mercoledì 16 marzo 2016

Le idee dell'economia- Teoria dell’equilibrio generale e ottimo paretiano: Walras e Pareto

Nel post precedente abbiamo esposto la legge della domanda e offerta per un singolo bene, tale modalità di lavorare su un singolo mercato  si definisce equilibrio parziale.
Il passo successivo è quello di capire se si possa affrontare e risolvere il tema dell’equilibro di tutti i mercati: equilibrio  generale. Chi per primo affrontò e risolse, almeno in parte, il problema fu Leon Walras.
Leon Walras (1834-1910), di origine francese e di padre economista, inizialmente si dedicò agli studi di ingegneria (mineraria) ma ben presto si rivolse al giornalismo e ad attività nel mondo lavoro (banche e ferrovie) per diventare, successivamente, professore di economia all’Università di Losanna. Contribuì allo sviluppo dei concetti del “marginalismo” ma probabilmente  il suo contributo, più rilevante e originale, è quello sulla teoria dell’ equilibrio generale.
La teoria dell’equilibrio generale di Walras è molto complessa, pertanto ci limiteremo a darne una visione ridotta e semplificata nel tentativo di farne intuire il significato[1].
Nell’esporre la legge della domanda e dell’offerta si è visto che, individuate le due curve di domanda e offerta, si possono ricavare la quantità del  bene scambiato  e il suo prezzo nel punto di equilibrio. Tale risultato grafico si può anche rappresentare analiticamente come un sistema di due equazioni a due incognite, quantità e prezzo del bene. Oltre ad estendere il ragionamento a tutti i beni e relativi mercati, Walras, lo estende anche ai mercati dei servizi produttivi (ad esempio il lavoro) e a quello dei capitali dove, da un lato, abbiamo l’offerta di risparmio e, dall’altro, la domanda di capitali da parte dell’impresa.
I soggetti che agiscono nei mercati sono quindi per Walras:  i lavoratori, i proprietari terrieri e di capitale e gli imprenditori veri e propri, quelli che organizzano la produzione. I mercati, per Walras, sono mercati ideali perfettamente concorrenziali con le caratteristiche che abbiamo citato  nel precedente post.
Per raggiungere l’equilibrio di tutti i mercati esiste una fase di cosiddetto aggiustamento (“tattonnement” in francese) per cui, dopo una serie  di oscillazioni, i mercati raggiungono l’equilibrio. Un ulteriore espediente che utilizza Walras è quello del banditore, come nelle aste, per il raggiungimento dell’equilibrio.
Quindi, in definitiva,  abbiamo  N+M mercati (beni e servizi) in equilibrio e quindi N+M  incognite e N+M  equazioni o relazioni e, se abbiamo tante equazioni indipendenti quante sono le variabili, il sistema in teoria è risolvibile e potrebbe avere una soluzione che sarebbero gli N+M prezzi[2].
Il problema che nasce è se questa soluzione esiste veramente ed è significativa, valori negativi infatti non avrebbero senso, ed è veramente unica, problema che Walras non riuscì a dimostrare compiutamente.
Saranno gli studi successivi, in particolare di Arrow e Debreu grazie all’utilizzo di tecniche matematiche più sofisticate, a dimostrare che le condizioni poste da Walras erano solo necessarie e non sufficienti per avere una soluzione e stabiliranno, da un lato, la esistenza dell’equilibrio ma, d’altra parte, che è praticamente impossibile dimostrarne l’unicità della soluzione.
Un ulteriore limite dell’analisi di Walras, è che la sua è una  teoria statica, che mal si concilia con le situazioni economiche che sono estremamente dinamiche. Inoltre una ulteriore limitazione è che in equilibrio il profitto dell’imprenditore è nullo, cosa alquanto irrealistica come ha fatto osservare Schumpeter che nell’imprenditore vedeva la figura centrale del capitalismo.
Resta comunque grandioso il lavoro di Walras, che la nostra sintesi non rende nella sua complessità, che lo fa inserire tra i più grandi economisti della storia[3]. La sua teoria non ebbe una grandissima rilevanza tra gli economisti dell’epoca forse per il carattere troppo teorico e la complessità, mentre  la teoria degli equilibri parziali, che portava a risultati pratici più spendibili, ebbe maggiore fortuna e utilizzazione.
Le teorie di Walras vennero riprese  da Pareto ma  sviluppate su nuove basi, come accennato, solo in un periodo successivo.
Vilfredo Pareto (1848-1923), che succederà a Walras nella cattedra alla Università di Losanna, nacque a Parigi da padre italiano. Dopo la laurea in ingegneria fu direttore della Società delle Ferriere Italiane, ma abbandonato il lavoro si dedicò agli studi economici e non solo, diventando professore di economia politica. Nell’ultima parte della sua vita, grazie anche a una cospicua eredità ricevuta, si ritirò a vita privata continuando i suoi studi in Svizzera sino al termine della sua vita.
Pareto lavorò alla teoria dell’equilibrio generale ma il concetto per cui è più noto è quello di “ottimo paretiano”. Si ha un ”ottimo paretiano” quando, una volta assunta una distribuzione  iniziale di dotazioni o risorse ai vari soggetti, si arriva ad una situazione ottimale che è quella nella quale l’utilità di ogni soggetto può essere aumentata solo riducendo l’utilità di un altro.
Si può dimostrare che, cosiddetto primo teorema dell’economia del benessere di cui parleremo più avanti, un sistema di mercato perfettamente concorrenziale  in equilibrio raggiunge una situazione di ottimo paretiano, e quindi avremmo la miglior efficienza in termini di allocazione delle risorse. D’altra parte le situazioni ottimali possono essere diverse in funzione delle condizioni iniziali e nessuno ci assicura che siano le più socialmente utili[4]. Infatti un limite di tale impostazione è il fatto che si parte da una distribuzione di risorse date, che quindi può essere facilmente non equilibrata, il che vuol dire che l’efficienza paretiana mal si concilia con la equità (distributiva). Si può arrivare, di fatto,  ad una situazione ottimale in cui permangono delle distribuzioni non eque, ovvero chi ha di più continua ad avere di più.
Facciamo un esempio, se il soggetto A parte con 100 e il soggetto B con 20 e si arriva ad una situazione in cui A adesso ha 110 e B 20 questa costituisce un “ottimo paretiano”, viceversa se A arriva ad avere 98 e B 50 non è un ottimo paretiano (!).
Ulteriori critiche sulla efficienza dei mercati, che vedremo più avanti, verranno dalle teorie dei cosiddetti “fallimenti del mercato” e inoltre una ulteriore critica dai lavori di Amarthia Sen.
Un secondo contributo di Pareto che vorrei citare è quello relativo alla distribuzione del reddito. Secondo Pareto la distribuzione del reddito in tutti i periodi storici non varia e, tale distribuzione, porta ad avere la maggior parte della ricchezza sempre concentrata in una porzione piccola della popolazione, in pratica la distribuzione è tale che il 20% della popolazione detiene circa l’80 % della ricchezza. Tale risultato è vero in parte, cioè è vero che di norma in tutte le società esiste una concentrazione di ricchezze in una parte della popolazione, ma tale concentrazione varia nel corso del tempo come ad esempio mostra T.Piktty nel suo libro Il capitale del XXI secolo[5].
Per concludere è interessante notare come Pareto, grande fautore della razionalità e dell’analisi scientifica, si sia dedicato nell’ultima parte della sua vita allo studio della sociologia, probabilmente convinto che la sola razionalità, implicita nelle asserzioni dell’economia neoclassica, non riesca a cogliere appieno la realtà.
Il suo studio sociologico[6] infatti si concentra anche sulle cosiddette “azioni non-logiche”, che  dimostra ulteriormente come lo studio dell’economia sia intimamente connesso anche a fattori comportamentali che sono decisamente  complessi e difficili da schematizzare in termini solo logici.
Pareto nel suo libro arriva alla conclusione che l’azione umana sia guidata da motivazioni che definisce “residui”, una specie di istinti, che sono alla base del comportamento umano. Da queste premesse Pareto arriva a ipotizzare  la cosiddetta “teoria della circolazione delle  élite”, per cui nel corso della storia umana tendono a prevalere quei gruppi di individui che sono dotati dei “residui” più adatti a emergere, per poi essere sostituiti nel tempo da altri nuovi gruppi che manifestano le stesse caratteristiche.




[1] Per approfondimenti vedi ad esempio: M.Blaug, Storia e critica della teoria economica, Boringhieri, Torino 1970.
[2]Per dovere di precisione dato che un bene viene preso come riferimento  per i prezzi, che sono sempre relativi, il numero di incognite è di fatto diminuito di uno,d’altra parte Walras dimostra che se N-1 mercati sono in equilibrio anche l’N-simo mercato è in equilibrio, pertanto si ritorna ad avere tante equazioni quante sono le incognite e quindi il sistema in teoria è risolvibile cioè può avere almeno una  soluzione.
[3] «Per quanto concerne al teoria pura, Walras è a mio parere il più grande degli economisti. Il suo sistema dell’equilibrio […] è l’unica opera di un economista che possa reggere il confronto con le conquiste della fisica teorica.». J.A. Schumpeter, Storia dell’analisi economica, Bollati Boringhieri, Torino 1990, vol.III, p. 1016.
[4]Da sottolineare  che  il secondo teorema del benessere afferma che un qualsiasi punto ottimale  può  essere raggiunto alterando le condizioni o dotazioni  iniziali; rimane comunque  aperto il problema di come determinare il punto ottimo socialmente che, come vedremo con Arrow, non è facile determinare.
[5] T.Piketty, Il capitale del XXI secolo, Bompiani, Milano 2014 .
[6] V.Pareto, Trattato  di sociologia generale, UTET, Milano.

mercoledì 9 marzo 2016

Nicholas Wapshott - Keynes o Hayek. Lo scontro che ha definito l'economia moderna

In questo libro, il giornalista britannico Nicholas Wapshott, ripercorre la storia di un secolo di idee economiche, ma anche delle sottostanti vicende storiche mondiali. Si parte dall’inizio degli anni ’20, dove Keynes diventa subito famoso per i suoi libri polemici, uno contro gli accordi di pace al termine della prima guerra mondiale che impongono pesanti pagamenti alla sconfitta Germania da parte degli alleati, grave errore gravido di funeste conseguenze per Keynes che profetizza, con successo, la ascesa del nazismo. L’altro suo pamphlet polemico è contro Curchill e la sua politica di aggancio della sterlina all’oro che, anche qui a ragione, Keynes pronostica provocherà una grave recessione economica. Solo più tardi incomincia a farsi sentire Hayek, molto più giovane e sconosciuto, criticando Keynes in merito al suo libro sulla moneta (Trattato sulla moneta). La polemica tra i due è pesante e si trascina a lungo, ma quando esce il capolavoro di Keynes, La Teoria generale, il suo successo tra i giovani economisti e nel pubblico sancisce, per un lungo periodo, la sconfitta e il silenzio di Hayek. Solo nel dopoguerra e dopo la morte di Keynes riprende l’interesse per Hayek, che diventa famoso per il suo libro La via verso la schiavitù e ottiene anche il premio Nobel per l’economia. Le sue idee ispireranno le politiche neoliberiste da parte di Reagan e soprattutto della Tachter, grazie anche al contributo della scuola di Chicago e di Friedman. La crisi del 2008 però segna un ritorno dell’interesse e alla applicazione delle politiche keynesiane che erano state mandate in soffitta dalla stagflazione degli anni ‘70. In definitiva un libro ricco di informazioni, aneddoti e citazioni, che ricostruisce con chiarezza e capacità espositiva un lungo periodo storico di idee economiche e politiche. L’autore nei giudizi mantiene un grande equilibrio sui due rivali anche se dalla narrazione appare evidente che, da un punto di vista strettamente del pensiero economico, l’eredità di Keynes è senza dubbio maggiore del rivale.