Gli autori del libro sono: Kamer Daron Acemoğlu un economista americano di origine turca che insegna al Massachusetts Institute of Technology (MIT), di cui abbiamo recensito: Perchè le nazioni falliscono, e Simon H. Johnson economista britannico-americano che insegna alla Sloan School of Management del MIT.
Il tema del libro viene chiarito sin dall'introduzione: la crescita della prosperità, che abbiamo avuto, non si deve all' avanzamento del progresso tecnologico per se ma al fatto che la direzione dell'avanzamento tecnologico è stata indirizzata a beneficio di tutti e non solo di una piccola élite. Questo si è ottenuto grazie ai cittadini e ai lavoratori che hanno sfidato le scelte delle élite dominanti forzando a loro vantaggio i guadagni del progresso tecnologico. Il progresso non è mai automatico, una visone più inclusiva della tecnologia emerge solo se gli equilibri del potere si modificano. Purtroppo negli ultimi tempi i lavoratori hanno visto invece i loro redditi reali diminuire, la disuguaglianza può aumentare a causa della innovazione. Anche se cresce la produttività questa non si traduce in un aumento di domanda di lavoro. L'automazione aumenta la produttività media ma spesso non fa crescere, o addiritura diminuire, la produttività marginale del lavoratore. Ciò porta all'aumento dei profitti e della quota di reddito del capitale a scapito di quella del lavoro. Nel XX secolo, invece, la automazione non ha ridotto la domanda di lavoro perche accompagnata da miglioramenti e riorganizzazioni che hanno prodotto nuovi compiti e attività per i lavoratori.
La direzione del progresso, e quindi chi vince e chi perde, dipende dalla visione predominante nella società. Questa visione dipende dal potere di persuadere; la forza delle idee dipende dal fatto che siano semplici, supportate da una storia convincente e intrigante, con un velo di verità, e le storie ripetute sono spesso vincenti. Una idea vincente dipende dal potere, dai mezzi e dal prestigio di chi la propugna. Inoltre, le istituzioni politiche ed economiche determinano chi ha le migliori opportunità di persuadere gli altri. Lo status sociale è infatti conferito da norme e istituzioni.
Il potere economico e politico determinano chi ha il potere di agenda. La visione della tecnologia permea ogni aspetto della economia e della società. Tutto ciò spiega la necessità di avere forze che si controbilanciano e facciano da contrappeso alla visione dominante, creando istituzioni che permettano di creare spazio a idee che possano influenzare l'agenda.
Il vantaggio della democrazia risiede nell'incoraggiare diverse prospettive e uno dei suoi maggiori vantaggi è, appunto, di evitare la tirannia delle visioni ristrette. Le scelte tecnologiche sono definite dalla visione dominante e tendono a rinforzare il potere e lo status di coloro che stanno modellando la traiettoria della tecnologia e le scelte teconologiche possono essere molte con esiti diversi. Segue una storia della evoluzione tecnologica e della produttività. Sino a tutto il medioevo i migliormenti produttivi non ebbero effetti sugli standard di vita dei lavoratori, lo scarso surplus andava tutto a una piccola elìte. I progressi tecnologici e organizzativi, seppur proclamati nell'interesse generale, spingevano sempre più verso il basso la gran parte della popolazione. I benefici del progresso cominciarono ad essere condivisi solo quando le elìte non ebbero più la forza di imporre la loro visione ed estrarre il surplus dalle nuove tecnologie. Il vero progresso si ebbe comunque nel XIX secolo quando si trasformò la relazione tra industria e scienza, quando il metodo scientifico divenne sempre più importante per la innovazione industriale.
La prima rivoluzione industriale invece fu più opera di intraprendenti inventori senza una vera formazione scolastica che facevano parte di una classe media in cerca di un avanzamento sociale; questo gruppo fu cruciale per la nascita della rivoluzione industriale in Gran Bretagna, grazie al declino della società feudale dovuto alla crescita dei commerci atlantici che fece emergere una nuova classe media. Comunque questo progresso fu vantaggioso solo per gli imprenditori e una classe ristretta mentre le condizioni dei lavoratori peggiorarono ancora, con condizioni di lavoro disumane e poco salubri con aumento dell' inquinamento; la rivoluzione industriale si rivelò quindi inizialmente come un disastro sanitario.
Fu solo nella seconda metà dell'ottocento che incominciarono a crescere i salari e migliorarono le condizioni sanitarie e questo grazie a un processo di riforme politiche ed economiche. Ad esempio furono le ferrovie una tipica trasformazione tecnologica che aumentò la produttività ma generò nuove opportunità di lavoro. In ogni caso la innovazione tecnologica non conduce di per se all'innalzamento dei salari ma questo si ottiene solo grazie ad un aumento del potere contrattuale del lavoratori. I decisori politici divennero attenti alle responsabilità sociali solo quando furono sottoposti a pressioni da parte dei votanti. Fu quindi l'aumento di poteri che si contrapponevano a permettere di distribuire i vantaggi di una maggiore produttività.
La crescita in seguito anche negli altri paesi fu generata dalle nuove tecnologie ed ebbe due aspetti fondamentali, da una parte la innovazione non produsse la sola riduzione dei costi ma fu in grado di creare nuove attività ed opportunità, inoltre si svilupparono strutture istituzionali che rafforzarono il potere dei lavoratori e la regolazione del governo. La riduzione del lavoro dovuto alla automazione fu più che compensata dalla creazione di nuove opportunità di lavoro.
Lo sviluppo della produzione di massa, trainato anche dalla produzione delle auto, generò domanda in tutti i settori creando nuovi posti di lavoro e distribuzione della ricchezza prodotta. Questo aumento della ricchezza distribuita lo si deve anche alla forza del movimento operaio. La introduzione sempre piu massiccia delle tecnologie digitali che si sono sviluppate nell'ultimo periodo hanno, invece, dei risvolti negativi per il lavoro, portando a una modifica della quota di ricchezza a favore del capitale e, quindi, una diminuizione della quota a favore del lavoro. La perdita di potere contrattuale del lavoro si è rispecchiata in un indebolimento del sindacato. Tagliare i costi divenne un imperativo, con sempre più nuove macchine e algoritmi che sostituiscono lavoratori. Questo ha aumentato le disuguaglianze riducendo lavoro e retribuzione a medio basso skill. Il reindirizzamento di alcune lavorazioni all'estero ha pure contribuito alle disuguaglianze ma il maggior ruolo lo ha avuto la direzione dello sviluppo tecnologico.
La direzione dello sviluppo tecnologico si fonda sull'emergere di una ideologia (o distopia) che ha spinto in una direzione anti-lavoro, cioè l'idea che il mercato non regolato sia favorevole all'interesse della nazione e della società. Questa visione ha giustificato qualsiasi modo per fare soldi, incoraggiando le corporations a incrementare i profitti con qualsiasi mezzo e spostando la bilancia a favore dei manager rispetto ai lavoratori. Il lavoro è cosi diventato sempre più un costo che una risorsa.
Altrettanto pericolosa si sta rivelando la introduzione dalla IA (Intelligenza Artificiale) con l'ambizione di automatizzare anche i compiti meno routinari. Purtroppo la direzione della IA sembra più quella di sostituire gli umani piuttosto che complementare il loro lavoro. Piuttosto che fissarsi sulla intelligenza delle macchine bisognerebbe focalizzarsi sulla loro utilità (machine usefulness).
Le macchine dovrebbero essere al servizio degli uomini come complemento delle loro capacità, possono quindi aumentare la produttività dei lavoratori. La IA sta aumentando il potere nelle mani delle élite tecnologiche, mentre le tecnologie digitali non dovrebbero essere usate solo per automatizzare il lavoro.
La IA ha anche un ulteriore aspetto negativo, infatti come dimostra la Cina ma anche altri paesi, non esclusi quelli democratici, l'uso dell'IA può servire a combattere il dissenso ed aumentare la sorveglianza sui cittadini. Quindi l'IA può aumentare il potere degli stati autoritari.
Un altro aspetto è relativo alle piattaforme social che hanno spesso dimostrato di diffondere più le false informazioni che la verità, questo perché le piattaforme guadagnano quanto più c'è attenzione sui post e questa è mossa da forti emozioni quali sdegno e indignazione. L'approccio delle élite tecnologiche è di base antidemocratico perché le scelte sono in capo a poche persone.
Stiamo assistendo a una traiettoria antidemocratica sotto la spinta del profitto. L'IA e le tecnologie digitali rischiano così di soffocare la democrazia e favorire le derive autoritarie. Dobbiamo dunque intervenire per reindirizzare la tecnologia che si sta indirizzando verso l'automazione, la sorveglianza e la raccolta di dati dei cittadini. Le scelte relative alla tecnologia dovrebbero essere un criterio fondamentale di scelta da parte degli investitori nel valutare le imprese e i loro effetti.
Non possiamo reindirizzare la tecnologia senza poteri che si controbilanciano, e non possiamo costruire poteri che si contrappongano senza basarsi sulle organizzazioni della società civile.
Abbiamo quindi bisogno di organizzazioni non solo a livello locale ma di tipo generale e multilivello. Sono vitali le organizzazioni civili che coordinino i consumatori e permettano loro di agire in maniera collettiva piuttosto che individuale. Le tecnologie digitali potrebbero avere un ruolo benefico nel coltivare nuove e migliori comunità on line. Le architetture digitali potrebbero essere disegnate per aiutare deliberazioni e dialogo piuttosto che per attirare attenzione e provocazioni.
Devono essere sviluppate specifiche politiche per incoraggiare innovazioni benefiche socialmente: sussidi e supporto a tecnologie più user-friendly per i lavoratori, programmi di formazione per i lavoratori, introduzione di meccanismi di controllo sui dati e la loro proprietà, smembramento dei giganti del web, tassazione della pubblicità digitale. In particolare è importante ridurre le forme più intrusive di sorveglianza dei lavoratori e regolare la raccolta dei dati di cittadini e consumatori, sussidiare tecnologie che aumentino la quota e produttività del lavoro. Inoltre, dobbiamo incoraggiare le tecnologie che aumentino la complementarietà e lo sviluppo dei lavoratori. Importante è anche riformare il sistema di tassazione affinchè si equalizzino le imposte tra lavoro e capitale. Importante è inoltre aumentare il livello degli investimenti in formazione per i lavoratori.
Reindirizzare le tecnologie richede un lavoro per identificare quelle tecnologie che comportano benefici sociali. Piuttosto che cercare di introdurre meccanismi complicati di trasferimenti, la società dovrebbe rafforzare le sue attali reti di protezione sociale, combinando questo con un significativo aumento dei lavori ben pagati, ciò potrebbe essere un vero reindirizzamento della tecnologia. L'autore si manifesta piuttosto contrario al reddito universale perché quello che serve è, soprattutto, creare nuove opportunità di lavoro, come pure il reddito minimo non è una soluzione sistemica.
La direzione dello sviluppo tecnologico, che può portare la disuguaglianza, non è data ma è una scelta della società. La tecnologia dipende dalla visione e la visione è connessa con il potere sociale, e il mondo accademico gioca un ruolo centrale visto che le univeristà formano i giovani talenti di domani; purtroppo il mondo accademico ha perso buona parte della sua indipendenza a causa della crescita dei finanziamenti delle aziende, per questo è importante ristabilire la sua indipendenza.
L'autore conclude che le riforme proposte nel libro sono difficili da realizzare, per questo ci vuole un cambiamento di narrazione per riorganizzare le persone affinchè la pressione sociale riesca a modificare la traiettoria della tecnologia.
Un libro come si vede molto ricco di spunti e informazioni, che tocca un punto importante a volte sottovalutato, cioè che la direzione della tecnologia è molto influente e spesso viene vista come solo benefica quando non lo è. Avevo trattato qui il tema della evoluzione tecnologica esponendo le mie perplessità ed evidenziandone i rischi, credo che i nostri politici dovrebbero prendere sul serio gli avvertimenti del libro, in particolare sui rischi della IA. Per fortuna il tema è stato sollevato da più parti ma non vedo una vera presa di coscienza, inoltre i grandi player digitali e i social network hanno già dimostrato di aver avuto peso nelle ultime competizioni elettorali, condizionando la democrazia, per cui diventa urgente porre un freno e un limite al loro potere.
Nessun commento:
Posta un commento