In questo periodo siamo sconcertati dagli annunci di Trump sui dazi e i suoi ripensamenti, comunque dai discorsi di Trump non si capisce bene quale sia la logica delle sue scelte, in realtà esiste un documento, di cui faremo una sintesi critica, che definisce una strategia che ha una sua logica. Il documento è scritto da Stephen Miran che è un senior advisor per la politica economica al Dipartimento del Tesoro USA, quindi non da un signor nessuno.
Il documento parte dalla analisi della situazione, in particolare il dollaro sarebbe sopravvalutato a causa del suo ruolo di valuta di riserva mondiale. Questo comporta uno svantaggio per le esportazioni del settore manifatturiero. Inoltre il problema economico è anche interallacciato con il problema della sicurezza, se non si ha una catena produttiva per armi e sistemi di difesa non si ha un sicurezza nazionale. Gli USA hanno un largo deficit delle partite correnti, e Miran arriva ad affermare che il deficit delle partite correnti è proprio generato dal fatto che il dollaro deve assicurare la valuta di riserva mondiale (tesi che inverte l'ordine delle cose a mio parere). Una nazione con un deficit delle partite correnti infatti dovrebbe aver un deprezzamento della valuta per ribilanciare la situazione e che per il dollaro non avviene. Il ruolo di moneta di riserva comporta comunque alcuni vantaggi, tassi più bassi di indebitamento e dà un certo potere finaziario. Gli USA non gradiscono continuare a subire questa situazione e vogliono riformare il sistema globale, cosa che si può ottenere in modo multilaterale o unilaterale. I dazi e le politiche monetarie possono concorrere al miglioramento della situazione anche grazie ad una aumento del potere negoziale, anche se non sono esenti da rischi nel sistema finanziario.
Un aumento dei dazi in prima battuta fa aumentare il prezzo delle merci importate, è quindi tendenzialmente inflattivo, ma la moneta del paese esportatore dovrebbe tendere a svalutarsi e, quindi, questo dovrebbe compensare gli aumenti di prezzo per cui le conseguenze inflattive potrebbero essere molto limitate, così come si è verificato in passato; quindi in sostanza eliminando il problema della inflazione per gli USA ci sarebbe il vantaggio di raccogliere gli importi dei dazi (ma in questo caso il dollaro non si svaluta semmai il contrario). In ogni caso il paper ammette che aumenta la volatilità finanziaria.
Infatti, l'autore prosegue dicendo che un cambio dei dazi improvviso e notevole può comportare una elevata volatilità finanziaria, per cui auspica una implementazione graduale dei nuovi dazi con una graduazione dei dazi in base alla tipologia dei prodotti, e i dazi possono essere una arma contrattuale per far applicare dazi piu alti dagli altri paesi alla Cina. D'altra parte dazi modesti possono auentare il welfare tramite il meccanismo per cui il prezzo dei prodotti importanti si riduce riducendo la domanda di prodotti importati.
Gli accordi sulle monete multilaterali sono stati un mezzo efficace per diminuire il valore del dollaro (The Plaza Accord 1985). In questo momento, tuttavia, è poco probabile che Cina ed Europa vogliano fare accordi monetari, la Europa cresce poco e anche la crescita della domanda interna in Cina è stata debole. Con l'applicazione di una serie di dazi punitivi però Cina ed Europa potrebbero essere piu ricettivi verso un accordo sulle monete, promuovendo pertanto il raggiungimento di un Mar a Lago Accord. L'accordo dovrebbe basarsi sul fatto che i paesi dovrebbero detenere bond del tesoro americano a lungo termine, da una parte apprezzando le loro monete e al contempo diminuendo i rendimenti anche a fronte di una diminuizione della domanda complessiva, tutto ciò in cambio di una zona di sicurezza per il sistema finanziario. A differenza dell'accordo del Plaza oggi la maggior parte dei bond USA è detenuta a Est (Cina, Giappone, Taiwan, Corea, India, Arabia) pertanto un accordo è meno facile e l'uso dei dazi appare una buona leva di negoziazione.
Il paper propone anche alcune strategie unilaterali per gestire la moneta, ad esempio utilizzare alcune leggi esistenti per disincentivare l'accumulo di riserve da parte di altri paesi, come pure l'imposizione di una fee per i detentori esteri delle riserve (con ovvie problematiche da gestire). Un altro metodo è l'accumulo di riserve estere da parte degli USA per aumentarne la domanda e quindi aumentarne il valore, anche qui con alcune difficoltà nella effettiva gestione di tale aprroccio. In ogni caso i rischi di volatilità finanziaria rimangono e sono più alti per le manovre monetarie che per i dazi per cui comunque Miran consiglia un approccio cauto e graduale. Un alternativa all'accordo di Mar a Lago potrebbe essere una negoziazione sui dazi in cambio di maggiori investimenti industriali esteri negli Stati Uniti. In ogni caso gli approcci unilaterali sono da una parte più facili da realizzare ma comportano maggiori rischi di volatilità finanziaria.
Le conclusioni sono che i dazi possono essere una efficace leva di negoziazione e da usare prioritariamente a qualsiasi manovra monetaria, in ogni caso deve essere prestata attenzione nel mininimizzare la volatilità finanziaria.
Alcune considerazioni, il paper ha una sua logica ed è anche abbastanza documentato, ciò non toglie che alcune ipotesi e condizioni sono opinabili e non credo abbiano il consenso della maggioranza degli economisti, Inoltre, mi pare che nonostante tutte le raccomandazioni verso un approccio graduale Trump abbia assunto diversamente un approccio molto duro e repentino, che come abbiamo visto lo ha costretto a tornare indietro su i suoi passi. Infine, ho molti dubbi che questo approccio riesca nell'intento di rivitalizzare la industria manifatturiera americana, da un parte le catene del valore sono molto intricate ora, secondo non è facile riportare indietro certe produzioni ci vuole tempo, investimenti e skill adeguati, quindi forse sarebbe piu utile allo scopo una politica industriale e formativa diversa e più studiata. Quindi nonostante il tentativo di Miran di dare una veste di credibilità economica alle manovre trumpiane mi pare che al momento assistiamo a politiche economiche molto improvvisate e pericolose per il sistema economico mondiale ma anche e soprattutto americano.