lunedì 27 gennaio 2025

Inutile piangere sul latte versato

 La  vittoria di Trump, le sue mosse e i comportamenti di Elon Musk stanno generando commenti preoccupati e contrariati da parte di molti che parlano di declino della democrazia, autoritarismo e finanche fascismo. Per quanto mi riguarda certo non sono felice della situazione che si sta creando negli USA ma anche in buona parte di Europa. Non mi piace che un uomo, perquanto geniale, si permetta di intromettersi nella politica di molti paesi, compreso il nostro, un uomo troppo ricco e troppo potente non dovrebbe avere ancora più potere. 

Detto ciò quando mi accorgo di aver fatto un errore cerco di non prendermela con il destino baro e cinico ma mi sforzo di capire dove ho sbagliato, se una squadra perde ha sbagliato evidentemente molte cose. Chi crede nei valori democratici e nel progresso, nel miglioramento della società e,  soprattutto, chi dovrebbe rappresentare queste istanze nella politica dovrebbe fare un profondo esame di coscienza. Il capitalismo non è il migliore dei sistemi ma con opportuni limiti si è dimostrato migliore di utopie, belle in teoria, che si sono rivelate fallimentari sul piano economico e con molte sofferenze e morti a suo carico. La democrazia ha tanti vantaggi ma ha anche molte debolezze, inoltre non si può dare mai per scontata, anzi la storia ha dimostrato che la democrazia, in qualsiasi forma, è  minoritaria nel corso dei secoli. Il capitalismo infine dovrebbe essere visto come un mezzo e non un fine per raggiungere la prosperità. 

Come ho infatti scritto qui il sistema economico e sociale funziona bene quando Mercato, Stato e Democrazia si equilbrano. Come asserisce anche Acemoglu le società che progrediscono di più sono quelle con istituzioni più inclusive e cioè democratiche, dove società e Stato si equilibrano. Come diceva Schumpeter magari il popolo o i cittadini non possono avere contezza di tanti problemi complessi che riguardano la società, ma conoscono bene i loro interessi. In particolare, le persone vogliono sicurezza: sicurezza economica, sicurezza personale e dei loro beni, sicurezza della salute. Cosa è successo negli ultimi 30 anni in gran parte dei paesi occidentali? Il lavoro è diventato più precario, alcune fasce della popolazione, che appartenevano a una certa classe media, si sentono più povere e insicure, la sanità sta diventando sempre meno efficiente, inoltre una certa propaganda fa cadere che le città siano meno sicure di un tempo, cosa mediamente non vera. La risposta di quella parte politica, che storicamente era a difesa delle classi medie e anche più sfortunate, ha di fatto sostenuto che il mercato era buono, che la globalizzazione era un bene, che l'Europa era la nostra salvezza, ecc. A fronte di una situazione che ha visto i ricchi sempre più ricchi, le aziende sempre più globalizzate e capaci di spostare il lavoro dove costava meno, buona parte di queste persone hanno perso fiducia nel sistema, in parte sono quindi passate a votare formazioni populiste e sovraniste, che almeno a parole pretendono di prendere a cuore la loro parte, un notevole gruppo di persone invece ha smesso di votare. Questo stato di cose è  molto chiaro a molti analisti e studiosi come abbiamo visto nel blog, oltre al fatto che la politica nazionale ha molte meno leve per fronteggiare la situazione, vedi aziende che delocalizzano o spostano le loro sedi all'estero, o ancora spostano i ricavi fuori eludendo le tasse. Quindi, invece di un inutile vittimismo ed esecrazione dei nuovi vincitori, bisogna avere il coraggio di ammettere di aver fatto molti errori e che gli elettori non sono solo una massa di ignoranti e creduloni.

Da dove si riparte? In teoria è facile bisogna ridare ai cittadini la possibilità di contare di più e di vedere che i loro interessi vengano persi in considerazione e possibilmente esauditi. Ovviamente la azioni pratiche da intraprendere sono più complesse da implementare. In primo luogo c'è un problema di informazione, la stampa e TV sono spesso in mano a potentati economici, bisogna favorire maggiormente stampa e TV indipendenti. In Italia, poi, la RAI dovrebbe essere soggetta ad organismi indipendenti formati anche da cittadini estratti a sorte per evitare che sia al servizio del governo di turno. Oggi la informazione viaggia principalmente sui social, e qui abbiamo visto la importanza e alcuni azioni per limitare il potere dei giganti digitali che possono condizionare il dibattito politico e anche le votazioni.

A livello di istituzioni sono state proposti organismi parlamentari con persone prese a sorteggio o con camere del merito, cioè persone selezionate in base a certi risultati di rilievo ottenuti a livello accademico o professionale. Da noi in particolare bisognerebbe abolire questa pessima legge elettorale che blocca le liste e  favorisce la scelta delle segreterie sulla volontà popolare. Sono favorevole al finanziamento pubblico dei partiti, per evitare i grossi condizionamenti economici, ma vorrei che una quota rilevante sia destinata alla possibilità dei cittadini di partecipare, ad esempio avere la possibilità di usufruire di spazi pubblici di discussione e aggregazione, come pure andrebbero finanziati anche partiti od organizzazioni democratiche, anche non elette. Poi come ho scritto qui servono scuole di formazione per preparare persone competenti, infatti uno dei capisaldi del progetto di Grillo indicava una giusta partecipazione dal basso ma che, senza adeguata preparazione, finisce come si è visto di scadere nel velleitarismo.

In conclusione, non serve piangere sul latte versato, o prendersela con i cittadini che sbagliano, bisogna prendere atto della situazione, cambiare strategia e prendere a cuore i reali problemi della gente come scritto anche qui evitando che si vada ad ingrossare la massa di delusi e scontenti;  bisogna anche che una parte della classe politica fallimentare si faccia da parte e sia invece pronta a far crescere una nuova classe di giovani che guidino la innovazione politica e della società.

venerdì 17 gennaio 2025

Un paese di politici scappati di casa

 Le vicende di Trenitalia degli ultimi tempi evidenziano ancora una volta la scarsezza dei nostri politici in generale e della compagine di governo in particolare. Sicuramente di questi incidenti e disastri sulla rete ferroviaria non è colpa tutta di Salvini ma cosa ha fatto fino ad esso il Ministro? A parte grande propaganda sul ponte sullo stretto, su cui ho moltissime perplessità sia perché non ne vedo la priorità e sia per i costi che in Italia si decuplicano rispetto al preventivo, non si è mai preoccupato dei trasporti piuttosto di tutto il resto. Buttarla in caciara dando la colpa al passato è ridicolo e inaccettabile (oltre che falso visto abbiamo avuto molti ministri di destra). D'altra parte Salvini nella sua vita non ha mai fatto niente, non ha neanche titoli di studio, niente di niente. Però Salvini è in buona compagnia, il Ministro dell'Agricoltura ha inanellato tutta una serie di affermazioni risibili, e infatti parla poco ultimamente. Vogliamo parlare delle castronerie del precedente Ministro della Cultura caduto in disgrazia per una vicenda piuttosto ridicola, sostituito  da un signor nessuno che si sta laureando adesso e ha avuto un paio di uscite degne della famosa supercazzola. 

L'elenco è lungo potrei fare altri esempi, ovviamente anche nella opposizione la situazione non brilla di personaggi di alta  levatura, ad esempio la Schlein ha una buona cultura ma di esperienza pratica poca. Ma come ci siamo ridotti così? Siamo uno dei paesi più ricchi e industrializzati e non ci mancano persone di buona levatura. Se ci guardiamo indietro, nel primo parlamento del dopoguerra, c'erano più laureati in percentuale di adesso e oggi il nostro paese ha un grado di scolarizzazione molto più elevato di allora. 

È quindi un problema di selezione sicuramente, la attuale legge elettorale favorisce i fedelissimi rispetto al tanto citato a sproposito merito. Probabilmente chi ha una buona preparazione e buone possibilità non guarda alla politica ma piuttosto a qualche professione. Qualcuno, ad esempio Martin Wolf, ha proposto un Senato del merito, certo non si può imporre un curriculum come condizione per presentarsi in politica ma qualcosa andrebbe fatto, non solo sul piano della preparazione ma anche dell'etica, cosa ancora più difficile. Io in un mio post proponevo di dare una formazione di alto livello ai giovani meritevoli e non fortunati economicamente, forse una idea naive ma scusate sono fissato sul fatto di utilizzare al meglio le persone. Certo che un paese moderno, in una situazione che diventa sempre più complessa, tecnologicamente, socialmente, economicamente ecc., farsi guidare da una banda di scappati di casa (in buona parte) non promette nulla di buono e, infatti, nonostante tante eccellenze in vari campi il nostro paese negli ultimi decenni si è avviato in una discesa senza fine.

mercoledì 15 gennaio 2025

Jamie Susskind- The Digital Republic- On Freedom and Democracy in the 21st Century

 L'autore del libro, Jamie Susskind, ha studiato storia e politica alla Università di Oxford e si è laureato in Giurispudenza ad Harvard, esercita la professione di avvocato e questo è il suo secondo libro.

Il tema del libro è il potere incontrollato dei giganti digitali, che hanno lo straordinario  potere di modellare il carattere morale della società e che operano al di fuori dei canali tradizionali della politica. La crescita del potere digitale non è stata accompagnata dalla corrispondente crescita della responsabilità legale, una crescita veloce e quasi inarrestabile. L'autore, quindi, nel corso del libro cerca di mostrare le linee guida di quello che definisce repubblicanesimo digitale per contenere il potere della tecnologia digitale, i cui principi di base sono: la legge deve preservare le istituzioni di base necessarie per una società libera, la legge deve ridurre il potere della tecnologia digitale, la legge deve assicurare che la tecnologia rifletta i valori civici e morali delle persone, la legge deve assicurare che le leggi e regolamentazioni dello Stato siano le meno intrusive possibili. Questi principi rappresenterebbero un cambiamento di direzione rispetto a quello che l'autore definisce individualismo di mercato.

La tecnologia può cambiare il nostro comportamento tramite il condizionamento, inoltre può modificare la nostra visione del mondo,  infatti gli umani sono vulnerabili alle influenze cognitive, inoltre le cose negative tendono a catturare la nostra attenzione più  delle cose neutre o positive. Ogni scelta di fornire una determinata informazione è anche spesso una scelta di negare un altro tipo di informazione. In particolare il potere digitale si esplica in diverse forme: il potere di dettare le regole che gli altri devono seguire, il potere di controllare, il  potere di condizionare come le persone vedono il mondo e il potere di modellare le modalità di deliberazione democratica.

Una prima falsa credenza (fallacia della neutralità) è che un algoritmo tratti tutti allo stesso modo, anche perchè neutralità non è giustizia. Un altro problema è quella che l'autore definisce ideologia computazionale,  cioè trattare tutte le persone come meri dati che rischia di violare il principio che ogni persona conta.

Il potere è principalmente politico ed è permeato di valori, pregiudizi e ideologie. Il mercato fornisce il potere alle imprese tecnologiche a spese dei consumatori, per questo i problemi che sorgono dalle tecnologie digitali non possono essere curati dal mercato, come pure  i problemi del mercato non possono essere curati con la tecnologia. Alcune delle questioni sollevate dalla tecnologia sono così importanti e così intrinsecamente politiche che devono necessariamente essere soggette al dibattito democratico.

Uno dei problemi che viene evidenziato è la trappola del consenso, cioè che siamo continumente esposti a dare consensi su cose che non abbiamo il tempo ne le capacità di valutare, cioè siamo lasciati soli a negoziare i termini di impegno con i servizi digitali. Il problema fondamentale non è che non ci siano leggi ma che queste tendano a far decidere al business in maniera autonoma. 

In sintesi la tecnologia digitale esercita un potere, e la tecnologia non è neutrale e infine che questa tecnologia viene gestita in accordo principalmente con le logiche di mercato. Pertanto, il repubblicanesimo digitale deve avere alcuni principi il primo dei quali è di essere teso alla sopravvivenza dello stato democratico (preservation principle). Il secondo principio  è il domination principle ovvero ridurre il potere senza controllo della tecnologia digitale. Il terzo principio è il principio di democrazia, cioè che il disegno e sviluppo delle tecnologie digitali deve riflettere, per quanto possibile, i valori morali e civici dei cittadini. Infine, l'ultimo principio è che qualsiasi sistema di governance deve porre limiti al potere dello Stato (parsimony principle). 

In ogni democrazia, poi, sarebbe utile avere un organismo dedicato a pensare sistematicamente al futuro della tecnologia. In primo luogo sarebbero necessari degli organismi deliberativi pubblici di cittadini eletti a sorte con il compito di rispondere a questioni di principio sulle tecnologie digitali. Anche se esistono dei diritti individuali questi possono avere dei limiti quando i danni sono collettivi, per cui si rendono necessari dei rimedi collettivi tramite il rafforzamento collettivo degli standard e delle regole. Abbiamo fondamentalmente bisogno di contropoteri che limitino la sfida che pongono le tecnologie digitali. Ad esempio dovremmo avere degli organismi arbitrali di esperti indipendenti dallo Stato e dalle compagnie private. Sarebbero necessari anche dei meccanismi di certificazione come esistono in altri ambiti. Inoltre, sarebbe necessario promuovere la cultura per la quale chi prende importanti decisioni, in ambito tecnologico, sia obbligato a pensare attentamente alle responsabilità sociali. E' importante avere, inoltre, organizzazioni che abbiano meccanismi istituzionali per evitare fallimenti etici; ad esempio avere, per le persone che operano in ambito tecnologico, codici di comportamento e meccanismi disciplinari che li responsabilizzino, cioè un coerente sistema di regole e standards.

Per governare la tecnologia è necessario raccogliere informazioni sui sistemi e le imprese, servono comunque esperti. Esite una tensione tra le traparenza e la privacy, e la trasparenza non è una panacea ed esente da rischi. Abbiamo infatti necessità di una maggiore trasparenza nelle tecnologie digitali ma dobbiamo rispettare comunque gli aspetti tecnici e commerciali delle imprese. Un primo problema è la grandezza dei giganti digitali, purtoppo le leggi antitrust sono difficilmente applicabili al contesto digitale. Una politica antirust repubblicana considera sia il benessere del cittadino e sia  del consumatore, ma la priorità è quella del cittadino. Governare i dati è qualcosa di più che assicurare la privacy. Il consenso individuale deve essere affiancato da un un sistema di consenso collettivo garantito da una terza parte. Gli algoritmi poi sono troppo importatanti per essere lasciati al mercato poichè spesso hanno un impatto significativo sulle nostre vite, perchè prendono decisioni che sono politiche e morali. Gli algoritmi più rilevanti devono essere dunque allineati con gli standard morali della comunità nel contesto in cui vengono utilizzati.

Le piattaforme dei social media stanno già definendo i confini della libera espressione e decidendo la qualità della deliberazione democratica, queste infatti ordinano, filtrano e presentano le informazioni. La libertà di parola assoluta non è un opzione, alcune restrizioni sono necessarie per preservare una società civile. E' pertanto necessario un bilanciamento tra qualità e quantità di parola. Di fatto le piattaforme social operano per massimizzare i loro ricavi e ciò conduce a risultati nefasti in alcuni casi, esacerbando le divisioni sociali; creando inoltre  un sistema privatizzato di discussione che opera attraverso i consumatori piuttosto che i cittadini in accordo con regole mercantilistiche piuttosto che norme democratiche. In un certo modo siamo retrocessi a un livello  primitivo di discussione. Attualmente le piattoforme operano nella oscurità pertanto è necessaria una regolazione, come vi è stata negli USA per la radio e c'è attualmente in UK. D'altra parte i social media sono molto differenti dai giornali, infatti i social media collezionano una immensa mole di dati e il mondo dei giornali è molto piu decentralizzato e competitivo. In merito alla libertà di espressione vi è una profonda differenza tra l'approccio europeo e qullo americano, per gli europei la libertà di espressione è un bene comune e non individuale, pertanto deve essere assicurato in pratica il diritto alla libertà di espressione da un sistema di autogoverno. La libertà di espressione deve essere difesa dal dominio dello Stato ma anche a quello del privato. Le proposte per una regolazione delle maggiori piattaforme di social media sono che esse devono mettere in pratica un ragionevole sistema per: ridurre il flusso e la visibilità delle informazioni pericolose, evitare le molestie online, prevenire la interferenza straniera nel processo politico, mitigare gli effetti pericolosi di attività coordinate non autentiche e, soprattutto, incoraggiare la deliberazione civile su materie di importanza  pubblica. Infine, le piattaforme social dovrebbero rendere evidenti le loro politiche di moderazione.

Il libro è scritto molto bene con grande chiarezza e mette in evidenza i gravi problemi che sono inerenti alle tecnologie digitali e all'enorme potere incontrollato che le grandi coorporation hanno sulle nostre vite e anche sulla democrazia, pertanto ne consiglio vivamente la lettura. Il libro elenca non solo i principi ma anche molte proposte per limitare il potere e gli abusi delle grandi coorporation digitali. Anche se le proposte possono essere di difficile applicazione rappresentano delle soluzioni ai gravi problemi sollevati.  In UE, in particolare, è stato per fortuna emanato il regolamento GDPR,  che è un regolamento in materia di trattamento dei dati personali e di privacy, e quindi un certo passo in avanti è stato fatto, mentre negli USA, con l'amministrazione Trump, le cose purtroppo possono prendere una piega completamente diversa, basta vedere le ultime dichiarazioni e mosse di Zuckerberg.

lunedì 23 dicembre 2024

Michael Lind- La nuova lotta di classe- Elite dominanti, popolo dominato e il futuro della democrazia

 Michael Lind è professore alla Lyndon Johnson School of Public Affairs del Texas, analista politico economico che scrive su molte testate influenti. Il libro affronta da un punto di vista politico la situazione economico-sociale delle democrazie occidentali. Il problema principale delle nostre società è il potere, il potere sociale si esprime in tre ambiti: governo, l'economia, la cultura e in ciascuno di essi è sede di una lotta di classe. 

La lotta  di classe è iniziata con il processo di industrializzazione. Dopo la II guerra mondiale si è affermato nei paesi occidentali quello che l'autore definisce plurarismo democratico, grazie alla presenza di alcuni mediatori: i partiti politici di massa, i sindacati e associazioni varie (agricole e religiose). Dopo gli anni settanta questo sistema si è indebolito con la nascita di quello che l'autore definisce neoliberismo tecnocratico, grazie alle delocalizzazioni e arbitraggio globale del lavoro, portando alla riduzione del potere dei mediatori. Questa situazione sta provocando una controreazione in tutti i paesi occidentali con la nascita dei cosiddetti populismi.

 La nuova divisione di classe può essere condiderata tra insider e outsider. Da una parte abbiamo una "superclasse" di manager e professionisti con istruzione universitaria, dall'altra è quella delle classi operaie locali. Abbiamo inoltre  un mercato del lavoro diviso, cioè lavoratori con stipendi diversi anche a volte a parità di mansione, cioè due segmenti che sono in concorrenza (classe operaia di nativi vs immigrati). Vi è anche una divisione geografica tra chi vive nei quartieri costosi e chi vive nei quartieri perifierici e i sobborghi, che l'autore definisce rispettivamente hub e entroterra, divisione che riflette il divario sociale.

 Segue una ricostruzione storica con la nascita del plurarismo democratico a partire dal New Deal (liberalismo dei gruppi di interesse) e poi nei paesi europei dopo la II guerra mondiale, grazie anche alla situazione internazionale della guerra fredda. In seguito, grazie alle idee neo liberiste, nasce la cosidetta rivolta delle èlite che con la globalizzazione permette alle aziende l'arbitraggio globale del lavoro portando all'indebolimento delle istituzioni che davano potere anche alla classe operaia, partiti politici di massa e sindacati. 

Le due classi in realtà non sono compatte nello schieramento politico, da una parte la superclasse ha una destra liberista e una sinistra con un liberismo moderato (es. Clinton e Blair), la classe operaia è divisa tra una sinistra piu tradizionale e una destra di populismo conservatore, entrambe le classi con forme di centro politco. Questo ha portato ha portato a un cambiamento nei partiti tradizionali in USA e Europa riflettendo la mutevole composizione di classe, abbiamo quindi una sinistra che rappresenta anche classi agiate e che vivono negli hub, e una destra che fa presa su molti operai che vivono nell'entroterra, basta vedere le ultime elezioni americane o anche quelle italiane. Abbiamo comunque due visioni estreme della politica  tra un neoliberismo tecnocratico che vede un èlite di esperti al potere che in teoria dovrebbe garantire il benessere pubblico, e il populismo che vuole personaggi forti con un rapporto quasi mistico con le masse. L'autore comunque difende il populismo dalle demonizzazioni delle èlite tradizionali. L'ondata populista è una reazione difensiva piuttosto che semplicemente dovuta a  macchinazioni dei russi o rigurgiti fascisti e autoritari (vedi ad es. idee di Polanyi sulle  reazioni della società al mercato).

Varie sono le proposte fatte dalle èlite tecnocratiche per ridurre i problemi delle classi meno agiate, ad esempio il "redistribuzionismo" con crediti di imposta e reddito universale, o le  teorie antimonopoliste, ma ciascuna proposta, oltre ad essere difficilmente sostenibile anche sul piano economico, non risolve il problema di fondo ovvero lo squilibrio di potere tra le classi.

Dato che il problema di sbilanciamento del potere nasce  dall'indebolimento di certe forme di istutuzioni: partiti politici di massa, sindacati, ecc., vi è la necessita di nuove istituzioni associative che l'autore definisce "corporazioni" in ambito economico, "circoscrizioni" in ambito governativo e "congregazioni" in ambito culturale. Per esempio in ambito economico dovrebbe essere ricostituito il trialteralismo nella contrattazione tra manodpera e capitale. In ambito politico l'obiettivo è ricostruire un localismo permettendo alla gente comune di vivere la politica da partecipanti, e inoltre accrescere il potere della classe operaia con agenzie indipendenti, con partecipazione popolare, che compensino/controllino apparati burocratici centralizzati.

Rimane il problema della sovranità esterna, cioè salvaguardare il pluralismo democratico dalle influenze della globalizzazione e degli organismi/accordi internazionali (vedi Rodrik). Questo vuol dire che gli Stati si dovrebbero impegnare anche per una globalizzazione selettiva, con ad esempio politiche selettive per la immigrazione nell'interesse della produttività nazionale e cercando di limitare il mercato del lavoro diviso.

Il libro è interessante nel fornire  una visione politica e sociologica della situazione attuale dei paesi occidentali, anche se di fatto ricalca molte delle analisi che abbiamo visto in altri libri. La sua divisione delle classi è chiaramente una semplificazione di una realtà molto più complessa, i lavoratori professionisti e della conoscenza hanno sicuramente  meno problemi delle classi operaie, ma i veri depositari del potere sono coloro che muovono le file delle grandi corporation industriali e finanziarie che si sono arricchiti grazie alla globalizzazione. D'altra parte anche le professioni piu elevate potranno essere a richio con lo sviluppo della Intelligenza Aritficiale. Indubbiamente il problema di fondo è la perdita di potere contrattuale di larga parte della popolazione che o non vota più o si rivolge al populismo, che non è la soluzione. 

Certo bisogna creare qualcosa di nuovo per ristabilire il potere dei cittadini e rivedere la democrazia (vedi ad esempio qui) ma anche come indicato da Rajan con la suo terzo pilastro delle comunità locali. Al momento la situazione è piuttosto difficile con la vittoria del populismo ma anche con il rigurgito di destre estreme. Dato che le rivoluzioni non le fà il popolo serve un èlite che promuova il cambiamento.

La sinistra democratica ha sbagliato quasi tutto negli ultimi 30 anni, perdendo il suo popolo; è stata infatti acquiesciente a politiche economiche troppo pro-mercato, non avendo capito che la immigrazione era un tema da affrontare con maggiore attenzione, non avendo sottolineato che la globalizzazione creava grossi problemi. Serve quindi, in primo luogo, una profonda autocritica e presa di coscienza, servono poi persone nuove e preparate che sappiano indirizzare la politica nazionale verso una direzione che dia maggiore potere ai cittadini e gli dia speranza di un futuro migliore. Come abbiamo visto nei libri che ho recensito le analisi della situazione sono chiare e molti autori concordano sui problemi, forse le soluzioni sono più complicate da mettere in atto ma le idee ci sono, speriamo che tra i giovani emergano nuove forze in grado di portare avanti questa battaglia, le alternative infatti sono piuttosto cupe. 

lunedì 2 dicembre 2024

Yuval Noah Harari- Nexus- Breve storia delle reti di informazione dall'età della pietra all'IA

 Dell'autore Harari, storico israeliano abbiamo già recensito altri suoi libri: 21 Lezioni per il XXI secoloDa animali a dei. Il libro di oggi riprende alcuni temi dei prcedenti ma si sofferma in particolare sulla ultima frontiera tecnologica e i suoi  pericoli: l'Intelligenza Artificiale (IA).

 Il primo tema che affronta è la informazione, la informazione non è verità e neanche una rappresentazione della realtà come sostengono alcuni, e neanche solamente potere come sostengono i populisti. Per l'autore il ruolo della informazione sta nel collegare le cose, qualcosa che crea nuove realtà collegando punti diversi di una rete o anche un nesso sociale, in ogni caso l'incremento della connettività e della informazione non porta automaticamente un incremento di veridicità e conoscienza.

 Ripende poi il tema della importanza delle narrazioni e delle realtà intersoggettive, come ad esempio le nazioni e le società, che non sono cose reali ma esistono grazie alle connessioni tra più menti. Le narrazioni e le reti basate sulle storie sono quelle che hanno reso l'Homo Sapiens il più potenti degli animali. Tutte le relazioni tra i gruppi sono modellate da storie e ciò che tiene unite le reti umane sono appunto le finzioni, le storie intersoggettive. Sono queste informazioni e storie che riescono a mantenere l'ordine sociale in comunità molto ampie, le reti di informazione non massimizzazno la verità piuttosto cercano un delicato equilibrio tra verità e ordine.

Un altro aspetto importante è quello della fallibilità degli umani e il tentativo di correggere gli errori. Il libro, in particolare il libro sacro, ad esempio Bibbia e Corano, hanno rappresentato una tecnologia di correzione degli errori, che ha dato luogo alle interpretazioni che hanno costretto da adottare un organo, la Chiesa (infallibile) che ne custodisse la interpretazione corretta. Al contrario la scienza non ha verità assolute ma teorie che possono essere confutate, cioè un meccanismo di autocorrezione

La differenza tra sistemi totalitari e democratici si basa sulle modalità di funzionamento delle reti di informazione, nelle dittatture le reti informative sono centralizzate al massimo mentre nelle democrazie sono distribuite con meccanismi di autocorrezione. La storia ha dimostrato che le tecnologie informative del passato erano troppo arretrate per permettere una dittatura e anche una democrazia su larga scala, la tecnologia moderna d'altra parte rende più attuabili sia la democrazia che la ditattura su larga scala. 

Le nuove tecnologie, dai computer alla IA, rappresentano un salto in avanti tecnologico molto particolare che differisce dalle tecnologie del passato, una bomba atomica non puo esplodere da sola senza l'intervento umano ma reti di computer e algoritmi possono funzionare in maniera autonoma senza intervento dell'uomo. Le catene da computer a computer possono funzionare senza l'uomo, e i computer sempre di più possono prendere decisioni e creare idee da soli. Le reti di computer, inoltre, sono sempre attive e in grado superare gli umani nell'elaborare modelli dai dati, di qualsiasi genere, e potrebbe essere la fine della privacy. Il problema dei computer o delle reti informatiche è che non sono infallibili. Inoltre, se si fissano degli obiettivi razionali anche per le reti di computer, questi obiettivi, come sostiene Clausewitz, dovrebbero essere allineati a una strategia, ma chi decide la strategia e, soprattutto, non è detto che una strategia, anche nelle migliori intenzioni, non si riveli pericolosa se portata aventi senza un controllo umano, vedi ad esempio certi pericolosi effetti sociali negativi dovuti agli algoritmi dei social network.

Visti i pericoli insiti nello sviluppo della IA si pone il problema di come evitare che mettano a repentaglio la nostra civiltà, infatti le civiltà nascono dal connubio tra burocrazia e mitologia e la rete informatica è una burocrazia molto piu potente e implacabile della burrocrazia umana.  L'autore indica alcuni principi da adottare per difendere la società e la democrazia che sono in primis il bene comune, le informazioni raccolte devono essere utilizzate per aiutarci e non per manipolare gli esseri umani. La reciprocità, a un aumento dell sorveglianza degli individui deve corrispondere un aumento della sorveglianza dei governi e delle aziende. Il decentramento, le informazioni non devono essere concentrate in un solo luogo.  Inoltre le società democratiche devono gurdarsi dagli estremi di una eccessiva rigidità e flessibilità, la democrazia richiede equilibrio. La opacità degli algoritmi deve essere evitata tramite il diritto alla spiegazione (dei meccanismi interni). Il potenziale anarchico della IA è particolarmente allarmante per cui l'autore propone di limitare l'utilizzo dei bot. 

Se la democrazia potrebbe incontrare grosse difficoltà ancor peggio potrebbe andare ai sistemi totalitari dove non ci sono sistemi di autocorrezione e l'IA potrebbe prendere il sopravvento.

La nuova teconolgia dell'IA potrebbe diventare la piu potente arma di distruzione sociale di massa, ripetto al pericolo nucleare la sua potenza potrebbe essere maggiore e soprattutto i suoi pericoli meno evidenti e nascosti. La nuova guerra fredda, tra le potenze che si contendono gli sviluppi della tecnologia dell'IA,  potrebbe essere caratterizzata dalla  divisione di due mondi divisi nella la gestione della propria rete informatica, due imperi digitali separati da una cortina di silicio, con un pericolo di escaltion maggiore.

Nelle conclusioni l'autore ricorda che la invenzione di nuove tecnologie è sempre catalizzatore di grandi cambiamenti storici. Bisogna però evitare false interpretazioni storiche che portano a visioni ingenue e troppo  ottimismistiche, l'informazione non è verità e non dobbiamo illuderci che l'IA privilegi la verità, oltre a non esssere infallibile, così come la interpretazione troppo cinica, ma sbagliata, che la informazione sia solo potere. Dobbiamo quindi abbandonare queste visioni fallaci della informazione e impegnarci piuttosto nel difficile compito di costruire istituzioni con forti meccanismi di autocorrezione. 

Devo dire che sintetizzare questo libro, di oltre 500 pagine, non è facile, sono molte le suggestioni e le idee che l'autore propone. Inoltre, le sue considerazioni sono accompagnate da interessanti e mai banali notizie e resconti storici. Un libro quindi molto interessante e valido e che, a dispetto della sua lunghezza, si legge piacevolmente.

I pericoli della IA cominciano ad essere evidenziati da molte parti, soprattutto dagli esperti che ci lavorano. La UE ha già emanato una legge per regolamentare i sistemi di IA ma è ancora l'unica, e spesso la legislazione non riesce a stare al passo con la evoluzione tecnologica. Il problema, come ben evidenzia Harari nel suo libro, è molto reale e grave anche se forse non nell'immediato, quindi saremmo in tempo per limitarne i pericoli. La tecnologia è il motore dello sviluppo economico, ma come abbiamo visto nei due libri che abbiamo recensito, Power and Progress e The Technology Trap, la tecnologia prende la direzione di chi la controlla, spesso i privati, e dalla direzione che prende dipende se questa porta vantaggi a tutta la società o solo a pochi, come sembra che stia accadendo recentemente. Quindi, su questi problemi è necessario avere una politica che sia cosciente e preparata ad affrontarli, come pure tale conoscenza e coscienza critica dovrebbe essere diffusa anche nei cittadini.


domenica 17 novembre 2024

Tagliare la spesa pubblica! Sei sicuro? Un po di artimetica.

Molti economisti sostengono che la soluzione per l'Italia sarebbe tagliare la spesa pubblica, due che cito a memoria sono ad esempio Luigi Marattin e Veronica De Romanis.

Il dato 2023 del rapporto spesa/PIL ci vede al terzo posto in Europa, quindi abbastanza alto, ma non in maniera così evidente sopra la media. Se però prendiamo la formula del PIL questo è  composto da consumi, investimenti, spesa pubblica e differenza tra export ed import, in formula PIL = C+I+G+X-M, quindi una semplice considerazione algebrica ci dice che diminuendo G, spesa pubblica, in prima battuta diminuiamo il PIL. Si potrebbe sostenere che se diminuisce la spesa pubblica e anche le tasse in pari quantità dovrebbero aumentare C, consumi e I, investimenti. Intanto non è detto che i consumi aumentino così tanto, dipende dalla propensione al consumo di chi è beneficiario del taglio di tasse, poi un aumento dei consumi potrebbe andare a innalzare le spese per prodotti di importazione, mi compro macchine elettriche cinesi per dire, andando a diminuire il saldo export meno import. L'effetto sugli investimenti è più incerto perché dipende da molte cose come la situazione di fiducia degli imprenditori sul futuro dell'economia. Quindi, se non si chiarisce bene cosa significa e quali effetti abbia il taglio della spesa pubblica a prima vista non mi sembra un operazione a saldo positivo. La spesa pubblica, solo spese correnti, è di oltre 620 miliardi di euro, quindi piuttosto sarebbe bene guardare cosa spendiamo e come spendiamo. Quindi, a prima vista, su oltre 600 miliardi ci sono grossi margini per fare aggiustamenti eliminando spese che hanno poca utilità sia sulla economia e sia sul sociale, indirizzando le spese laddove possono aumentare il PIL corrente e/o futuro: dagli investimenti sulla formazione o  incentivi a imprese innovative che crescono, ecc., sarebbe un elenco molto lungo. Questo lavoro però costa fatica, richiede preparazione, visione di medio lungo termine e soprattutto scontentare con tagli gruppi e attività che storicamente ne hanno beneficiato. Quindi cari amici, e quasi colleghi economisti, piuttosto che sparare queste frasi ad effetto, che più si addicono a politici imbonitori che vogliono catturare facile consenso, discutiamo di cosa togliere e cosa aggiungere dalla spesa pubblica per aumentare il PIL e il benessere della nazione, ve ne saremo tutti grati e forse potremmo indirizzare la discussione su qualcosa di veramente utile.

sabato 16 novembre 2024

La vittoria di Trump

 Ormai sono passati alcuni giorni dalle elezioni americane, provo anche io a fare qualche considerazione. La vittoria di Trump non mi è giunta inaspettata, quando ho visto che i sondaggi davano la parità ho capito che Trump avrebbe vinto, molte persone che votano Trump non lo ammettono pubblicamente e quindi i sondaggi tendono a sottostimare i voti della America profonda e rurale. Non mi aspettavo forse una vittoria così schiacciante ma la Harris non si è dimostrata un candidato convincente. I dati mostrano che Trump ha vinto non nelle grandi città ma nelle zone rurali, grazie al voto dei ceti operai e, sorprendentemente, anche le donne.

Ciò detto se qualcuno ha letto, anche solo una parte, dei libri che ho recensito le analisi sulla situazione occidentale sono quasi tutte unanimi. I partiti di sinistra o progressisti hanno perso buona parte del sostegno delle classi operaie e medie. In qualche caso l'appello contro le destre può ancora funzionare, vedi Biden o la Francia, ma la stigmatizzazione dell'avversario non basta più. Da una parte abbiamo la disaffezione di una parte dell'elettorato che non vota più, dall'altra parte una parte della popolazione è profondamente delusa e disperata perché non vede cambiare niente, anzi le cose peggiorano per cui sono facili perde di una certa propaganda e ormai sono disposte a votare anche quelli che, apparentemente, sono impresentabili pur di veder cambiare qualcosa. Eppure nonostante le analisi ancora la sinistra continua a sbagliare con candidati non all'altezza che non danno segni di cambiamento di una strategia politica fallimentare. 

Certo non è  facile contrastare certa propaganda che agisce sulla pancia della gente, soprattutto se alimentate dai media e social in mano a certi personaggi o a certe cordate economiche. Si continuano a fare errori, i democratici hanno atteso troppo per esautorare Biden dalla corsa e poi hanno puntato, per mancanza di alternative, sulla Harris che non aveva poi impressionato molto come vice presidente. Anche in Italia, con tutto il rispetto per la Schlein, mi sembra proprio il prototipo del radical-chic che tanto viene citato dalla destra a sproposito spesso. Servono quindi in primis candidati credibili, persone nuove che sappiano modificare le strategie finora adottate. Serve anche un modo nuovo di parlare alla gente, meno affettato e meno political correct ma che vada al cuore della gente e soprattutto ai suoi problemi, cioè bisogna tornare ad immergersi nella realtà e finire di essere troppo acquiescienti con lo status quo. La globalizzazione non è un vantaggio per molti anzi porta spesso discoccupazione e precarietà, la Unione Europea non è il migliore dei mondi possibili ma ha fatto troppi errori in termini di politiche economiche nonchè industriali, e, comunque, così non funziona diventando così un facile capro espiatorio per la destra e i populisti. Non dico di scendere allo stesso livello della propaganda di destra ma bisogna essere razionali ma anche socialmente attenti ai problemi delle persone e della società; alcuni temi come la immigrazione non devono essere lasciati alle sole destre, la immigrazione è un problema complesso e difficile, ma bisogna essere chiari che se si combatte la immigrazione indiscriminata si combatte anche per il mantenimento del welfare così faticosamente ragguinto e negli ultimi anni sempre meno finanziato, vedi sanità. 

Sono anni che scrivo che spero nell'arrivo di leadership nuove, che la situazione politica e democratica si sta deteriorando e da questa situazione non abbiamo molto da guadagnare, probabilmente neanche i ricchi, e che quindi è necessario invertire la tendenza per non svegliarsi in qualche nightmare anti democratico e anche per un peggioramento della situazione sociale e anche climatica. 

Se c'è qualche politico democratico e progressista in ascolto si dia da fare perchè non c'è molto tempo.

sabato 9 novembre 2024

Todd G. Buchholz - New Ideas From Dead Economist - An introduction to modern economic thought

 Ho letto il libro dell'economista americano  Todd Buchholz perché è un libro di storia economica che volevo confrontare con il mio: Le idee dell'economia.

Il libro parte dall economia classica trattando nell'ordine: Adam Smith, Ricardo, Malthus, Marx, e Stuart Mills. Prosegue la trattazione storica con Marshall e i marginalisti. Un capitolo è dedicato agli istituzionalisti: Veblen e Galbraith. Vengono trattati in maniera piuttosto approfondita sia Keynes e sia Friedman. Un capitolo è  dedicato alle teorie della Public Choice. Nella parte finale tratta alcune teorie più recenti come le aspettative razionali e la behavioral economics. Nel complesso è  un libro piacevole, che tratta gli argomenti in maniera semplice con esempi relativi alla vita reale, quindi è un libro che si legge bene, l'unico problema, per chi non conosce l'inglese, è  che non è tradotto in italiano e lo trovate solo in lingua originale.

Il mio libro rispetto a questo è un poco più rigoroso, con qualche formula e dettagli in più. Inoltre, nel libro di Buchholz trovo alcune mancanze importanti: Schumpeter e le teorie della crescita da Harrod sino a quelle più recenti di Solow, come pure non accenna a A. Sen, J. Stiglitz, e molto altro. Il mio libro risulta quindi più completo anche se anche io ho fatto delle scelte  tralasciando  Veblen e ho  appena accennato alle Public Choice. Comunque vi consiglio di leggerli entrambi e fatevi la vostra opinione in merito.