lunedì 24 luglio 2017

Macron -10% nei sondaggi

Un post molto breve, quando avevo parlato delle elezioni di Macron avevo espresso forti dubbi che, un uomo dell'establishment, potesse rappresentare il cambiamento, scommettiamo che entro dicembre calerà ancora vistosamente? Le sue politiche si riveleranno le solite politiche liberiste lato offerta e nel solco del fiscal compact, e non cambierà molto nel rapporto (di sudditanza) Francia-Geramania. Alla prossima.

sabato 22 luglio 2017

Antonio Negri - Impero

Ho letto questo libro perché considerato uno dei migliori di Antonio Negri (scritto insieme a M.Hardt professore di letteratura alla Duke Univeristy), la cui vicenda ai meno giovani è nota.
Purtroppo devo dire che il mio giudizio è negativo e non vi consiglio di leggere il libro. Il problema di questo libro è che ci sono anche spunti interessanti e di rilevo ma sono nascosti e oscurati da una nuvola di verbosità e ridondanza di paroloni filosofici e citazioni, spesso inutili, che rendono la lettura difficile e indigeribile. Le prime 250 pagine di ricostruzione storica e sociologica si possono saltare, nell’ultima parte analizza la evoluzione moderna della società; le cose che dice sono anche condivisibili: la trasformazione del lavoro dovuta alla informatizzazione, il potere internazionale delle grandi multinazionali, la perdita di potere degli Stati nazionali, ma non sono poi così originali. Anche le conclusioni su cosa deve fare la “moltitudine” contro il nuovo potere vigente (Impero) sono piuttosto fumose e filosofiche.
Se lo confronto con il libro che abbiamo recensito di Polanyi (La grande trasformazione) il confronto è impietoso, quest’ultimo è un affresco molto più concreto della storia moderna (sino alla prima guerra mondiale) e della evoluzione economica sociale e politica. Sulla globalizzazione e sulla trasformazione del capitalismo vi consiglio piuttosto i libri, già indicati, di Rodrik, Reich e anche Stiglitz.

I have a dream

Anche io ho un sogno, un poco particolare e ve lo descrivo. Come ho spesso affermato siamo in una società complessa, difficile da governare e servono leadership illuminate. Credo nel valore della democrazia ma la guida non può che essere in mano a pochi,  anche se il compito di sceglierli e di controllarli spetta a noi cittadini. Compito della società è di educare e permettere a tutti di sviluppare  le proprie potenzialità, questo non è un bene solo per l’individuo ma per la  società, pensate a quanto spreco di intelligenze c’è. 
Non credo che si possano programmare a tavolino le leadership, ma creare le condizioni migliori perché emergano si. Abbiamo ottime  università, meno di quanto servirebbe, ma nessuna paragonabile ad esempio alla ENA francese. La mia proposta  è di creare in Italia una università multidisciplinare di alto livello, con insegnanti  di grande spessore provenienti da tutto il mondo, oggi  con le tecnologie  è possibile farlo senza spostare neanche le persone. In tale università dovrebbero  affluire i ragazzi meno abbienti  con grandi potenzialità sia in termini intellettuali e sia possibilmente «etiche», dotati anche di una certa personalità (so bene che qualsiasi  criterio di selezione sarebbe incompleto e difficile da realizzare ma vale la pena tentare utilizzando le conoscenze che abbiamo). 
Cosa si dovrebbe insegnare in questo percorso, almeno 5 anni complessivi, lo dico anche sulla base della mia personale esperienza, una formazione che non sia solo scientifica o solo storico/letteraria: una base scientifico/matematica per educare alla razionalità senza specialismi eccessivi, teoria della probabilità e statistica, storia e sociologia per capire i contesti, psicologia soprattutto sociale, economia e management, una base di logica e informatica, elementi di diritto in particolare costituzionale,  delle basi sulla comunicazione; oltre a una perfetta  conoscenza di almeno l’inglese, il completamento della formazione dovrebbe essere su base individuale attingendo anche a corsi di altre università, con stage in istituzioni rilevanti a livello nazionale e internazionale. Tale università dovrebbe essere finanziata in modo misto privato e statale, con meccanismi anche di fund raising per esempio, il vantaggio per tutta la comunità sarebbe molto alto rispetto ai costi, con la  possibilità di avere un bacino di persone di alto livello sia per le imprese e sia  per lo Stato. 
Forse sarà anche una idea utopistica, ma sono convinto che sarebbe una piccola cosa in grado di generare grandi benefici per la nostra nazione, che necessita di una classe dirigente all’altezza dei difficili compiti che ci aspettano.

venerdì 21 luglio 2017

Marcello Minenna - La moneta incompiuta

Il libro di oggi è un libro per “stomaci forti”, sono quasi 500 pagine su temi tecnici finanziari, comunque con scopo divulgativo e di rendere le cose più semplici possibili, anche se sempre in modo rigoroso.
L’autore è Marcello Minenna che dirige l'ufficio analisi quantitative della Consob e inoltre docente, non accademico, all'Università Bocconi, e PhD Lecturer alla London Graduate School of Mathematical Finance.
Il volume come abbiamo detto si concentra su questioni di natura finanziaria, fornendo all’inizio della trattazione una serie di concetti di base, quali rischio di credito, debito sovrano, derivati creditizi ecc., facendo uso di belle infografiche che agevolano la lettura per un pubblico di non esperti
Introduce, poi, alla comprensione dell'architettura dell'Eurozona e dei legami tra finanza ed economia reale. Descrive gli elementi caratterizzanti la politica monetaria europea, ripercorrendo l’esplosione della crisi finanziaria nel 2007-2008 e analizzando l’impatto che questa ha avuto sull’Eurozona. Vengono inoltre approfonditi i diversi tipi di intervento e strumenti finanziari messi in atto dai governi e dalla Banca Centrale Europea (BCE) a fronte del rischio di rottura dell’euro.
Le economie europee sono comunque in una fase di stallo. Il ciclo economico positivo globale che nel 2014-2015, grazie anche al basso prezzo del petrolio e all’Euro debole, ha tenuto a galla l’unione monetaria volge al termine con il rischio di una recessione alle porte di un’Europa frammentata e indebolita da squilibri strutturali. Rinunciare alla propria moneta senza un bilancio e un debito pubblico europeo fa dell’Euro un regime di cambi fissi incompleto
Nella parte conclusiva del lavoro vengono proposti diversi interventi di policy volti a superare la crisi e mettere mano a questa architettura disfunzionale. Infatti la crisi greca, il fallimento dell’austerità, i problemi del sistema bancario, del debito pubblico e della Brexit stanno mostrando che il tempo guadagnato dalle «soluzioni-tampone» della BCE sta volgendo al termine. Tra le proposte elenco: una politica della BCE imperniata sull’azzeramento degli spread, la mutualizzazione di una parte del debito o anche il suo congelamento da parte della BCE.
Il tema di fondo  del libro non è nuovo: l’integrazione dei paesi UE non è stata così profonda e forte come si era auspicato, e che i paesi membri erano e sono ancora caratterizzati da grandi differenze strutturali. 
La creazione dell’euro e la rinuncia da parte dei nazioni aderenti alla area euro alla propria moneta, senza un bilancio e un debito pubblico europeo e tutta una serie di altri meccanismi istituzionali, fa dell’euro un regime di cambi fissi incompleto
Ne esce fuori, pertanto, un ritratto complesso della realtà europea, dove spicca l’incapacità dell’euro-burocrazia di gestire l’integrazione economico-finanziaria. Rimane il problema di fondo che è politico e non finanziario, una volta stabilito che la costruzione dell’area euro è incompleta e disfunzionale c’è la volontà politica per rimediare agli errori fatti? Arrivati al punto in cui siamo mi piacerebbe avere la speranza che qualcosa cambi, vedendo però l’atteggiamento delle nazioni europee sulla immigrazione non vedo la capacità e la volontà di affrontare in maniera coordinata i problemi. La fine probabile del quantitative easing, che peraltro come rileva Minenna non ha sortito grandi effetti sulla economia reale, a parte la diminuzione del valore dell’euro e quindi un miglioramento del PIL, e la fine del mandato di Draghi, grande artefice dal salvataggio dell’unione monetaria, pongono seri dubbi sul futuro dell’Eurozona.
Visti gli alti costi politici e economici per proseguire in una costruzione più consona dell’unione monetaria vedo difficile una soluzione coordinata, tanto per fare un esempio gli Stati Uniti ci hanno messo 160 anni per costruire un efficace sistema federale con continue modifiche (vedi ad esempio costituzione e statuto della FED) e avendo fissato a monte  un sistema costituzionale.
Comunque, tornando al libro, è sicuramente un libro interessante e ben scritto, ovviamente da leggere un pò alla volta, non è proprio un romanzo avventuroso, ma può ulteriormente chiarire i difetti e le assurdità di queste unione monetaria e delle politiche implementate.


mercoledì 12 luglio 2017

Carlo Rosselli - Socialismo Liberale


Quelle che sotto riporto sono frasi  tratte dal libro Socialismo Liberale di Carlo Rosselli.


Il problema italiano è essenzialmente problema di libertà.
Senza conoscenze emancipate, nessuna possibilità di emancipazione delle classi.
La libertà inizia con l’educazione dell’uomo e si conclude con il trionfo di uno Stato….in cui la libertà di ciascuno è condizione e limite della libertà di tutti.
L’italiano medio oscilla ancora tra l’abito servile e la rivolta anarchica. 
Il concetto della vita come lotta e missione, la nozione di libertà come dovere morale.
Gli italiani hanno più spesso l’orgoglio della loro persona che della loro personalità.
La lunga serie di governi paterni hanno esentato, per secoli, gli italiani dal pensare in prima persona.
Gli italiani sono pigri moralmente, c’è in loro un fondo di scetticismo e «macchiavellismo» di basso rango che gli induce a contaminare irridendoli tutti i valori.
L’intervento del Deus ex machina risponde sovente ad una loro necessità psicologica.
La nostra storia non offre sinora nessuna rivoluzione di popolo.
In tutte le epoche della sua storia il popolo italiano ha sprigionato dal suo seno punte altissime, solitarie e inaccessibili: minoranze eroiche…., ma non ha mai saputo realizzare se stesso.
La stessa lotta per la indipendenza fu opera di una minoranza, non passione di popolo.
Se gli uomini non hanno né senso di dignità ne quello della responsabilità, se non sentono la fierezza della loro autonomia, se non si sono emancipati nel loro mondo interiore non si fa il socialismo (nota mia qui direi il progresso di una società).
E’ innanzitutto un problema di educazione morale.
L’abitudine a considerare  il problema economico come il problema chiave, il problema determinate e a misurare tutti i valori in termini utilitari fa si che sfuggano i valori profondi e permanenti.
La cultura non è borghese, né proletaria.
La cultura ….di una nazione è un patrimonio di valori che trascende il fenomeno economico della classe.
La straordinaria complessità e intensità della vita del mondo moderno, dove continuo è l’alternarsi delle posizioni, delle scuole, dei metodi, dove rapidissimo è il logoramento di credenze ritenute incontrovertibili.
Alcune brevi considerazioni, il testo è stato scritto negli anni ‘30 e pubblicato in francese, solamente nel dopoguerra pubblicato in italiano. Nelle prima parte è un critica al socialismo massimalista e marxista, mentre i brani sopra riportati fanno parte delle conclusioni finali. A dispetto degli anni trascorsi  queste considerazioni rimangono ancora  in buona parte condivisibili. Forse il giudizio sugli italiani è troppo tagliente, ma è ancora profondamente vero che gli italiani spesso aspirino a cercare il deus ex machina (leaderismo personalistico) che sovente è solo un arringatore di popolo (Berlusconi, Grillo ecc.) e che non siamo stati mai in grado di fare una rivoluzione.


martedì 4 luglio 2017

Steve Keen - Debunking economics

Il libro che oggi presento ha due problemi: non è tradotto in italiano (considerando quanto e cosa viene pubblicato in Italia mi domando: perché?) ed è di oltre 500 pagine, se siete in grado di superare questi due scogli ne vale la pena, è uno dei libri più interessanti e completi che abbia letto recentemente.
La prima parte (destruens) è finalizzata a dimostrare le fallacie delle teorie economiche tradizionali.
Fondamentalmente le teorie neoclassiche presumono di capire il funzionamento dei mercati quando, invece, sono profondamente ignoranti dei fondamenti delle loro teorie.
Nelle loro teorie non esistono le crisi finanziarie, infatti i  loro modelli si basano sull’equilibrio, inoltre ciò che cercano di derivare dal comportamento individuale non può valere per i comportamenti aggregati, a livello aggregato i sistemi complessi presentano fenomeni “emergenti” dalle interazioni di molti agenti individuali (la società non è la semplice somma degli agenti).
In particolare la legge della domanda e dell’offerta non si applica all’intero mercato, che può dar luogo a curve di domanda che non sono esattamente decrescenti.
Anche i costi e i ricavi delle imprese reali sono differenti da quelli assunti dalla teoria neoclassica (teoria dei costi e ricavi marginali), cioè le imprese non massimizzano i profitti quando costi e ricavi marginali si eguagliano. I costi di produzione sono, per molte imprese, normalmente costi costanti o decrescenti piuttosto che crescenti. Le imprese sono limitate più che nella produzione dalla domanda, cioè la loro mission è espandersi a spese dei competitors.
Un'altra assunzione sbagliata della economia neoclassica è quella di considerare il rischio (calcolabile), mentre in economia le cose sono incerte e quindi non calcolabili.
La dinamica dei processi viene ignorata in quanto la teoria neoclassica considera solo fenomeni transitori di breve termine, inoltre l’assunzione che il punto finale di un processo dinamico è un equilibrio statico è semplicemente sbagliata, un economia di mercato non può rimanere in una posizione ottimale perché gli equilibri sono instabili.
L’economia neoclassica tende a un marcato “riduzionismo”, mentre nei sistemi ove le variabili interagiscono in maniera non lineare i comportamenti a livello aggregato non possono essere ricavati dai comportamenti a livello elementare.
Un altro aspetto rilevante è che l’economia tradizionale tende a ignorare il ruolo del credito che è invece fondamentale in una moderna economia capitalistica (vedi Keynes-Schumpeter-Minsky).
La ossessione dell’economia neoclassica verso l’equilibrio è in realtà un ostacolo per comprendere le forze che permettono ad un economia di crescere.
Successivamente fa un elenco di ulteriori fallacie dell’economia mainstream, ma la più grave è quella di non essere stata in grado di prevedere la crisi economica del 2008.
Critica l’ipotesi dei mercati efficienti (Fama), infatti la realtà dei mercati finanziari è più complessa e si rivela molto più instabile del previsto.  
Anche il modo di fare economia con la matematica è errato, da una parte si utilizza la matematica sbagliata e dall’altra non si comprendono i limiti dell’utilizzo della matematica, infatti il futuro non è prevedibile e la matematica non può risolvere ogni problema.
In conclusione, nell’ultima parte del libro, elenca alcune teorie che potrebbero rappresentare un alternativa alla attuale visione dell’economia. Le teorie elencate (Economia austriaca, Post-keynesiani, Sraffiani, Econofisici, Economia evolutiva) hanno ognuna degli elementi interessanti, ma anche limiti e quindi nessuna può essere considerata coma la “teoria economica” del XXI secolo.
Ovviamente nel libro c’è molto di più di quanto questa sintesi offra, quindi se avete la possibilità leggetelo!