I
due autori del libro - Perché le nazioni falliscono - edito dal
Saggiatore, sono Daron Acemoglu, professore di economia al MIT, e James A. Robinson, scienziato politico e professore ad
Harvard.
Il libro è
essenzialmente storico e volto a dimostrare la tesi degli autori,
cioè che sono le istituzioni che fanno la differenza e che
permettono a una nazione di evolvere e crescere stabilmente. Le
istituzioni politiche che funzionano sono quelle “inclusive”,
cioè quelle in qualche modo più democratiche, di fatto si crea un
circolo virtuoso per cui istituzioni politiche più inclusive
generano istituzioni economiche più inclusive che a loro volta
favoriscono lo sviluppo di istituzioni politiche più inclusive. Al
contrario, le istituzioni estrattive, ovvero in cui solo una piccola
élite ha il potere e si arricchisce, determinano società più
povere e più instabili.
Nella prima parte
del libro criticano altre teorie sul tema. La teoria geografica, ad
esempio quella di Jared Diamond per cui contano in particolare
la presenza di specie animali e vegetali adatte, per gli autori può
spiegare le differenze solo in una fase pre-moderna. Criticano anche
la teoria culturale che può spiegare solo alcune difficoltà e
differenze, in particolare gli autori considerano errata la teoria
religiosa di Weber sulla importanza del protestantesimo sullo
sviluppo capitalistico. Analogamente la teoria dell'ignoranza dei
governanti è poco credibile e accettabile.
Quindi
il libro, per larga parte, è una analisi della storia di molte
nazioni, ad esempio lo sviluppo della Gran Bretagna con la Gloriosa
Rivoluzione e le differenti traiettorie delle esperienze coloniali
tra il nord America e i sud America. Le testimonianze storiche
spaziano dalla antica Roma sino alla evoluzione della Cina dagli
antichi imperi sino ad adesso, tutti questi esempi storici dimostrano
la tesi secondo gli autori. Sono le istituzioni politiche inclusive,
con lo Stato che garantisce i diritti di proprietà e dei contratti, che favoriscono la nascita di istituzioni economiche più inclusive,
queste a loro volta aprono la strada a due fondamentali fattori: lo
sviluppo tecnologico e la istruzione.
Le
istituzioni economiche inclusive sfruttano pertanto il potenziale dei
mercati (inclusivi) stimolando la innovazione tecnologica che spinge
a investire sulle persone e a mettere a frutto il talento e la
abilità di un gran numero di individui che sono decisivi per la
crescita economica. Si crea quindi una sinergia tra istituzioni
politiche ed economiche. Al contrario società caratterizzate da
politiche estrattive rifuggiranno da istituzioni economiche inclusive
evitando di far avviare processi di distruzione creatrice.
Ma
come nascono le traiettorie diverse dei paesi? Nascono da piccole
differenze che dividono le nazioni e che entrano in gioco quando si
presenta una congiuntura critica, ad esempio nel caso inglese lo
sviluppo delle rotte atlantiche ha sviluppato in Inghilterra una
élite di mercanti ricchi, numerosi e desiderosi di maggior potere
politico e indipendenza dalla corona.
Quindi i grandi cambiamenti
sono l'esito della interazione tra istituzioni esistenti e
congiunture critiche che modificano gli equilibri. Non esiste quindi
un determinismo storico, le nazioni ricche sono riuscite grazie a un
processo di circoli virtuosi che hanno generato una dinamica di
feedback positivi incrementando la inclusività delle istituzioni, ma
il processo non è cosi facile da avverarsi come vediamo.
In
sintesi un libro interessante e ricco di testimonianze storiche, anche
se nel complesso un poco ridondante. La teoria è sicuramente
avvincente e su cui in buona parte concordo, ancorché un poco troppo
semplicistica, non è comunque particolarmente innovativa per chi
legge questo blog. La importanza delle istituzioni la ritroviamo
negli scritti di Popper, che abbiamo spesso citato, e la importanza della tecnologia e la
stessa definizione di distruzione creatrice risentono chiaramente
della influenza Schumpeteriana
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