venerdì 2 settembre 2016

Equilibrio dei poteri

La teoria tradizionale dello Stato moderno, originata dalle idee di Montesquiez, si basa sull’equilibrio dei poteri ovvero: potere esecutivo, legislativo e giudiziario (Nel tempo si è parlato di altri poteri, quello della carta stampata e della televisione ma in realtà sono poteri esterni allo Stato). Si tratta quindi sostanzialmente di una teoria dello Stato e del suo funzionamento. 
Quello su cui invece vorrei soffermarmi oggi è sui “poteri” che in genere agiscono all’interno di una nazione. Per ragione di sintesi i poteri principali che ritengo agiscano sono tre. Il primo è il potere economico (che per semplicità chiameremo di mercato) cioè il potere che deriva dalla disponibilità di grossi mezzi economici (ricchezza o proprietà di assets di vario tipo industriali, finanziari, ecc..) da parte di singoli o di gruppi economici. Il secondo è il potere dello Stato in virtù della forza che gli dà la legge e le sue istituzioni. Infine il potere del popolo, che chiameremo democrazia (appunto letteralmente governo del popolo). Su questo ultimo dobbiamo fare alcune precisazioni fuori da ogni retorica, il popolo o meglio i cittadini hanno, almeno in teoria, la possibilità di scegliere chi li governa, nei casi di governi totalitari in genere l’unico mezzo è la rivoluzione, negli Stati più evoluti ciò avviene tramite procedure elettorali e democratiche (Sulle differenze tra i vari tipi di democrazia vedi articolo di Rodrik). 
La legislazione, in particolare la Costituzione, regola oltre che i rapporti tra i poteri dello Stato anche le modalità con cui funziona la democrazia e viene regolato anche il potere economico, ma nei fatti i rapporti di forza tra i tre poteri: mercato, Stato e democrazia, dipendono dalle condizioni, storiche e sociali della nazione e anche dalla situazione internazionale. Quando predomina lo Stato siamo in genere in un regime totalitario, dove governano delle oligarchie politiche che sono spesso anche economiche; quando è molto forte la democrazia c’è il rischio della cosiddetta dittatura della maggioranza o di governi populisti; quando sono forti le élite economiche queste riescono a indirizzare e dominare il potere politico a loro favore riducendo di fatto il potere della democrazia. Storicamente, se vediamo in particolare mondo occidentale, hanno inizialmente prevalso le élite politico-militari, con classi sociali piuttosto definite, che hanno assunto spesso anche connotazioni religiose o si sono avvalse della religione per giustificare la loro leadership. Con lo sviluppo dei commerci e in seguito della industrializzazione hanno guadagnato un maggior ruolo le élite economiche che, in virtù della esistenza di sistemi scarsamente democratici, potevano imporre le loro condizioni sul resto della cittadinanza. Lo sviluppo economico e la industrializzazione hanno accresciuto la possibilità di azione collettiva da parte dei cittadini che, con il tempo e con le lotte, sono riusciti a conquistare spazi maggiori in politica con un espansione della democrazia. Anche se regimi totalitari o scarsamente democratici possono condurre a situazioni di un certo sviluppo economico, la realtà mostra che attualmente le nazioni più sviluppate economicamente sono quelle che hanno un certo equilibrio tra i tre poteri, cioè una democrazia forte con uno Stato efficiente e ben gestito e con un mercato sviluppato. Quindi una società funziona bene quando i tre poteri sono forti e si limitano a vicenda, evitando così il prevalere dell’uno sull’altro, perché il mercato consente, in genere, di aumentare lo sviluppo economico ma, senza uno Stato forte che lo regoli, il mercato tende a formare concentrazioni di potere e monopoli che diminuiscono le possibilità di crescita e sviluppo; d’altra parte uno Stato troppo forte potrebbe distorcere la concorrenza e favorire alcune categorie minando la concorrenza che è uno dei meccanismi di funzionamento del mercato; infine la democrazia, intesa come sistema di controllo da parte dei cittadini, dovrebbe, idealmente, consentire di redistribuire la ricchezza e i carichi fiscali a vantaggio della maggioranza dei cittadini e del benessere generale. 
Come abbiamo detto nel tempo, soprattutto in occidente, si è consolidato lo sviluppo di Stati democratici con economie di mercato che hanno consentito sia lo sviluppo economico e materiale e sia un miglioramento della legislazione sociale e di difesa dei diritti, ovviamente con formule diverse e con gradi di sviluppo diversi. La situazione negli ultimi anni presenta degli aspetti contrastanti, infatti alcuni paesi, ad esempio quelli dell’est europeo, si sono liberati dei vecchi regimi totalitari e si sono avviati verso un percorso democratico, anche altri paesi a varie latitudini si sono incamminati verso regimi più democratici o con maggiori libertà che in passato, con situazioni comunque che non possiamo definire democratiche (ad esempio la Cina). Nei paesi occidentali la situazione è invece più complessa e controversa, grazie alla globalizzazione è aumentata la forza delle imprese e della finanza internazionale, che potendo giocare la partita a livello internazionale possono incrementare i profitti giocando sulle differenze di costi e di regolamentazione (arbitraggi) tra i vari paesi, avendo meno limiti e condizionamenti dagli Stati e democrazie nazionali; quindi in questi paesi, mentre questi soggetti sono meno condizionati e vincolati, di fatto hanno perso potere lo Stato e la democrazia, con un incremento delle diseguaglianze, una diminuzione del welfare state e un aumento della insicurezza e della incertezza delle popolazioni. 
Se vediamo le società occidentali in crisi economicamente e anche perché sono venuti meno i fenomeni di riequilibrio tra i poteri di cui abbiamo parlato, ed è questo il motivo di quella che qualcuno chiama stagnazione secolare ma in realtà si tratta di un arretramento del ruolo dello Stato e della democrazia, a vantaggio del mercato, che a sua volta genera una crisi economica e sociale.

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