giovedì 14 ottobre 2021

Robert Skidelsky -What's Wrong With Economics

 Il libro che recensiamo oggi è di Robert Skidelsky di cui abbiamo parlato qui in relazione al suo libro di biografia di Keynes. Il tema di questo libro è più ampio, cioè cosa c'è di sbagliato nella scienza economica (economics). 
La accusa che muove l'autore alla cosiddetta scienza economica  è fondamentalmente metodologica, l'errore fondamentale non risiede in qualche specifica dottrina ma nei metodi che la economia utilizza nel raggiungere le sue conclusioni, la sua debolezza sta nel generalizzare sulla base di assunzioni troppo semplicistiche. Inoltre, la incapacità di validare empiricamente le sue ipotesi più importanti tende a portarla verso la ideologia.
L'individualismo metodologico, che caratterizza l'economia, omette le relazioni tra gli individui stessi riducendo le strutture sociali a transazioni economiche. I modelli economici tendono ad essere ciechi di fronte al ruolo del potere nel definire le relazioni economiche.
L'economia tratta di desideri e mezzi, i fini sono semplicemente cosa le persone desiderano, il tutto connesso al concetto di scarsità, ma spesso la scarsità nasce dalle strutture sociali e politiche (scarsità artificiale), restrizione artificiali della offerta. 
L'unico scopo valido dell'economia dovrebbe essere l'abolizione della povertà. La questione relativa alla crescita e al ruolo dello Stato e delle istituzioni rimane insoluta in economia, anche se di fatto la crescita economica è stata guidata dalla Stato piuttosto che dal mercato, e il commercio è stato uno strumento della politica nazionale piuttosto che un libero commercio. Purtroppo le prescrizioni della economia mainstream prevedono, per la crescita dei paesi più arretrati, la liberalizzazione dei mercati finanziari, la riduzione delle barriere tariffarie, le privatizzazioni e la riduzione della spesa pubblica, mentre un requisito fondamentale per la crescita è piuttosto uno Stato forte e non corrotto.
La storia ha infatti  dimostrato che le nazioni non liberalizzarono per diventare ricche, piuttosto hanno liberalizzato dopo essere diventate ricche. Un altro concetto economico è quello dell'equilibro, concetto relativo a un sistema fermo, senza assunzioni irrealistiche sul comportamento umano l'esistenza dell'equilibrio tra domanda e offerta non può essere dimostrata. Le leggi economiche hanno una valenza molto minore di quelle delle scienze naturali.
 Creare modelli significa creare una semplice struttura teorica che rappresenti la realtà, e il mondo sociale difficilmente è stazionario, l'economia cerca quindi di rimuovere i potenziali disturbi. I modelli economici non possono essere considerati una replica semplificata dei reali comportamenti, piuttosto creano un comportamento consistente con i loro modelli. Alla economia è impedito usare il metodo sperimentale delle scienze naturali. L'econometria non riesce a sostituire gli esperimenti, tramite essa è difficile isolare le ipotesi da testare dalle altre ipotesi e le correlazioni che trova non sono delle relazioni causali, rivelando la sua debolezza. 
L'economia quindi è solo rivestita da un aura scientifica, a causa della inconsistenza dei suoi modelli e la incapacità dei modelli di spiegare i fatti osservati, riuscendo quindi a fornire solo predizioni qualitative piuttosto che quantitative. Non ci sono leggi economiche valide in ogni tempo e luogo, al massimo le teorie possono fare delle predizioni approssimativamente valide per periodi limitati. La economia neoclassica si basa sul "homo economicus" ovvero l'uomo razionale, le deviazioni dalla razionalità vengono considerate non sistemiche, mentre la behavioural economics ha mostrato le deviazioni dalla razionalità ed errori sistematici, non confermando pertanto il modello di homo economicus, anche se l'autore evidenza che la behavioural economics non ha fornito una decisa alternativa a tale modello. 
L'autore passa poi ha esaminare le differenze tra economia e sociologia.
La sociologia afferma che la azione individuale è condizionata dalla posizione sociale dell'individuo nel gruppo, mentre per gli economisti neoclassici la causazione va dall'individuo alle istituzioni. La economia astrae, quindi, dalla società mente la sociologia la presuppone, la economia studia sistemi chiusi mentre la sociologia sistemi aperti. La sociologia presuppone che gli esseri umani siano inseparabilmente legati dalla biologia, esperienza e cultura. La economia neoclassica assume invece una natura umana non modificabile caratterizzata da un illimitato desiderio di guadagno. Vi è quindi una separazione non colmabile nella spiegazione del comportamento umano tra economia e sociologia. Ma entrambe falliscono nella loro interpretazione, la sociologia con la sua visione olistica del tutto, mentre la economia con il suo individualismo.
L'economia neoclassica ha una visione piuttosto riduttiva delle organizzazioni sociali, assume, infatti, che gli individui formano le istituzioni economiche (ad esempio aziende) per ridurre i costi di transazione, inoltre con la teoria della Scelta Pubblica che i politici e la burocrazia sono mossi fondamentalmente dagli interessi privati e quindi a massimizzare il proprio tornaconto. Inoltre, mentre il potere è un elemento essenziale della politica, questo è del tutto assente dalla economia contemporanea (mentre era presente nella economa classica). Ignorando il ruolo del potere nell'economia rende le strutture di potere invisibili, rendendosi quindi veicolo per la ideologia corrente.
Dietro la loro apparente aura di indipendenza e scientificità gli studi economici riflettono, inevitabilmente, gli interessi di chi ne finanzia le attività. La mancanza del ruolo del potere e delle istituzioni è quindi una debolezza dell'economia attuale, mentre dovrebbe proprio partire da istituzioni, classi, organizzazioni e norme sociali. Un altro aspetto è la sottovalutazione dello  studio della storia del pensiero economico, dando per scontato che le teorie attuali siano superiori alle vecchie e quindi queste non meritino di essere studiate, mentre la storia dimostra che la economia e le sue idee sono "path-dipendent", il presente e il futuro sono connessi dalla continuità dalle istituzioni della società.
Un altro aspetto completamente assente dalla economia è l'etica, la etica diventa solamente un aspetto del calcolo individuale.
La debolezza della economia come scienza deriva dalla impossibilità di stabilire leggi empiricamente robuste relative al comportamento umano, il suo nucleo scientifico consiste in deduzioni logico/matematiche basate su assunzioni non realistiche. Tutto ciò rende larga parte dell'economia una visione inutile del mondo e pertanto una guida politica piuttosto fuorviante.  La economia mainstream da un eccessivo potere di calcolo agli umani, ignorando il ruolo della  incertezza. In definitiva sono due i problemi della economia, insufficiente generalità delle sue premesse e mancanza di una mappa istituzionale. La necessità per il futuro è di un economia meno  pretenziosa nei confronti delle altre scienze sociali e che invece sappia guardare ad esse con maggior rispetto. Aspetti centrali di  un economia più aperta  dovrebbero essere il ruolo dello Stato, la distribuzione del potere e gli effetti di entrambi sulla distribuzione della ricchezza.
In definitiva un libro molto ricco e interessante, in sintesi  riflette il pensiero di Keynes sulle caratteristiche che dovrebbe avere un economista riferendosi a Marshall:
un grande economista deve possedere una rara combinazione di doti: deve essere allo stesso tempo e in qualche misura matematico, storico, politico e filosofo; deve saper decifrare simboli e usare le parole; deve saper risalire dal particolare al generale e saper passare dall'astratto al concreto nelle stesso processo mentale; deve saper studiare il presente alla luce del passato, per gli scopi del futuro. Nessun aspetto della natura dell'uomo o delle istituzioni umane gli deve essere alieno.

Nessun commento:

Posta un commento