Il libro che recensisco oggi è di Philppe Aghion (con coautori Celine Antonin e Simon Bunel). Aghion ha vinto il Premio Nobel per l'Economia nel 2025 insieme a Peter Howitt per aver modelizzato la cosiddetta "distruzione creatrice" ovvero il ruolo della innovazione tecnologica nella crescita economica, mentre Morkyr ne ha ricostruito le detrminanati su base storica, e a cui dedicheremo una altro post.
La definizione di distruzione creatrice viene dalle intuizioni del grande economista e storico della economia Schumpeter che aveva delienato la importanza e il ruolo della innovazione tecnologica nella crescita economica. Il libro di oggi approfondisce le idee di Schumpeter cercando di dare una risposta a molti interrogativi sulla crescita economica basandosi su una serie di ricerche recenti sul tema. Già Robert Solow aveva indicato nel progresso tecnologico il motivo della crescita economica senza indicarne le determinanati. Gli autori mostrano in particolare come ci siano chiare correlazioni tra crescita economica e innovazione, ad esempio tra crescita e brevetti ed inoltre mostrano la correlazione tra competizione e innovazione. Per creare il miracolo del decollo (takeoff) cioè come le nazioni innescano la crescita occorrono molti fattori: l'accumularsi di innovazioni, avere delle buone istituzioni (vedi Acemoglu) ma anche la competizione. Ma le innovazioni principali hanno bisogno anche di innovazioni secondarie e questo richiede tempo e quindi un ritardo. La competizione, inoltre, stimola la innovazione ma principalmente per le industrie vicine alla frontiera tecnologica. La innovazione crea anche delle diseguaglianze ma è anche fonte di mobilità sociale, ovviamente la tassazione può correggere certe distorsioni ma può essere anche da freno alle innovazioni. D'altra parte la creazione di una grande concentrazione di attività con la formazione di industrie superstar crea ostacoli alla innovazione prevenendo o bloccando la diffusione delle conoscenze. Affrontano poi il tema della convergenza verso la prosperità delle nazioni in via di sviluppo, quello che fa la differenza sono le politiche e le istituzioni che favoriscono l'aggancio tecnologico e la imitazione. Per quanto riguarda la produzione manifatturiera essa si è dimostrata fondamentale per la crescita economica grazie all'aumento della produttività e perchè stimola la crescita in altri settori correlati, quindi sembrebbe un fattore indispensabile per la crescita anche se la India sta dimostrando una crescita basata soprattutto sui servizi. Per quanto riguarda il ruolo tra innovazione tecnologica e sostenibilità ecologica, il ruolo dello Stato è indispensabile nel ridirezionare il cambiamento tecnologico verso innovazioni green, perchè la innovazione non è spontaneamente ambientalmente favorevole. Per quanto riguarda le capacità innovative seppur vero che sono parzialmente abilità intrinseche gli studi dimostrano la influenza dei genitori sia in termini di reddito e sia per scolarità. Inoltre, mentre la ricerca di base ha necessità di una certa libertà che forniscono le Univeristà pubbliche, la ricerca applicata trova un clima più favorvole nelle industrie. La innovazione tecnologica ha un impatto ambivalente sulla occupazione, crea senza dubbio perdita di posti di lavoro sopratutto nel breve ma ne crea altri nel lungo periodo. Inoltre la innovazione ha avuto effetti positivi sulla salute con l'aumento della aspettativa di vita ma crea anche instabilità e difficoltà economiche che creano aumenti di mortalità. Per queste sue caratteristiche si rende necessario accompagnare la distruzione creatrice con delle reti di sicurezza sociali come la flexsecurity della Danimarca. Per quanto riguarda il finanziamento della innovazione si crea il problema del rischio dei ritorni sull'investimento che può inibire la ricerca di innovazioni, in questo gioca un ruolo importante il meccanismo del Venture Capital come pure dei corretti incentivi alla ricerca e sviluppo da parte dello Stato (ma anche il ruolo stesso dello Stato aggiungo io vedi Mazzuccato). Indubbiamente anche la globalizzazione ha un suo ruolo nella innovazione, in particolare soffrono dell concorrenza estera sopratutto le industrie lontane dalla frontiera teconologica, ma le politiche difensive tramite dazi riducono innovazione e crescita della produttività mentre sono più utili incentivi alla ricerca e sviluppo e alla innovazione, come pure politiche industriali e investimenti pubblici nella conoscenza. Inoltre anche la immigrazione si è dimostrata favorevole alla crescita, in particolare in USA, grazie a culture diverse e diversi background nonchè la maggiore detrminazione al successo che hanno spesso gli immigrati. Una politica troppo incentrata sul lassaiz faire tende a sotto investire in conoscenza e innovazione non tenendo conto delle esternalità positive. Per molto tempo è stata la rivalità miltitare a incentivare gli investimenti pubblici, ma adesso è la politica industriale che può stimolare la crescita guidata dalla innovazione, con la necessità di coordinare risorse e attori diversi. Di fatto gli autori ripropongono quello che abbiamo trovato in altri autori e cioè che la innovazione si basa si sulle imprese e il mercato ma necessita dello Stato sia come investitore ma anche come assicuratore contro le recessioni e per rendere meno socialmente pericolosa la distruzione creatrice. Infine gli autori espicitano il concetto del triangolo d'oro ovvero il bilanciamento tra Stato, Mercato e società civile che ricorda molto questo mio post.
In conclusione un libro molto interessante, con tantissimi riferimenti a studi e lavori per confermare le loro tesi, quindi un libro che vale assolutamente la pena leggere. Come si vede dalla sintesi però gli autori più volte avvertono che la innovazione tecnologica ha bisogno dello Stato sia per il suo sviluppo che per mitigarne gli effetti negativi. Ma la accelerazione e la forza del cambiamento, che abbiamo visto recentemente e che sicuramente continuerà inesorabilmente con la Intelligenza Artificiale, sta diventano talmente pervasiva e potente che vedo sempre più difficile evitarne i rischi e che lo Stato e le politiche atte a frenarne le conseguenze negative possano essere efficaci e tempestive.
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