Tony Judt è un professore e
intellettuale americano molto noto e con diverse pubblicazioni all’attivo.
Il libro parte con la
constatazione che nel mondo di oggi c’è qualcosa di profondamente sbagliato
avendo trasformato in virtù il perseguimento dell’interesse personale. Ma non è
stato sempre così, nel dopoguerra sino agli anni 70 c’era invece un ampio
consenso nella azione dello Stato e nelle politiche “socialdemocratiche”, cioè
che le iniquità del capitalismo potessero essere stemperate dalla Stato con la
garanzia di un benessere presente e futuro. Lo stato sociale e la tassazione
progressiva non erano un tabù. La situazione si è però ribaltata a partire
dagli anni ‘70 (la rivincita di Hayek vs Keynes), con un declino del senso di
uno scopo condiviso e il primato dell’interesse individuale, cioè una
inversione di rotta intellettuale. In parte è anche dovuto alle generazioni
della protesta della fine degli anni 60, che hanno dato per scontate le conquiste
acquisite con una battaglia di rivendicazioni individuali nei confronti dello
Stato e della società. La caduta del comunismo ha poi sfilacciato tutta la
massa di dottrine che aveva in qualche modo tenuto insieme la sinistra; senza
più un riferimento culturale la sinistra ha finito per incorporare le dottrine
liberiste che sono divenute dominanti.
Il problema è che se anche ci
siamo liberati giustamente della tesi che lo Stato sia la soluzione migliore a
qualunque problema ora dobbiamo liberarci della idea opposta cioè che lo Stato
sia l’opzione peggiore. L’autore conclude, quindi, che bisogna in qualche modo
recuperare una narrazione morale, con idee nuove in cui lo Stato rappresenti
una istituzione intermedia primaria in grado di mediare tra cittadini insicuri
e multinazionali e organismi internazionali non controllabili dai cittadini.
Rimangono infatti troppi gli ambiti dove per perseguire i nostri interessi
collettivi non basta fare quello che pensiamo sia meglio a livello individuale.
Per fare ciò non dobbiamo per forza ripartire da zero ma il passato ancora ha
qualcosa da insegnarci per costruire il futuro.
Un libro interessante per la
capacità di analisi anche se in parte non del tutto nova, l’autore però non
propone soluzioni concrete ma si limita a dare un messaggio di speranza.
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