domenica 17 novembre 2024

Tagliare la spesa pubblica! Sei sicuro? Un po di artimetica.

Molti economisti sostengono che la soluzione per l'Italia sarebbe tagliare la spesa pubblica, due che cito a memoria sono ad esempio Luigi Marattin e Veronica De Romanis.

Il dato 2023 del rapporto spesa/PIL ci vede al terzo posto in Europa, quindi abbastanza alto, ma non in maniera così evidente sopra la media. Se però prendiamo la formula del PIL questo è  composto da consumi, investimenti, spesa pubblica e differenza tra export ed import, in formula PIL = C+I+G+X-M, quindi una semplice considerazione algebrica ci dice che diminuendo G, spesa pubblica, in prima battuta diminuiamo il PIL. Si potrebbe sostenere che se diminuisce la spesa pubblica e anche le tasse in pari quantità dovrebbero aumentare C, consumi e I, investimenti. Intanto non è detto che i consumi aumentino così tanto, dipende dalla propensione al consumo di chi è beneficiario del taglio di tasse, poi un aumento dei consumi potrebbe andare a innalzare le spese per prodotti di importazione, mi compro macchine elettriche cinesi per dire, andando a diminuire il saldo export meno import. L'effetto sugli investimenti è più incerto perché dipende da molte cose come la situazione di fiducia degli imprenditori sul futuro dell'economia. Quindi, se non si chiarisce bene cosa significa e quali effetti abbia il taglio della spesa pubblica a prima vista non mi sembra un operazione a saldo positivo. La spesa pubblica, solo spese correnti, è di oltre 620 miliardi di euro, quindi piuttosto sarebbe bene guardare cosa spendiamo e come spendiamo. Quindi, a prima vista, su oltre 600 miliardi ci sono grossi margini per fare aggiustamenti eliminando spese che hanno poca utilità sia sulla economia e sia sul sociale, indirizzando le spese laddove possono aumentare il PIL corrente e/o futuro: dagli investimenti sulla formazione o  incentivi a imprese innovative che crescono, ecc., sarebbe un elenco molto lungo. Questo lavoro però costa fatica, richiede preparazione, visione di medio lungo termine e soprattutto scontentare con tagli gruppi e attività che storicamente ne hanno beneficiato. Quindi cari amici, e quasi colleghi economisti, piuttosto che sparare queste frasi ad effetto, che più si addicono a politici imbonitori che vogliono catturare facile consenso, discutiamo di cosa togliere e cosa aggiungere dalla spesa pubblica per aumentare il PIL e il benessere della nazione, ve ne saremo tutti grati e forse potremmo indirizzare la discussione su qualcosa di veramente utile.

sabato 16 novembre 2024

La vittoria di Trump

 Ormai sono passati alcuni giorni dalle elezioni americane, provo anche io a fare qualche considerazione. La vittoria di Trump non mi è giunta inaspettata, quando ho visto che i sondaggi davano la parità ho capito che Trump avrebbe vinto, molte persone che votano Trump non lo ammettono pubblicamente e quindi i sondaggi tendono a sottostimare i voti della America profonda e rurale. Non mi aspettavo forse una vittoria così schiacciante ma la Harris non si è dimostrata un candidato convincente. I dati mostrano che Trump ha vinto non nelle grandi città ma nelle zone rurali, grazie al voto dei ceti operai e, sorprendentemente, anche le donne.

Ciò detto se qualcuno ha letto, anche solo una parte, dei libri che ho recensito le analisi sulla situazione occidentale sono quasi tutte unanimi. I partiti di sinistra o progressisti hanno perso buona parte del sostegno delle classi operaie e medie. In qualche caso l'appello contro le destre può ancora funzionare, vedi Biden o la Francia, ma la stigmatizzazione dell'avversario non basta più. Da una parte abbiamo la disaffezione di una parte dell'elettorato che non vota più, dall'altra parte una parte della popolazione è profondamente delusa e disperata perché non vede cambiare niente, anzi le cose peggiorano per cui sono facili perde di una certa propaganda e ormai sono disposte a votare anche quelli che, apparentemente, sono impresentabili pur di veder cambiare qualcosa. Eppure nonostante le analisi ancora la sinistra continua a sbagliare con candidati non all'altezza che non danno segni di cambiamento di una strategia politica fallimentare. 

Certo non è  facile contrastare certa propaganda che agisce sulla pancia della gente, soprattutto se alimentate dai media e social in mano a certi personaggi o a certe cordate economiche. Si continuano a fare errori, i democratici hanno atteso troppo per esautorare Biden dalla corsa e poi hanno puntato, per mancanza di alternative, sulla Harris che non aveva poi impressionato molto come vice presidente. Anche in Italia, con tutto il rispetto per la Schlein, mi sembra proprio il prototipo del radical-chic che tanto viene citato dalla destra a sproposito spesso. Servono quindi in primis candidati credibili, persone nuove che sappiano modificare le strategie finora adottate. Serve anche un modo nuovo di parlare alla gente, meno affettato e meno political correct ma che vada al cuore della gente e soprattutto ai suoi problemi, cioè bisogna tornare ad immergersi nella realtà e finire di essere troppo acquiescienti con lo status quo. La globalizzazione non è un vantaggio per molti anzi porta spesso discoccupazione e precarietà, la Unione Europea non è il migliore dei mondi possibili ma ha fatto troppi errori in termini di politiche economiche nonchè industriali, e, comunque, così non funziona diventando così un facile capro espiatorio per la destra e i populisti. Non dico di scendere allo stesso livello della propaganda di destra ma bisogna essere razionali ma anche socialmente attenti ai problemi delle persone e della società; alcuni temi come la immigrazione non devono essere lasciati alle sole destre, la immigrazione è un problema complesso e difficile, ma bisogna essere chiari che se si combatte la immigrazione indiscriminata si combatte anche per il mantenimento del welfare così faticosamente ragguinto e negli ultimi anni sempre meno finanziato, vedi sanità. 

Sono anni che scrivo che spero nell'arrivo di leadership nuove, che la situazione politica e democratica si sta deteriorando e da questa situazione non abbiamo molto da guadagnare, probabilmente neanche i ricchi, e che quindi è necessario invertire la tendenza per non svegliarsi in qualche nightmare anti democratico e anche per un peggioramento della situazione sociale e anche climatica. 

Se c'è qualche politico democratico e progressista in ascolto si dia da fare perchè non c'è molto tempo.

sabato 9 novembre 2024

Todd G. Buchholz - New Ideas From Dead Economist - An introduction to modern economic thought

 Ho letto il libro dell'economista americano  Todd Buchholz perché è un libro di storia economica che volevo confrontare con il mio: Le idee dell'economia.

Il libro parte dall economia classica trattando nell'ordine: Adam Smith, Ricardo, Malthus, Marx, e Stuart Mills. Prosegue la trattazione storica con Marshall e i marginalisti. Un capitolo è dedicato agli istituzionalisti: Veblen e Galbraith. Vengono trattati in maniera piuttosto approfondita sia Keynes e sia Friedman. Un capitolo è  dedicato alle teorie della Public Choice. Nella parte finale tratta alcune teorie più recenti come le aspettative razionali e la behavioral economics. Nel complesso è  un libro piacevole, che tratta gli argomenti in maniera semplice con esempi relativi alla vita reale, quindi è un libro che si legge bene, l'unico problema, per chi non conosce l'inglese, è  che non è tradotto in italiano e lo trovate solo in lingua originale.

Il mio libro rispetto a questo è un poco più rigoroso, con qualche formula e dettagli in più. Inoltre, nel libro di Buchholz trovo alcune mancanze importanti: Schumpeter e le teorie della crescita da Harrod sino a quelle più recenti di Solow, come pure non accenna a A. Sen, J. Stiglitz, e molto altro. Il mio libro risulta quindi più completo anche se anche io ho fatto delle scelte  tralasciando  Veblen e ho  appena accennato alle Public Choice. Comunque vi consiglio di leggerli entrambi e fatevi la vostra opinione in merito.

martedì 1 ottobre 2024

10 anni di questo blog

A maggio questo blog ha raggiunto il decimo anno di attività, sono passati velocemente neanche me ne sono accorto. Da poche decine di visualizzazioni oggi siamo a quasi 1000 al mese, non è tantissimo ma sono soddisfatto. I lettori per meno di un quarto sono italiani il resto da tutto il mondo: Stati Uniti, Europa ma anche dall'est, Singapore e Hong Kong ad esempio. Credo che dietro alcuni accessi ci siano delle macchine ma spero anche molti umani. Continuerò a pubblicare recensioni dei libri che ritengo interessanti, sempre meno purtroppo, o articoli o le mie impressioni su alcuni fatti. Spero che i lettori apprezzino questo blog, molto artigianale, se vi piace fatemelo sapere con qualche commento. Grazie a chi mi legge.

domenica 22 settembre 2024

Il rapporto Draghi sulla futura competitività europea

 Il rapporto Draghi sulla competività europea consta di due parti, la prima è una sintesi (parte A)  di 65 pagine, la seconda contiene il dettaglio delle azioni da intraprendere di oltre 300 pagine. Io ho letto la sintesi e di seguito ne riporto i punti salienti e alcune considerazioni anche perchè se ne parla ma pochi lo hanno letto.

Il rapporto parte con una visione della situazione attuale dell'Europa. L' Unione Europea è un insieme di nazioni che rappresenta il 17% del PIL mondiale, quindi con risultati economici e standard di vita elevati ma soffre di una crescita economica lenta e inferiore a USA e Cina dovuta a una produttività debole. Anche la situazione geopolitica è molto cambiata rispetto al passato con una situazione diversa del commercio, della energia e della difesa. 

L'EU deve recuperare produttività: accelerando la innovazione, mantere bassi i costi energetici continuanando a decarbonizzare, ridurre la dipendenza nei fattori strategici in un contesto geopolitico meno stabile. L' Europa soffre di una mancanza di coordinamento nelle politiche industriali. Il report quindi propone una nuova stategia industriale che chiuda il gap di innovazione accelerando la innovazione scientifica e tecnologica rimuovendo le barriere che prevengono la crescita delle industrie innovative.

Il primo blocco della strategia è la implementazione di un  Mercato Unico (Single Market), il secondo blocco sono le politiche industriali, per la competizione e il commercio, il terzo blocco è finanziare le principali aree di azione che richiede massicci investimenti, l'ultimo blocco è riformare la governance dell EU; infatti il metodo comunitario è nato quando la Unione era più piccola, oggi invece si richiede una efficiente politica coordinata per raggiungere obiettivi comuni. Importante, sottolinea il report, è non peggiorare il modello sociale europeo, la crescita della produttività e la inclusione sociale devono andare di pari passo. L'EU deve mantenere inoltre la coesione politica e imparare dagli errori fatti durante la iper-globalizzazione. Lo Stato deve essere visto dalla parte di cittadini e che aiuta questi a migliorarsi.

L'era del commercio aperto globale governato da istituzioni sembra passato e la EU dve adattarsi alla nuova realtà.

Il driver fondamentale che ha aumentato il gap di  produttività è la tecnologia digitale. L'Europa su alcuni settori digitali ha perso il treno ma può ancora salire sul carro delle nuove onde di innovazione digitale. In primo luogo occorre integrare verticalmente l'AI nella industria europea. Su questo bisogna porre attenzione ai rischi dell' AI sul modello sociale.

La struttura industriale dell'Europa è rimasta statica e gli investimenti sono rimasti concentrati su tecnologie mature. Il supporto del settore pubblico per la  Ricerca e Innovazione (RI) è in Europa insuffciente. Non ci sono abbastanza istituzioni accademiche che raggiungono livelli elevati di eccellenza e il passaggio dalla innovazione alla commercializzazione è debole.  La spesa di RI pubblica è insufficientemente focalizzata sulla innovazione dirompente, inoltre solo un decimo della spesa è a livello europeo. Abbiamo poi un mercato dei capitali piccolo  e un settore di Venture Capital (VC) poco sviluppato. Le barriere regolatorie limitano la crescita con complesse e costose procedure frammentate nei sistemi nazionali. La mancanza di un Single Market  impedisce alle imprese di aver dimensione sufficiente per adotatre le tecnologie avanzate. Una delle ragioni del basso tasso di investimenti è la presenza in Europa di in mercato frammentato. Abbiamo quindi bisogno di piccolo numero di priorità condivise e una parte incrementale di budget deve essere allocato sulle innovazioni distruttive. Inoltre, serve un migliore coordinamento della spesa pubblica in RI tra gli Stati membri. L'Europa deve rendere piu semplice per gli inventori diventare investitori e deve diventare attrattiva per gli inventori, dare alle start up la opportunità di adottare un nuovo vasto statuto legale europeo. Ancora c'è da  sviluppare un ecosistema finanziario all'interno dell'EU piuttosto che le industrie vengano finanziate dell'estero.

Per quanto rigurada la AI l'EU deve incrementare la capacità computazionale e rendere disponibile la sua rete di computers ad alte performance (federated AI model), promuovere il coordinaento tra le industrie e la condivisione di dati per accelerare la integrazione dell'AI nell'industria europea. Si rende necessario anche consolidare gli operatori TLC definendo un mercato delle TLC a livello europeo.

Abbiamo un problema di risorse e skill, vi è difficolta' nel trovare impegati con skill adeguati, anche a livello manageriale, con un sottoutilizzo dei talenti esistenti. La offerta di laureati STEM è limitatata come pure vi è un drenaggio di cervelli oltreoceano. Tutto ciò è dovuto a un declino nella formazione e nel training non adatti a formare una forza lavoro per il cambiamento tecnologico. Si deve quindi rafforzare i sistemi di intelligence usando maggiormente i dati per capire ed agire sugli skill esistenti, serve un sistema comune di certiificazione, l'EU deve diventare attrattiva per i talenti esterni. 

I costi dell'energia sono troppo alti e un ostacolo alla crescita. Serve un significativo incremento nella generazione e nella capacità di rete.  Le sorgenti di energia pulita a minori costi marginali sono rinnovabili e nucleare. Bisogna compiere scelte fondamentali nel perseguire la decarbonizzazione mantenendo la posizione competitiva delle industrie, catturando le opportunità industriali che pone  la transizione verde. L'europa manca di risorse naturali ma non ha usato bene il suo potenziale potere contrattuale collettivo. Le regole di mercato nel settore energetico non disaccoppiano completameente il prezzo di rinnovabili e nucleare dai prezzi, molto volatili, dei combustibili fossili. Vi è anche una serie di  processi incerti e lenti  per le nuove fonti energetiche che rappresentano un ostacolo alla installazione di nuove capacità. Sebbene la Europa sia leader  nelle tecnologie pulite presenta una debolezza nel suo ecosistema, il suo poteziale di innovazione non si traduce in una superiorità della manifattura, manca una strategia industriale.  Il supporto pubblico nello sviluppo delle batterie è un fattore chiave nel rafforzare la posizione europea.

Il trasporto pesa per un quarto sulle emissione di gas a effetto serra. Una mobilità sostenibile richiede un approccio integrato verso reti di energia, cambiamento  degli standard delle infrastrutture, maggior standardizzazione  della manifattira sulle TLC, fondamentalemente abbiamo una mancanza di coordinazione e di interoperabilità dell infrastrutture. 

Il settore automobilistico è un chiaro esempio di una mancanza di pianificazione europea, si è applicata una politica climatica senza una politica indistriale. Per abbssare i costi energetici servono delle partnership di lungo termine con partner affidabili commerciali, riducendo anche la volatilità assicurando una supervisione integrata dei mercati dell'energia e i suoi mercati derivati. Serve un focus collettivo sulle reti energetiche, riducendo anche i ritardi nei permessi.  Una unione energetica dovrebbe assicurare che le funzioni di mercato fondamentali per un mercato integrato siano a livello centralizzato. Inoltre, il sistema di scambio delle quote di emissione (ETS) dovrebbe essere usato per supportare la decarbonizzazione del settore dei trasporti. In particolare serve un piano d'azione industriale per il settore automobilistico, bisogna sviluppare una roadamap industriale per una convergenza orizzontale (es. elettrificazione) e verticale (es. batterie), serve una collaborazione di scala, di standardizzazione.

L'Europa ha dipendenze estere eccessive per quanto riguradi i materiali e le tecnologie avanzate. Anche la industria della difesa richiede massivi investimenti per recuperare il gap con altre potenze. Serve rafforzare la catena di fornitura dei semiconduttori. Serve dunque cooperazione a livello europeo. E' necessaria, quindi, uan politica estera per mettere al sicuro le risorse critiche, accelerando la apertura di miniere locali, accelerando i permessi, migliorando il riciclo. Lanciare una comune strategia per i semiconduttori, finanziando la ricerca in innovazione, incecentivi fiscali alla Ricerca e Sviluppo, coordinando gli sforzi con un budget centrale dedicato. Anche se nella difesa i prodotti EU sono tecnologicamente avanzate soffriamo per una minore domanda e dobbiamo focalizzare la spesa sulla innovazione, ridurre la frammentazione delle industrie anche tramite standardizzazione e interoperabilità. Anche lo spazio soffre di un gap di investimenti rispetto ai competitors, dobbiamo creare un mercato unco per lo spazio.

Si richiede per raggiungere gli obiettivi delineati un massiccio piano di investimenti di 750/800 milioni di euro annui. Le risorse devono venire dal settore privato ma necessitano anche di un supporto finanziario pubblico. Inoltre, i mercati dei capitali sono frammentati, siamo troppo dipendenti dal finanziamento bancario  che non è adatto per finanziare la innovazione. Il budget del'EU è troppo piccolo e non è allocato sulle priorità strategiche. Non si puo rinunciare a un "safe asset" comune, che creerebbe un collaterale sicuro per molte attività che creerebbe anche un grande mercato liquido per investitori internazionali. Una struttura di budget piu forte garantirebbe anche una scala sufficiente per supportare progetti strategici, inoltre potrebbe supportare e creare maggior leva per gli investimenti privati. Strumenti di emissioni comuni sono utili  per finanziare progetti di investimento di lungo termine focalizzati sulla innovazione e l'aumento della produttività.

Infine c'è il tema della governance europea che richiede grossi cambiamenti, anche perchè i veti incrociati riducono e ritardano le azioni. E' necessario sostituire alcuni strumenti di coordinamento che si sovrappongono, deve emergere un nuova stuttura di coordinamento. La Commissione Europea deve avere un mandato per azioni orizzontali ed avere competenze esclusive. Le risorse dell'EU devono focalizzarsi nel finanziare i beni pubblici che sono critici. Il voto a maggioranza qualificata dovrebbe essere esteso a molte aree applicando anche un approccio differenziato alla integrazione. Bisogna semplificare le regole, la quantita' di regole rimane troppo grande e crescono nuove regolazioni. Manca un approccio quantitativo per analizzare i costi e benefici delle nuove leggi. Le regole inoltre pongono un peso eccessivo sulle piccole e medie industrie. Servirebbe,  infine, un commissario alla semplificazione, per ridurre le sovrapposizioni e inconsistenze nella legislazione.

Come si vede gia dalla sintesi si tratta di un report complesso che affronta molti temi e illustra tutta una serie di azioni che poi vengono maggiormente evidenziate nella seconda parte. Per quanto riguarda il focus sulla innovazione tecnologica non mi sorprende, e neanche chi legge questo blog, la innovazione tecnologica da Schumpeter in poi (vedi qui) è sempre stato indicato come un fattore di crescita essenziale, vedi anche Solow. Certo anche quello che dice Draghi sulla necessità di una maggiore integrazione, di un maggior coordinamento e, soprattutto, grazie anche a una serie di politiche  industriali comuni non è nuovo, vedi ad esempio nel blog le recensioni dei libri di Rodrik. In ogni caso è un inversione a quasi 180° gradi rispetto alle politiche adesso adotatte dall EU, dove spesso si è difesa la concorrenza anche a scapito di integrazioni industriali. C'è poi il tema del budget comune e del suo finanziamento tramite emissioni di titoli di debito che costituirebbero un safe asset, anche su questo ne abbiamo parlato spesso, avere una moneta comune e non sfruttarla è un idiozia che molti economisti hanno denunciato da sempre. Infine, c'è il tema della governance europea, anche su questo in questo blog abbiamo evidenziato che questo stato di cose nella UE non può funzionare, la integrazione differenziata è necessaria, ovvero che la UE deve partire da un nucleo piu ridotto e coeso di paesi se si vuole attuare un piano per la ripresa della crescita.  Infine,  è solo accennato nel report il fatto di mantenere il modello sociale europeo pur spingendo verso la crescita. Questo approccio rischia di rendere il rapporto molto tecnocratico, indubbiamente con evidenza di criticità, ma il problema in Europa è anche la tenuta democratica. Troppi cittadini si sentono traditi da un progetto europeo che, in molti casi, non ha portato a dei miglioramenti per grossi segmenti della popolazione, questo risentimento, a volte esagerato perchè  spinto a dai movimenti politici estremi e populisti che ne traggono  vantaggio, esiste e bisogna tenerne conto se si vuole rifondare la UE. Deve essere ristabilita la fiducia nei cittadini nelle istituzioni europee se si vuole attuare un piano che abbia successo,  questo significa che bisogna aumentare la democraticità dei processi decisionali in Europa, cioè avere un almeno vero ed effettivo parlamento europeo espressione della volontà popolare. 

Questo report è comunque un buon lavoro che va rispettato, si può criticare in parte ma è un buon punto di partenza per una discussione su quale futuro vogliamo per l'UE. Detto ciò le condizioni politiche e istituzionali perchè venga veramente preso in considerazione non ci sono. Le sue indicazioni sono spesso in contrasto con quanto finora adottato dall'UE, basti pensare solo al patto di stabilità o alle forti contarietà della Germania a qualsiasi proposta di debito comune. Inoltre, proprio Germania e Francia, i principali attori europei, sono profondamente in crisi politica per la crescita delle destre alle elezioni. Anche il nostro governo in alcune sue componenti penso non sia proprio favorevole alle indicazioni di Draghi che comunque prevedono una diminuzione delle sovranità nazionali. 

Quindi Draghi si è tolto molti sassolini dalle scarpe in questo report, dovremmo tenerne conto e farne tesoro per molti aspetti, purtroppo rimarrà un bel esercizio di razionalità che non troverà applicazione, questo sarà forse il de profundis della UE.

venerdì 6 settembre 2024

Dan Davies-The Unaccontability Machine- Why Big Systems Make terrible Decisons - And How The Wordl Lost ItsMind

 Il libro che recensico oggi è un libro particolare di Dan Davies, che  è uno scrittore/attore/produttore pluripremiato e di fama internazionale, autore di vari libri di cui questo è l'ultimo. Il tema sono, come da sottotitolo, i sistemi complessi e le diffcoltà a gestirli.

Il libro si apre con una dissertazione sulla responsabilità (accountability) per cui la crisi odierna della politica e del management è una crisi di responsabilità. La prima legge della responsabilità è per l'autore: la misura in cui si è in grado di cambiare una decisione è la misura per cui si può essere ritenuto responsabile e viceversa. Riducendo l'abilità di prendere decisioni come individui, la classe manageriale e professionale ha cementato il controllo sul sistema. Pertanto, a meno che non vengano prese misure consapevoli per impedirlo, qualsiasi organizzazione, in una moderna società industriale, tenderà a ristrutturarsi in modo da ridurre la quantità di responsabilità personale attribuibile alle sue azioni. Questa tendenza continuerà fino a quando non si verificherà una crisi (principio della diminuizione di responsabilità). Da cui segue la definizione di "pozzo della responsabilità" (accountability sink): è un sistema che è pensato per fornire decisioni che non sono attribuibili a una persona identificabile e che non sono modificabili in risposta al feedback di coloro che ne sono interessati. 

Segue poi una parte relativa alla cibernetica e ad uno dei suoi fondatori: Stafford Beer. Un sistema complesso è quello in cui non puoi sperare di ottenere informazioni complete o perfette sulla struttura interna.  La cibernetica è lo studio del controllo dei sistemi, i costituenti dei sistemi cibernetici devono essere visti quindi come scatole nere, per cui per capire un sistema tutto ciò che si può fare è osservarne il comportamento, e tutto ciò che si può imparare da ciò è tutto ciò che c'è da sapere su di esso, lo scopo del sistema è cio che fa.

I sistemi non hanno desideri interiori, quindi non fanno le cose intenzionalmente. Il problema dei sistemi complessi è che la combinazione di più cose tende a moltiplicarsi piuttosto che addizionarsi. Un dato sistema ha il potenziale per raggiungere la stabilità solo se ogni fonte di variabilità dall'ambiente è accompagnata da una fonte uguale o maggiore di varietà nel sistema di regolamentazione. Quando ci troviamo di fronte a flussi di informazioni ingestibili nelle organizzazioni possiamo creare sistemi che regolano la varietà in arrivo, operando il più possibile attraverso catene di causa ed effetto piuttosto che attraverso singoli manager che devono prendere decisioni; inoltre è necessario assicurarsi che il regolatore possa disporre delle informazioni più velocemente di quanto il sistema possa generare varietà e rispondere rapidamente.

Vengono poi descritti i principali componenti di un sistema cibernetico: il sistema 1 è quello che opera nel mondo reale ovvero la parte operativa. Il sistema 2 è quello che gestisce le regole per la condivisione e programmazione. Il sistema 3, ottimizzazione e integrazione,  è quella parte del sistema che dirige la gestione di ogni singola operazione al fine di coordinare le loro attività verso uno scopo particolare, questo è il livello a cui si inizia a vedere il management, la differenza è che il Sistema 2 riguarda la prevenzione degli scontri e la gestione dei conflitti, mentre il Sistema 3 si occupa di raggiungere uno scopo. Il sistema 2 ha lo scopo di assorbire la varietà di interazioni tra le operazioni,  il sistema 3 deve essere  sufficientemente ampio per trattare questa varietà. Il sistema 4, ovvero la funzione di intelligenza e politica, ha lo scopo di indirizzare il sistema 3 affinchè possa riorganizzarsi per affrontare i cambiamenti, cioè di assicurare che tutto funzioni anche in caso di cambiamenti strutturali. Infine, abbiamo il sistema 5, cosidetto di filosofia o identità; avere una identità coerente e costante è un modo efficace di ridurre la varietà con cui bisogna trattare perchè significa che molte possibilità possono essere ignorate. 

La capacità di tradurre le informazioni in azioni è la parte più cruciale, nel sistema complesso abbiamo  dei collegamenti tra le parti di un sistema in grado di assorbire la varietà dell'altra, ma vi è la necessità  di un collegamento tra questo tipo di visione, incentrata sulle informazioni di un'organizzazione, e ciò che effettivamente fa. Ogni canale di comunicazione tra sistemi non solo deve avere una larghezza di banda sufficiente per trasportare la varietà che deve trasmettere, ma deve anche essere dotato di una capacità di traduzione sufficiente per garantire che il segnale venga compreso.

In sintesi per la cibernetica: ci sono cinque funzioni fondamentali e se una di queste manca o non ha risorse sufficienti, il flusso di informazioni non sarà bilanciato dalla capacità di elaborarla. Le informazioni contano solo se vengono fornite in una forma in cui possono essere tradotte in azioni, e questo significa che devono arrivare abbastanza rapidamente. I sistemi preservano la loro vitalità affrontando i problemi il più possibile allo stesso livello in cui arrivano, ma devono anche avere canali di comunicazione che attraversino più livelli di gestione, per gestire grandi shock che richiedono un cambiamento immediato.

Segue poi una critica agli economisti e alla disciplina della economia. In particolare gli economisti creano dei modelli caratteristici dell'economia eliminando quasi tutta la complessità;  fanno un sacco di ipotesi semplificatrici, spesso discutibili in termini di rilevanza empirica; agiscono come se le loro conclusioni fossero  dimostrate nel mondo reale, ed è un aspetto molto problematico quello di dedurre fatti da un modello, poco realistico, e poi applicarlo al mondo reale. In questo modo hanno sviluppato un metodo per ridurre la varietà del mondo reale ma così si perdono moltissime informazioni, da un punto di vista cibernetico un modello economico è un sistema dal quale sono state eliminate molte informazioni. Esiste poi il cosiddetto Vizio Ricardiano ovvero la pratica di risolvere il modello prima di aver applicato le soluzioni alla vita reale, ciò che lo rende un vizio è quindi la sua tendenza a dimostrare le cose in un modello stilizzato, e poi agire come se fossero verità ovvie del mondo reale. Il grande punto cieco dell'economia è che gli economisti hanno dedicato così tanto tempo alle loro questioni generali di ottimizzazione e scarsità, prezzo e quantità, che sembrano dimenticare che c'è molto di più nella gestione di un'azienda, per non parlare di un'intera società. Un altra critica si rivolge ai sistemi di contabilità che sono spesso fuorvianti per il management, perchè considerare un costo fisso o variabile è piuttosto una decisione strategica e qualunque costo può essere considerato variabile se ristrutturi il tuo business. Inoltre, il problema principale dei sistemi di management delle organizzazioni è che queste sono divenute sempre più complicate ad una velocità che i managers non riescono a gestire. In conclusione i punti ciechi dell'economia e i punti ciechi del management lavorano insieme per produrre un modello del mondo che tende ad allontanarsi dalla realtà e produrre cattive decisioni. 

Le critiche dell'autore si rivolgono poi a Friedman e alla sua teoria della massimizzazione del valore per gli azionisti, cioè i manager sono agenti per conto  dei proprietari-azionisti e doveno agire nell'interesse esclusivo di questi ultimi. Inoltre, si scaglia contro la moda del leveraged buyout, dove il debito diventa una strumento di controllo, e che tanti danni ha fatto alle imprese e ai lavoratori. Critica anche le forme assunte dal management, iper pagato, dove si sono cercati di abbattere i costi diminuendo il personale e il middle management, così riducendo le capacità cognitive delle organizzazioni.

 Il problema di base è che i sistemi in generale hanno bisogno di meccanismi per riorganizzarsi quando la complessità del loro ambiente diventa troppo difficile da sostenere, ma i sistemi di governo di alto livello del mondo industriale (politica economica e gestione aziendale) hanno mostrato  alcuni difetti e punti ciechi che hanno impedito che ciò accadesse. Nell'ambito delle politica il popolo dovrebbe essere considerato una entità di decisione collettiva e, quindi, il canale di comunicazione con la popolazione deve rimanere aperto per consentire a questo di esprimere la propria visione. Il meccanismo di comunicazione del popolo è la protesta o malcontento, mentre le elezioni sono diventate una corsa in cui il potere esecutivo diventa il prezzo, pertanto una società liberale dovrebbe poter rispondere al disagio di massa piuttosto che al suo contenuto. La natura della crisi è che non è una crisi in sé, piuttosto è il modo in cui il sistema raggiunge la stabilità. Il mondo diventerà sempre  più complesso, ciò significa che devono essere costruiti sistemi che assorbano la volatilità e la varietà ai livelli appropriati. Quindi è necessario ristabilire il canale di comunicazione con il popolo forzando le classi dirigenti ad ascoltarlo. Il popolo ha lanciato un allarme, dobbiamo trovare un nuovo principio organizzativo. La cibernetica gestionale, sfortunatamente, non fornisce alcun indizio su come si potrebbe ottenere un cambiamento sociale così profondo, quello che l'autore auspica è che si presti pià attenzione ai meccanismi di "allarme maniglia rossa" che indicano un risultato insopportabile per le persone.

Dalla lunga recensione e dai suoi contenuti si capisce che è un libro che affronta molti argomenti, alcuni complessi, ma l'autore è molto bravo a rendere cose difficili in maniera gradevole da leggere e comprensibili che rende il libro molto leggibile, pertanto è un libro molto interessante e di cui suggerisco calorsamente la lettura.

In merito ai contenuti, le critiche alle economia e a certe degenerzioni nelle imprese sono stati più volte affrontati in questo blog da vari autori, però l'approccio sistemico e il ricorso alla cibenetica è senza dubbio nuovo, interessante e probabilmente convincente. L'autore però non da molte soluzioni nel finale oltre alle critiche al modo di fare economia e alle storture del management. 

Che il mondo sia estremamente complesso l'ho più volte dichiarato nei  miei post e che questo richieda èlite preparate, idee e modalità nuove, anche  in democrazia. Sono d'accordo che il popolo va ascoltato e il populismo non è altro che una reazione al mancato ascolto. Sono anche d'accordo che non ci sono soluzioni semplici, abbiamo soprattutto  bisogno di modalità organizzative nuove, dobbiamo velocemente abbandonare certe storture ideologiche del liberismo sul mercato che sono servite solo a far arrichire sempre di più i ricchi, per sostituirle con una visione dove conti di più la dimensione sociale e una maggiore etica senza ricadere in vetuste idee di utopie irrealizabili.


sabato 1 giugno 2024

Dichiarazione di Berlino Forum for a New Economy

 Pubblico la dichiarazione integrale, firmata da noti economisti, al vertice di Berlino del Forum  for a New Economy, che rappresenta bene le azioni da predisporre per recuperare la democrazia e sconfiggere i populismi.

La dichiarazione del vertice di Berlino –

Riconquistare il popolo​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​

PUBBLICATO

29 MAGGIO 2024

Le democrazie liberali si trovano oggi ad affrontare un’ondata di sfiducia popolare nella loro capacità di servire la maggioranza dei cittadini e di risolvere le molteplici crisi che minacciano il nostro futuro. Ciò minaccia di condurci in un mondo di pericolose politiche populiste che sfruttano la rabbia senza affrontare i rischi reali, che vanno dal cambiamento climatico alle disuguaglianze insopportabili, o ai grandi conflitti globali. Per evitare gravi danni all’umanità e al pianeta, dobbiamo urgentemente individuare le cause profonde del risentimento delle persone.

Oggi esistono ampie prove del fatto che questa sfiducia non è solo, ma in larga misura, guidata dall’esperienza ampiamente condivisa di una perdita reale o percepita di controllo sui propri mezzi di sussistenza e sulla traiettoria dei cambiamenti sociali. Questo senso di impotenza è stato innescato dagli shock derivanti dalla globalizzazione e dai cambiamenti tecnologici, ora amplificati dal cambiamento climatico, dall’intelligenza artificiale e dallo shock inflazionistico. Inoltre, decenni di globalizzazione mal gestita, di eccessiva fiducia nell’autoregolamentazione dei mercati e di austerità hanno indebolito la capacità dei governi di rispondere in modo efficace a tali crisi.

Riconquistare la fiducia della gente significa ricostruire queste capacità. Non pretendiamo di avere risposte definitive. Tuttavia, sembra fondamentale riprogettare o rafforzare le politiche sulla base di alcune delle lezioni fondamentali che possiamo trarre da ciò che ha causato tali livelli di sfiducia. Questi suggeriscono che dobbiamo:

riorientare le nostre politiche e istituzioni puntando soprattutto sull’efficienza economica per concentrarci sulla creazione di prosperità condivisa e sulla sicurezza di posti di lavoro di qualità;

sviluppare politiche industriali per affrontare in modo proattivo le imminenti perturbazioni regionali sostenendo nuove industrie e indirizzando l’innovazione verso la creazione di ricchezza per i molti;

assicurarsi che la strategia industriale consista meno nell’erogazione di sussidi e prestiti ai settori affinché restino in piedi e più nell’aiutare coloro che investono e innovano verso il raggiungimento di obiettivi come lo zero netto;

  • progettare una forma più sana di globalizzazione che bilanci i vantaggi del libero scambio con la necessità di proteggere i più vulnerabili e coordinare le politiche climatiche, consentendo al tempo stesso il controllo nazionale su interessi strategici cruciali;
  • affrontare le disuguaglianze di reddito e di ricchezza che sono rafforzate dall’eredità e dall’automatismo del mercato finanziario, sia rafforzando il potere dei mal retribuiti, tassando adeguatamente i redditi e la ricchezza elevati, sia garantendo condizioni iniziali meno diseguali attraverso strumenti come l’eredità sociale;
  • riprogettare le politiche climatiche combinando prezzi ragionevoli del carbonio con forti incentivi positivi per ridurre le emissioni di carbonio e ambiziosi investimenti infrastrutturali;
  • garantire che i paesi in via di sviluppo dispongano delle risorse finanziarie e tecnologiche di cui hanno bisogno per intraprendere la transizione climatica e le misure di mitigazione e adattamento senza compromettere le loro prospettive;
  • stabilire in generale un nuovo equilibrio tra mercati e azione collettiva, evitando l’austerità autodistruttiva e investendo in uno Stato innovativo ed efficace;
  • ridurre il potere di mercato nei mercati altamente concentrati.

Stiamo vivendo un periodo critico. I mercati da soli non fermeranno il cambiamento climatico né porteranno a una distribuzione meno iniqua della ricchezza. Il trickle-down è fallito. Ci troviamo ora di fronte a una scelta tra una reazione protezionistica conflittuale e una nuova serie di politiche che rispondano alle preoccupazioni delle persone. Esiste un intero corpus di ricerche innovative su come progettare nuove politiche industriali, buoni posti di lavoro, una migliore governance globale e politiche climatiche moderne per tutti. Ora è fondamentale svilupparli ulteriormente e metterli in pratica. Ciò che serve è un nuovo consenso politico che affronti le cause profonde della sfiducia delle persone invece di concentrarsi semplicemente sui sintomi, per non cadere nella trappola dei populisti che fingono di avere risposte semplici.

Poiché il pericolo di conflitti armati in tutto il mondo è aumentato a causa di interessi geopolitici divergenti, le democrazie liberali dovranno, come prerequisito, dimostrare la loro capacità sia di difendere i propri valori sia di disinnescare le ostilità dirette, aprendo infine la strada verso una pace sostenibile, oltre a diminuire le tensioni tra Stati Uniti e Cina.

Qualsiasi tentativo di riportare durevolmente i cittadini e i loro governi al posto di guida ha il potenziale non solo di promuovere il benessere di molti. Contribuirà a promuovere ancora una volta la fiducia nella capacità delle nostre società di risolvere le crisi e garantire un futuro migliore. Abbiamo bisogno di un’agenda che permetta alla gente di riconquistare la gente. Non c'è tempo da perdere.

Maggio 2024

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Firmatari [163 al 31 maggio 2024]

Dani Rodrik, Harvard UniversityBranko Milanovic, City University New YorkMariana Mazzucato, University College LondonAdam Tooze, Columbia UniversityLaura Tyson, UC BerkeleyThomas Piketty, EHESSGabriel Zucman, UC BerkeleyJens Südekum, Heinrich Heine University DüsseldorfIsabella Weber, University of Massachusetts AmherstOlivier Blanchard, PIIEMark Blyth, Brown UniversityCatherine Fieschi, Istituto universitario europeoXavier Ragot, OFCEDaniela Schwarzer, Bertelsmann StiftungJean Pisani-Ferry, Sciences Po/Bruegel/PIIEBarry Eichengreen, UC BerkeleyLaurence Tubiana, Fondazione europea per il climaPascal Lamy, Institut Jacques DelorsAnn Pettifor, Prime EconomicsMaja Göpel, Mission WertvollStormy-Annika Mildner, Aspen Institute BerlinKatharina Pistor, Columbia UniversityThomas Fricke, Forum New EconomyAchim Truger, Consiglio di esperti per la valutazione dello sviluppo economico complessivoAnatole Kaletsky, Gavekal ResearchAndrew Watt, IMKAnke Hassel, Hertie SchoolAnne-Laure Delatte, Université Paris-DauphineAntonella Stirati, Università di Roma TreBarbara Praetorius, HTW BerlinBettina Kohlrausch, Istituto di ricerca economica e socialeBill Janeway, Cambridge UniversityChristian Breuer, Advisory Council for la valutazione dello sviluppo economico complessivoChristian Kastrop, Global Solutions InitiativeDalia Marin, Politecnico di MonacoDirk Ehnts, Torrens UniversityDorothea Schäfer, DIW BerlinEric Lonergan, autore/economistaEric Monnet, EHESSFrancesca Bria, Fondo nazionale italiano per l'innovazioneGerhard Schick, Cittadini ' Movimento Transizione finanziariaHelene Schuberth, Confederazione sindacale austriacaHenning Vöpel , Centro per la politica europeaJay Pocklington, INETJérôme Creel, OFCEJonas Meckling, Università della California, BerkeleyMartyna Linartas, inequality.infoMichael Jacobs, Università di SheffieldPeter Bofinger, Università di WürzburgPrakash Loungani, Johns Hopkins UniversityRichard McGahey, Schwartz Center for Economic Policy AnalysisRobert Gold, IfW KielRobert Johnson, INETRohan Sandhu, Harvard UniversitySander Tordoir, CERSebastian Dullien, IMKShahin Vallée, DGAPStephen Kinsella, University of LimerickTeresa Ghilarducci, La nuova scuolaThomas Biebricher, Università Goethe di FrancoforteTrevor Sutton, Centro per il progresso americano.

venerdì 31 maggio 2024

Elizabeth Popp Berman- Thinking like an Economist: How Efficiency Replaced Equality in U.S. Public Policy

 Elizabeth Popp Berman, sociologa, è direttrice e professoressa di studi organizzativi presso l'Università del Michigan ed è l'autore di questo libro. Il tema che viene sviluppato nel libro è la storia di come il modo di pensare in stile economico sia divenuto sempre più dominante all'interno delle istituzioni degli Stati Uniti.

La storia della introduzione del modo di pensare economico nelle istituzioni si può far risalire inizialmente al cosiddetto "istituzionalismo", anni '30, che iniziò ad introdurre una varietà di uffici governativi nei quali gli economisti avevano un ruolo siglificativo. Il secondo passo fu la creazione dopo la guerra del Comitato dei consiglieri economici presso la Casa Bianca. Un ulteriore significativo avvenimento fu l'utilizzo della  Rand corporation da parte della Aviazione degli Stati Uniti per analisi sul sistema di difesa aereo tramite la System analysis. La nomina di Mac Namara come Segretario della Difesa, con l'amministrazione Kenendy, fu un ulteriore tassello per il rafforzamento dell'approccio della System AnalysisA questo seguì l'adozione, con alterne fortune, dei sistemi di programmazione e pianificazione economica (PPBS) nelle agenzie governative.

 Nonostante la Great Society di Johnson avesse dei valori in conflitto con la visione economicista questa facilitò la rapida diffusione dello stile economico nel governo federale e l'efficienza divenne un fine centrale di politica sociale. Inizialmente ci fu una certa continuità nell'uso dello stile economico nell'amministrazione Nixon, anche se i conservatori tendevano ad usare lo stile economico per raggiungere obiettivi macroeconomici.

L'approccio economico per quanto si presentasse come neutrale in realtà venne in conflitto con approcci diversi alla politica sociale. Lo stile economico e la centralità della efficenza si espanse anche nel ambito della legislazione riguardante l'antitrust e divenne quindi anche un riferimento per il quadro normativo legale. Anche con l'amministrazione Carter la efficienza e lo stile economico rimasero al centro delle politiche sociali e antitrust. Un altro ambito dove si diffuse l'approccio economicista, cambiando completamente la legislazione, fu quello dei trasporti e delle telecomunicazioni dove si diffuse la deregolamentazione. 

Con la presidenza Regan l'atteggiamento cambiò ancora, in realtà questa amministrazione non era interessata all'aspetto scientifico, piuttosto sfruttava le agenzie governative per giustificare i suoi programmi governativi. Di fatto ci fù una massiccia riduzione dei budget per gli uffici governativi che rimasero con poche risorse per le ricerche di politiche sociali. L'obiettivo di Regan era rimuovere le restrizioni governative alle aziende, e il ragionamento economico era solo un mezzo per raggiungere i suoi obiettivi politici, in questo fu essenziale la crescita di importanza e di rasppresentanza nelle istituzioni della Scuola di Chicago.

L'obiettivo iniziale degli economisti era quello di usare il regionamento economico per migliorare l'azione di governo; ma una volta che tale stile divenne maggioritario andava in contrasto con i valori puramante morali e di principio, riducendo lo spazio per approcci alternativi. Da un punto di vista politico l'adozione da parte dei Democratici del pensiero economicista ha ridotto lo spazio per politiche sociali più coraggiose nella sanità e nella tutela ambientale in particolare, anche se dopo il 2008 la sinistra del partito democratico ha riabbracciato politiche che sono al di fuori dello stile economico. Nelle conclusioni l'autrice afferma che anche se lo stile economico va incoraggiato è necessario costruire un quadro intellettuale che vada oltre l'approccio economico, e che metta al centro valori come l'uguaglianza, giustizia razziale, diritti e comunità.

Il tema del libro è senz'altro interessante, svolto con grande dovizia di particolari e ricostruzioni storiche dettagliate. Detto ciò, il fatto che si addentri in tutta una serie di nomi, sigle di amministrazioni statunitensi finisce per essere dispersivo e piuttosto faticoso da seguire. Più che un libro dedicato al grande pubblico pare un ottimo studio per addetti ai lavori, pertanto lo consiglio solo a chi è vermente interessato all'argomento e alla storia degli Stati Uniti.