domenica 20 luglio 2025

Ma come abbiamo fatto a ridurci cosi?

 Riflettendo su come stanno andando le cose in giro per il mondo rimango sconcertato da come sia possibile che, nel XXI secolo con alle spalle secoli di progresso scientifico, tecnologico e in generale di conoscenza in tutti i campi, si dia credito a persone così poco preparate, che spesso mentono e  prendono decisioni importanti sulla base di scelte istintive e poco ragionate. Non c'è dubbio che abbiamo fatto passi da gigante nella scienza,  anche se molte cose non le capiamo. La scienza avanza per tentativi ed errori e le conoscenze non sono mai definitive  ma certo molte cose le sappiamo con ragionevole certezza.

In economia, branca che ho molto studiato recentemente, molti passi sono stati fatti anche se qui le certezze sono minori e le cosiddette leggi economiche sono solo parzialmente e contestualmente valide (Rodrik). In questo campo comunque ci sono cose su cui c'è una certa convergenza anche se le visioni rimangono differenti. Sappiamo, ad esempio, che il progresso è dovuto alla ricerca scientifica e alla applicazione delle innovazioni tecnologiche e di processo (Solow, Perez) . Il grande aumento della crescita è della produttività si è avuto a partire dalla fine del 1700 in avanti per effetto delle rivoluzioni tecnologiche. Inoltre una cosa che mi sento di sostenere e' che la crescita economica si realizza, e che si trasforma in sviluppo concetto più ampio, quando vi è un miglioramento delle istituzioni che creano le condizioni per una crescita più equilibrata e in qualche modo inclusiva e direi più democratica (Acemoglu). Sistemi poco democratici e dittatoriali hanno mostrato nel lungo periodo di essere meno efficienti, vedi URSS ma anche i sistemi dittatoriali in genere.

Il sistema capitalistico ha mostrato le sue potenzialità nel favorire la crescita ma, se non controllato, finisce per creare diseguaglianze eccessive che non sono né giuste né efficienti, inoltre porta allo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali come stiamo assistendo da tempo. Abbiamo bisogno di istituzioni finanziarie e monetarie che funzionino, anche qui le esperienze passate ci hanno mostrato che la finanza lasciata a sé stessa crea spesso disastri e che un prestatore di ultima istanza è necessario come pure l'intervento dello Stato per attenuare le crisi e favorirne la uscita (Kildenberger, Tooze).

Potrei aggiungere molto altro ma ciò basta a capire che abbiamo strumenti, ancorchè imperfetti, che ci possono aiutare a costruire società che funzionano meglio, siano più inclusive, distribuiscano meglio le risorse e non mettano in pericolo la sopravvivenza della umanità. Nonostante tutto ciò negli ultimi anni stiamo assistendo a una crescita dei populismi, con la salita al potere di persone di scarsissima preparazione che spesso combinano guai. Sono contrario alla tecnocrazia,  ma chi va al potere, anche se non preparato, dovrebbe avere il dovere di sentire e confrontarsi con più esperti, per decidere in base al volere popolare ma tenendo conto di ciò che sappiamo in termini di coscienze scientifiche, mediche, economiche, ecc. Purtroppo la TV è ancor più i social networks sono veicolo di disinformazioni, fake news e falsità scientifiche che circolano convincendo purtroppo troppe persone.

Se ci guardiamo indietro la umanità ha fatto passi da gigante e il progresso, in senso  ampio, si è  realizzato nel corso dei secoli ma questo non è sempre vero, abbiamo avuto periodi in cui le conoscenze hanno fatto passi avanti poi sono finite nel dimenticatoio per essere poi riscoperte secoli e secoli dopo (vedi ad esempio Erstostame e la conoscenza della sfericità della terra e la sua circonferenza); così pure a periodi di società ricche, organizzate e fiorenti sono seguiti periodi bui di degrado, povertà e disordine. Quindi il progresso non fa un cammino lineare ( De Long)  e queste avvisaglie dovrebbero metterci in guardia; i cittadini tutti, e in particolare quelli che hanno più conoscenze, dovrebbero risvegliarsi dal torpore, non accettare uno status quo che spesso non è maggioritario, troppe persone infatti non votano. La democrazia, il progresso ma anche la nostra sopravvivenza su questo pianeta sono in pericolo, c'è bisogno di un risveglio di coscienze assopite, sono convinto che la maggioranza delle persone sarebbero favorevoli a cambiamenti nelle politiche dettati da scelte consapevoli e meditate e rivolte al bene comune.

Non possiamo e dobbiamo accettare che qualche folle, magari anche ricco,  ci imponga la sua volontà contro gli interessi della maggioranza, abbiamo avuto già condottieri, re e imperatori che hanno creato disastri e morti solo per la brama di potere, abbiamo già dato e sarebbe anche l'ora che facessimo i nostri interessi senza essere fuorviati da narrazioni ma basandoci sulle conoscenze acquisite.


giovedì 10 luglio 2025

Charles P. Kindelberger - Manias, Panics and Crashes- A History of Financial Crisis

 Il libro che recensimo oggi non è un libro nuovo, la prima edizione è del 1978 e l'ultima del 2000, si tratta comunque di un libro fondamentale sull'analisi delle crisi e, pertanto, immancabile per chi è interessato alla economia. L'autore, Kindelberger, è stato professore di Economia al MIT per 30 anni.

Il libro inizia con la scelta di un modello di riferimento, quello che l'autore sceglie è quello di Minsky, di cui abbiamo parlato più diffusamente qui. Minsky ha dato molto rilievo, nella genesi delle crisi  finanziarie, al debito contratto soprattutto tramite leva finanziaria per l'acquisto di asset per successiva speculazione. Le crisi, per Minsky, iniziano con un shock esterno che altera le opportunità di profitto. Il boom è invece alimentato da una espansione del credito bancario, con lo sviluppo di nuovi strumenti di credito. Tutto ciò porta a euforia e quello che l'autore definisce "overtrading", e l'euforia è generata da una sovrastima dei profitti, portando a un comportamento che esula dal comportamento razionale. Durante il boom crescono nel tempo gli interessi, la circolazione monetaria e i prezzi. Ma quando qualcosa fa precipitare la crisi i prezzi declinano, le bancarotte aumentano e aumenta la corsa verso la liquidità. Ovviamente il modello ha i suoi limiti ma ben rappresenta le crisi finanziarie internazionali che sono lo scopo del libro.

L'autore passa poi ad analizzare la speculazione, affermando che la razionalità è un assunzione a priori piuttosto che una corretta rappresentazione della realtà. La razionalità individuale può coesistere con la irrazionalità del tutto. La speculazione nasce da uno spostamento (displacement) di qualche caratteristica del sistema. Inizialmente la speculazione non assume aspetti irrazionali e solo dopo che i guadagni in capitale prendono il sopravvento, con due tipologie di speculatori, gli insider che destabilizzano e fanno crescere i prezzi che poi calano a spese degli outsider che comprano ai massimi. Questi "displacements" possono essere causati da: guerre, cambiamenti politici, ma anche modifiche monetarie e finanziarie, come deregolamentazioni di banche e istituzioni (vedi ad es. crisi del 2008 nota mia). Gli obiettivi della speculazione sono invece molto variabili. Le manie speculative comunque crescono quasi sempre attraverso la espansione della moneta e del credito, e la espansione monetaria è sistematica e endogena al sistema nonostante i tentativi di controllare la massa monetaria; infatti la moneta è un costrutto elusivo difficilmente controllabile, le politiche monetarie possono moderare i boom ma è difficile che riescano ad eliminarli del tutto (vedi anche qui crisi recenti). Inoltre, le crisi commerciali e finanziarie sono intimamente connesse con condotte che sono al limite della moralità e della legge, in particolare alcuni tipi di truffe (swindles). Le truffe crescono con la prosperità e incrementano negli stress finanziari. Le cosidette bolle, causa di molte crisi, possono essere o non essere truffe vere e proprie, ad esempio la bolla del Mississippi non lo è stata. Le speculazioni sono state aiutate spesso dal gionalismo che definisce venale. Le forme di imboglio sono tantissime e spesso vicine alla linea di confine tra legalità e illegalità. L'autore fornisce poi un lungo elenco di casistiche storiche.

La euforia e l'angoscia sono spesso seguite dal panico. Lo stress commerciale riflette uno stato di sofferenza mentre lo stress finanziario piuttosto una situazione di azzardo. Le cause di logorio (distress) sono difficili da distinguere dai sintomi, che sono: aumento della domanda di liquidità, aumento dei tassi di interesse, crescita delle bancarotte, fine del rialzo dei prezzi di alcuni assets, sintomi che il meccanismo del credito ha superato i normali limiti. In ogni caso la essenza dello stress finanziario è la perdita di confidenza. Quando lo stress finanziario è seguito da una crash o dal panico la sua durata puo essere breve o molto lunga (anni). La causa remota delle crisi è la speculazione e la estensione del credito, la causa prossima può essere un qualunque fatto che spinge le persone ad abbandonare assets in favore della liquidità. Un crash è infatti il collasso dei prezzi degli assets o anche il fallimento di una azienda o banca molto importante. La caduta dei prezzi riduce il valore del collaterale, induce le banche a ridurre i prestiti, porta alla svendita di titoli e merci, inducendo ulteriore riduzione dei prezzi con in successione riduzione di prezzi e aumento di fallimenti. I boom e i crash si diffondono poi attraverso i mercati e le nazioni.

Una degli obiettivi principali della speculazione è il  mercato immobiliare, i casi storici sono molti ultimo dei quali, ovviamente non citato, è la crisi dei subprime del 2008.

Boom, stress finanziaro si trasmettono tra le varie economie nazionali tramite una varietà di connessioni: arbitraggio di materie e di titoli, movimenti di denaro e, a volte, pura psicologia. Il deprezzamento di un dato bene può produrre bancarotte e fallimenti anche a lunga distanza. Una data nazione può diventare inflazionistica e il boom si trasmette tramite le fuoriuscite di capitale, segue un dettagliato elenco e disamina delle principali crisi internazionali dal 1700 in poi.

Nei due ultimi capitoli affronta il tema del prestatore di ultima istanza (lender of last resort)  a livello nazionale. Il concetto di prestatore di ultima istanza non è un prodotto degli economisti ma è scaturito dalla pratica del mercato. Nel corso del tempo sono stati utilizzati come prestatori di ultima istanza il tesoro, a volte le banche private sino ad arrivare alle banche centrali, in ogni caso il mercato ha bisogno di un stabilizzatore. I problemi che sono sorti nello utilizzo di un prestatore di ultima istanza sono molti, in particolare oltre a chi interviene e in che quantità molto dipende dai tempi, se cresce un boom questo va rallentato senza diffondere il panico, è importante aspettare per intervenire sulle aziende insolventi ma non troppo per evitare che la crisi si estenda anche alle aziende solventi. Infine, esaminina il tema del prestatore di ultima istanza a livello internazionale. Di fatto la storia mostra che i paesi che erano il centro finanziario del mondo, con l'aiuto di altre nazioni, hanno tentato di svolgere questo ruolo, ma di fatto che questo ruolo non era svolto pienamente da nessuno sino al 1931 e le crisi finanziarie sono state mediamente lunghe, di cui l'autore fornisce molteplici esempi. La lezione del 1931 però non fù sufficentemente compresa, a Bretton Wood fu creato il FMI con fondi limitati, inoltre lo FMI si occupava di crediti non di creazione di moneta. Si dimostrò pertanto impossibile mantenere la convertibilità delle monete e i controlli di capitale perchè i movimenti di denaro presero a  fluire in maniera sempre più massiccia. 

Nelle conclusioni l'autore asserisce che la presenza del lender di last resort ha ridotto la durata delle depressioni, anche se molti errori sono stati commessi,  e  ci sono altri fattori in gioco. In ogni caso piuttosto che rifome globali del sistema finaziario, piuttosto difficili da realizzare, Kilderberger propone alcuni miglioramenti nel funzionamento del FMI.

E' un libro che ritengo assolutamente interessante da leggere, ricco di esempi storici e di considerazioni interessanti ed equilibrate. Sarebbe stato interessante vedere come l'autore avrebbe affrontato la recente crisi del 2008, dove i problemi del credito, delle innnovazioni finanziarie e le interconnessioni tra le economie hanno mostrato come ancora le crisi sono possibili e devastanti, nonostante le presunte assunzioni sulla razionalità dei comportamenti. In questo le analisi di Minsky si dimostrano ancora valide, come pure si è evidenziata una mancanza di un vero lender di last resort a livello internazionale, nonostante l'impegno della FED e la insipienza della Europa (vedi qui). In ogni caso il libro dimostra che le crisi sono molto più numerose e comuni di quanto gli economisti spesso raccontano e che, nonostante abbiamo imparato con fatica alcune cose, ancora i pericoli sono presenti e non affrontati in maniera strutturale.