mercoledì 26 aprile 2017

Sergio Cesaratto- Sei lezioni di economia –Imprimatur editore

Sergio Cesaratto è professore di Economia Politica alla Università di Siena, in questo libro si dedica alla divulgazione economica.
Le prime tre lezioni  sono una buona sintesi di  economia, partendo dai concetti  dell’economia classica, per proseguire con Keynes, mettendo in luce poi in particolare la critica di Sraffa  alla idee della economia marginalista. Le tre lezioni successive sono dedicate, la prima, alla moneta e al cosiddetto  vincolo estero, segue  un breve excursus sulla storia dell’economia italiana dal secondo dopoguerra a oggi, infine  l’ultima parte è dedicata alla politica monetaria della Banca Centrale Europea.  
La tesi centrale  del libro non è nuova e già descritta in altri testi di cui abbiamo parlato: l’euro e le politiche di austerità farebbero parte di un progetto a lunga scadenza di annullamento delle conquiste del dopoguerra (sicurezza del posto di lavoro, sanità pubblica, pensioni ecc.)
L'euro per l’autore  è infatti come la centrale di Chernobyl: “ha dapprima portato devastazione attorno a sé, per essere poi racchiuso in un sarcofago di cemento - con Draghi capocantiere - entro cui, tuttavia, esso continua a bruciare e a essere pronto a esplodere di nuovo", ma conclude: “Se l’euro franerà, sarà attraverso un crollo a caldo” per via di una qualche grossa crisi.
Un libro sicuramente interessante, Cesaratto si toglie i panni del professore troppo serio adottando uno stile  colloquiale, con battute, e interazioni con un ipotetico intervistatore, che rendono la lettura piacevole e scorrevole. Sicuramente più interessante la prima parte che consente  al lettore di avvicinarsi ai temi economici con chiarezza e semplicità di linguaggio (nel mio libro sono trattati in maniera più estesa), sul tema dell’euro però non aggiunge niente a ciò che è stato finora detto da molti altri autori.

lunedì 3 aprile 2017

Francis Fukuyama - La fine della storia e l’ultimo uomo

Il libro di Fukuyama non è un libro recente, risale agli anni ‘90 ed è stato al centro di un grande dibattito, l’ho riletto in questi giorni per rispondere alla domanda: è ancora attuale?
Il libro si svolge su due piani: storico e filosofico, e la domanda cui vuole rispondere l’autore è se la storia abbia una direzione e se abbia raggiunto una fine, come riteneva Hegel ma anche Marx, i quali asserivano che la storia umana avrebbe avuto una fine una volta che si fosse raggiunta una società tale da soddisfare i profondi e fondamentali desideri della umanità.

Sicuramente ciò che, per l’autore,  ha una direzione ben precisa è la ricerca scientifico-tecnologica che progredendo, nell’ambito del sistema capitalistico e di mercato, ha consentito di raggiungere elevati standard di vita ed economici nei paesi sviluppati.

Uno degli aspetti principali della natura umana è che l’uomo non ha solo esigenze materiali e comportamenti razionali ma, riprendendo ancora Hegel, uno dei fondamentali bisogni umani sia quello del “riconoscimento”, cioè essere considerato per il suo valore ma anche di avere una dignità. Questo bisogno di riconoscimento, nel suo aspetto più negativo, ha prevalso all’inizio della storia con la componente (megalotimia) con le lotte per la supremazia e la instaurazione del binomio signore-servo. 
Questo aspetto viene superato nella democrazia, che riesce a sostituire il desiderio irrazionale di essere riconosciuto come più grande degli altri con il desiderio di riconoscimento come uguale (isotimia), la lotta per la supremazia viene in qualche modo sublimata nel sistema capitalistico nella conquista della supremazia economica.
Il sistema democratico, quindi, nell’ambito di un sistema di mercato, sembrerebbe aver raggiunto il miglior compromesso tra le esigenze razionali di conservazione e le esigenze irrazionali di supremazia, rappresenterebbe quindi la fine della storia?
Fukuyama pur sostenendo che le attuali democrazie liberali siano sistemi migliori dei precedenti non nasconde che la democrazia abbia ancora delle contraddizioni; due sono le critiche che vengono, da sinistra e da destra. Da sinistra la critica sostiene che il riconoscimento sarebbe imperfetto perché solo formale e non accompagnato da un'effettiva uguaglianza di possibilità, nella critica di destra (con riferimento a Nietzsche) la tendenza alla eguaglianza democratica sarebbe frustrante, visto che l'uguaglianza del riconoscimento non sarebbe specchio reale delle differenze tra uomo e uomo.
La fine della storia sarebbe quindi, secondo Fukuyama, nel attuale sistema liberaldemocratico, anche se nel finale non da per scontato che questo sia l’esito finale, l’aspetto irrazionale infatti è sempre presente nell’uomo che porta dentro di se la perenne insoddisfazione anche per sistemi politici che si sono dimostrati alla lunga migliori in confronto agli altri. 
Complessivamente un libro molto stimolante, pieno di riferimenti storici e filosofici, anche se in alcune parti le conclusioni sono solo in parte condivisibili, ritengo, pertanto,  che sia un libro ancora interessante da leggere anche se Fukuyama successivamente ha parzialmente modificato il suo punto di vista.