domenica 7 novembre 2021

Capitalismo, democrazia ed ecologia

Si sono conclusi da poco G20 e COP 26, con al centro i temi ecologici e il riscaldamento climatico e non solo. I risultati non sono affatto incoraggianti, qualche accordo è stato raggiunto ma mancano impegni veramente stringenti da parte di molti paesi  e quasi certamente gli impegni non basteranno e ne vedremo molti altri di questi meeting.
Approfitto di questi eventi per allargare il discorso,  su questo blog abbiamo, infatti, pubblicato recensioni di  decine di libri e articoli relativi ad aspetti economici, politici  e alla democrazia ed è il momento di fare la sintesi con qualche considerazione.
Il capitalismo non esiste da sempre, se vogliamo è una invenzione recente, con la sua formidabile azione, grazie anche alla ricerca scientifica e alla innovazione tecnologica, ha portato ad un diffuso benessere in alcune nazioni  ma anche a molte devastazioni, di cui il clima è un esempio lampante.
Sostenere quindi il mercato e il capitalismo in maniera acritica è divenuto difficile anche per i suoi più fervidi sostenitori, mentre negli autori che abbiamo recensito abbiamo trovato spesso una profonda critica alle eccessiva fiducia risposta nel mercato. Il mercato può essere sicuramente un ottimo mezzo per ottenere alcune cose, ma non può essere un fine, cioè l'arricchimento personale può essere utilizzato per accrescere il benessere generale ma il fine è proprio il benessere generale.
Certo in termini  filosofici e politici è molto difficile stabilire esattamente  quale sia il vero fine del benessere generale ma, in realtà,  se non sottilizziamo troppo possiamo fare qualche considerazione. La maggioranza delle persone, credo, abbia delle aspettative relativamente semplici: vorrebbe avere una vita sufficientemente agiata grazie a un lavoro che sia abbastanza soddisfacente e non eccessivamente instabile, vivere in ambiente confortevole, piacevole, non inquinato e malsano, avere una certa sicurezza e quindi vivere senza  la paura costante di  essere assassinato, derubato o subire catastrofi naturali o guerre, e infine godere di una certa libertà e di diritti. Ovviamente i desideri e le necessità sono molte di più e la questione e' più complicata,  ma sulle cose che ho elencato e poco altro credo si possano riconoscere la maggioranza delle persone; ma come fare a far emergere queste necessità e soprattutto  assicurarle? La questione non e' semplice. 
Nel passato solo le élite, di qualunque tipo, potevano avere il meglio di quanto era possibile nel momento storico (e sappiamo che nel passato non era paragonabile a quello che abbiamo oggi, ad esempio per  salute ed aspettativa di vita); l'élite dominavano per qualche ragione: militare, religiosa, tradizioni, ecc. Oggi abbiamo, soprattutto nei paesi più sviluppati,  élite dominanti grazie al potere economico anche se abbiamo sparse nel mondo situazioni di dominazione di vecchio stampo.
Nei paesi più sviluppati, con l'emergere delle nuove élite economiche e di un maggior benessere, ha incominciato a farsi strada una maggiore democratizzazione delle istituzioni. Idee alternative dittatoriali, fascismo e comunismo, hanno tentato soluzioni diverse ma hanno dimostrato la loro debolezza e pericolosità anche se in giro abbiamo ancora qualche nostalgico (la Cina meriterebbe un discorso a parte). 
Nei paesi occidentali il dopoguerra è  stato un periodo irripetibile e positivo. Infatti, in quella che viene definita Golden Age, abbiamo avuto crescita diffusa del benessere materiale ma anche un miglioramento legislativo, welfare e lavoro ad esempio,  e istituzionale e un allargamento della democrazia ad altre nazioni. Non che fossimo nel migliore dei mondi possibili ma comunque un buon periodo di progresso economico e democratico. Tutto ciò si deve a una serie di concause. Innanzitutto la distruzione della guerra creava un enorme possibilità per le attività economiche. Inoltre, l'atteggiamento degli USA che hanno finanziato  con il Piano Marshall la ricostruzione, ovviamente questo era un atteggiamento benevolo ma anche interessato,  bisognava contrastare il comunismo sovietico e un Europa più ricca era anche un mercato di sbocco per le loro merci. Infine, da non sottovalutare, il clima di idee keynesiane, per la accettazione della necessità di intervento dello Stato per gestire economia e domanda, e sul piano internazionale gli accordi di Bretton-Woods. Fu un periodo in cui si raggiunse un certo equilibrio tra Stato e Mercato, gli Stati cercavano di stabilizzare la economia e la domanda, le imprese erano avvantaggiate dalla stabilità e facevano profitti creando lavoro e benessere (non esisteva ancora la spinta spasmodica dei mercati azionari per tagliare i costi); anche il sistema di Bretton-Woods funzionava creando stabilità ed evitando gli eccessi della finanza, inoltre creando un sistema internazionale più stabile consentiva alle nazioni di gestire l'economia interna senza preoccuparsi eccessivamente di quella internazionale.
Con gli anni '70 gli equilibri si rompono, l'aumento del prezzo del petrolio genera inflazione ma anche recessione, la stagflazione, le idee keynesiane perdono appeal e nascono nuove idee economiche (Friedman e seguaci). Il sistema monetario internazionale basato sul dollaro, a causa della debolezza del dollaro per il deficit estero USA, viene meno e Nixon abolisce la convertibilità dollaro-oro, salta quindi l'equilibrio di Bretton-Woods. Nei decenni successivi aumenta la globalizzazione con la entrata nel commercio internazionale di altre nazioni, che fanno concorrenza con il basso costo del lavoro, crolla l'URSS e tutto il sistema dei paesi dell'est,  la Cina diventa la fabbrica del mondo. Il sistema internazionale diventa instabile, con movimenti enormi di monete e flussi finanziari. Da una parte per alcune nazioni la globalizzazione rappresenta un progresso del benessere, in occidente però aumentano le diseguaglianze. Alcune aziende e alcuni individui si arricchiscono molto giocando sulle possibilità offerte dalla globalizzazione e dai mercati a bassi salari. Nascono nuovi monopoli, quelli digitali. Anche sul piano della democrazia vi sono aspetti contrastanti. Da una parte la democrazia avanza in molti paesi, tanto che c'è chi troppo presto parla di fine della storia. D'altra parte in alcuni  paesi del est, Russia e Ungheria ad esempio, la democrazia diviene più elettorale che una democrazia effettiva, un altro esempio di arretramento democratico è la Turchia.
Nei paesi industrializzati la globalizzazione elimina posti di lavoro e mette in difficoltà le classi medie e genera anche un aumento della povertà. La sinistra si è dimostrata incapace di gestire il cambiamento, emergono nuove formazioni politiche populiste che cercano di fare breccia su questa massa di scontenti, paradossalmente le classi disagiate si spostano a destra (vedi ad esempio Lega o Trump), la sinistra tradizionale diventa rappresentante delle élite. I partiti tradizionali perdono terreno e aumenta la disaffezione per la politica. 
Per le nazioni in questo contesto diventa difficile gestire l'economia nazionale (vedi anche Rodrik), le imprese operando a livello internazionale possono trovare il modo di eludere le tasse, inoltre la crisi del sistema finanziario prima e la pandemia poi fanno esplodere i debiti pubblici.
Come si vede la situazione per un politico oggi è  estremamente complessa, le imprese sono sempre meno alleate dello Stato e fanno venire meno le tasse eludendo o delocalizzando, i cittadini sono delusi, arrabbiati o disinteressati, gli spazi di manovra economici sono ridotti, la complessità del sistema è divenuta enorme  e servono personalità preparate per gestire situazioni sempre più intricate. I problemi oltre che complessi sono transnazionali, senza accordi internazionali non è possibile gestire alcune delle dinamiche prima descritte, come pure il problema enorme ecologico posto dal cambiamento climatico.
Come ho scritto qui un nazione prospera se i tre elementi, Stato, Mercato e Democrazia sono forti e si equilibrano. Questo significa avere istituzioni forti e ben organizzate (vedi qui), un sistema industriale e finanziario avanzato, una cittadinanza attiva e consapevole. Sulle istituzioni e sulla consapevolezza dei cittadini, in Italia abbiamo molto da fare, su questo tema ho detto qualcosa nel mio libro. Dovremmo lavorare molto anche sulla informazione giornalistica, sul coinvolgimento delle persone nella politica superando la semplice democrazia rappresentativa (vedi qui) e arrivando a una democrazia più sostanziale.
La evoluzione della Unione Europea risponde alla esigenza di contare di più a livello internazionale, cosa strategicamente giusta, il modo con cui arrivarci da un certo punto in poi è stato sbagliato: la creazione dell'euro, allargamento a est della UE che complica la gestione, e inoltre vi è anche un deficit democratico nella attuale struttura.
Premetto che questa crescita economica energivora e che spreca enormi risorse non può continuare e dobbiamo cambiare paradigma (vedi anche qui). A livello economico generale le nazioni sviluppate non potranno avere comunque tassi di crescita molto elevati, ed inoltre la crescita delle diseguaglianze crea ulteriori difficoltà perché deprime la domanda di chi potrebbe spingerla (tra l'altro mi domando che ci devono fare con i soldi i ricchissimi come, ad esempio, B. Gates, E. Musk ecc., soldi  che basterebbero per generazioni di nipoti). Viceversa ci sono grandi margini di miglioramento per moltissime nazioni depresse che potrebbero svilupparsi, ma in queste manca quasi tutto, da uno Stato decente alle possibilità di finanziamento. Sarebbe quindi logico ridurre le diseguaglianze all'interno delle nazioni e tra nazioni, un alieno intelligente vedendo la situazione da fuori credo  non capirebbe perché non lo facciamo.
Vi è infine il problema ecologico. Da una parte dopo anni di avvertimenti da parte della scienza, anche a seguito di eventi estremi, le persone sono più consapevoli della necessità di affrontare i cambiamenti climatici. A livello politico però siamo in forte ritardo, gli accordi sono stati spesso al ribasso, ci sono interessi e situazioni contrastanti difficilmente conciliabili. Su questo punto ho poche speranze che si faccia il necessario, d'altra parte anche questa è una situazione complessa. Fare una transizione è difficile quando il sistema è stato imperniato sui combustibili fossili. Anche le nostre abitudini andrebbero profondamente cambiate e dal dire al fare ce ne passa. Infine,  ci sono problemi pratici, difficile poter generare il fabbisogno energetico con sole fonti rinnovabili. Quando le sfide sono enormi bisognerebbe far affidamento sulla intelligenza e le capacità dell'uomo. Ci vorrebbe un nuovo progetto Manhattan  che metta insieme le migliori menti  per trovare soluzioni: dalla cattura della anidride carbonica ai problemi energetici, ma i problemi non sono solo tecnologici e serve sempre la politica; anche se come detto l'interesse della maggior parte dei cittadini è sicuramente a favore di soluzioni per ridurre il riscaldamento  globale, la volontà generale ancora una volta non prevarrà
Infatti, nei paesi sviluppati la democrazia è in affanno, con le élite economiche che possono condizionare la politica (non più una testa 1 voto ma un dollaro un voto), d'altra parte perché imprese e super ricchi pagano poco di tasse e noi comuni mortali le paghiamo per intero? In altri paesi la democrazia è solo elettorale o ancora siamo in presenza di dittature più o meno morbide. 
Peccato l'uomo è un essere intelligente che ha tutte le possibilità e conoscenze per far vivere bene l'umanità preservando l'ambiente, ma non sono ottimista non lo farà.

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