Le ultime elezioni amministrative
segnano un ulteriore sconfitta di quel che resta del PD a vantaggio soprattutto
della destra e della Lega. Non c’è nulla di sorprendente, il PD in questo
momento è acefalo e senza idee, ma tornando indietro nel tempo bisogna ammettere che certa sinistra
è stata sempre un passo indietro.
Iniziamo la storia dal dopoguerra, alle
prime elezioni il Fronte Popolare (PCI e socialisti uniti) perde, d’altra parte
perché i cittadini dovrebbero votare in maggioranza per un partito che in parte
si rifà alle idee del comunismo che è dall’altra parte della cortina di ferro e
che rappresenta un idea di società basata sulle idee marxiste che, con tutto il
rispetto per la grandezza di Marx, sono comunque vecchie di cento anni rispetto
alla evoluzione della teoria economica e
sociale.
Per
fortuna i socialisti entrano nel primo
governo di centro sinistra agli inizi degli anni ‘60 apportando alcuni elementi
positivi al governo della DC (ad esempio nazionalizzazione energia elettrica),
purtroppo alle elezioni continuano a guadagnare voti i comunisti che dopo il 68
(invasione della Cecoslovacchia) iniziano a distaccarsi, sempre troppo poco,
dal PCUS sovietico e a non cogliere appieno lo spirito dei tempi (movimenti
del ‘68).
L’Italia si involve negli anni ‘70,
combattuta tra una DC ancora al potere ma molto corrotta, un PCI impossibilitato, per motivi
internazionali (USA), a poter ambire al potere e un partito socialista
minoritario con il terrorismo che avanza.
Poi arriva Craxi, che riesce a prendere
il governo, ma per fare che? Insinuarsi nelle sfere del potere e occupare le
istituzioni e le grandi aziende statali, con una politica in deficit senza
controllo che non viene indirizzata per migliorare la situazione complessiva e
competitiva del paese ma solo ad aumentare fittiziamente la domanda interna e il debito.
Nel’89 crolla il muro di Berlino e la
sinistra comunista deve cambiare nome; “mani pulite” fa pulizia di buona parte
della vecchia dirigenza politica, peccato che alle prime elezioni ancora una
volta non si capisca che il mondo è cambiato e gli italiani pure, e la “gioiosa
macchina da guerra” del PDS si schianta
ancora una volta contro il muro del berlusconismo, molto più avanti nella
comunicazione e nella capacità di sedurre gli italiani.
A favorire il ritorno della sinistra
aiuta la magistratura, arriva Prodi, uomo più di centro che di sinistra, che ci
regala alla fine degli anni '90 l’ingresso nell’euro, che sapevano tutti sarebbe
stata una camicia di forza per la nostra economia, in base alla convenienza della diminuzione degli interessi del nostro
debito pubblico "monstre" (eredità del CAF) e sperando, in maniera naïve, che
poi la Europa si sarebbe avviata verso riforme istituzionali, che invece non
arriveranno mai. Grazie sempre a certa sinistra (D’Alema e Bertinotti) cade
anche Prodi, da notare che D’Alema il comunista è diventato un liberista che
regala ai suoi amici una delle aziende più floride d’Italia (Telecom).
Riprende il governo l’eterno Berlusconi
che si trova costretto ad abdicare nel 2011 su pressioni dei mercati. Arriva il
governo tecnico (Monti) e tutti hanno paura e lasciano fare anche un poco di
macelleria sociale; Napolitano (ex PCI) fa il monarca e si va alle elezioni
tardi con Bersani, brava persona, incapace però di fare una campagna elettorale
decente e con il “grillismo” in grande ascesa visto lo scontento generale.
Decide sempre Napolitano, prima Letta (non
di sinistra) poi l’enfant prodige Renzi (molto poco a sinistra) che, grande
novità, si presenta come il Blair italiano, quando quest’ultimo e le sue
idee erano già datate avendo governato più
di 10 anni prima in una situazione completamente diversa. La crisi, infatti, ha
colpito le classi medio basse e la globalizzazione tende a comprimere il lavoro,
il genio di Rignano che fa? Colpisce il sindacato e vara il Job-Act che elimina
definitivamente l’art.18 e racconta storie. Gli italiani all’inizio abboccano,
ma Renzi è ormai al delirio di onnipotenza e si gioca tutto sul referendum che
perde.
Morale della favola, l’Italia non è un
paese di sinistra anche se una parte di elettori rimane fedele. Se si vuol
governare bene bisogna capire la complessità della situazione nazionale e
internazionale, bisogna essere anche abili a comunicare ma ci vogliono idee,
bisognerebbe attingere per questo dalla letteratura economica, sociale e
politica più recente, cercando di essere abbastanza realistici ma non
masochisti (vedi anche i ricchi piangano).
La sinistra massimalista italiana è rimasta
sempre indietro di almeno un secolo, quella più moderna di almeno dieci anni e più, comunque sempre
indietro rispetto alla evoluzione della società e delle idee, se c’è qualcuno
si faccia avanti.
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