martedì 20 ottobre 2020

Perché non credo agli economisti troppo assertivi

La massima di Socrate "so di non sapere" dovrebbe essere patrimonio di tutte le persone intelligenti. D'altra parte anche la scienza nelle sue discipline più dure e che hanno avuto più successo nelle sue  realizzazioni pratiche, come la Fisica, ci sorprendono con nuove rivelazioni che non trovano spiegazioni. Come ha spiegato Popper sono ammissibili, nella scienza, solo teorie che  sono confutabili,  cioè esiste la possibilità di concepire ed effettuare almeno un esperimento che le possa confutare. Detto ciò, qualsiasi affermazione, anche in ambito scientifico è, quindi, soggetta a possibili confutazioni e rivisitazioni, per cui in materie in cui è  intrinsecamente più difficile trovare prove sperimentali, come la Economia, sarebbe necessario avere più prudenza nel fare affermazioni spacciandole per verità indiscutibili. Quello che sto dicendo non è originale ma è quello che sostiene, ad esempio Rodrik, nel suo libro Economic Rules, infatti Rodrik afferma nel libro che in Economia, essendo una scienza sociale, la ricerca della teoria e dei risultati universali è futile e che i modelli utilizzati sono al massimo contestualmente validi

Fatta questa doverosa premessa, passiamo ad esaminare alcune questioni. Un esempio è la preminenza della offerta o della domanda, se chiediamo ad un liberista (ad es. Boldrin) vi dirà con estrema sicurezza che conta fondamentalmente la offerta e, infatti, le sue ricette economiche sono quasi tutte incentrate sulla offerta, se invece chiediamo a un keynesiano convinto vi dirà che alla fine la cosa che serve è la domanda. Ora, come ho già spiegato più volte io credo a Marshall quando affermava che domanda e offerta sono come le componenti di una forbice e se non c'è l'una anche l'altra non ha senso. Quindi, qualsiasi ricetta di politica economica deve essere valutata in base al contesto economico, storico e sociale di un paese e non dare per scontato niente. Altro aspetto molto dibattuto è quello del mercato e dello Stato. Anche qui gli economisti liberisti diranno che quello che conta è lo dispiegarsi delle fantastiche forze del mercato e della concorrenza, e che lo Stato dovrebbe impicciarsi di economia il meno possibile.  Gli economisti di "sinistra" diranno che è solo lo Stato che ci può salvare fornendo nel migliore dei modi i beni pubblici e anche dirigendo e pianificando l'economia.  Sostenere ognuna delle due posizioni con estrema forza, e spesso arroganza, mi fa un tantino trasalire. 

Stato e mercato sono spesso non in antagonismo ma complementari. Pensare che si possa governare dal centro e indirizzare sempre in maniera efficace la economia è sbagliato e non funziona come hanno mostrato molte esperienze, come pensare al mercato che funzioni senza regolazioni, senza che qualcuno fornisca infrastrutture e beni pubblici è altrettanto illusorio. Altro aspetto è quello della moneta (vedi ad esempio Bagnai), dire che la moneta è ininfluente o neutrale è piuttosto naïve al giorno d'oggi, ma pensare che la sovranità monetaria sia la soluzione della stragrande maggioranza dei nostri problemi è troppo semplicistico e irrealistico.  Peccato che spesso il dibattito sia spesso  così limitato e ridotto a inutili diatribe tra fautori di una o l'altra delle tesi. 

La realtà economica e sociale è complessa e multidimensionale. E' giusto cercare di semplificare e trovare delle ricette semplici, ma una cosa è cercare soluzioni semplici e altro che siano sempre giuste. Nel mio libro sull'economia ho cercato di illustrare le tesi sia di una parte e sia dell'altra, ho infatti parlato di Marx ma anche di Smith, di Keynes e di Hayek, di Stiglitz e Friedman, per dare al lettore una panoramica la più completa e, nei limiti del possibile, equidistante. 

Non accontentatevi di una visione sola, neanche di quelle teoricamente più equilibrate, ad esempio Blanchard, non esistono verità uniche e, infatti, spesso gli autori più seri ammettono di prendere degli abbagli. Certo fa piacere vedere quelli che espongono le loro idee con grande sicurezza, ma la scienza è soprattutto consapevolezza della propria ignoranza e non compiacimento egocentrico della propria presunta conoscenza.

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