giovedì 31 ottobre 2019

Raghuran Rajan - Il terzo pilastro- La comunità dimenticata dallo Stato e mercati.( The Third Pillar)

L'autore del libro è un economista indiano che ha lavorato a lungo negli Stati Uniti, Chief Economist del FMI e insegna alla University di Chicago, autore di alcuni libri tra cui Terremoti Finanziari. I pilastri di cui parla l'autore sono: il mercato, lo Stato e le comunità locali.
Una buona parte del libro è dedicata alla ricostruzione storica, come dalla società feudale si siano andati sviluppando lo Stato nazione e il mercato, in parte favorendosi vicendevolmente. 
Il processo è stato lungo ed è partito dalla Gran Bretagna per poi estendersi a tutti le nazioni sviluppate. Nel '800 il mercato tende a prendere il sopravvento con la costituzione delle grandi corporation, con la conseguente reazione che tende a limitarne l'estensione  con le prime leggi antitrust  negli Stati Uniti. 
Il terzo pilastro, le comunità locali tendono invece a perdere terreno col tempo. 
Dopo la Grande Depressione lo Stato tende a riappropriarsi del controllo di molte attività e ad ingrandirsi, processo che tende a continuare dopo la seconda guerra mondiale per circa 30 anni, in cui nei paesi occidentali avviene un grande sviluppo, con il mercato che mantiene  anche una funzione sociale. Le cose cambiano a partire dagli anni '70  con l'incremento della globalizzazione e la rivoluzione ICT, entrambe rafforzano il potere del mercato, divenuto transnazionale e quindi meno sotto il controllo degli Stati nazionali che cominciano a perdere terreno incapaci e senza le necessarie risorse per tener fede alla promesse della politica nel dopoguerra sul welfare-state.
Viene pertanto crescendo il malcontento popolare, sopratutto dopo la grande crisi del 2008, con rinascita dei movimenti populisti di vario genere sia negli Stati Uniti e sia  in Europa. Alcune comunità con la delocalizzazione delle imprese tendono a diventare depresse e abbandonate, mentre fioriscono alcune città dove nascono le nuove imprese e attività ( ad es. Los Angeles e San Francisco).
Una parte del libro è anche dedicata alla storia e alle differenze tra i due giganti dell'est India e Cina con le loro specificità e con le loro debolezze.
Nella parte finale l'autore auspica un recupero delle comunità locali (localismo inclusivo), esemplificando alcuni casi di successo ma anche ammettendo che il processo non è semplice, e lo Stato dovrebbe favorire quanto più possibile anche il processo di decentramento. Anche il mercato dovrebbe cambiare, dovrebbe, ad esempio, essere garantita maggiore concorrenza, evitando ad esempio l'eccessivo potere di giganti (anche del web) o l'eccesso di difesa delle proprietà intellettuali.
La conclusione dell'autore è in sintesi  che in un paese evoluto i tre pilastri dovrebbero essere tutti abbastanza forti e bilanciarsi tra di loro.
Il libro è quindi complesso e interessante trattando molti argomenti, comunque con chiarezza espositiva, pertanto la mia sintesi è forzatamente riduttiva, un libro che consiglio caldamente di  leggere.
Per quanto riguarda la tesi dei tre pilastri, il sottoscritto ha sostenuto in questo post la necessità di equilibrio tra i poteri dove io al posto delle comunità indicavo la democrazia.
Concordo sul fatto che bisogna dare una aiuto alle comunità e decentrare alcune funzioni e attività dello Stato, anche se questo comporta sempre il rischio che le comunità meglio organizzate migliorino e quelle più povere continuino ad arretrare. Il punto è che io ho indicato la democrazia perché credo che sia un concetto più ampio e completo e forse dove sia possibile anche aver più spazio di manovra. Per aumento della forza della democrazia intendo maggiore partecipazione dei cittadini anche attraverso nuovi strumenti messi a disposizione dalle tecnologie, un miglioramento delle istituzioni che prevedano un  maggior coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni e nel controllo, con maggiore trasparenza del potere politico.  
Intendo, anche come indicato nel saggio di Manin, il superamento del concetto di democrazia intesa solo come democrazia parlamentare ed elettorale.

giovedì 17 ottobre 2019

Dani Rodrik - Dirla tutta sul mercato globale ( Straight Talk on Trade)

Questo di Dani Rodrik è l'ultimo libro uscito nel 2018. Chi segue questo blog conosce bene questo autore avendo recensito i suoi libri e alcuni articoli,  quindi i temi trattati sono in parte noti. 
Il titolo del libro forse è un poco fuorviante in quanto gli argomenti trattati sono diversi e non solo relativi al mercato, si parla di Stato, di economia e di politica,  ovvero affronta temi molto ampi. 
Per quanto riguarda il commercio e gli accordi commerciali, Rodrik rimarca come la globalizzazione, pur con alcuni vantaggi, non è una panacea per tutti e l'allargamento del commercio produce vinti e vincitori; gli accordi di commercio poi (es. TPP) tendono più a difendere gli interessi delle multinazionali che dei cittadini. 
La globalizzazione ha poi ridotto spazi per lo Stato e anche per la democrazia. In alcuni casi, vedi Europa, l'unificazione economica e monetaria ha portato ad una riduzione della sovranità senza avere delle istituzioni adeguate e anche democratiche. Tutto ciò ha fatto nascere risentimento nelle classi medie e basse che hanno sofferto della crisi, della globalizzazione ma anche della evoluzione tecnologica, dando spazio ai populismi di destra che in Occidente fanno leva anche sulle divisioni etniche (immigrazione) come si è visto con Trump o anche in Europa (Le Pen e  Salvini). 
Una parte del libro è dedicata alla economia e agli economisti e ai rapporti con a politica. Rodrik critica l'atteggiamento di molti economisti che assumono che il loro modello sia quello giusto quando in economia i modelli sono molti e ognuno va adattato al contesto prescelto, non esistono quindi verità assolute e gli economisti sbagliano quando parlano in pubblico o danno consigli alla politica, dando per scontate alcune ricetteProprio in politica evidenzia  la importanza delle idee (innovative) perché anche la politica non può essere ridotta solo a lotta per interessi precostituiti; infatti spesso le élite fanno ricorso alle idee, vedi liberismo, per giustificare delle politiche che sono vantaggiose per pochi e non per la maggioranza.
I problemi in atto sono complessi e non esistono soluzioni facili né per i paesi sviluppati né per quelli in sviluppo, che difficilmente possono ripetere il percorso di quelli sviluppati e rischiano una non-industrializzazione o deindustrializzazione precoce a causa della evoluzione tecnologica. L'arretramento dello Stato non si risolve con una maggiore regolamentazione internazionale, primo perché sarebbe molto difficile attuarla in un mondo multipolare e poi perché non è utile; servono delle regolamentazioni internazionali solo per quanto riguarda i cambiamenti climatici mentre per il resto servono poche regole e bisogna dare di nuovo forza agli Stati e alla democrazia. Servono sopratutto nuove idee che sostituiscano il mito del mercato autoregolantesi e a sinistra leadership preparate e illuminate.
Il libro si rivela quindi molto interessante e si legge con piacere pur rimanendo rigoroso e ben documentato.