente immobiliari, finanziari e industriali, e i
possessori non sono i puri rentiers ma sostituiti ormai dalla la classe dei
super-dirigenti strapagati. Inoltre, le
diseguaglianze patrimoniali sono e restano molto più estreme e concentrate che
le diseguaglianze di reddito. In questa concentrazione ha ripreso ad avere un
ruolo importante anche l’aumento dei flussi ereditari.
Le conclusioni
dell’autore sono, quindi, logicamente che bisogna ri-aumentare, come era nel
recente passato, il livello di tassazione progressiva sul reddito e anche sulle
eredità ma, soprattutto, sul capitale. Quest’ultima non tanto per finanziare lo
Stato sociale ma con lo scopo di
regolare il capitalismo patrimoniale.
L’autore si rende conto,
realisticamente, che queste indicazioni sono difficili da realizzare, praticamente
utopie, anche perché gli Stati nazionali
non hanno più la dimensione adeguata, e quindi la forza, di produrre e
applicare regole efficaci nel quadro del capitalismo attuale, patrimonializzato
e anche globalizzato.
Conclude comunque con
auspicio:
«Affinchè la
democrazia riesca un giorno a riprendere il controllo del capitalismo bisogna
partire dal principio che le forme concrete della democrazia e del capitale
sono ancora e sempre da reinventare».
Il libro è molto interessante e comunque, pur essendo complesso e ricco di informazioni, è scritto in maniera molto chiara e semplice, con anche piacevoli riferimenti letterari, per cui credo ripaghi pienamente l’impegno di lettura.
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