Questo libro è scritto da James Galbraith economista americano, figlio del famoso economista John Galbraith autore di alcuni libri di successo come la Società Opulenta e il Nuovo Stato Industriale.
La prima parte del libro è una ricostruzione storica, secondo la visione dell'autore, delle idee e politiche economiche del dopoguerra negli USA.
Le idee e politiche dei conservatori sono state ispirate dalle idee di libertà economica che finisce per essere libertà di scelta o meglio di acquistare, che è una libertà piena solo per i ricchi. Il mercato diventa la necessaria controparte della libertà economica. Di fatto la libertà di scegliere è una libertà per il business, perché solo le grandi corporation hanno sostanzialmente il potere politico.
Un altro mito dei conservatori è il risparmio privato, che è fondamentale per la crescita e quindi deve essere agevolato grazie anche al taglio delle tasse. In realtà se il mercato è veramente efficiente non vi è possibilità che ci sia insufficienza dei risparmi, quindi se ci deve essere un intervento pubblico questo non può andare a vantaggio dell'investimento privato, la scelta del migliore investimento è quindi una decisione politica, se favorire il risparmio è un fine per la politica pubblica devono essere anche pubblici i benefici. In ogni caso la storia ha dimostrato che le tasse non hanno un grande effetto sui risparmi e sugli investimenti, che sono rimasti piuttosto stabili.
Un altro paradigma dei conservatori e il monetarismo di Friedman con la idea che la inflazione sia un fenomeno prettamente monetario e quindi con la sua enfasi sul controllo della moneta. L'autore evidenzia, invece, come la inflazione sia spesso un problema di costi in aumento, l'apparente successo del monetarismo nel bloccare l'inflazione è dovuto in realtà a fattori esterni, cioè il collasso della forza dei sindacati e la globalizzazione con l'ingresso massiccio dei paesi a bassi salari. La realtà del mondo attuale, con la proliferazione di nuovi mezzi di pagamento e credito (near money), ha come conseguenza che la banca centrale non controlla di fatto la massa monetaria ma solo il tasso di interesse.
Un altro mito è quello relativo al pareggio di bilancio dello Stato. Inizialmente erano i conservatori a difendere il pareggio di bilancio mentre le amministrazioni democratiche (Kennedy-Johnson) erano favorevoli a politiche espansive e keynesiane. Anche Nixon, che si dichiarò anche lui keynesiano, fece una politica espansiva, anche se la sua azione con conseguenze più durature fu l'abbandono del sistema di Bretton-Woods. Di fatto anche Reagan, con i tagli di tasse e soprattutto con le spese militari, fece aumentare il deficit. Di fatto saranno di democratici a divenire i più strenui difensori del pareggio di bilancio. Clinton stesso per una serie di eventi favorevoli, flussi di denaro verso gli USA e crescita del mercato azionario e tecnologico (aumento dei redditi e tasse), riuscì infatti ad ottenere crescita e risanamento del budget statale. Con Bush figlio si ha una ripresa delle spese militari (dopo 11 settembre) e del deficit con una crescita economica, che porterà però al boom immobiliare poi esploso nella crisi del 2008. In conclusione la storia ha mostrato che gestire o meno il deficit del governo dipende da molti fattori, più esterni (commercio internazionale e flussi finanziari) piuttosto che dalla politica interna.
Nonostante negli ultimi decenni le diseguaglianze economiche siano cresciute in maniera enorme il sistema economico americano sembra resistere abbastanza bene, qual è la spiegazione? La spiegazione sta nelle robuste istituzioni create a partire del New Deal e anche nel dopoguerra. Queste istituzioni sono in particolare: la difesa, l'agricoltura (grazie ai sussidi), la scuola e università, il sistema pensionistico e il sistema sanitario. Queste istituzioni assorbono circa il 40% del PIL nazionale, e pur avendo subito attacchi dai conservatori sono riuscite a mantenersi salde nel tempo. Ma i conservatori più attenti al potere che alle idee hanno capito che era più utile sfruttare queste istituzioni piuttosto che combatterle. Il sistema industriale tradizionale americano (es. Auto) si è ridotto nel tempo per effetto della concorrenza internazionale, quelle industrie descritte dal padre John Galbraith come tecnostrutture nel libro Il Nuovo Stato Industriale, al loro posto sono cresciute le industrie tecnologiche e digitali. La crescita di queste imprese è molto legata al sistema bancario-finanziario che le finanzia, l'insieme ha creato il fenomeno dei CEO strapagati. Lo Stato predatore nasce dalla coalizione tra politica (partito Repubblicano) e business, con lo scopo di sfruttare le istituzioni dello Stato (sistema sanitario, scuola, difesa ecc..) per trarne profitti, questo è stato molto evidente con la amministrazione di Bush figlio (vedi anche qui). Quindi non più lotta per ridurre le spese statali semmai il contrario.
Nei capitoli conclusivi l'autore afferma che non possiamo fare a meno di pianificare, poiché riguarda l'uso delle risorse di oggi per le necessità del domani, aspetti che il mercato da solo non può risolvere, in quanto il mercato raccoglie i segnali che gli arrivano dagli individui ma solo in proporzione al potere di acquisto, La pianificazione (dello Stato) si deve rivolgere ad alcuni aspetti fondamentali: l'educazione (in senso lato), la scienza e ricerca scientifica, le infrastrutture ed investimenti, Un altro aspetto sono le regole e gli standard, in alcuni casi possono favorire i monopoli ma in generale sono armi per la competizione e per far emergere le imprese migliori, cosi come gli standard sul lavoro sono la manovra piu efficace contro la immigrazione.
Il libro non è recente, è stato scritto nel 2008, comunque ci sono esposti molti concetti interessanti e ricostruzioni storiche dettagliate, la critica dell'autore è rivolta alle idee e politiche della destra ma anche della sinistra liberale, il punto di vista è quello di un economista progressista, molti punti di vista sono in parte noti e mi trovano in larga parte d'accordo.
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