David Ricardo (1722-1823), a differenza di Adam Smith, fu
dedito nel corso della sua esistenza ad attività pratiche, in particolare fu
agente di cambio, si dedicò solo in età matura agli studi economici grazie anche ai buoni guadagni raggiunti con
il suo lavoro.
Ricardo è considerato
uno degli economisti più influenti dell’economia classica, per gli scopi di
questo testo evidenzieremo solo alcune delle sue idee quelle che, a parere
dello scrivente, diedero vita a importanti
filoni di ricerca successiva.
Il primo aspetto di cui tratteremo è quello relativo agli
scambi internazionali. In particolare mi riferisco alla teoria dei vantaggi comparati. In questa teoria Ricardo dimostra
che, in determinate condizioni, conviene lo scambio tra nazioni, in quanto
ognuna, date certe caratteristiche particolari naturali o di altro tipo,
risulta avvantaggiata nella produzione di determinati prodotti.
In pratica questa teoria estende il concetto di divisione
del lavoro di Adam Smith a livello internazionale, stabilendo la convenienza
per le nazioni a specializzarsi nella produzione di determinati tipi di beni.
Per capire tale teoria dovremmo ricorrere ad un esempio
pratico, semplificato, tratto dal libro di Ricardo: Sui
principi dell’economia politica e della imposta.[1]
Si supponga di avere due nazioni, Inghilterra e Portogallo,
e di trattare solo due tipologie di prodotto: vino e tessuto, e inoltre di
considerare come componente di costo di produzione solo il lavoro.
Nella tabella seguente si riportano il numero di ore necessarie
per produrre una unità dei suddetti beni in ciascuna delle due nazioni.
PORTOGALLO
|
INGHILTERRA
|
|
TESSUTO
|
90
|
100
|
VINO
|
80
|
120
|
Come si vede il numero di ore necessarie è minore, per
entrambe le tipologie di bene, per il Portogallo (vantaggio assoluto), dovendo
però trattare di scambio dovremmo ragionare in termini relativi.[2]
Al Portogallo sembrerebbe, a prima vista, non conveniente
effettuare lo scambio. In realtà a ben vedere, se impiegasse il tempo in cui produce tessuto per produrre vino, ne potrebbe
produrre circa 1,2 unità, quindi una quantità maggiore. Se esportasse il vino in
Inghilterra il prezzo che ne potrebbe ricavare è maggiore di quello che
otterrebbe nel mercato interno, questo perché Ricardo assume che il prezzo è proporzionale al costo e che il valore di scambio è quindi a metà strada tra i costi di produzione
dei due paesi. Pertanto il Portogallo ricaverà di più a vendere vino sul
mercato esteso, comprendente l’Inghilterra, potendo a questo punto importare
tessuto dall’estero guadagnandoci (differenza tra ricavo totale e spesa totale),
cosi come pure l’Inghilterra stessa nella esportazione di tessuto.
Questa teoria segna un ulteriore punto a favore della teoria
del libero scambio e delle politiche di abolizione dei dazi, in opposizione a quanto espresso dalle
politiche mercantilistiche e, pur con le sue limitazioni e
semplificazioni, rappresenta il punto di partenza per le successive teorie del
commercio internazionale.
E’ da notare che le critiche a questa teoria saranno mosse successivamente da altri economisti, in
particolare da parte dell’economista tedesco Friedrich List (1789-1846) verrà messo
in evidenza che tale teoria non tiene conto della necessità di salvaguardare,
con provvedimenti di tipo protezionistico, dalla concorrenza estera le industrie nascenti nei paesi in via di
sviluppo industriale, questo atteggiamento dell’economista tedesco è più che
comprensibile pensando al fatto che la Germania ha iniziato lo sviluppo industriale
successivamente all’Inghilterra. In particolare List accuserà esplicitamente
l’Inghilterra, una volta arrivata a un maggior sviluppo economico, di «voler
buttar giù la scala» per impedire agli altri paesi di raggiungere un egual livello di sviluppo.
Per quanto riguarda la teoria
del valore, Ricardo sostanzialmente esprime una teoria del valore lavoro contenuto
che, contrariamente a quanto sosteneva Smith, vale per lui anche in un economia
capitalista avanzata. Ricardo infatti cerca di dimostrare i limiti della teoria del valore comandato, ma anche
la sua teoria del valore-lavoro ha molte contraddizioni, di cui in parte ne è
consapevole. Sul filone della teoria
del valore-lavoro proseguirà Karl Marx, con la sua teoria, portandola alle
estreme conseguenze.
L’altra “legge” che
vorrei evidenziare di Ricardo è quella che va sotto il nome di legge dei rendimenti decrescenti. Tale
legge deriva per Ricardo dal fatto che,
all’aumentare della popolazione e del benessere, vengono messe a coltivazione
terre sempre meno fertili. Il rendimento (rendita) di questa terra, a parità di
altre condizioni, sarà inferiore a quelle più fertili o meglio posizionate
logisticamente. Da questo Ricardo deriva
che, essendo la terra il fattore di produzione di base, input di tutti i
successivi processi produttivi, anche la produzione industriale tenderà ad avere dei rendimenti (o saggio di
profitto) decrescenti.[3]
Il tema dei rendimenti dei fattori produttivi,
decrescenti/crescenti/costanti, sarà un argomento molto dibattuto dagli
economisti successivi.
Infine, vorrei accennare ad un altro tema affrontato da Ricardo che è quello della evoluzione
tecnologica e dei suoi riflessi sulla occupazione.
Su questo punto Ricardo ha due posizioni distinte nel tempo,
inizialmente afferma che, nel breve periodo, una maggiore meccanizzazione dei processi
produttivi, necessaria per ridurre i costi per l’effetto della concorrenza e
ridurre quindi la tendenza ai rendimenti decrescenti, genera inizialmente un aumento della disoccupazione che viene successivamente riassorbita da nuove necessità produttive.
In un secondo momento, a dire il vero solo nell’ultima
revisione dei suo libro Sui principi
dell’economia politica e della tassazione, Ricardo cambia idea sostenendo
che i lavoratori, essendo in numero
minore nel periodo successivo a causa
delle innovazioni tecnologiche, non sono in grado di consumare tutto quanto
viene prodotto nel periodo precedente di maggiore occupazione, dando quindi
luogo a una carenza di domanda che blocca il processo virtuoso che conduce ad
una sempre maggiore produzione.
Abbiamo quindi con Ricardo, un primo esempio di crisi da domanda, anche se fondamentalmente nel breve periodo.
[1] D.Ricardo, Sui principi dell’economia politica e della
imposta, Isedi, Milano, 1976.
[2] E’ chiaro che in assoluto
sarebbe più conveniente produrre in Portogallo, ma questo
significherebbe in pratica spostare capitali e lavoro ed esula dalla teoria di
Riccardo ed è anche coerente con il
periodo storico considerato, probabilmente adesso con la globalizzazione tale vincolo
sarebbe meno stringente.
[4] Per
precisione, Ricardo in un secondo momento rivedrà la sua teoria rendendola più
elaborata, ma che implica comunque una
caduta del saggio di profitto del settore industriale.