domenica 20 marzo 2022

Keynesiano nel breve, Schumpeteriano nel lungo

Se qualcuno mi chiede se sono keynesiano in genere, sorridendo, dico di essere keynesiano nel breve (periodo) e schumpeteriano nel lungo (periodo). Anche se è una battuta c'è del vero. Infatti, Keynes non ha mai nascosto di non essere interessato al lungo periodo con la sua  famosa frase: "Nel lungo periodo siamo tutti morti". Di fatto la sua teoria economica esposta in gran parte nel suo libro, La Teoria Generale (della occupazione, dell'interesse e della moneta), è essenzialmente una teoria del breve periodo. La analisi  di Keynes si concentra sulla domanda cosiddetta effettiva, cioè quella che si genera effettivamente nella realtà. L'elemento determinante sono gli investimenti, infatti questi sono l'elemento più variabile e sono determinati dagli imprenditori (animal spirits), infatti la volontà di investire dipende dalle prospettive di guadagno, ovvero quanti profitti posso fare al netto degli interessi che devo pagare sull'investimento che ho intrapreso. Se le prospettive sono buone avremo investimenti sufficienti, che a loro volta guidano l'occupazione e quindi il reddito complessivo, e tutto ciò si somma in una domanda complessiva che è sufficiente a mantenere una  offerta che garantisce una piena occupazione; viceversa prospettive cattive deprimono gli investimenti e a catena reddito e occupazione creando una situazione di stagnazione. Data la importanza degli investimenti nel generare reddito e occupazione e la loro criticità, Keynes propone una "socializzazione degli investimenti", ovvero lo Stato deve assumersi il ruolo di guida degli investimenti nei periodi di crisi, direi anche perché è l'unico soggetto che ha un orizzonte di lungo termine, mentre l'investitore privato ha un orizzonte generalmente orientato al breve, soprattutto in quegli investimenti, ad esempio le reti di infrastrutture, che sono investimenti di lungo termine e che inoltre favoriscono lo sviluppo di una nazione. In questo si vede un aspetto di Keynes che non è di breve termine. Infatti, anche se è vero che propone al limite di scavare e coprire buche nei periodi di crisi pur di creare lavoro e reddito, Keynes aveva in mente soprattutto gli investimenti, piuttosto che le spese correnti, per favorire la crescita, mentre forse alcuni suoi epigoni si sono fatti prendere troppo la mano sulla effettiva efficacia di tutte le spese del governo. Detto questo, quindi, che fa di Keynes un economista non solo interessato al breve termine, Schumpeter  non si pone minimamente il  problema di come risolvere le crisi che assillava  Keynes. Per Schumpeter la economia è per sua natura ciclica, infatti nel suo poderoso libro, Business Cycles, illustra che vi sono ben quattro cicli dell'economia, alcuni più brevi e alcuni più lunghi, tali cicli sono determinati essenzialmente dalle evoluzioni tecnologiche. La spiegazione della nascita dei cicli è in parole semplici la seguente: gli imprenditori, che sono l'elemento fondamentale per Schumpeter, sono alla ricerca di innovazioni tecnologiche o di processo, se riescono a trovarne di efficaci, questo gli da un vantaggio competitivo che spiazza i concorrenti. Si genera, alimentato anche dalla finanza (vedi Carlota Perez), un periodo di crescita economica, ma la crescita economica e le innovazioni tendono, col tempo, ad affievolirsi e così anche la crescita, dando luogo a un rallentamento che sfocia poi in una crisi, tale crisi pone le basi per un ulteriore ciclo di innovazione. Quello che descrive Schumpeter è abbastanza vicino alla realtà, forse i cicli economici non sono così precisamente determinati in termini temporali, ma che sia la tecnologia a produrre la crescita è ormai abbastanza assodato, vedi ad esempio l'analisi della crescita di Solow, anche se, come abbiamo visto in molti dei libri e articoli che abbiamo recensito, la crescita economica e lo sviluppo tecnologico funzionano bene solo  se sono accompagnati da un miglioramento istituzionale e culturale della società. Quindi, qualsiasi analisi economica seria non può prescindere dalle idee e dalle intuizioni schumpeteriane, anche se è pur vero che senza le idee keynesiane le crisi durerebbero di più, vedi la differenza tra la crisi del 1929 e quella del 2008. Inoltre, le idee keynesiane sono servite a creare nei paesi democratici occidentali, e non solo, le condizioni di stabilità economica e finanziaria per tutto il primo periodo del dopoguerra. Quindi se la teoria economica oggi è un poco meno cieca ed è più capace di interpretare i fatti economici lo dobbiamo a questi due grandissimi economisti del '900.

Nessun commento:

Posta un commento