Questo è l'ultimo libro del famoso economista francesce Thomas Piketty. E' un libro molto meno voluminiso dei due precedenti (Capitale e ideologia e Il Capitale nel XXI secolo) di cui è in pratica una sintesi.
Il libro inizia con la constatazione che, comunque, il progresso umano esiste, oggi infatti godiamo di una situazione complessiva (salute, istruzione, ecc.) migliore di sempre. La proprietà ha subito numerose variazioni in termini di concentrazione nel corso dei secoli. La proprietà ha visto una aumento di concentrazione a partire dal XVII secolo nei paesi più ricchi occidentali. Nel corso del tempo tale concentrazione è però diminuita, cioè esiste un processo orientato verso la uguaglianza, con il progressivo formarsi di una classe media.
Esiste una differenza sostanziale nella gerarchia delle ricchezze, infatti mentre nelle classi medie e medio alte prevale la ricchezza immobiliare, nelle classi molto elevate prevalgono invece gli attivi finanziari.
Due capitoli del libro sono dedicati al colonialismo e allo schiavismo. La crescita del capitalismo industriale occidentale deve molto alla divisione internazionale del lavoro. Grazie infatti alle loro capicità fiscali, gli Stati europei hanno sviluppato anche una capacità militare, questo gli ha dato la possibilità di sfruttare le risorse dei paesi più arreterati, traendone enormi profitti. Un capitolo è poi dedicato alla triste storia delle riparazioni, cioè come oltre al danno subito con lo schiavismo si sia aggiunta la beffa del pagamento delle riparazioni verso gli schiavisti ( vedi Haiti).
Le rivoluzioni ed evoluzioni che si sono susseguite nel corso della storia hanno comunque portato alla lenta crescita dei diritti e all'allargamento della partecipazione alle elezioni.
Un capitolo è dedicato alla cosiddetta "grande distribuzione", ovvero la riduzione delle diseguaglianze che si è verificata nel periodo 1914-1980 per effetto delle guerre ma, soprattutto per l'adozione di politiche fiscali (imposte progressive). Rimane comunque una forte iperconcentrazione della proprietà, con la tendenza attuale, nei paesi ricchi occidentali, ad un aumento a partire dal 1980. Per combattere questa tendenza l'autore propone una imposta annua sul patrimonio, inoltre propone, per ridurre la concentrazione del potere nelle imprese, la divisione paritaria dei diritti di voto tra dipendenti ed azionisti.
Un altro tema che affronta è quello della cosidetta uguaglianza formale, ad esempio nella istruzione dove i ricchi possono accedere a pagamento agli istituti più prestigiosi.
Il libro si conclude con una serie di proposte verso un socialismo democratico, proposte piuttosto "forti" per ridurre le disuguaglianze all'interno della nazioni e tra nazioni ricche e quelle meno sviluppate.
Rispetto ai due precedenti libri citati non ci sono particolari novità in questo libro. Le analisi di Piketty sono sempre ben documentate; le sue proposte sono in parte condivisibili ma in alcuni casi rischiano di essere troppo rivoluzionarie e quindi difficilmente e realisticamente realizzabili. Purtroppo in un mondo così complesso le soluzioni non sono semplici, inoltre la crescita delle disuguaglianza ha favorito, paradossalmente, la crescita dei movimenti populisti di destra che non promettono niente di buono. Certo sarebbe molto auspicabile un ritorno a tasse più progressive in grado di ridurre le diseguaglianze, inoltre mi accontenterei di far crescere la democrazia partecipativa, facilitando, ad esempio, l'accesso alle cariche politiche anche per le classi meno abbienti; inoltre sarebbe molto utile avere i sistemi mediatici e di comuniciazione meno asserviti ai potentati economici, questo potrebbe garantirci una informazione migliore e più indipendente dai condizionamenti delle elite economiche.
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