C’era una volta, tanto tempo fa, una isola in cui vivevano due famiglie, una di un cacciatore e una di un pescatore. All’inizio le due famiglie non avevano rapporti, il cacciatore e il pescatore erano presi dalla loro attività e a malapena riuscivano a sostenere le proprie famiglie. Col tempo entrambi, con l’esperienza e lo sviluppo di tecniche sempre più efficaci, cominciarono ad aumentare la raccolta di cacciagione e di pesci. Essendosi le famiglie stufate di mangiare le stesse cose decisero di accordarsi sullo scambio di cacciagione con pesce. Ci vollero delle lunghe discussioni ma alla fine, visto che c’era un reciproco interesse a mangiare qualcosa di diverso, si accordarono per un valore di scambio accettabile per entrambi.
Prima morale della favola: solo se aumenta la produttività si riesce ad attivare il meccanismo dello scambio, scambio che, se equo e desiderato da entrambe le parti, produce un miglioramento della soddisfazione e della condizione di entrambi.
Col passare del tempo però il cacciatore, che per la sua attività era più prestante ed uso ad utilizzare armi, divenne più arrogante e impose con la forza uno scambio più a lui favorevole, inizialmente il pescatore dovette accettare. Nel tempo, mentre la famiglia del cacciatore aveva abbondanza e sprecava anche il cibo (non avevano ancora trovato il modo per conservarlo), quella del pescatore riusciva a malapena a sostentarsi, quindi alla fine a causa della aumento della debolezza fisica e anche per mancanza di incentivi il pescatore, non avendo molto da offrire, smise di aderire allo scambio.
Seconda morale della favola: se lo scambio non è equo, ovvero qualcuno cerca di accaparrarsi la maggior parte del prodotto, si finisce per ridurre la domanda (del pescatore) ma anche la offerta complessiva, la eventuale presenza di un sistema di conservazione (la moneta) non fa che peggiorare le cose.
Certo che l’esempio è puramente teorico e irrealistico ma le morali che se ne deducono forse sono più reali di quello che pensate.
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