Un post molto breve, quando avevo parlato delle elezioni di Macron avevo espresso forti dubbi che, un uomo dell'establishment, potesse rappresentare il cambiamento, scommettiamo che entro dicembre calerà ancora vistosamente? Le sue politiche si riveleranno le solite politiche liberiste lato offerta e nel solco del fiscal compact, e non cambierà molto nel rapporto (di sudditanza) Francia-Geramania. Alla prossima.
Le idee degli economisti e dei filosofi politici, tanto quelle giuste quanto quelle sbagliate, sono più potenti di quanto comunemente si creda. In realtà il mondo è governato da poco altro. Gli uomini pratici, che si ritengono completamente liberi da ogni influenza intellettuale, sono generalmente schiavi di qualche economista defunto. John Maynard Keynes
lunedì 24 luglio 2017
sabato 22 luglio 2017
Antonio Negri - Impero
Ho letto questo libro perché
considerato uno dei migliori di Antonio Negri (scritto insieme a M.Hardt
professore di letteratura alla Duke Univeristy), la cui vicenda ai meno
giovani è nota.
Purtroppo devo dire che il mio
giudizio è negativo e non vi consiglio di leggere il libro. Il problema di
questo libro è che ci sono anche spunti interessanti e di rilevo ma sono
nascosti e oscurati da una nuvola di verbosità e ridondanza di paroloni
filosofici e citazioni, spesso inutili, che rendono la lettura difficile e
indigeribile. Le prime 250 pagine di ricostruzione storica e sociologica si
possono saltare, nell’ultima parte analizza la evoluzione moderna della
società; le cose che dice sono anche condivisibili: la trasformazione del
lavoro dovuta alla informatizzazione, il potere internazionale delle grandi
multinazionali, la perdita di potere degli Stati nazionali, ma non sono poi
così originali. Anche le conclusioni su cosa deve fare la “moltitudine” contro
il nuovo potere vigente (Impero) sono piuttosto fumose e filosofiche.
Se lo confronto con il libro che abbiamo recensito di Polanyi (La grande trasformazione) il confronto è impietoso, quest’ultimo è un affresco molto più concreto della storia moderna (sino alla prima guerra mondiale) e della evoluzione economica sociale e politica. Sulla globalizzazione e sulla trasformazione del capitalismo vi consiglio piuttosto i libri, già indicati, di Rodrik, Reich e anche Stiglitz.
I have a dream
Anche io
ho un sogno, un poco
particolare e
ve lo descrivo. Come ho spesso affermato siamo in una società complessa,
difficile da governare e servono leadership illuminate. Credo nel valore della
democrazia ma la guida non può che essere in mano a pochi, anche
se il compito di sceglierli e di controllarli spetta a noi cittadini. Compito
della società è di educare e permettere a tutti di sviluppare le proprie potenzialità, questo non è un bene
solo per l’individuo ma per la società,
pensate a quanto spreco di intelligenze c’è.
Non credo che si possano
programmare a tavolino le leadership, ma creare le condizioni migliori perché
emergano si. Abbiamo ottime università, meno di quanto servirebbe, ma nessuna paragonabile ad esempio alla ENA francese. La mia proposta è di creare in
Italia una università multidisciplinare di
alto livello, con insegnanti di grande
spessore provenienti da tutto il mondo, oggi
con le tecnologie è possibile
farlo senza spostare neanche le persone. In tale università
dovrebbero affluire i ragazzi meno
abbienti con grandi potenzialità sia in
termini intellettuali e sia possibilmente «etiche», dotati anche di una certa personalità (so bene che qualsiasi criterio di selezione sarebbe incompleto e difficile da realizzare ma vale la pena
tentare utilizzando le conoscenze che abbiamo).
Cosa si dovrebbe insegnare in questo percorso, almeno 5 anni
complessivi, lo dico anche sulla base della mia
personale esperienza, una formazione che non sia solo scientifica o solo storico/letteraria: una
base scientifico/matematica per educare alla
razionalità senza specialismi eccessivi, teoria della probabilità e statistica, storia e sociologia per capire i contesti, psicologia
soprattutto sociale,
economia e management, una base di logica e informatica, elementi di diritto in particolare costituzionale, delle basi sulla comunicazione; oltre a una
perfetta conoscenza di almeno l’inglese,
il completamento della formazione dovrebbe essere su base individuale
attingendo anche a
corsi di altre università, con stage in istituzioni rilevanti
a livello nazionale e internazionale. Tale università dovrebbe
essere finanziata in modo misto privato e statale, con meccanismi anche di fund
raising per
esempio, il vantaggio per tutta la
comunità sarebbe molto alto rispetto ai costi, con la possibilità di avere un bacino di persone di
alto livello sia per le imprese e sia per
lo Stato.
Forse sarà anche una idea utopistica, ma sono convinto che sarebbe
una piccola cosa in grado di generare grandi benefici per la nostra nazione,
che necessita di una classe dirigente all’altezza dei difficili compiti che ci
aspettano.
venerdì 21 luglio 2017
Marcello Minenna - La moneta incompiuta
Il libro di oggi è un libro per
“stomaci forti”, sono quasi 500 pagine su temi tecnici finanziari, comunque con
scopo divulgativo e di rendere le cose più semplici possibili, anche se sempre
in modo rigoroso.
L’autore è Marcello Minenna che dirige
l'ufficio analisi quantitative della Consob e inoltre docente, non accademico, all'Università Bocconi, e PhD Lecturer alla London Graduate School of
Mathematical Finance.
Il volume come abbiamo detto si
concentra su questioni di natura finanziaria, fornendo all’inizio della
trattazione una serie di concetti di base, quali rischio di credito, debito
sovrano, derivati creditizi ecc., facendo uso di belle infografiche che
agevolano la lettura per un pubblico di non esperti
Introduce, poi, alla comprensione
dell'architettura dell'Eurozona e dei legami tra finanza ed economia reale. Descrive
gli elementi caratterizzanti la politica monetaria europea, ripercorrendo
l’esplosione della crisi finanziaria nel 2007-2008 e analizzando l’impatto che
questa ha avuto sull’Eurozona. Vengono inoltre approfonditi i diversi tipi di
intervento e strumenti finanziari messi in atto dai governi e dalla Banca Centrale Europea (BCE) a fronte del rischio di rottura dell’euro.
Le economie europee sono comunque
in una fase di stallo. Il ciclo economico positivo globale che nel 2014-2015, grazie
anche al basso prezzo del petrolio e all’Euro debole, ha tenuto a galla
l’unione monetaria volge al termine con il rischio di una recessione alle porte
di un’Europa frammentata e indebolita da squilibri strutturali. Rinunciare alla
propria moneta senza un bilancio e un debito pubblico europeo fa dell’Euro un regime di cambi fissi
incompleto
Nella parte conclusiva del lavoro
vengono proposti diversi interventi di policy volti a superare la crisi e mettere
mano a questa architettura disfunzionale. Infatti la crisi greca, il fallimento
dell’austerità, i problemi del sistema bancario, del debito pubblico e della
Brexit stanno mostrando che il tempo guadagnato dalle «soluzioni-tampone» della
BCE sta volgendo al termine. Tra le proposte elenco: una politica della BCE
imperniata sull’azzeramento degli spread, la mutualizzazione di una parte del debito
o anche il suo congelamento da parte della BCE.
Il tema di fondo del libro non è nuovo: l’integrazione dei
paesi UE non è stata così profonda e forte come si era auspicato, e che i paesi
membri erano e sono ancora caratterizzati da grandi differenze strutturali.
La
creazione dell’euro e la rinuncia da parte dei nazioni aderenti alla area euro alla
propria moneta, senza un bilancio e un debito pubblico europeo e tutta una
serie di altri meccanismi istituzionali, fa
dell’euro un regime di cambi fissi incompleto
Ne esce fuori, pertanto, un
ritratto complesso della realtà europea, dove spicca l’incapacità
dell’euro-burocrazia di gestire l’integrazione economico-finanziaria. Rimane il
problema di fondo che è politico e non finanziario, una volta stabilito che la
costruzione dell’area euro è incompleta e disfunzionale c’è la volontà politica
per rimediare agli errori fatti? Arrivati al punto in cui siamo mi piacerebbe
avere la speranza che qualcosa cambi, vedendo però l’atteggiamento delle
nazioni europee sulla immigrazione non vedo la capacità e la volontà di
affrontare in maniera coordinata i problemi. La fine probabile del quantitative
easing, che peraltro come rileva Minenna non ha sortito grandi effetti sulla
economia reale, a parte la diminuzione del valore dell’euro e quindi un miglioramento
del PIL, e la fine del mandato di Draghi, grande artefice dal salvataggio dell’unione
monetaria, pongono seri dubbi sul futuro dell’Eurozona.
Visti gli alti costi politici e
economici per proseguire in una costruzione più consona dell’unione monetaria
vedo difficile una soluzione coordinata, tanto per fare un esempio gli Stati
Uniti ci hanno messo 160 anni per costruire un efficace sistema federale con
continue modifiche (vedi ad esempio costituzione e statuto della FED) e avendo
fissato a monte un sistema costituzionale.
Comunque, tornando al libro, è
sicuramente un libro interessante e ben scritto, ovviamente da leggere un pò
alla volta, non è proprio un romanzo avventuroso, ma può ulteriormente
chiarire i difetti e le assurdità di queste unione monetaria e delle politiche
implementate.
mercoledì 12 luglio 2017
Carlo Rosselli - Socialismo Liberale
Quelle
che sotto riporto sono frasi tratte dal libro Socialismo Liberale di Carlo
Rosselli.
Il problema italiano è essenzialmente problema di libertà.
Senza
conoscenze emancipate, nessuna possibilità di emancipazione delle
classi.
La libertà inizia con l’educazione dell’uomo e
si conclude con il trionfo di uno Stato….in cui la libertà di ciascuno è
condizione e limite della libertà di tutti.
L’italiano medio oscilla ancora tra l’abito servile e la rivolta anarchica.
Il concetto della vita come lotta e missione, la nozione di libertà come dovere
morale.
Gli italiani hanno più spesso l’orgoglio della loro persona che della loro
personalità.
La lunga serie di governi paterni hanno esentato, per secoli, gli italiani dal
pensare in prima persona.
Gli italiani sono pigri moralmente, c’è in loro un fondo di scetticismo e «macchiavellismo» di basso rango che gli induce a
contaminare irridendoli tutti i valori.
L’intervento del Deus ex machina risponde sovente ad una loro necessità
psicologica.
La nostra storia non offre sinora nessuna rivoluzione di popolo.
In tutte le epoche della sua storia il popolo italiano ha sprigionato dal suo
seno punte altissime, solitarie e inaccessibili: minoranze eroiche…., ma non ha
mai saputo realizzare se stesso.
La stessa lotta per la indipendenza fu opera di una minoranza, non passione di
popolo.
Se gli uomini non hanno né senso di dignità ne quello della responsabilità, se
non sentono la fierezza della loro autonomia, se non si sono emancipati nel
loro mondo interiore non si fa il socialismo (nota mia qui direi il progresso di
una società).
E’ innanzitutto un problema di educazione morale.
L’abitudine a considerare il problema economico come il problema
chiave, il problema determinate e a misurare tutti i valori in termini
utilitari fa si che sfuggano i valori profondi e permanenti.
La cultura non è borghese, né proletaria.
La cultura ….di una nazione è un patrimonio di valori che trascende il fenomeno
economico della classe.
La straordinaria complessità e intensità della vita del mondo moderno, dove
continuo è l’alternarsi delle posizioni, delle scuole, dei metodi, dove
rapidissimo è il logoramento di credenze ritenute
incontrovertibili.
Alcune brevi considerazioni, il testo è stato scritto negli anni ‘30 e
pubblicato in francese, solamente nel dopoguerra pubblicato in italiano. Nelle
prima parte è un critica al socialismo massimalista e marxista, mentre i brani
sopra riportati fanno parte delle conclusioni finali. A dispetto degli anni
trascorsi queste considerazioni
rimangono ancora in buona parte
condivisibili. Forse il giudizio sugli italiani è troppo tagliente, ma è ancora
profondamente vero che gli italiani spesso aspirino a cercare il deus ex
machina (leaderismo personalistico) che sovente è solo un arringatore di popolo
(Berlusconi, Grillo ecc.) e che non siamo stati mai in grado di fare una
rivoluzione.
martedì 4 luglio 2017
Steve Keen - Debunking economics
Il libro che oggi presento ha due
problemi: non è tradotto in italiano (considerando quanto e cosa viene
pubblicato in Italia mi domando: perché?)
ed è di oltre 500 pagine, se siete in grado di superare questi due scogli ne
vale la pena, è uno dei libri più interessanti e completi che abbia letto
recentemente.
La prima parte (destruens) è
finalizzata a dimostrare le fallacie delle teorie economiche tradizionali.
Fondamentalmente le teorie neoclassiche presumono di capire il
funzionamento dei mercati quando, invece, sono profondamente ignoranti dei
fondamenti delle loro teorie.
Nelle loro teorie non esistono le
crisi finanziarie, infatti i loro modelli si basano sull’equilibrio, inoltre ciò che cercano di derivare dal comportamento individuale non può valere per i comportamenti
aggregati, a livello aggregato i sistemi complessi presentano fenomeni “emergenti”
dalle interazioni di molti agenti individuali (la società non è la semplice
somma degli agenti).
In particolare la legge della
domanda e dell’offerta non si applica all’intero mercato, che può dar luogo a
curve di domanda che non sono esattamente decrescenti.
Anche i costi e i ricavi delle
imprese reali sono differenti da quelli assunti dalla teoria neoclassica (teoria dei costi e ricavi marginali), cioè le imprese non massimizzano i
profitti quando costi e ricavi marginali si eguagliano. I costi di produzione sono,
per molte imprese, normalmente costi costanti o decrescenti piuttosto che crescenti.
Le imprese sono limitate più che nella produzione dalla domanda, cioè la loro mission è espandersi
a spese dei competitors.
Un'altra assunzione sbagliata
della economia neoclassica è quella di considerare il rischio (calcolabile), mentre in economia le cose sono incerte e quindi non calcolabili.
La dinamica dei processi viene
ignorata in quanto la teoria neoclassica considera solo fenomeni transitori di
breve termine, inoltre l’assunzione che il punto finale di un processo dinamico
è un equilibrio statico è semplicemente sbagliata, un economia di mercato non
può rimanere in una posizione ottimale perché gli equilibri sono instabili.
L’economia neoclassica tende a un
marcato “riduzionismo”, mentre nei
sistemi ove le variabili interagiscono in maniera non lineare i comportamenti a
livello aggregato non possono essere ricavati dai comportamenti a livello
elementare.
Un altro aspetto rilevante è che l’economia
tradizionale tende a ignorare il ruolo del credito che è invece fondamentale in
una moderna economia capitalistica (vedi Keynes-Schumpeter-Minsky).
La ossessione dell’economia
neoclassica verso l’equilibrio è in realtà un ostacolo per comprendere le forze
che permettono ad un economia di crescere.
Successivamente fa un elenco di
ulteriori fallacie dell’economia mainstream, ma la più grave è quella di non
essere stata in grado di prevedere la crisi economica del 2008.
Critica l’ipotesi dei mercati efficienti (Fama), infatti la realtà dei mercati
finanziari è più complessa e si rivela molto più instabile del previsto.
Anche il modo di fare economia con
la matematica è errato, da una parte si utilizza la matematica
sbagliata e dall’altra non si comprendono i limiti dell’utilizzo della
matematica, infatti il futuro non è prevedibile e la matematica non può risolvere
ogni problema.
In conclusione, nell’ultima parte
del libro, elenca alcune teorie che potrebbero rappresentare un alternativa
alla attuale visione dell’economia. Le teorie elencate (Economia austriaca, Post-keynesiani,
Sraffiani, Econofisici, Economia evolutiva) hanno ognuna degli elementi interessanti,
ma anche limiti e quindi nessuna può essere considerata coma la “teoria
economica” del XXI secolo.
Ovviamente nel libro c’è molto di
più di quanto questa sintesi offra, quindi se avete la possibilità leggetelo!