In
Italia Alberto Bagnai è molto noto tra coloro che frequentano il web e si
interessano di economia. Il suo blog, Goofynomics, infatti risulta tra i siti
economici più seguiti e influenti. Questo suo nuovo libro, dopo il primo Il tramonto dell’euro, pur avendo come
tema di fondo la moneta unica europea, come
nel precedente, allarga la visione affrontando temi più generali.
Da una parte affronta il tema della riduzione della quota salari e conseguenti diseguaglianze e disequilibri (vedi su questo tema i post sul Il prezzo della diseguaglianza di Stiglitz e anche Supercapitalismo di Rech). Questo problema che ha creato una carenza di domanda è stato risolto negli USA con il credito ai consumatori (vedi speculazione edilizia e subprime), mentre in Europa tramite il credito concesso ai paesi del sud per comprare i prodotti del nord (Germania), infatti l’adozione della moneta unica ha reso i prodotti tedeschi più competitivi oltre alle politiche di contenimento salariale (riforme Hartz). Inoltre affronta il tema del sistema monetario in generale citando l’accordo originario di Bretton Woods proposto da Keynes, in cui era prevista una moneta unica e un sistema di cambi sostanzialmente fissi con però penalizzazioni per le politiche mercantilistiche, esattamente quello che non è il sistema monetario europeo. I suoi strali si appuntano poi verso il “vincolismo”, ovvero la strategia per cui vincolandosi a entità esterne gli italiani avrebbe potuto fare quelle cose che non sarebbero stati in grado di fare da soli, con una specie di “autorazzismo” non democratico da parte delle nostre élite. Inoltre se la prende con gli “austeriani” che hanno proposto le politiche di austerità che hanno peggiorato le cose ma anche con gli “appellisti”, ovvero coloro che vorrebbero risolvere i problemi con più Europa mentre per Bagnai non ci sono le condizioni per riformare l’euro proprio per la cattiva impostazione iniziale che ha generato a questo punto reciproche diffidenze e sfiducia tra le nazioni del nord e sud. Infatti il fallimento europeo sta proprio nella mancanza iniziale dello spirito di solidarietà e di coordinamento. Affronta anche il tema della stagnazione della produttività in Italia individuando tra l’altro, oltre al cambio fisso che ha bloccato le esportazioni, come causa, il fatto che la flessibilità del lavoro e la compressione dei salari hanno comunque favorito l’adozione di tecniche inefficienti.
La sua conclusione è che l’Italia abbia la possibilità di tirarsi fuori da sola da questo disastro:
Da una parte affronta il tema della riduzione della quota salari e conseguenti diseguaglianze e disequilibri (vedi su questo tema i post sul Il prezzo della diseguaglianza di Stiglitz e anche Supercapitalismo di Rech). Questo problema che ha creato una carenza di domanda è stato risolto negli USA con il credito ai consumatori (vedi speculazione edilizia e subprime), mentre in Europa tramite il credito concesso ai paesi del sud per comprare i prodotti del nord (Germania), infatti l’adozione della moneta unica ha reso i prodotti tedeschi più competitivi oltre alle politiche di contenimento salariale (riforme Hartz). Inoltre affronta il tema del sistema monetario in generale citando l’accordo originario di Bretton Woods proposto da Keynes, in cui era prevista una moneta unica e un sistema di cambi sostanzialmente fissi con però penalizzazioni per le politiche mercantilistiche, esattamente quello che non è il sistema monetario europeo. I suoi strali si appuntano poi verso il “vincolismo”, ovvero la strategia per cui vincolandosi a entità esterne gli italiani avrebbe potuto fare quelle cose che non sarebbero stati in grado di fare da soli, con una specie di “autorazzismo” non democratico da parte delle nostre élite. Inoltre se la prende con gli “austeriani” che hanno proposto le politiche di austerità che hanno peggiorato le cose ma anche con gli “appellisti”, ovvero coloro che vorrebbero risolvere i problemi con più Europa mentre per Bagnai non ci sono le condizioni per riformare l’euro proprio per la cattiva impostazione iniziale che ha generato a questo punto reciproche diffidenze e sfiducia tra le nazioni del nord e sud. Infatti il fallimento europeo sta proprio nella mancanza iniziale dello spirito di solidarietà e di coordinamento. Affronta anche il tema della stagnazione della produttività in Italia individuando tra l’altro, oltre al cambio fisso che ha bloccato le esportazioni, come causa, il fatto che la flessibilità del lavoro e la compressione dei salari hanno comunque favorito l’adozione di tecniche inefficienti.
La sua conclusione è che l’Italia abbia la possibilità di tirarsi fuori da sola da questo disastro:
“Bisognerebbe riconoscere, molto a
malincuore, l’opportunità di andarsene ognuno per la propria strada. Un
percorso forse non ottimale ma comunque possibile per un paese che ha risorse
ed energie per affermarsi nell’economia globale (…) più di quanto vogliano
farci credere”,
anche perché non esistono alternative:
anche perché non esistono alternative:
“ più Europa però non funzionerebbe (...) troppe
sono le sue aporie logiche, storiche, politiche.”
E
ancora:
“Dobbiamo tornare alla radice del problema
risolvendo i problemi di democrazia con più democrazia (…) bisogna convincere gli italiani che sono in
grado di governarsi, che sono in grado di decidere del loro destino”, anche
perché: “il ripristino della democrazia
passa per il recupero della sovranità economica che a sua volta passa per il
rifiuto dell’attuale impostazione europea”.
Purtroppo
il sogno europeo si è rivelato un incubo o meglio “sonno della ragione” .
Infine
rimarca l’importanza dello Stato e gli errori dell’imprenditoria italiana:
“Alla piccola e media impresa oggi non serve
meno Stato, serve uno Stato migliore, uno Stato che faccia i suoi e (i nostri)
interessi nel modo giusto”, “una
classe imprenditoriale che vede il dipendente come un costo e lo Stato come
nemico trascinerà giù con sé il paese nel baratro”.
Infine
un appello ai politici: “Cari politici, anziché
esercitarsi nell’ impossibile compito di costruire una solidarietà europea a
valle di un progetto che genera squilibri pensate a costruire un consenso
attorno a una mediazione che ci liberi da questi squilibri”.
Concludendo
con questo auspicio: “Se diffondiamo
consapevolezza dei reali problemi e ci riappropriamo della nostra dignità di
cittadini, L’Italia può farcela”.
I
temi trattati sono molti, il libro è molto ricco, comunque Bagnai è molto bravo
ad affrontare i temi complessi con semplicità e a volte con ironia. Se si segue
il suo blog, in effetti molti contenuti sono noti, per chi è profano credo
invece che sia una lettura molto interessante e istruttiva. Concordo con molte
delle sua analisi, anche se io sarei stato più cattivo con la classe dirigente
italiana (politica, sindacale e imprenditoriale) che ha molte altre colpe, oltre
ad averci trascinato nell’euro, ma è un discorso lungo. Quando ho letto il suo
primo libro ero convinto che l’Europa ancora potesse farcela, adesso, vedendo
anche gente come Zingales che ha cambiato idea
e non vedendo grossi cambiamenti della politica europea, credo che le
probabilità di salvare l’euro, con tutti gli sforzi di Draghi, siano ridotte al
minimo.
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