domenica 5 aprile 2020

Daron Acemoglu, James A. Robinson - Perché le nazioni falliscono


I due autori del libro - Perché le nazioni falliscono - edito dal Saggiatore, sono Daron Acemoglu, professore di economia al MIT, e James A. Robinson, scienziato politico e professore ad Harvard.
Il libro è essenzialmente storico e volto a dimostrare la tesi degli autori, cioè che sono le istituzioni che fanno la differenza e che permettono a una nazione di evolvere e crescere stabilmente. Le istituzioni politiche che funzionano sono quelle “inclusive”, cioè quelle in qualche modo più democratiche, di fatto si crea un circolo virtuoso per cui istituzioni politiche più inclusive generano istituzioni economiche più inclusive che a loro volta favoriscono lo sviluppo di istituzioni politiche più inclusive. Al contrario, le istituzioni estrattive, ovvero in cui solo una piccola élite ha il potere e si arricchisce, determinano società più povere e più instabili.
Nella prima parte del libro criticano altre teorie sul tema. La teoria geografica, ad esempio quella di Jared Diamond per cui contano in particolare la presenza di specie animali e vegetali adatte, per gli autori può spiegare le differenze solo in una fase pre-moderna. Criticano anche la teoria culturale che può spiegare solo alcune difficoltà e differenze, in particolare gli autori considerano errata la teoria religiosa di Weber sulla importanza del protestantesimo sullo sviluppo capitalistico. Analogamente la teoria dell'ignoranza dei governanti è poco credibile e accettabile.
Quindi il libro, per larga parte, è una analisi della storia di molte nazioni, ad esempio lo sviluppo della Gran Bretagna con la Gloriosa Rivoluzione e le differenti traiettorie delle esperienze coloniali tra il nord America e i sud America. Le testimonianze storiche spaziano dalla antica Roma sino alla evoluzione della Cina dagli antichi imperi sino ad adesso, tutti questi esempi storici dimostrano la tesi secondo gli autori. Sono le istituzioni politiche inclusive, con lo Stato che garantisce i diritti di proprietà e dei contratti, che favoriscono la nascita di istituzioni economiche più inclusive, queste a loro volta aprono la strada a due fondamentali fattori: lo sviluppo tecnologico e la istruzione.
Le istituzioni economiche inclusive sfruttano pertanto il potenziale dei mercati (inclusivi) stimolando la innovazione tecnologica che spinge a investire sulle persone e a mettere a frutto il talento e la abilità di un gran numero di individui che sono decisivi per la crescita economica. Si crea quindi una sinergia tra istituzioni politiche ed economiche. Al contrario società caratterizzate da politiche estrattive rifuggiranno da istituzioni economiche inclusive evitando di far avviare processi di distruzione creatrice.
Ma come nascono le traiettorie diverse dei paesi? Nascono da piccole differenze che dividono le nazioni e che entrano in gioco quando si presenta una congiuntura critica, ad esempio nel caso inglese lo sviluppo delle rotte atlantiche ha sviluppato in Inghilterra una élite di mercanti ricchi, numerosi e desiderosi di maggior potere politico e indipendenza dalla corona. 
Quindi i grandi cambiamenti sono l'esito della interazione tra istituzioni esistenti e congiunture critiche che modificano gli equilibri. Non esiste quindi un determinismo storico, le nazioni ricche sono riuscite grazie a un processo di circoli virtuosi che hanno generato una dinamica di feedback positivi incrementando la inclusività delle istituzioni, ma il processo non è cosi facile da avverarsi come vediamo.
In sintesi un libro interessante e ricco di testimonianze storiche, anche se nel complesso un poco ridondante. La teoria è sicuramente avvincente e su cui in buona parte concordo, ancorché un poco troppo semplicistica, non è comunque particolarmente innovativa per chi legge questo blog. La importanza delle istituzioni la ritroviamo negli scritti di Popper, che abbiamo spesso citato,  e la importanza della tecnologia e la stessa definizione di distruzione creatrice risentono chiaramente della influenza Schumpeteriana

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