domenica 22 settembre 2024

Il rapporto Draghi sulla futura competitività europea

 Il rapporto Draghi sulla competività europea consta di due parti, la prima è una sintesi (parte A)  di 65 pagine, la seconda contiene il dettaglio delle azioni da intraprendere di oltre 300 pagine. Io ho letto la sintesi e di seguito ne riporto i punti salienti e alcune considerazioni anche perchè se ne parla ma pochi lo hanno letto.

Il rapporto parte con una visione della situazione attuale dell'Europa. L' Unione Europea è un insieme di nazioni che rappresenta il 17% del PIL mondiale, quindi con risultati economici e standard di vita elevati ma soffre di una crescita economica lenta e inferiore a USA e Cina dovuta a una produttività debole. Anche la situazione geopolitica è molto cambiata rispetto al passato con una situazione diversa del commercio, della energia e della difesa. 

L'EU deve recuperare produttività: accelerando la innovazione, mantere bassi i costi energetici continuanando a decarbonizzare, ridurre la dipendenza nei fattori strategici in un contesto geopolitico meno stabile. L' Europa soffre di una mancanza di coordinamento nelle politiche industriali. Il report quindi propone una nuova stategia industriale che chiuda il gap di innovazione accelerando la innovazione scientifica e tecnologica rimuovendo le barriere che prevengono la crescita delle industrie innovative.

Il primo blocco della strategia è la implementazione di un  Mercato Unico (Single Market), il secondo blocco sono le politiche industriali, per la competizione e il commercio, il terzo blocco è finanziare le principali aree di azione che richiede massicci investimenti, l'ultimo blocco è riformare la governance dell EU; infatti il metodo comunitario è nato quando la Unione era più piccola, oggi invece si richiede una efficiente politica coordinata per raggiungere obiettivi comuni. Importante, sottolinea il report, è non peggiorare il modello sociale europeo, la crescita della produttività e la inclusione sociale devono andare di pari passo. L'EU deve mantenere inoltre la coesione politica e imparare dagli errori fatti durante la iper-globalizzazione. Lo Stato deve essere visto dalla parte di cittadini e che aiuta questi a migliorarsi.

L'era del commercio aperto globale governato da istituzioni sembra passato e la EU dve adattarsi alla nuova realtà.

Il driver fondamentale che ha aumentato il gap di  produttività è la tecnologia digitale. L'Europa su alcuni settori digitali ha perso il treno ma può ancora salire sul carro delle nuove onde di innovazione digitale. In primo luogo occorre integrare verticalmente l'AI nella industria europea. Su questo bisogna porre attenzione ai rischi dell' AI sul modello sociale.

La struttura industriale dell'Europa è rimasta statica e gli investimenti sono rimasti concentrati su tecnologie mature. Il supporto del settore pubblico per la  Ricerca e Innovazione (RI) è in Europa insuffciente. Non ci sono abbastanza istituzioni accademiche che raggiungono livelli elevati di eccellenza e il passaggio dalla innovazione alla commercializzazione è debole.  La spesa di RI pubblica è insufficientemente focalizzata sulla innovazione dirompente, inoltre solo un decimo della spesa è a livello europeo. Abbiamo poi un mercato dei capitali piccolo  e un settore di Venture Capital (VC) poco sviluppato. Le barriere regolatorie limitano la crescita con complesse e costose procedure frammentate nei sistemi nazionali. La mancanza di un Single Market  impedisce alle imprese di aver dimensione sufficiente per adottare le tecnologie avanzate. Una delle ragioni del basso tasso di investimenti è la presenza in Europa di in mercato frammentato. Abbiamo quindi bisogno di un piccolo numero di priorità condivise e una parte incrementale di budget deve essere allocato sulle innovazioni distruttive. Inoltre, serve un migliore coordinamento della spesa pubblica in RI tra gli Stati membri. L'Europa deve rendere piu semplice per gli inventori diventare investitori e deve diventare attrattiva per gli inventori, dare alle start up la opportunità di adottare un nuovo vasto statuto legale europeo. Ancora c'è da  sviluppare un ecosistema finanziario all'interno dell'EU piuttosto che le industrie vengano finanziate dell'estero.

Per quanto rigurada la AI l'EU deve incrementare la capacità computazionale e rendere disponibile la sua rete di computers ad alte performance (federated AI model), promuovere il coordinaento tra le industrie e la condivisione di dati per accelerare la integrazione dell'AI nell'industria europea. Si rende necessario anche consolidare gli operatori TLC definendo un mercato delle TLC a livello europeo.

Abbiamo un problema di risorse e skill, vi è difficolta' nel trovare impiegati con skill adeguati e anche a livello manageriale, con un sottoutilizzo dei talenti esistenti. La offerta di laureati STEM è limitata come pure vi è un drenaggio di cervelli oltreoceano. Tutto ciò è dovuto a un declino nella formazione e nel training non adatti a formare una forza lavoro per il cambiamento tecnologico. Si deve quindi rafforzare i sistemi di intelligence usando maggiormente i dati per capire ed agire sugli skill esistenti, serve un sistema comune di certiificazione, l'EU deve diventare attrattiva per i talenti esterni. 

I costi dell'energia sono troppo alti e un ostacolo alla crescita. Serve un significativo incremento nella generazione e nella capacità di rete.  Le sorgenti di energia pulita a minori costi marginali sono rinnovabili e nucleare. Bisogna compiere scelte fondamentali nel perseguire la decarbonizzazione mantenendo la posizione competitiva delle industrie, catturando le opportunità industriali che pone  la transizione verde. L'europa manca di risorse naturali ma non ha usato bene il suo potenziale potere contrattuale collettivo. Le regole di mercato, nel settore energetico, non disaccoppiano completamente il prezzo di rinnovabili e nucleare dai prezzi, molto volatili, dei combustibili fossili. Vi è anche una serie di  processi incerti e lenti  per le nuove fonti energetiche che rappresentano un ostacolo alla installazione di nuove capacità. Sebbene la Europa sia leader  nelle tecnologie pulite presenta una debolezza nel suo ecosistema, il suo poteziale di innovazione non si traduce in una superiorità della manifattura, manca una strategia industriale.  Il supporto pubblico nello sviluppo delle batterie è un fattore chiave nel rafforzare la posizione europea.

Il trasporto pesa per un quarto sulle emissione di gas a effetto serra. Una mobilità sostenibile richiede un approccio integrato verso reti di energia, cambiamento  degli standard delle infrastrutture, maggior standardizzazione  della manifattura sulle TLC, fondamentalmente abbiamo una mancanza di coordinazione e di interoperabilità delle infrastrutture. 

Il settore automobilistico è un chiaro esempio di una mancanza di pianificazione europea, si è applicata una politica climatica senza una politica indistriale. Per abbssare i costi energetici servono delle partnership di lungo termine con partner affidabili commerciali, riducendo anche la volatilità assicurando una supervisione integrata dei mercati dell'energia e i suoi mercati derivati. Serve un focus collettivo sulle reti energetiche, riducendo anche i ritardi nei permessi.  Una unione energetica dovrebbe assicurare che le funzioni di mercato fondamentali per un mercato integrato siano a livello centralizzato. Inoltre, il sistema di scambio delle quote di emissione (ETS) dovrebbe essere usato per supportare la decarbonizzazione del settore dei trasporti. In particolare serve un piano d'azione industriale per il settore automobilistico, bisogna sviluppare una roadamap industriale per una convergenza orizzontale (es. elettrificazione) e verticale (es. batterie), serve una collaborazione di scala, di standardizzazione.

L'Europa ha dipendenze estere eccessive per quanto riguradi i materiali e le tecnologie avanzate. Anche la industria della difesa richiede massivi investimenti per recuperare il gap con altre potenze. Serve rafforzare la catena di fornitura dei semiconduttori. Serve dunque cooperazione a livello europeo. E' necessaria, quindi, uan politica estera per mettere al sicuro le risorse critiche, accelerando la apertura di miniere locali, accelerando i permessi, migliorando il riciclo. Lanciare una comune strategia per i semiconduttori, finanziando la ricerca in innovazione, incecentivi fiscali alla Ricerca e Sviluppo, coordinando gli sforzi con un budget centrale dedicato. Anche se nella difesa i prodotti EU sono tecnologicamente avanzati soffriamo per una minore domanda e dobbiamo focalizzare la spesa sulla innovazione, ridurre la frammentazione delle industrie anche tramite standardizzazione e interoperabilità. Anche lo spazio soffre di un gap di investimenti rispetto ai competitors, dobbiamo creare un mercato unco per lo spazio.

Si richiede per raggiungere gli obiettivi delineati un massiccio piano di investimenti di 750/800 milioni di euro annui. Le risorse devono venire dal settore privato ma necessitano anche di un supporto finanziario pubblico. Inoltre, i mercati dei capitali sono frammentati, siamo troppo dipendenti dal finanziamento bancario  che non è adatto per finanziare la innovazione. Il budget del'EU è troppo piccolo e non è allocato sulle priorità strategiche. Non si puo rinunciare a un "safe asset" comune, che creerebbe un collaterale sicuro per molte attività che creerebbe anche un grande mercato liquido per investitori internazionali. Una struttura di budget piu forte garantirebbe anche una scala sufficiente per supportare progetti strategici, inoltre potrebbe supportare e creare maggior leva per gli investimenti privati. Strumenti di emissioni comuni sono utili  per finanziare progetti di investimento di lungo termine focalizzati sulla innovazione e l'aumento della produttività.

Infine c'è il tema della governance europea che richiede grossi cambiamenti, anche perchè i veti incrociati riducono e ritardano le azioni. E' necessario sostituire alcuni strumenti di coordinamento che si sovrappongono, deve emergere un nuova stuttura di coordinamento. La Commissione Europea deve avere un mandato per azioni orizzontali ed avere competenze esclusive. Le risorse dell'EU devono focalizzarsi nel finanziare i beni pubblici che sono critici. Il voto a maggioranza qualificata dovrebbe essere esteso a molte aree applicando anche un approccio differenziato alla integrazione. Bisogna semplificare le regole, la quantita' di regole rimane troppo grande e crescono nuove regolazioni. Manca un approccio quantitativo per analizzare i costi e benefici delle nuove leggi. Le regole inoltre pongono un peso eccessivo sulle piccole e medie industrie. Servirebbe,  infine, un commissario alla semplificazione, per ridurre le sovrapposizioni e inconsistenze nella legislazione.

Come si vede gia dalla sintesi si tratta di un report complesso che affronta molti temi e illustra tutta una serie di azioni che poi vengono maggiormente evidenziate nella seconda parte. Per quanto riguarda il focus sulla innovazione tecnologica non mi sorprende, e neanche chi legge questo blog, la innovazione tecnologica da Schumpeter in poi (vedi qui) è sempre stato indicato come un fattore di crescita essenziale, vedi anche Solow. Certo anche quello che dice Draghi sulla necessità di una maggiore integrazione, di un maggior coordinamento e, soprattutto, grazie anche a una serie di politiche  industriali comuni non è nuovo, vedi ad esempio nel blog le recensioni dei libri di Rodrik. In ogni caso è un inversione a quasi 180° gradi rispetto alle politiche adesso adotatte dall EU, dove spesso si è difesa la concorrenza anche a scapito di integrazioni industriali. C'è poi il tema del budget comune e del suo finanziamento tramite emissioni di titoli di debito che costituirebbero un safe asset, anche su questo ne abbiamo parlato spesso, avere una moneta comune e non sfruttarla è un idiozia che molti economisti hanno denunciato da sempre. Infine, c'è il tema della governance europea, anche su questo in questo blog abbiamo evidenziato che questo stato di cose nella UE non può funzionare, la integrazione differenziata è necessaria, ovvero che la UE deve partire da un nucleo piu ridotto e coeso di paesi se si vuole attuare un piano per la ripresa della crescita.  Infine,  è solo accennato nel report il fatto di mantenere il modello sociale europeo pur spingendo verso la crescita. Questo approccio rischia di rendere il rapporto molto tecnocratico, indubbiamente con evidenza di criticità, ma il problema in Europa è anche la tenuta democratica. Troppi cittadini si sentono traditi da un progetto europeo che, in molti casi, non ha portato a dei miglioramenti per grossi segmenti della popolazione, questo risentimento, a volte esagerato perchè  spinto a dai movimenti politici estremi e populisti che ne traggono  vantaggio, esiste e bisogna tenerne conto se si vuole rifondare la UE. Deve essere ristabilita la fiducia nei cittadini nelle istituzioni europee se si vuole attuare un piano che abbia successo,  questo significa che bisogna aumentare la democraticità dei processi decisionali in Europa, cioè avere un almeno vero ed effettivo parlamento europeo espressione della volontà popolare. 

Questo report è comunque un buon lavoro che va rispettato, si può criticare in parte ma è un buon punto di partenza per una discussione su quale futuro vogliamo per l'UE. Detto ciò le condizioni politiche e istituzionali perchè venga veramente preso in considerazione non ci sono. Le sue indicazioni sono spesso in contrasto con quanto finora adottato dall'UE, basti pensare solo al patto di stabilità o alle forti contarietà della Germania a qualsiasi proposta di debito comune. Inoltre, proprio Germania e Francia, i principali attori europei, sono profondamente in crisi politica per la crescita delle destre alle elezioni. Anche il nostro governo in alcune sue componenti penso non sia proprio favorevole alle indicazioni di Draghi che comunque prevedono una diminuzione delle sovranità nazionali. 

Quindi Draghi si è tolto molti sassolini dalle scarpe in questo report, e dovremmo tenerne conto e farne tesoro per molti aspetti, purtroppo rimarrà un bel esercizio di razionalità che non troverà applicazione, questo sarà forse il de profundis della UE.

venerdì 6 settembre 2024

Dan Davies-The Unaccontability Machine- Why Big Systems Make terrible Decisons - And How The Wordl Lost ItsMind

 Il libro che recensico oggi è un libro particolare di Dan Davies, che  è uno scrittore/attore/produttore pluripremiato e di fama internazionale, autore di vari libri di cui questo è l'ultimo. Il tema sono, come da sottotitolo, i sistemi complessi e le diffcoltà a gestirli.

Il libro si apre con una dissertazione sulla responsabilità (accountability) per cui la crisi odierna della politica e del management è una crisi di responsabilità. La prima legge della responsabilità è per l'autore: la misura in cui si è in grado di cambiare una decisione è la misura per cui si può essere ritenuto responsabile e viceversa. Riducendo l'abilità di prendere decisioni come individui, la classe manageriale e professionale ha cementato il controllo sul sistema. Pertanto, a meno che non vengano prese misure consapevoli per impedirlo, qualsiasi organizzazione, in una moderna società industriale, tenderà a ristrutturarsi in modo da ridurre la quantità di responsabilità personale attribuibile alle sue azioni. Questa tendenza continuerà fino a quando non si verificherà una crisi (principio della diminuizione di responsabilità). Da cui segue la definizione di "pozzo della responsabilità" (accountability sink): è un sistema che è pensato per fornire decisioni che non sono attribuibili a una persona identificabile e che non sono modificabili in risposta al feedback di coloro che ne sono interessati. 

Segue poi una parte relativa alla cibernetica e ad uno dei suoi fondatori: Stafford Beer. Un sistema complesso è quello in cui non puoi sperare di ottenere informazioni complete o perfette sulla struttura interna.  La cibernetica è lo studio del controllo dei sistemi, i costituenti dei sistemi cibernetici devono essere visti quindi come scatole nere, per cui per capire un sistema tutto ciò che si può fare è osservarne il comportamento, e tutto ciò che si può imparare da ciò è tutto ciò che c'è da sapere su di esso, lo scopo del sistema è cio che fa.

I sistemi non hanno desideri interiori, quindi non fanno le cose intenzionalmente. Il problema dei sistemi complessi è che la combinazione di più cose tende a moltiplicarsi piuttosto che addizionarsi. Un dato sistema ha il potenziale per raggiungere la stabilità solo se ogni fonte di variabilità dall'ambiente è accompagnata da una fonte uguale o maggiore di varietà nel sistema di regolamentazione. Quando ci troviamo di fronte a flussi di informazioni ingestibili nelle organizzazioni possiamo creare sistemi che regolano la varietà in arrivo, operando il più possibile attraverso catene di causa ed effetto piuttosto che attraverso singoli manager che devono prendere decisioni; inoltre è necessario assicurarsi che il regolatore possa disporre delle informazioni più velocemente di quanto il sistema possa generare varietà e rispondere rapidamente.

Vengono poi descritti i principali componenti di un sistema cibernetico: il sistema 1 è quello che opera nel mondo reale ovvero la parte operativa. Il sistema 2 è quello che gestisce le regole per la condivisione e programmazione. Il sistema 3, ottimizzazione e integrazione,  è quella parte del sistema che dirige la gestione di ogni singola operazione al fine di coordinare le loro attività verso uno scopo particolare, questo è il livello a cui si inizia a vedere il management, la differenza è che il Sistema 2 riguarda la prevenzione degli scontri e la gestione dei conflitti, mentre il Sistema 3 si occupa di raggiungere uno scopo. Il sistema 2 ha lo scopo di assorbire la varietà di interazioni tra le operazioni,  il sistema 3 deve essere  sufficientemente ampio per trattare questa varietà. Il sistema 4, ovvero la funzione di intelligenza e politica, ha lo scopo di indirizzare il sistema 3 affinchè possa riorganizzarsi per affrontare i cambiamenti, cioè di assicurare che tutto funzioni anche in caso di cambiamenti strutturali. Infine, abbiamo il sistema 5, cosidetto di filosofia o identità; avere una identità coerente e costante è un modo efficace di ridurre la varietà con cui bisogna trattare perchè significa che molte possibilità possono essere ignorate. 

La capacità di tradurre le informazioni in azioni è la parte più cruciale, nel sistema complesso abbiamo  dei collegamenti tra le parti di un sistema in grado di assorbire la varietà dell'altra, ma vi è la necessità  di un collegamento tra questo tipo di visione, incentrata sulle informazioni di un'organizzazione, e ciò che effettivamente fa. Ogni canale di comunicazione tra sistemi non solo deve avere una larghezza di banda sufficiente per trasportare la varietà che deve trasmettere, ma deve anche essere dotato di una capacità di traduzione sufficiente per garantire che il segnale venga compreso.

In sintesi per la cibernetica: ci sono cinque funzioni fondamentali e se una di queste manca o non ha risorse sufficienti, il flusso di informazioni non sarà bilanciato dalla capacità di elaborarla. Le informazioni contano solo se vengono fornite in una forma in cui possono essere tradotte in azioni, e questo significa che devono arrivare abbastanza rapidamente. I sistemi preservano la loro vitalità affrontando i problemi il più possibile allo stesso livello in cui arrivano, ma devono anche avere canali di comunicazione che attraversino più livelli di gestione, per gestire grandi shock che richiedono un cambiamento immediato.

Segue poi una critica agli economisti e alla disciplina della economia. In particolare gli economisti creano dei modelli caratteristici dell'economia eliminando quasi tutta la complessità;  fanno un sacco di ipotesi semplificatrici, spesso discutibili in termini di rilevanza empirica; agiscono come se le loro conclusioni fossero  dimostrate nel mondo reale, ed è un aspetto molto problematico quello di dedurre fatti da un modello, poco realistico, e poi applicarlo al mondo reale. In questo modo hanno sviluppato un metodo per ridurre la varietà del mondo reale ma così si perdono moltissime informazioni, da un punto di vista cibernetico un modello economico è un sistema dal quale sono state eliminate molte informazioni. Esiste poi il cosiddetto Vizio Ricardiano ovvero la pratica di risolvere il modello prima di aver applicato le soluzioni alla vita reale, ciò che lo rende un vizio è quindi la sua tendenza a dimostrare le cose in un modello stilizzato, e poi agire come se fossero verità ovvie del mondo reale. Il grande punto cieco dell'economia è che gli economisti hanno dedicato così tanto tempo alle loro questioni generali di ottimizzazione e scarsità, prezzo e quantità, che sembrano dimenticare che c'è molto di più nella gestione di un'azienda, per non parlare di un'intera società. Un altra critica si rivolge ai sistemi di contabilità che sono spesso fuorvianti per il management, perchè considerare un costo fisso o variabile è piuttosto una decisione strategica e qualunque costo può essere considerato variabile se ristrutturi il tuo business. Inoltre, il problema principale dei sistemi di management delle organizzazioni è che queste sono divenute sempre più complicate ad una velocità che i managers non riescono a gestire. In conclusione i punti ciechi dell'economia e i punti ciechi del management lavorano insieme per produrre un modello del mondo che tende ad allontanarsi dalla realtà e produrre cattive decisioni. 

Le critiche dell'autore si rivolgono poi a Friedman e alla sua teoria della massimizzazione del valore per gli azionisti, cioè i manager sono agenti per conto  dei proprietari-azionisti e doveno agire nell'interesse esclusivo di questi ultimi. Inoltre, si scaglia contro la moda del leveraged buyout, dove il debito diventa una strumento di controllo, e che tanti danni ha fatto alle imprese e ai lavoratori. Critica anche le forme assunte dal management, iper pagato, dove si sono cercati di abbattere i costi diminuendo il personale e il middle management, così riducendo le capacità cognitive delle organizzazioni.

 Il problema di base è che i sistemi in generale hanno bisogno di meccanismi per riorganizzarsi quando la complessità del loro ambiente diventa troppo difficile da sostenere, ma i sistemi di governo di alto livello del mondo industriale (politica economica e gestione aziendale) hanno mostrato  alcuni difetti e punti ciechi che hanno impedito che ciò accadesse. Nell'ambito delle politica il popolo dovrebbe essere considerato una entità di decisione collettiva e, quindi, il canale di comunicazione con la popolazione deve rimanere aperto per consentire a questo di esprimere la propria visione. Il meccanismo di comunicazione del popolo è la protesta o malcontento, mentre le elezioni sono diventate una corsa in cui il potere esecutivo diventa il prezzo, pertanto una società liberale dovrebbe poter rispondere al disagio di massa piuttosto che al suo contenuto. La natura della crisi è che non è una crisi in sé, piuttosto è il modo in cui il sistema raggiunge la stabilità. Il mondo diventerà sempre  più complesso, ciò significa che devono essere costruiti sistemi che assorbano la volatilità e la varietà ai livelli appropriati. Quindi è necessario ristabilire il canale di comunicazione con il popolo forzando le classi dirigenti ad ascoltarlo. Il popolo ha lanciato un allarme, dobbiamo trovare un nuovo principio organizzativo. La cibernetica gestionale, sfortunatamente, non fornisce alcun indizio su come si potrebbe ottenere un cambiamento sociale così profondo, quello che l'autore auspica è che si presti pià attenzione ai meccanismi di "allarme maniglia rossa" che indicano un risultato insopportabile per le persone.

Dalla lunga recensione e dai suoi contenuti si capisce che è un libro che affronta molti argomenti, alcuni complessi, ma l'autore è molto bravo a rendere cose difficili in maniera gradevole da leggere e comprensibili che rende il libro molto leggibile, pertanto è un libro molto interessante e di cui suggerisco calorsamente la lettura.

In merito ai contenuti, le critiche alle economia e a certe degenerzioni nelle imprese sono stati più volte affrontati in questo blog da vari autori, però l'approccio sistemico e il ricorso alla cibenetica è senza dubbio nuovo, interessante e probabilmente convincente. L'autore però non da molte soluzioni nel finale oltre alle critiche al modo di fare economia e alle storture del management. 

Che il mondo sia estremamente complesso l'ho più volte dichiarato nei  miei post e che questo richieda èlite preparate, idee e modalità nuove, anche  in democrazia. Sono d'accordo che il popolo va ascoltato e il populismo non è altro che una reazione al mancato ascolto. Sono anche d'accordo che non ci sono soluzioni semplici, abbiamo soprattutto  bisogno di modalità organizzative nuove, dobbiamo velocemente abbandonare certe storture ideologiche del liberismo sul mercato che sono servite solo a far arrichire sempre di più i ricchi, per sostituirle con una visione dove conti di più la dimensione sociale e una maggiore etica senza ricadere in vetuste idee di utopie irrealizabili.