Nel
post precedente abbiamo esposto la legge della domanda e offerta per un
singolo bene, tale modalità di lavorare su un singolo mercato si definisce equilibrio parziale.
Il
passo successivo è quello di capire se si possa affrontare e risolvere il tema
dell’equilibro di tutti i mercati: equilibrio generale. Chi per primo affrontò e risolse, almeno in parte, il problema fu
Leon Walras.
Leon
Walras (1834-1910), di origine francese e di padre economista, inizialmente si
dedicò agli studi di ingegneria (mineraria) ma ben presto si rivolse al
giornalismo e ad attività nel mondo lavoro (banche e ferrovie) per diventare,
successivamente, professore di economia all’Università di Losanna. Contribuì allo
sviluppo dei concetti del “marginalismo” ma probabilmente il suo contributo, più rilevante e originale, è
quello sulla teoria dell’ equilibrio generale.
La
teoria dell’equilibrio generale di Walras è molto complessa, pertanto ci
limiteremo a darne una visione ridotta e semplificata nel tentativo di farne
intuire il significato[1].
Nell’esporre
la legge della domanda e dell’offerta si è visto che, individuate le due curve
di domanda e offerta, si possono ricavare la quantità del bene scambiato e il suo prezzo nel punto di equilibrio. Tale
risultato grafico si può anche rappresentare analiticamente come un sistema di
due equazioni a due incognite, quantità e prezzo del bene. Oltre ad estendere
il ragionamento a tutti i beni e relativi mercati, Walras, lo estende anche ai
mercati dei servizi produttivi (ad esempio il lavoro) e a quello dei capitali
dove, da un lato, abbiamo l’offerta di risparmio e, dall’altro, la domanda di
capitali da parte dell’impresa.
I
soggetti che agiscono nei mercati sono quindi per Walras: i lavoratori, i proprietari terrieri e di
capitale e gli imprenditori veri e propri, quelli che organizzano la
produzione. I mercati, per Walras, sono mercati ideali perfettamente
concorrenziali con le caratteristiche che abbiamo citato nel precedente post.
Per
raggiungere l’equilibrio di tutti i mercati esiste una fase di cosiddetto
aggiustamento (“tattonnement” in francese) per cui, dopo una serie di oscillazioni, i mercati raggiungono
l’equilibrio. Un ulteriore espediente che utilizza Walras è quello del
banditore, come nelle aste, per il raggiungimento dell’equilibrio.
Quindi,
in definitiva, abbiamo N+M mercati (beni e servizi) in equilibrio e
quindi N+M incognite e N+M equazioni o relazioni e, se abbiamo tante
equazioni indipendenti quante sono le variabili, il sistema in teoria è
risolvibile e potrebbe avere una soluzione che sarebbero gli N+M prezzi[2].
Il
problema che nasce è se questa soluzione esiste veramente ed è significativa,
valori negativi infatti non avrebbero senso, ed è veramente unica, problema che
Walras non riuscì a dimostrare compiutamente.
Saranno
gli studi successivi, in particolare di Arrow e Debreu grazie all’utilizzo di
tecniche matematiche più sofisticate, a dimostrare che le condizioni poste da
Walras erano solo necessarie e non sufficienti per avere una soluzione e stabiliranno,
da un lato, la esistenza dell’equilibrio ma, d’altra parte, che è praticamente
impossibile dimostrarne l’unicità della soluzione.
Un
ulteriore limite dell’analisi di Walras, è che la sua è una teoria statica, che mal si concilia con le
situazioni economiche che sono estremamente dinamiche. Inoltre una ulteriore
limitazione è che in equilibrio il profitto dell’imprenditore è nullo, cosa
alquanto irrealistica come ha fatto osservare Schumpeter che nell’imprenditore
vedeva la figura centrale del capitalismo.
Resta
comunque grandioso il lavoro di Walras, che la nostra sintesi non rende nella
sua complessità, che lo fa inserire tra i più grandi economisti della storia[3].
La sua teoria non ebbe una grandissima rilevanza tra gli economisti dell’epoca forse
per il carattere troppo teorico e la complessità, mentre la teoria degli equilibri parziali, che
portava a risultati pratici più spendibili, ebbe maggiore fortuna e
utilizzazione.
Le
teorie di Walras vennero riprese da
Pareto ma sviluppate su nuove basi, come
accennato, solo in un periodo successivo.
Vilfredo
Pareto (1848-1923), che succederà a Walras nella cattedra alla Università di
Losanna, nacque a Parigi da padre italiano. Dopo la laurea in ingegneria fu
direttore della Società delle Ferriere Italiane, ma abbandonato il lavoro si
dedicò agli studi economici e non solo, diventando professore di economia politica.
Nell’ultima parte della sua vita, grazie anche a una cospicua eredità ricevuta,
si ritirò a vita privata continuando i suoi studi in Svizzera sino al termine della sua
vita.
Pareto
lavorò alla teoria dell’equilibrio generale ma il concetto per cui è più noto è
quello di “ottimo paretiano”. Si ha un ”ottimo paretiano” quando, una
volta assunta una distribuzione iniziale
di dotazioni o risorse ai vari soggetti, si arriva ad una situazione ottimale che
è quella nella quale l’utilità di ogni soggetto può essere aumentata solo
riducendo l’utilità di un altro.
Si può dimostrare che, cosiddetto primo
teorema dell’economia del benessere di
cui parleremo più avanti, un sistema
di mercato perfettamente concorrenziale in equilibrio raggiunge una
situazione di ottimo paretiano, e quindi avremmo la miglior efficienza in
termini di allocazione delle risorse. D’altra parte le situazioni ottimali
possono essere diverse in funzione delle condizioni iniziali e nessuno ci assicura che siano le più
socialmente utili[4].
Infatti un limite di tale impostazione è il fatto che si parte da una
distribuzione di risorse date, che quindi può essere facilmente non equilibrata,
il che vuol dire che l’efficienza paretiana mal si concilia con la equità (distributiva).
Si può arrivare, di fatto, ad una
situazione ottimale in cui permangono delle distribuzioni non eque, ovvero chi
ha di più continua ad avere di più.
Facciamo
un esempio, se il soggetto A parte con 100 e il soggetto B con 20 e si arriva
ad una situazione in cui A adesso ha 110 e B 20 questa costituisce un “ottimo
paretiano”, viceversa se A arriva ad avere 98 e B 50 non è un ottimo paretiano
(!).
Ulteriori
critiche sulla efficienza dei mercati, che vedremo più avanti, verranno dalle
teorie dei cosiddetti “fallimenti del
mercato” e inoltre una ulteriore critica dai lavori di Amarthia Sen.
Un
secondo contributo di Pareto che vorrei citare è quello relativo alla distribuzione
del reddito. Secondo Pareto la distribuzione del reddito in tutti i periodi
storici non varia e, tale distribuzione, porta ad avere la maggior parte della
ricchezza sempre concentrata in una porzione piccola della popolazione, in pratica
la distribuzione è tale che il 20% della popolazione detiene circa l’80 % della
ricchezza. Tale risultato è vero in parte, cioè è vero che di norma in tutte le
società esiste una concentrazione di ricchezze in una parte della popolazione,
ma tale concentrazione varia nel corso del tempo come ad esempio mostra T.Piktty
nel suo libro Il capitale del XXI secolo[5].
Per
concludere è interessante notare come Pareto, grande fautore della razionalità
e dell’analisi scientifica, si sia dedicato nell’ultima parte della sua vita
allo studio della sociologia, probabilmente convinto che la sola razionalità,
implicita nelle asserzioni dell’economia neoclassica, non riesca a cogliere
appieno la realtà.
Il
suo studio sociologico[6]
infatti si concentra anche sulle cosiddette “azioni non-logiche”, che dimostra ulteriormente come lo studio
dell’economia sia intimamente connesso anche a fattori comportamentali che sono
decisamente complessi e difficili da
schematizzare in termini solo logici.
Pareto
nel suo libro arriva alla conclusione che l’azione umana sia guidata da motivazioni
che definisce “residui”, una specie di istinti, che sono alla base del
comportamento umano. Da queste premesse Pareto arriva a ipotizzare la cosiddetta “teoria della circolazione delle élite”, per cui nel corso della storia umana
tendono a prevalere quei gruppi di individui che sono dotati dei “residui” più
adatti a emergere, per poi essere sostituiti nel tempo da altri nuovi gruppi che manifestano le stesse caratteristiche.
[1]
Per approfondimenti vedi ad
esempio: M.Blaug, Storia e critica della
teoria economica, Boringhieri, Torino 1970.
[2]Per dovere di precisione dato che
un bene viene preso come riferimento per
i prezzi, che sono sempre relativi, il numero di incognite è di fatto diminuito
di uno,d’altra parte Walras dimostra che se N-1 mercati sono in equilibrio
anche l’N-simo mercato è in equilibrio, pertanto si ritorna ad avere tante
equazioni quante sono le incognite e quindi il sistema in teoria è risolvibile
cioè può avere almeno una soluzione.
[3] «Per quanto concerne al teoria pura,
Walras è a mio parere il più grande degli economisti. Il suo sistema dell’equilibrio
[…] è l’unica opera di un economista che possa reggere il confronto con le
conquiste della fisica teorica.».
J.A. Schumpeter, Storia dell’analisi
economica, Bollati Boringhieri, Torino 1990, vol.III, p. 1016.
[4]Da sottolineare che il
secondo teorema del benessere afferma che un qualsiasi punto ottimale può
essere raggiunto alterando le condizioni o dotazioni iniziali; rimane comunque aperto il problema di come determinare il
punto ottimo socialmente che, come vedremo con Arrow, non è facile determinare.