giovedì 20 ottobre 2016

Simon Wren Lewis - Una teoria generale dell’austerità

Oggi presentiamo un bel articolo di Simon Wren-Lewis, della University of Oxford, l’articolo  originale lo trovate qui, di seguito la mia sintesi.
La questione centrale dell’articolo è se l’austerità, come si dimostra, non era necessaria perché è stata attuata?
Inizialmente chiarisce la differenza tra i due termini: consolidamento fiscale e austerità, il primo si riferisce ad un pacchetto di misure atto a ridurre la spesa e alzare le tasse, mentre l’austerità è quando il consolidamento fiscale porta ad un elevata disoccupazione involontaria.
Ricorda che l’azione della banca centrale quando procede al taglio dei tassi di interesse è per incoraggiare la spesa e ridurre il risparmio. Attraverso il quantitative easing, inoltre, cerca di influenzare anche i tassi a lungo termine, strumento non sempre efficiente soprattutto a tassi molto bassi (zero lower bound), per tali motivi diviene necessario anche lo stimolo fiscale, come avvenuto negli USA.
L’austerità per l’autore poteva essere quindi evitata per l’eurozona ritardando il consolidamento fiscale di qualche anno, per alcuni paesi una qualche forma di austerità poteva esser necessaria ma solo per ricondurre la propria competitività a quella degli altri paesi e, in ogni caso, diluita nel tempo. Quello che conta è infatti il tasso di cambio reale piuttosto che il tasso di interesse reale per aumentare la competitività.
Inoltre, la teoria secondo cui i mercati non avrebbero concesso questo tempo per l’autore non regge, in particolare perché nelle recessioni aumenta il risparmio e quindi c’è necessita di titoli sicuri come i titoli di stato.
Il problema è che i paesi dell’euro non hanno più una banca centrale che può stampare denaro per evitare il default e quindi ridurre i rischi, e la BCE non era inizialmente pronta a fare da prestatore di ultima istanza, cosa che è avvenuta solo più tardi con l’OMT.
Ma allora qual è il vero motivo dell’austerità in Europa? La Germania con un tasso di incremento dei salari più basso ha guadagnato competitività, quindi la opposizione a politiche monetarie non convenzionali è nell’interesse della Germania. Ma se la Germania ha poco interesse alle politiche keynesiane perché gli altri si sono allineati a questa politica, visti i danni dell’austerità e l’ammissione degli errori di valutazione anche da parte del FMI?
Il problema è sostanzialmente ideologico, la idea di una banca centrale indipendente e quella che la politica monetaria sia più efficiente della politica fiscale nello stabilizzare la situazione macroeconomica hanno contribuito a ridurre i costi del consolidamento fiscale agli occhi dei politici e dei media. La “truffa del deficit” propagandata dalla destra politica consiste appunto nello spingere le masse a preoccuparsi del debito insieme al timore dei mercati finanziari, mentre vengono ignorati gli effetti pericolosi del consolidamento fiscale nella trappola della liquidità, di fatto ciò ha segnato la crescita del potere della ideologia neo-liberale.

Ma non c’è niente di logico nella “teoria dell’austerità”, è solo un abile opportunismo della destra nello sfruttare le paure popolari sulla crescita del debito pubblico per raggiungere il fine che è la riduzione del ruolo dello  stato.
Tale opportunismo e la sua vittoria riflette un fallimento dell’economia, questo fallimento è anche dovuto al fatto che è stato sempre più delegato alle banche centrali indipendenti il compito della stabilizzazione macroeconomica, e che tali istituzioni si sono poco preoccupate dei costi di un prematuro consolidamento fiscale anzi lo hanno talvolta incoraggiato.

sabato 15 ottobre 2016

J.Stiglitz - La grande frattura- Einaudi

Il libro che recensiamo è del premio Nobel per l’economia J. Stiglitz, autore di molti saggi di successo.
Il tema del libro è la diseguaglianza, “la frattura”, tra i ricchi e i poveri. In particolare l’autore nel libro mostra come, negli ultimi tempi e anche dopo la crisi, il divario di ricchezza tra quelli in cima alla piramide  e gli altri si stia divaricando sempre di più; questo non è avvenuto per cause naturali ma anche a causa delle politiche liberiste degli ultimi anni che hanno creato un “capitalismo truccato”, politiche che, secondo l’autore, devono essere profondamente cambiate. Come conseguenza sta morendo, nei paesi occidentali avanzati ed in particolare negli Stati Uniti, la classe media che si era formata e accresciuta dal dopoguerra sino agli inizi degli anni ’80, inoltre si allarga sempre di più la platea della povertà. Questo non è solo un problema di giustizia sociale ma compromette anche il funzionamento della economia, mancando una classe che consentiva di mantenere alti i consumi, mentre la concentrazione di ricchezza alimenta le speculazioni finanziarie e le bolle.
Il problema di fondo per l’autore è che : « il capitalismo può essere il migliore sistema del mondo ma nessuno ha mai detto che avrebbe creato stabilità […] la regolamentazione e la vigilanza governative rappresentano una componente essenziale di un economia di mercato ben funzionante».

 Il libro è pieno di spunti interessanti ed essendo una raccolta di articoli è scritto per il grande pubblico, che è anche il limite di questo saggio, infatti, trattandosi di articoli, spesso i temi sono ripetuti e manca forse una visione d’insieme, anche se resta un libro che vale la pena di essere letto.

lunedì 3 ottobre 2016

Perchè voterò No al Referendum

Perchè voterò No al Referendum
  • ·  Non voterò No perché voglio  mandare a casa Renzi, sinceramente una riforma costituzionale dovrebbe avere un respiro più lungo di un governo e anche di una legislatura, d’altra parte chi ha sbagliato (come ora ammette) per aver impostato la questione come una ordalia, un pò ricattatoria, agli elettori è stato Renzi;
  • ·  Non voterò No perché abbiamo la costituzione più bella del mondo (pura retorica), anzi credo che andrebbe migliorata in alcuni aspetti;
  • · Non voterò No perché vorrei una riforma perfetta o sono un conservatore, vorrei una riforma almeno decente che migliori l’attuale senza peggiorarla.

Qual è dunque il metro di giudizio su questa riforma, semplicemente se è conforme al principio base di ogni stato di diritto, ovvero l’equilibrio dei poteri e il rispetto delle minoranze.
Questa riforma, insieme alla pessima legge elettorale, infatti rischia di dare un potere eccessivo ad una sola camera e al Presidente del Consiglio, inoltre il meccanismo elettorale rischia di dare enorme potere non a una maggioranza ma a una minoranza.
Il Senato non elettivo rappresenta poco le minoranze e i suoi compiti sono abbastanza confusi e poco chiari, personalmente avrei preferito un Senato eletto con una legge elettorale diversa  da quella della Camera (più proporzionale lasciando alla Camera un sistema con di premio di maggioranza ridotto rispetto all’Italicum), che potrebbe non votare la fiducia ma avesse delle prerogative più chiare in termini di rappresentanza delle minoranze, pur superando il bicameralismo perfetto.
Insomma non ci voleva moltissimo per articolare una riforma che, pur superando le attuali difficoltà, potesse avere una architettura che fosse accettabile alla maggioranza dei partiti e dei cittadini, non è sufficiente accusare di immobilismo per far passare una riforma che nella sostanza peggiora la attuale con tutti i suoi limiti.
Il discorso che basta cambiare la legge elettorale non mi convince, primo perché ci è stata sbandierata come una delle   migliori  al mondo e adesso ci si dice che potrebbe essere cambiata, si ma come e quando? Se poi passasse il Si ho seri dubbi che possa essere cambiata veramente.

Agli amici del PD che sono favorevoli alla riforma vorrei che pensassero cosa poteva essere il nostro paese con Berlusconi al governo con una tale riforma costituzionale, io francamente visto il populismo imperante nel nostro paese non mi sento tanto rassicurato da tale riforma, ricordiamoci che la nostra è una Repubblica in cui il potere spetta al popolo nei limiti dettati dalla Costituzione, ma se questi limiti sono molto bassi la deriva autoritaria o l’abuso di potere di una minoranza sono un rischio concreto. 
Per concludere una citazione di Popper:
«Abbiamo bisogno non tanto di uomini validi quanto di buone istituzioni. Anche l’uomo migliore può essere corrotto dal potere, le istituzioni, che permettono ai governati di esercitare un certo controllo efficace sui governanti, costringeranno quelli cattivi a fare ciò che i governati giudicano nel loro interesse. Per questo è tanto importante elaborare istituzioni che impediscano anche ai cattivi governanti di provocare danni eccessiv