La recensione di oggi è sul libro: La crisi non
è finita di N. Roubini e S. Mihm- Feltrinelli
Nouriel
Roubini è riconosciuto come uno degli economisti più autorevoli del mondo, dopo
che le sue previsioni nel 2006, su un
imminente terribile crack dell'economia mondiale, si sono puntualmente avverate. In
questo libro Roubini spiega ai lettori in che modo è riuscito a prevedere prima
di altri la crisi in arrivo, evidenzia anche gli errori da evitare nella fase attuale e
indica i passi da compiere per uscirne in modo stabile. Nella
sua visione i disastri economici non sono eventi unici e imprevedibili, privi
di cause specifiche. Al contrario, i cataclismi finanziari sono vecchi quanto
il capitalismo stesso e si possono prevedere e riconoscere. Da queste
esperienze, ammonisce Roubini, dobbiamo imparare come possiamo fronteggiare
l'endemica instabilità dei sistemi finanziari, a prevederne i punti di rottura,
circoscrivere i pericoli di contagio globale, e soprattutto riuscire a
immaginare un futuro più stabile per l'economia mondiale. «Globalizzazione e innovazione
sono andate di pari passo, rafforzandosi a vicenda (...). La globalizzazione
potrebbe suscitare crisi molto più frequenti e virulente. La rapidità con cui i
capitali finanziari vaganti entrano ed escono da specifici mercati e da singole
economie ha esacerbato la volatilità dei prezzi delle attività e l'intensità
delle crisi finanziarie»
In particolare la sua analisi sui paesi dell’Europa del sud è che l'adozione dell'euro ha permesso loro di indebitarsi e consumare di più di quanto non avrebbero fatto altrimenti; il boom del credito che ne è conseguito ha sostenuto i consumi, ma provocando un aumento dei salari, che ha reso le loro esportazioni meno competitive. Le sue conclusioni finali sono che, come la maggior parte degli economisti più accreditati, dobbiamo dar vita a un processo di “definanziarizzazione” dell'economia reale riportandola alla sua origine di allocazione delle risorse scarse utilizzate per produrre beni e servizi. In particolare aggiungono gli autori, ricorrendo alla politica monetaria e a una più ampia regolamentazione, i governi possono arginare i fenomeni di boom e declino, possono fornire quella vasta rete di sicurezza sociale necessaria per rendere i lavoratori più produttivi e flessibili e possono attuare politiche tributarie che riducano le disuguaglianze di reddito e ricchezza:
In particolare la sua analisi sui paesi dell’Europa del sud è che l'adozione dell'euro ha permesso loro di indebitarsi e consumare di più di quanto non avrebbero fatto altrimenti; il boom del credito che ne è conseguito ha sostenuto i consumi, ma provocando un aumento dei salari, che ha reso le loro esportazioni meno competitive. Le sue conclusioni finali sono che, come la maggior parte degli economisti più accreditati, dobbiamo dar vita a un processo di “definanziarizzazione” dell'economia reale riportandola alla sua origine di allocazione delle risorse scarse utilizzate per produrre beni e servizi. In particolare aggiungono gli autori, ricorrendo alla politica monetaria e a una più ampia regolamentazione, i governi possono arginare i fenomeni di boom e declino, possono fornire quella vasta rete di sicurezza sociale necessaria per rendere i lavoratori più produttivi e flessibili e possono attuare politiche tributarie che riducano le disuguaglianze di reddito e ricchezza:
«Il nostro futuro potrà anche essere segnato dalle crisi, ma i governi possono limitarne l'incidenza e la gravità».
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