sabato 23 dicembre 2023

Robert Solow e i modelli di sviluppo

In occasione della scomparsa di Robert Solow, uno dei più grandi economisti del '900, pubblico la parte del mio libro, Le idee dell'economia, che riguarda i modelli di crescita e sviluppo tra cui appunto quello di Solow.

Nella economia classica era comune cercare di analizzare i motivi di evoluzione del sistema economico, in particolare possiamo citare Smith e Marx su cui ci siamo soffermati. Questo tipo di analisi, per cosi dire “sistemica”, diviene meno frequente nel periodo neo-classico e viene ripresa sia da Keynes sia da Schumpeter, con le differenze che abbiamo mostrato. A partire dal modello keynesiano, tenendo conto anche degli spunti di Schumpeter inerenti le innovazioni tecnologiche, una varietà di autori sviluppa una serie di teorie o modelli per individuare i parametri o le relazioni, tra le variabili macroeconomiche, che sono le determinanti della crescita o sviluppo di un sistema economico.
Dobbiamo precisare che fino ad adesso abbiamo parlato di crescita e sviluppo come sinonimi, in realtà nella letteratura economica questi due termini tendono ad assumere valenze diverse. Quando si parla di crescita si intende, in genere, soffermarsi sugli aspetti quantitativi, come ad esempio l’aumento del prodotto in generale o pro-capite. Nel termine di sviluppo si comprendono generalmente, anche aspetti più qualitativi, come ad esempio i fenomeni sociali che si accompagnano alla crescita del prodotto, ad esempio l’aumento del livello di istruzione e del tasso di alfabetizzazione.
Il primo modello in ordine temporale è quello di Harrod, sviluppato nel 1939, che quindi risente della influenza keynesiana. Tale modello, che come sempre è un modello semplificato, si basa su alcune ipotesi limitative, in particolare assume che non ci sia possibilità di sostituire lavoro a capitale e viceversa. Il modello nelle sue conclusioni arriva a dimostrare che la crescita di una data economia, e più precisamente il tasso di crescita (∆Y/Y) del prodotto Y (o reddito) di una determinata economia, è direttamente proporzionale al risparmio (specificamente alla propensione marginale al risparmio) e a quella che è definita la produttività (marginale) del capitale. Quindi, in estrema sintesi, quello che si evince dal modello è che per favorire la crescita è necessario incentivare il risparmio e gli investimenti e, inoltre, favorire anche la innovazione tecnologica, poiché questa aumenta la produttività del capitale.
Il modello fu ripreso da Domar, pur avendo delle basi diverse e concentrandosi sul lungo periodo piuttosto che sul breve, tale modello arriva a conclusioni pressoché identiche anche se formalmente più rigorose.
Un problema di questo modello, intendendolo come unico (modello Harrod-Domar), è che non è stabile, pertanto non esiste nessun meccanismo auto-equilibratore tale da assicurare che il tasso di crescita dell’economia sia esattamente pari a quello che consente, al sistema economico, uno sviluppo in equilibrio e con il pieno impiego, se ciò avviene è per puro caso. Inoltre, una delle critiche che è stata mossa al modello è che le condizioni indicate per la crescita, aumento dei risparmi e degli investimenti, sono condizioni necessarie ma non sufficienti a consentire di generare un effettivo aumento della crescita di un economia.
Un’ ulteriore evoluzione dei modelli di crescita è rappresentata dal modello di Solow-Swan, appartenente al filone della sintesi neo-classica, data la complessità matematica daremo solo una sintesi delle sue conclusioni e anche in questo caso il modello si basa su alcune ipotesi (*). Nel modello di Solow-Swan viene confermata la importanza del tasso di risparmio nella determinazione del tasso di crescita. Le conclusioni del modello sono, escludendo la innovazione tecnologica, che nel lungo periodo i sistemi economici raggiungono, con tassi di crescita decrescenti nel tempo, una situazione stazionaria; inoltre che tassi di risparmio più alti determinano, nello stato finale, un benessere maggiore in termini di reddito pro capite ma che tale livello di reddito viene influenzato negativamente, cioè risulta più basso, con la crescita della popolazione. La dinamica della crescita dipende fondamentalmente dalla quantità di capitale iniziale e la crescita del tenore di vita (reddito pro-capite) è legata alla accumulazione di capitale. Nel lungo periodo il rapporto capitale/lavoro cesserà di aumentare: l’economia entrerà in una condizione di stato stazionario in cui l’aumento dell’intensità del capitale si blocca e così anche la crescita.
In particolare le conclusioni dl modello stabiliscono che il tasso di risparmio non ha alcun effetto sulla crescita della produzione nel lungo periodo, può determinare infatti una crescita solo in un certo periodo di tempo, determina invece il livello di produzione/reddito finale di lungo periodo (quello dello stato stazionario). Il modello predice quindi che, in assenza di sviluppo della tecnologia, la produzione pro-capite di un paese tende a convergere ad un valore di equilibrio (o stato stazionario) e che tale valore è tanto più alto quanto maggiore è il tasso di risparmio, viceversa la produzione pro-capite finale risulta minore all’aumentare del tasso di crescita della popolazione. Il vantaggio di questo modello è che, contrariamente a quello di Harrod-Domar, vengono eliminati i problemi di instabilità.
Come accennato il modello è stato ampliato per tener conto della evoluzione tecnologica. In questo modello modificato non si raggiunge uno stato stazionario ma il livello di crescita è determinato solo dal ritmo di miglioramenti tecnologici; inoltre in tale modello l’evoluzione tecnologica viene considerata esogena, cioè esterna al sistema. Nel modello di Solow, che contiene l’evoluzione tecnologica, la crescita del reddito di lungo periodo è pertanto guidata dal progresso tecnologico, infatti questo causa un aumento della produttività marginale, cioè lo stesso ammontare di lavoro e di capitale produce una maggiore quantità di prodotto; questo fattore tecnologico che incrementa la crescita, non riconducibile al capitale o al lavoro, è definito come residuo di Solow. Da studi empirci successivi dello stesso Solow, su un periodo che va dal 1909 al 1949 sugli Stati Uniti, il contributo alla crescita economica dovuto alla innovazione tecnologica risulterebbe preponderante, quasi il 90%.
Dato che in tale modello il progresso tecnologico è esterno (esogeno) al modello stesso, un filone di studi successivi si è indirizzato nel cercare un modello che comprendesse al suo interno anche il progresso tecnologico. I successivi studi pertanto cercano di indagare come questo progresso tecnologico dipenda dalle decisioni degli agenti economici, ad esempio come vengono generati gli investimenti in ricerca e sviluppo.
Uno di questi modelli è quello di Romer, il cui obiettivo è di modellizzare il funzionamento del progresso tecnologico e, quindi, farlo diventare interno (endogeno) al modello stesso. Il progresso tecnologico viene ad essere schematizzato suddividendolo in:
• miglioramenti diretti di conoscenza tecnica dovuti agli investimenti di ricerca e sviluppo;
• trasferimenti di conoscenza tecnologica dall’impresa innovatrice verso gli altri;
di cui il secondo è il tipico esempio di esternalità positiva.
L’ipotesi da cui parte Romer è che il sistema economico abbia un dato ammontare di “capitale umano”, ovvero un insieme di conoscenze, competenze e abilità delle persone, che può essere utilizzato sia nella produzione sia nella ricerca. La ricerca infatti ha come scopo principale di introdurre nuovi processi produttivi che aumentano la produttività (che nel caso del lavoro abbiamo definito come output/lavoratore). 

Le conclusioni del modello di Romer sono che il progresso tecnologico cresce in funzione dello stock di conoscenza tecnica accumulato; progresso che, a sua volta, dipende dalla quota del capitale umano che viene dedicato alla ricerca, decisione che spettando agli agenti economici è quindi interna (endogena) al sistema. Si pone di conseguenza il problema di quale sia la quota di capitale umano da dedicare alla ricerca e come ottimizzarla. Questo genera anche un ulteriore problema, cioè di come incentivare gli “innovatori” a investire in ricerca ed innovare, visti gli effetti di esternalità positivi; pertanto in questo caso la concorrenza perfetta va in qualche modo in contrasto con la necessità di garantire questi incentivi ai privati. Inoltre, anche nel caso in cui l’innovatore sia lo Stato, come evidenzia Mazzuccato nel suo libro Lo Stato innovatore, dovrebbe esistere un meccanismo per garantire che una parte di queste esternalità generate vada ad alimentare ulteriori spese di ricerca da parte dello Stato.

(*) Le ipotesi del modello di Solow-Swan sono: di essere in un regime di concorrenza perfetta; il rapporto tra capitale e reddito (K/Y) dipende dal rapporto tra i prezzi dei fattori, mente in Harrod è costante; il progresso tecnico è esogeno e, inoltre, assume che i rendimenti di scala siano costanti ma la produttività (marginale) dei fattori sia decrescente.

lunedì 4 dicembre 2023

Daron Acemoglu-Simon Johnson- Power and Progress: Our Thousand-Year Struggle Over Technology and Prosperity

Gli autori del libro sono: Kamer Daron Acemoğlu un economista americano di origine turca che insegna al Massachusetts Institute of Technology (MIT), di cui abbiamo recensito: Perchè le nazioni falliscono, e Simon H. Johnson economista britannico-americano che insegna alla Sloan School of Management del MIT.

Il tema del libro viene chiarito sin dall'introduzione: la crescita della prosperità, che abbiamo avuto, non si deve all' avanzamento del progresso tecnologico per se ma al fatto che la direzione dell'avanzamento tecnologico è stata indirizzata a beneficio di tutti e non solo di una piccola élite. Questo si è ottenuto grazie ai cittadini e ai lavoratori che hanno sfidato le scelte delle élite dominanti forzando a loro vantaggio i guadagni del progresso tecnologico. Il progresso non è mai automatico, una visone più inclusiva della tecnologia emerge solo se gli equilibri del potere si modificano. Purtroppo negli ultimi tempi i lavoratori hanno visto invece i loro redditi reali diminuire, la disuguaglianza può aumentare a causa della innovazione. Anche se cresce la produttività questa non si traduce in un aumento di domanda di lavoro. L'automazione aumenta la produttività media ma spesso non fa crescere, o addiritura diminuire, la produttività marginale del lavoratore. Ciò porta all'aumento dei profitti e della quota di reddito del capitale a scapito di quella del lavoro. Nel XX secolo, invece, la automazione non ha ridotto la domanda di lavoro perche accompagnata da miglioramenti e riorganizzazioni  che hanno prodotto nuovi compiti e attività per i lavoratori.

La direzione del progresso, e quindi chi vince e chi perde, dipende dalla visione predominante nella società. Questa visione dipende dal potere di persuadere; la forza delle idee dipende dal fatto che siano semplici, supportate da una storia convincente e intrigante, con un velo di verità, e le storie ripetute sono spesso vincenti. Una idea vincente dipende dal potere, dai mezzi e dal prestigio di chi la propugna. Inoltre, le istituzioni politiche ed economiche determinano chi ha le migliori opportunità di persuadere gli altri. Lo  status sociale è infatti conferito da norme e istituzioni.

Il potere economico e politico determinano chi ha il potere di agenda. La visione della tecnologia permea ogni aspetto della economia e della società. Tutto ciò spiega la necessità di avere forze che si controbilanciano e facciano da contrappeso alla visione dominante, creando istituzioni che permettano di creare spazio a idee che possano influenzare l'agenda. 

Il vantaggio della democrazia risiede nell'incoraggiare diverse prospettive e uno dei suoi maggiori vantaggi è, appunto, di evitare la tirannia delle visioni ristrette. Le scelte tecnologiche sono definite dalla visione dominante e tendono a rinforzare il potere e lo status di coloro che stanno modellando la traiettoria della tecnologia e le scelte teconologiche possono essere molte con esiti diversi. Segue una storia della evoluzione tecnologica e della produttività. Sino a tutto il medioevo i migliormenti produttivi non ebbero effetti sugli standard di vita dei lavoratori, lo scarso surplus andava tutto a una piccola elìte.  I progressi tecnologici e organizzativi, seppur proclamati nell'interesse generale, spingevano sempre più verso il basso la gran parte della popolazione. I benefici del progresso cominciarono ad essere condivisi solo quando le elìte non ebbero più la forza di imporre la loro visione ed estrarre il surplus dalle nuove tecnologie. Il vero progresso si ebbe comunque nel XIX secolo quando si trasformò la relazione tra industria e scienza, quando il metodo scientifico divenne sempre più importante per la innovazione industriale. 

La prima rivoluzione industriale invece fu più opera di intraprendenti inventori senza una vera formazione scolastica che facevano parte di una classe media in cerca di un avanzamento sociale; questo gruppo  fu cruciale per la nascita della rivoluzione industriale in Gran Bretagna, grazie al declino della società feudale dovuto alla crescita dei commerci atlantici che fece emergere una nuova classe media. Comunque questo progresso fu vantaggioso solo per gli imprenditori e una classe ristretta mentre le condizioni dei lavoratori peggiorarono ancora, con condizioni di lavoro disumane e poco salubri con aumento dell' inquinamento; la rivoluzione industriale si rivelò quindi inizialmente come  un disastro sanitario.

 Fu solo nella seconda metà dell'ottocento che incominciarono a crescere i salari e migliorarono le condizioni sanitarie e questo grazie a un processo di riforme politiche ed economiche. Ad esempio furono le ferrovie una tipica trasformazione tecnologica che aumentò la produttività ma generò nuove opportunità di lavoro. In ogni caso la innovazione tecnologica non conduce di per se all'innalzamento dei salari ma questo si ottiene solo grazie ad un aumento del potere contrattuale del lavoratori. I decisori politici divennero attenti alle responsabilità sociali solo quando furono sottoposti a pressioni da parte dei votanti. Fu quindi l'aumento di poteri che si contrapponevano a permettere di  distribuire i vantaggi di una maggiore produttività.

La crescita in seguito anche negli altri paesi fu generata dalle nuove tecnologie ed ebbe due aspetti fondamentali, da una parte la innovazione non produsse la sola riduzione dei costi ma fu in grado di creare nuove attività ed opportunità, inoltre si svilupparono strutture istituzionali  che rafforzarono il potere dei lavoratori e la  regolazione del governo. La riduzione del lavoro dovuto alla automazione fu più che compensata dalla creazione di nuove opportunità di lavoro. 

Lo sviluppo della produzione di massa, trainato anche dalla produzione delle auto, generò domanda in tutti i settori creando nuovi posti di lavoro e distribuzione della ricchezza prodotta. Questo aumento della ricchezza distribuita lo si deve anche alla forza del movimento operaio. La introduzione sempre piu massiccia delle tecnologie digitali che si sono sviluppate nell'ultimo periodo hanno, invece, dei  risvolti negativi per il lavoro, portando a una modifica della quota di ricchezza a favore del capitale e, quindi, una diminuizione della quota a favore del lavoro. La perdita di potere contrattuale  del lavoro si è rispecchiata in un indebolimento del sindacato. Tagliare i costi divenne un imperativo, con sempre più nuove macchine e algoritmi che sostituiscono lavoratori. Questo ha aumentato le disuguaglianze riducendo lavoro  e retribuzione  a medio basso skill. Il reindirizzamento di alcune lavorazioni all'estero ha pure contribuito alle disuguaglianze ma il maggior ruolo lo ha avuto la direzione dello sviluppo tecnologico. 

La direzione dello sviluppo tecnologico si fonda sull'emergere di una ideologia (o distopia) che ha spinto in una direzione anti-lavoro, cioè l'idea che il mercato non regolato sia favorevole all'interesse della nazione e della società. Questa visione ha giustificato qualsiasi modo per fare soldi, incoraggiando le corporations a incrementare i profitti con qualsiasi mezzo e spostando la bilancia a favore dei manager rispetto ai lavoratori. Il lavoro è cosi diventato sempre più un costo che una risorsa. 

Altrettanto pericolosa si sta rivelando la introduzione dalla IA (Intelligenza Artificiale) con l'ambizione di automatizzare anche i compiti meno routinari. Purtroppo la direzione della IA sembra più quella di sostituire gli umani piuttosto che complementare il loro lavoro. Piuttosto che fissarsi sulla intelligenza delle macchine bisognerebbe focalizzarsi sulla loro utilità (machine usefulness).

Le macchine dovrebbero essere al servizio degli uomini  come complemento delle loro capacità, possono quindi aumentare la produttività dei lavoratori. La IA sta aumentando il potere nelle mani delle élite tecnologiche, mentre le tecnologie digitali non dovrebbero essere usate solo per automatizzare il lavoro.

La IA ha anche un ulteriore aspetto negativo, infatti come dimostra la Cina ma anche altri paesi, non esclusi quelli democratici, l'uso dell'IA  può servire a combattere il dissenso ed aumentare la sorveglianza sui cittadini. Quindi l'IA può aumentare il potere degli stati autoritari. 

Un altro aspetto è relativo alle piattaforme social che hanno spesso dimostrato di diffondere più le false informazioni che la verità, questo perché le piattaforme guadagnano quanto più c'è attenzione sui post e questa è mossa da forti emozioni quali sdegno e indignazione. L'approccio delle élite tecnologiche è di base antidemocratico perché le scelte sono in capo a poche persone. 

Stiamo assistendo a una traiettoria  antidemocratica sotto la spinta del profitto. L'IA e le tecnologie digitali rischiano così di soffocare la democrazia e favorire le derive autoritarie. Dobbiamo dunque intervenire per reindirizzare la tecnologia che si sta indirizzando verso l'automazione, la sorveglianza e  la raccolta di dati dei cittadini. Le scelte relative alla tecnologia dovrebbero essere un criterio fondamentale di scelta da parte degli investitori nel valutare le imprese e i loro effetti.

Non possiamo reindirizzare la tecnologia senza poteri che si controbilanciano, e non possiamo costruire poteri che si contrappongano senza basarsi sulle organizzazioni della società civile

Abbiamo quindi bisogno di organizzazioni non solo a livello locale ma di tipo generale e multilivello. Sono vitali le organizzazioni civili che coordinino i consumatori e permettano loro di agire in maniera collettiva piuttosto che individuale. Le tecnologie digitali potrebbero avere un ruolo benefico nel coltivare nuove e migliori comunità on line. Le architetture digitali potrebbero essere disegnate per aiutare deliberazioni e dialogo piuttosto che per attirare attenzione e provocazioni. 

Devono essere sviluppate specifiche politiche per incoraggiare innovazioni benefiche socialmente: sussidi e supporto a tecnologie più user-friendly per i lavoratori, programmi di formazione per i lavoratori, introduzione di meccanismi di controllo sui dati e la loro proprietà, smembramento dei giganti del web, tassazione della pubblicità digitale. In particolare è importante ridurre le forme più intrusive di sorveglianza dei lavoratori e regolare la raccolta dei dati di cittadini e consumatori, sussidiare tecnologie che aumentino la quota e produttività del lavoro. Inoltre, dobbiamo incoraggiare le tecnologie che aumentino la complementarietà e lo sviluppo dei lavoratori. Importante è anche riformare il sistema di tassazione affinchè si equalizzino le imposte tra lavoro e capitale. Importante è  inoltre aumentare il livello degli investimenti in formazione per i lavoratori. 

Reindirizzare le tecnologie richede un lavoro per identificare quelle tecnologie che comportano  benefici sociali. Piuttosto che cercare di introdurre meccanismi complicati di trasferimenti, la società dovrebbe rafforzare le sue attali reti di protezione sociale, combinando questo con un significativo aumento dei lavori ben pagati, ciò potrebbe essere un vero reindirizzamento della tecnologia. L'autore si manifesta piuttosto contrario al reddito universale perché quello che serve è, soprattutto, creare nuove opportunità di lavoro, come pure il reddito minimo non è una soluzione sistemica.

La direzione dello sviluppo tecnologico, che può portare la disuguaglianza, non è data ma è una scelta della società. La tecnologia dipende dalla visione e la visione è connessa con il potere sociale, e il mondo accademico gioca un ruolo centrale visto che le univeristà formano i giovani talenti di domani; purtroppo il mondo accademico ha perso buona parte della sua indipendenza a causa della crescita dei finanziamenti delle aziende, per questo è importante ristabilire la sua indipendenza. 

L'autore conclude che le riforme proposte nel libro sono difficili da realizzare, per questo ci vuole un cambiamento di narrazione per riorganizzare le persone affinchè la pressione sociale riesca a modificare la traiettoria della tecnologia.

Un libro come si vede molto ricco di spunti e informazioni, che tocca un punto importante a volte sottovalutato, cioè che la direzione della tecnologia è molto influente e spesso viene vista come solo benefica quando non lo è. Avevo trattato qui il  tema della evoluzione tecnologica esponendo le mie perplessità ed evidenziandone i rischi, credo che i nostri politici dovrebbero prendere sul serio gli avvertimenti del libro, in particolare sui rischi della IA. Per fortuna il tema è stato sollevato da più parti ma non vedo una vera presa di coscienza, inoltre i grandi player digitali e i social network hanno già dimostrato di aver avuto peso nelle ultime competizioni elettorali, condizionando la democrazia, per cui diventa urgente porre un freno e un limite al loro potere.