lunedì 4 ottobre 2021

Robert Skidelski -Keynes A Very Short Introduction

 Robert Skidelsky è un economista e storico britannico, ottimo conoscitore di Keynes su cui ha scritto delle estese biografie pubblicate in tre volumi; questa che presento è una introduzione molto sintetica ma che trovo fatta molto bene e contiene tutti gli elementi essenziali per capire il pensiero del grande economista.
I primi due capitoli sono dedicati alla sua vita e alla sua filosofia. In particolare, Keynes poneva la intuizione come fondamento della conoscenza. Inoltre, i suoi primi interessi e lavori sono relativi alla probabilità, infatti la incertezza è al cuore del suo pensiero economico. Anche se si definiva un conservatore moderato era contrario al conservatorismo politico, militando tra i liberali ma non tra i laburisti, era contrario alla lotta di classe socialista pur rimanendo un riformatore del sistema capitalistico che riteneva intrinsecamente instabile. Nel capitolo successivo il libro affronta la evoluzione del pensiero monetario di Keynes. Inizialmente Keynes accetta la teoria quantitativa della moneta (vedi ad esempio capitolo del mio libro ad essa dedicato). Nel libro Tract on Monetary Reform (1923) l'obiettivo è la stabilità dei prezzi ottenibile attraverso il controllo della moneta disponibile al sistema bancario da parte della banca centrale. E' invece contrario al ritorno della parità aurea stabilito da Winston Churchill nel 1925 che avrebbe generato  disoccupazione.
In seguito Keynes inizia a porre al centro dell'attenzione la relazione tra investimenti e risparmi, e sulla scia di Robertson cerca di integrare, quindi, l'analisi investimenti-risparmi con la teoria monetaria. Con Tratise on Money si stacca dalla teoria classica secondo cui  risparmi e investimenti si adeguano naturalmente, risparmi e investimenti sono fatti da soggetti diversi con diverse finalità. Le depressioni avvengono quando l'incentivo a investire nuovi capitali non assorbe il tasso di risparmio. Vediamo quindi che incominciano a farsi luce i temi della Teoria Generale, anche se rimane fiducioso nella capacità della banca centrale di agire sul tasso di interesse per bilanciare l'economia solo qualora si abbandonasse il gold standard e si adottino barriere tariffarie.
Nella Teoria Generale integra i concetti del Tratise con nuovi elementi, la teoria del moltiplicatore (sviluppata da Kahn), la efficienza marginale del capitale (derivata dall'analisi degli investimenti di Fischer), la teoria dei consumi, ecc.
L'autore in poche righe fa una sintesi efficace della sequenza logica causale:
Data la propensione al consumo, la quantità di  disoccupazione è determinata dall'ammontare degli investimenti; date le aspettative di profittabilità degli investimenti questi sono determinati dal tasso di interesse; data la quantità di moneta il tasso di interesse è determinato dalla preferenza della liquidità.
 Al centro dell'analisi sono gli investimenti, e la loro instabilità, sono gli investimenti che determinano i risparmi (solo a posteriori sono uguali), infatti (paradosso della parsimonia) un eccesso di risparmi conduce a una riduzione delle aspettative sui futuri consumi e quindi dei futuri guadagni degli imprenditori che porta a ridurre il risparmio complessivo  via riduzione del reddito (sono le  spese che determinano il reddito). Il tasso dei interesse è determinato dalla preferenza per la liquidità, moneta come riserva di valore per combattere la incertezza (trappola della liquidità). Se il tasso di interesse rimane al disopra del tasso di ritorno del capitale, che rende possibile (via investimenti) la piena occupazione, la politica monetaria diviene impotente nel abbassare ulteriormente il tasso di interesse, da cui deriva la necessità di politica fiscale e di spesa da parte dello Stato (la socializzazione  degli investimenti). 
Un capitolo è dedicato a Keynes come uomo di Stato, soprattutto durante la seconda guerra mondiale con i suoi piani per pagare la guerra senza generare inflazione (How to Pay for the War). Il suo contributo più importante, nel tentativo di regolare la economia internazionale, si realizzò nelle trattative che portarono al cosiddetto accordo di Bretton Woods. Keynes era convinto che un sistema di cambi rigidi come il gold-standard non poteva durare a lungo, d'altra parte un sistema di cambi flessibili era troppo pericoloso per la stabilità economica internazionale, quindi la sua preferenza era per un sistema di cambi flessibili ma con limitazioni alle oscillazioni. Altri aspetti che voleva limitare erano l'eccesso di esportazioni da parte di una nazione nel commercio internazionale (che genera deflazione) e un sistema finanziario controllato. Le sue proposte vennero approvate solo in parte, l'accordo metteva al centro del sistema internazionale monetario il dollaro e non la divisa internazionale (Bancor) che aveva proposto Keynes.
Gli ultimi capitoli sono dedicati alla eredità di Keynes. La Teoria Generale ha avuto un grande impatto dalla sua uscita, in particolare sui giovani economisti e anche sul pubblico. La influenza di Keynes sul dopoguerra è indubbia, almeno fino al 1970, va evidenziato, comunque, che le politiche keynesiane influirono sui governi ma non furono completamente adottate dai paesi occidentali, ad eccezione del periodo di Kennedy negli USA. La cosiddetta "golden age" è si, in parte, dovuta alla influenza keynesiana ma hanno giocato un ruolo anche la situazione generale politica (Guerra Fredda e lotta ideologica tra capitalismo e comunismo), il rapido sviluppo tecnologico e la crescita della domanda in generale. Inoltre, anche nel sistema monetario le idee di Keynes hanno aiutato nella stabilità, grazie comunque alla politica in deficit commerciale degli USA che ha quindi impedito tendenze deflazionistiche. Non possono essere ascritte a Keynes certe interpretazioni da parte  dei cosiddetti keynesiani, che hanno in parte travisato le idee di Keynes che era molto più accorto e moderato nelle sue indicazioni di politica economica, vi è stato, quindi, un eccesso di ambizione nel tentativo di governare la economia. Sta di fatto che, dagli anni '70 con la comparsa della stagflazione, prende il sopravvento la teoria monetarista e delle aspettative razionali con il conseguente discredito delle politiche keynesiane, che sembrano superate dai fatti. Sarà, soprattutto, la crisi del 2008 ha dimostrare che la eccessiva fiducia nelle salvifiche caratteristiche  del mercato è ancor più fallace, avendo portato a una crisi economica di grandi dimensioni, con la rivalutazione delle idee di Keynes. 
E' proprio la impossibilità di modellizzare e dominare la incertezza che non rende possibile marginalizzare la teoria keynesiana e pone invece limiti alla teorie classiche; quindi la eredità di Keynes riamane, un Keynes correttamente interpretato e inteso ma anche con adeguate integrazioni e innovazioni.


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