lunedì 22 febbraio 2016

La legge della domanda e dell'offerta-A.Marshall

In questo post parleremo di una delle “leggi” più famose dell’economia che è sicuramente la più conosciuta anche dai profani. Tale legge in termini generali era nota anche tra i primi ad occuparsi di economia, tra i precursori viene citato il filosofo inglese Locke[1], e come abbiamo visto tale “legge” viene spesso menzionata dagli autori dell’economia classica. E’  comunque  nel periodo che stiamo trattando che viene esposta in maniera più rigorosa e formale,  questo lo si deve principalmente ad Alfred Marshall.
Alfred Marshall (1842-1924) fu un economista inglese, il cui pensiero e le cui opere furono predominanti nell’economia per lungo tempo. La sua formazione iniziale fu matematica e filosofica, per poi dedicarsi all’economia, fu infatti professore di economia politica a Cambridge dal 1885 al 1908. Nonostante la sua formazione matematica fu sempre contrario ad un uso eccessivo del formalismo matematico, preferendo, nel suo testo fondamentale Principi di economia[2], utilizzare uno stile discorsivo lasciando gli aspetti più analitici a note o appendici al testo.
Esiste per Marshall un legame diretto tra la “legge” dell’utilità marginale decrescente e la “legge della domanda”. Infatti abbiamo visto che l’utilità marginale, ovvero la soddisfazione provocata dell’ultima dose di un bene, diminuisce all’aumentare della quantità consumata, quindi di conseguenza all’aumentare del prezzo, che è il costo o sacrificio per l’acquirente per ottenere l’utilità, la quantità domandata del bene tenderà a diminuire; oppure, invertendo i termini del problema, si può anche affermare che al diminuire del prezzo aumenterà la quantità domandata. In economia si rappresenta la curva, vedi figura seguente, con il prezzo in ordinata e la quantità domandata in ascissa e,  come per l’utilità marginale, la  curva -nel disegno per semplicità è una retta- che rappresenta il prezzo di domanda in funzione della quantità domandata  sarà decrescente. La forma di questa curva sarà, in generale, diversa da individuo a individuo e dipendente dalla tipologia del bene.


Esaminata la domanda vediamo la seconda componente necessaria per completare il quadro: l’offerta. Quando si parla di offerta vediamo l’altro lato del mercato[3], ovvero il  lato del venditore o produttore. In questo caso la determinante della legge è la produzione. Una volta stabilito un determinato momento temporale[4] possiamo dire che il metodo di produzione è fissato, pertanto si può affermare che, in generale salvo casi particolari, ad un aumento della quantità prodotta di un determinato bene, e quindi d’offerta, corrisponde un aumento del costo, siamo quindi nella fattispecie dei cosiddetti  “rendimenti decrescenti” che significa che ad aumentare della produzione aumenta anche il costo della prodotto.  Quindi ad un aumento di produzione o offerta si accompagna un aumento di costo e di prezzo del bene prodotto,  rovesciando i termini del problema possiamo anche dire che, se il prezzo nel mercato per qualche ragione tendesse a salire, ci sarebbe una propensione ad offrire maggior prodotto in quanto, a fronte di maggiori costi, si avrebbero maggiori guadagni.
Anche in questo caso si rappresenta il prezzo di offerta in funzione della quantità e il prezzo in questo caso  risulterà crescente con l'aumentare della quantità offerta.

Definite le “leggi” della domanda e dell’offerta di un bene che sono individuali, cioè relative a un singolo acquirente e venditore, si può estendere il concetto alla somma di più acquirenti e più produttori, relativi sempre allo stesso bene. Per fare ciò è necessario che siano soddisfatte una serie di condizioni, in particolare che siamo all’interno di un mercato perfettamente concorrenziale.
Le condizioni per avere un mercato perfettamente concorrenziale sono molteplici ne citeremo alcune:

  • presenza di più produttori, ognuno di con dimensioni tali da non condizionare il mercato[5];
  • ·che il prodotto dei vari produttori sia omogeneo, cioè con caratteristiche che rendano indifferente la scelta dell’uno rispetto all’altro;
  • ·che anche gli acquirenti siano molti e piccoli, cioè non in grado di influire sulla domanda.
Un ulteriore aspetto rilevante, che assumerà importanza negli studi più recenti, è quello relativo alle completezza delle informazioni dei venditori e acquirenti sul mercato (trasparenza del mercato).
Una volta definita la legge di domanda e offerta di un bene, ne consegue che, in un dato momento visti gli andamenti delle due curve, esiste un punto di equilibrio, punto di intersezione delle  curve di domanda e offerta, che determina il prezzo e la quantità scambiata del bene stesso su quel mercato tra compratori e venditori. Questo punto di equilibrio, momentaneo, può modificarsi per effetto delle modifiche che possono subire le due curve, a loro volte determinate dalle mutate condizioni della domanda o della offerta.

Ad esempio la domanda può cambiare per la presenza di beni sostitutivi[6] a quello considerato o per effetto della variazione di reddito dell’acquirenti o, lato offerta, per mutamenti dei costi di produzione. Le possibili variazioni e combinazioni determinano il cambiamento delle curve di domanda e offerta  e quindi lo spostamento del punto di equilibrio.
Un ulteriore precisazione che caratterizza questo tipo di analisi è che si tratta di un analisi di equilibrio parziale, cioè si concentra sull’equilibrio di un determinato mercato non preoccupandosi delle interrelazioni con gli altri mercati. L’analisi di tutti i mercati, detta di equilibrio generale, la vedremo nel post successivo.
Un ulteriore importante aspetto che viene evidenziato da Marshall è la distinzione tra breve e lungo periodo nella analisi delle situazioni economiche, intendendo con breve periodo quel intervallo di tempo in cui le condizioni di produzione non variano sostanzialmente e almeno qualcuno dei fattori produttivi non cambia, mentre nel lungo possono modificarsi tutti i fattori produttivi.
Marshall con i suoi contributi sull’analisi della domanda e dell’offerta e la sua analisi della impresa, su cui non possiamo dilungarci, si può affermare sia uno dei fondatori di quella branca dell’economia  che va sotto il nome di microeconomia ovvero, come già detto in introduzione, quella parte dell’economia che si occupa dell’analisi del singolo agente economico, consumatore o impresa.
In particolare tra i contributi sviluppati da Marshall possiamo citare il concetto di elasticità,  ad esempio della domanda rispetto al prezzo: la  domanda si definisce molto elastica rispetto al prezzo  quando è molto “sensibile”, varia molto, alle variare del prezzo, viceversa è anelastica se modifiche di  prezzo non provocano variazioni della quantità domandata.
Inoltre, in  analogia a quanto abbiamo visto nel concetto di utilità marginale, vengono definiti da Marshall  i costi e ricavi marginali, arrivando a stabilire che il punto di massima convenienza a produrre per un impresa, dove è massimo il ricavo totale, è quello in cui il ricavo marginale eguaglia il costo marginale.
La importanza di Marshall nella storia economica è indubbia, da un lato il suo libro, Principi di Economia Politica, sarà di riferimento per una generazione di economisti, rappresentando un ottima sintesi delle idee economiche scaturite dall’economia classica e dalla rivoluzione marginalista, inoltre alcune sue intuizioni sulla moneta e sulla funzione del credito saranno importanti per gli sviluppi della teoria da parte di  economisti successivi, in particolare di John Maynard Keynes che così si espresse sul suo maestro:
Erano la sua formazione eclettica e la sua duplice natura a garantirgli qualità indispensabili per un economista: aveva la stoffa dello storico e del matematico ed era capace di occuparsi del particolare e del generale[7].





[1] Nel suo libro, Considerazioni e conseguenze della riduzione dell’interesse e la crescita del valore della moneta, afferma: «[… ]il prezzo di ogni merce aumenta  o diminuisce  in proporzione al numero dei compratori e venditori […]».
[2] A.Marshall, Principi di economia politica, Utet, Milano, 1972.
[3]Il concetto di mercato in economia è la generalizzazione/idealizzazione  del mercato fisico, luogo dedicato allo scambio (volontario), di cui tutti abbiamo esperienza. La caratteristica idealizzata del mercato è che vi sia un gran numero di venditori e acquirenti, tra l’altro bene informati, in modo che il prezzo dei beni trattati sia uniforme.
[4]Per dovere di precisione la legge dell’offerta non sempre è verificata su periodi temporali più lunghi, potendo essere anche,  in casi limite, inclinata in maniera contraria, per approfondimenti consiglio  uno dei manuali di economia indicati in bibliografia.
[5] In questo caso si dice che i produttori sono price-taker.
[6] Un bene sostitutivo è un bene che può essere impiegato in sostituzione di un altro, ad esempio all’aumentare del prezzo del caffè ci sarebbe la tendenza a sostituirlo con il tè se questo costasse meno.
[7] J.M.Keynes, Sono un liberale, Adelphi, Milano,2010, p.79.

mercoledì 10 febbraio 2016

La morale del cacciatore e del pescatore, ovvero quello che funziona e no nell'economia

C’era una volta, tanto tempo fa, una isola in cui vivevano due famiglie, una di un cacciatore e una di un pescatore. All’inizio le due famiglie non avevano rapporti, il cacciatore e il pescatore erano presi dalla loro attività e a malapena riuscivano a sostenere le proprie famiglie. Col tempo entrambi, con l’esperienza e lo sviluppo di tecniche sempre più efficaci, cominciarono ad aumentare la raccolta di cacciagione e di pesci. Essendosi le famiglie stufate di mangiare le stesse cose decisero di accordarsi sullo scambio di cacciagione con pesce. Ci vollero delle lunghe discussioni ma alla fine, visto che c’era un reciproco interesse a mangiare qualcosa di diverso, si accordarono per un valore di scambio accettabile per entrambi. 

Prima morale della favola: solo se aumenta la produttività si riesce ad attivare il meccanismo dello scambio, scambio che, se equo e desiderato da entrambe le parti, produce un miglioramento della soddisfazione e della condizione di entrambi.
Col passare del tempo però il cacciatore, che per la sua attività era più prestante ed uso ad utilizzare armi, divenne più arrogante e impose con la forza uno scambio più a lui favorevole, inizialmente il pescatore dovette accettare. Nel tempo, mentre la famiglia del cacciatore aveva abbondanza e sprecava anche il cibo (non avevano ancora trovato il modo per conservarlo), quella del pescatore riusciva a malapena a sostentarsi, quindi alla fine a causa della aumento della debolezza fisica e anche per mancanza di incentivi il pescatore, non avendo molto da offrire, smise di aderire allo scambio.
Seconda morale della favola: se lo scambio non è equo, ovvero qualcuno cerca di accaparrarsi la maggior parte del prodotto, si finisce per ridurre la domanda (del pescatore) ma anche la offerta complessiva, la eventuale presenza di un sistema di conservazione (la moneta) non fa che peggiorare le cose.
Certo che l’esempio è puramente teorico e irrealistico ma le morali che se ne deducono forse sono più reali di quello che pensate.