Siamo solo all'inizio ma questa è la strada per l'autore che porta a diminuire la diffidenza tra governati e governati. Nel complesso un bel libro, ben documentato e controcorrente, che fa emergere i limiti e le difficoltà insite nel sistema attuale con una serie di proposte di cambiamento.
Le idee degli economisti e dei filosofi politici, tanto quelle giuste quanto quelle sbagliate, sono più potenti di quanto comunemente si creda. In realtà il mondo è governato da poco altro. Gli uomini pratici, che si ritengono completamente liberi da ogni influenza intellettuale, sono generalmente schiavi di qualche economista defunto. John Maynard Keynes
domenica 30 dicembre 2018
David Van Reybrouck Contro le elezioni-Perchè votare non è più democratico
Siamo solo all'inizio ma questa è la strada per l'autore che porta a diminuire la diffidenza tra governati e governati. Nel complesso un bel libro, ben documentato e controcorrente, che fa emergere i limiti e le difficoltà insite nel sistema attuale con una serie di proposte di cambiamento.
domenica 9 dicembre 2018
Tony Judt - Guasto è il mondo -Laterza
mercoledì 21 novembre 2018
Carlo Calenda - Orizzonti Selvaggi- Feltrinelli
Le classi dirigenti liberal-democratiche sono state bocciate non perché le persone sono "ignoranti"ma perché i risultati oggettivi delle politiche di questi ultimi trent'anni sono stati deludenti.Questo è avvenuto in quasi tutti i paesi occidentali, con aumento delle derive populiste e autoritarie mettendo a rischio le democrazie liberali.
domenica 28 ottobre 2018
Carlo Cottrelli- Il macigno- Perché il debito pubblico ci schiaccia e come si fa a liberarsene- Feltrinelli
giovedì 30 agosto 2018
Paul De Grauwe - I limiti del mercato
martedì 26 giugno 2018
Certa sinistra sempre un passo indietro
martedì 19 giugno 2018
Le priorità di Salvini e quelle dell’Italia
mercoledì 13 giugno 2018
Y.N. Harari - Da animali a déi. Breve storia dell’umanità-Bompiani
martedì 12 giugno 2018
Dani Rodrik - Rescuing Economics from Neoliberalism
Salvare l'economia dal neoliberalismo questo è il titolo di un articolo di Dani Rodrik su Boston Rewiev, di cui di seguito la mia sintesi.
E' difficile definire, con esattezza, cosa sia il neo-liberlismo in quanto ha assunto in passato varie forme e definizioni.
A partire dagli anni '90 il termine si è identificato con la derogolamentazione finanziaria e con la globalizzazione economica.
Questa vaghezza nella identificazione del termine spesso porta fuori strada i critici. Nel gettare del disprezzo verso di esso si richia di gettare via delle idee che sono invece utili.
Il problema non risiede nel mercato, nell'imprenditore o negli incentivi, il vero problema è che l'economia mainstream si trasforma in ideologia, e dobbiamo rigettare la ideologia quando si nasconde dietro il velo della scienza economica.
L'errore fatale del neoliberismo è che i principi economici del primo ordine si associno solo ad un unico set di politiche.
Ad esempio i diritti di proprietà sono positivi quando proteggono gli innovatori dai free-rideres, ma sono negativi quando li proteggono dalla competizione.
Un esempio di situazione dove sono emerse forme miste di proprietà è la Cina, le imprese dei villaggi e delle città (TVE) erano di proprietà collettiva ma controllate dal governo locale. La Cina ha sprimentato molte innovazioni nel campo delle istituzioni.
Molte economie avanzate presentano diversità anche se le politiche economiche sono omogenee, di fatto livelli di benessere elevati possono essere raggiunti con modelli diversi di capitalismo, e appare importante in molti casi addattare le politiche al contesto locale.
Gli economisti presuppongono che i loro modelli si vadano a raffinare progressivamente ma le cose non sono così in economia. Gli economisti studiano una realtà sociale mutevole, la cosa più importante è invece migliorare la capacità di comprendere la diversità delle relazioni causali. Il neoliberalismo con la sua insistenza su più meracato e meno Stato è una perversione dell'economia mainstream.
Gli economisti che si fanno trascinare dall'entusiasmo per il libero mercato non fanno del bene alla disciplina economica. In economia raramente i vecchi modelli vengono sostituiti dai nuovi, per capire come funzionano i mercati bisogna adottare lenti diverse in tempi diversi.
Gli economsiti sono bravi nel costruire mappe, ma molto meno bravi nel scegliere la mappa più adatta al contesto in esame.
L'economia come diceva Keynes è "la scienza di pensare in termini di modelli unita all'arte di scegliere i modelli rilevanti".
Anche la globalizzazione viene difesa in maniera acritica, dimenticandosi che praticamente tutte le nazioni hanno violato le norme neoliberali nell'aderire al commercio internazionale; in alcuni casi (Messico) Stati che hanno intrapreso riforme troppo liberistiche non hanno avuto gli effetti sperati. La globalizzazione è divenuta un fine che tende a voler rimuovere anche le norme in materia di salute e sicurezza, politche ambientali, regolazione degli investimenti.
Così come l'economia deve essere salvata dal neoliberismo la globalizzazione deve essere salvata dalla iper-globalizzazione.
Ci vorrebe più umiltà da parte degli economisti e dei tecnocrati in merito alle politiche più appropriate da adottare e una maggiore volontà nello sperimentare.
I neoliberisti sbagliano nell'affermare che esiste un unica ricetta per miglorare la performance economica.
L'errore fatale del neoliberalismo è di non essere in grado di disporre della giusta economia, deve essere infatti respinto come cattiva economia.
martedì 5 giugno 2018
giovedì 31 maggio 2018
Il paradosso del comma 22
lunedì 28 maggio 2018
Non capisco, la saga degli orrori
Sono molto critico sulla Europa dell'euro, credo che arrivati a questo punto, valutando bene i segnali dalla Germania che indicano possibilità di separazione, e nonostante il tentativo di Macron, questa unione monetaria, salvo miracoli, è destinata per le sue contraddizioni economiche e politiche a disgregarsi.
Per l'Italia la strada si fa dura avremo bisogno di elite competenti e preparate, che sappiano capire le dinamiche economiche, politche e sociali sottostanti a questo mondo complesso, serve realismo e visione. Nel breve periodo serve Keynes ma nel lungo bisogna guardare a Schumpeter, ricordandosi di Marshall. Un paese cresce se fa crescere la offerta ma non a discapito della domanda, favorisce il progresso tecnologico senza sfavorire i più deboli, guarda al futuro capendo i vincoli del presente, sfrutta al meglio le sue risorse materiali e immateriali, permette il ricambio generazionale e forma le persone favorendo l'ascesa di quelli più preparati perchè se ne avvantaggiano tutti, garantisce i beni comuni, fa sviluppare il mercato senza che questo fagociti tutti il resto, favorisce la giustizia sociale non per mero motivo etico ma perchè permette sviluppo e un equlibrio economico e sociale.
martedì 22 maggio 2018
Analisi a caldo del contratto di governo Lega-5 Stelle
In generale il programma è poco dettagliato, molte enunciazioni di principio e poche misure concrete, anche se ammetto che sarebbe stato difficile fare un programma molto dettagliato date le condizioni.
Lavoro: ok alla riduzione del cuneo fiscale ma quanto costa ? Reintroduzione dei voucher ho dei dubbi che saranno in grado di evitare gli abusi. Va bene al potenziamento dei centri per l’impiego sulla carta in pratica vediamo se funzionano (+2 mdi).
mercoledì 9 maggio 2018
Che spettacolo desolante
Il proporzionale garantisce, in teoria, maggiore rappresentanza e partecipazione, i sistemi maggioritari o a doppio turno sono più selettivi, ma hanno maggiori probabilità di garantire delle maggioranze. Data la situazione politica attuale, è abbastanza probabile che il maggioritario precedente (Mattarellum) non avrebbe prodotto comunque una maggioranza, pr
And now on Amazon: Economic Ideas
martedì 24 aprile 2018
Dani Rodrik - Populism and the economics of globalization
Per prima cosa, per l’autore, bisogna distinguere il populismo lato domanda e lato offerta, la globalizzazione aumenta il populismo che ha però orientazioni politiche differenti. Queste reazioni populistiche si differenziano in base alla forma di globalizzazione che viene ritenuta rilevante per la società.
Per quanto attiene ai modelli sul commercio internazionale, uno dei più importanti è quello di Samuleson-Stolper il quale afferma che, dati due paesi in condizione di mercato competitivo e senza una completa specializzazione, esiste un fattore di produzione che si trova svantaggiato nell’apertura al commercio, cioè avremo dei perdenti nel processo di liberalizzazione del commercio.
La minoranza è separata da marcatori di identità: etnia, religione, immigranti/autoctoni. Quindi ci sono due divisioni: una etnografico/culturale e una basata su reddito e classe sociale. Con una certa semplificazione, possiamo dire che i politici populisti politici mobilitano le persone sfruttando uno o l'altra di queste due divisioni. Quando si enfatizzano le divisioni di identità (es. stranieri o minoranze) si produce il populismo di destra, quando si sottolineano le differenze economiche e di classe si ha il populismo di sinistra.
Il primo tipo di populismo è più comune in Europa e USA mentre il secondo in Sudamerica.
Immigrati e rifugiati possono essere presentati come in competizione per il lavoro e i servizi pubblici con i nativi, ed in effetti in Europa i partiti di destra hanno cavalcato il tema che l’immigrazione corrode lo stato sociale. Quindi, anche se la causa principale del problema è economica, le manifestazioni politiche possono trasformarsi in aspetti etnici o culturali.
I nostri accordi commerciali e regolamenti globali sono progettati in gran parte con le esigenze del capitale in mente. Gli accordi commerciali sono guidati in modo schiacciante da un programma guidato dalle imprese. Il modello economico implicito è di tipo "a cascata": rendere felici gli investitori in quanto i benefici fluiranno verso il resto della società, mentre gli interessi del lavoro (buona retribuzione, alti standard lavorativi, sicurezza dell’ impiego e diritti) hanno poca rilevanza. Per andare avanti, deve essere data una voce in capitolo al lavoro nell'impostare le regole di globalizzazione. In termini pratici, ciò richiede riconsiderare quali istituzioni multilaterali devono stabilire l'agenda globale e chi deve sedersi al tavolo delle trattative quando gli accordi commerciali vengono negoziati.
Corrispondentemente, il ruolo appropriato per le istituzioni globali è quello di migliorare le principali norme democratiche di rappresentanza, partecipazione, deliberazione, stato di diritto e trasparenza. Infine, il nostro approccio alla globalizzazione deve concentrarsi nelle aree in cui i guadagni netti sono grandi. Oggi l'economia mondiale è aperta come non è mai stata, e la sfida più importante che deve affrontare non è la mancanza di apertura ma mancanza di legittimità. Il tradizionale approccio agli accordi di commercio che si concentra sullo scambio di accesso al mercato non è più appropriato. Le regole che devono essere sviluppate sono quelli che sottolineano il ruolo dell'equità, cercano di risolvere il problema del dumping sociale e ampliano gli spazi politici nelle nazioni sviluppate e in via di sviluppo.
mercoledì 11 aprile 2018
Economia e politica: del mercato e dello Stato
No, in teoria e in pratica, quella della mano invisibile è una teoria troppo naïve che tende ad essere propagandata dai liberisti che può avere un suo appeal ma è fondamentalmente falsa. Da un punto di vista teorico ad esempio la teoria dei giochi competitivi ci dice che gli equilibri (equilibrio di Nash) che si raggiungono non sono ottimali (in senso Paretiano). Inoltre, la storia ci dice che il mercato tende alle concentrazioni e in genere la competizione tende a generare dei mercati oligopolistici. Come si sa si nasce incendiari e si finisce pompieri, così l’audace imprenditore che crea un nuovo mercato cerca, nel tempo, di mantenere i suoi profitti e tende a inglobare i competitor o metterli fuori mercato; nel lungo periodo è vero che nasceranno nuovi imprenditori e nuove tecnologie (distruzione creatrice) ma nel breve gli incumbent cercano di bloccare chi può erodergli la posizione di vantaggio o, in altri casi, si creano oligopoli collusivi, insomma serve qualcuno che eviti tutto ciò e questo delicato ruolo di regolatore lo può assumere solo lo Stato. Inoltre, dobbiamo considerare che il mercato tende a creare esternalità cioè, ad esempio, scaricare l’inquinamento sulla collettività, ed esistono beni pubblici di cui può occuparsi solo lo Stato. Quindi, che vi piaccia o no, lo Stato è comunque fondamentale e ha quindi un ruolo non sostituibile. C'è del vero nella teoria delle scelte pubbliche, che afferma che i politici agiscono sulla base di interessi individuali e quindi cercano la loro utilità (rielezione) che ha poco a che fare con la reale efficacia dell'azione pubblica. Quello che non condivido è la conclusione, cioè che bisogna ridurre lo Stato (Stato minimo), come se fosse una funzione di cui fare la derivata.
venerdì 6 aprile 2018
Teoria delle élite
Il suo libro è vastissimo e anche molto pesante da leggere, io ho letto solo alcune parti e alcuni saggi, se vogliamo sintetizzare la sua teoria ci dice che nel corso della storia tendono a prevalere in certi momenti alcune élite che sono dotate delle caratteristiche adatte (lui le chiama “derivazioni”) per poi essere sostituita da altre élite, la storia infatti non sarebbe altro che un cimitero di élite. Ovviamente non è una teoria del tutto originale e comunque riduttiva, la realtà e sempre più complessa e rifugge dalle eccessive semplificazioni, ma sostanzialmente contiene molta verità.
In altri paesi (Italia, Germania e Spagna) la reazione del potere economico, grazie anche alla accettazione di una parte della popolazione, porta alle dittature nazionaliste, che una volta al potere prendono il sopravvento e portano alla Guerra.
Il crollo della Unione Sovietica segna la vittoria del liberismo e il riappropriarsi di maggior potere delle élite economico finanziarie. Aumenta la globalizzazione, molte economie escono dalla povertà e dal sottosviluppo, ma nei paesi occidentali aumenta la diseguaglianza e la concentrazione di ricchezza. Il peso e forza della finanza internazionale aumenta, vengono eliminati alcuni limiti e la finanza dilaga senza controlli; ma arriva il “redde rationem”: la crisi finanziaria, dove ancora una volta le élite economiche alla fine, grazie al loro potere effettivo economico e ideologico, fanno pagare il grosso dei debiti alle classi lavoratrici.
[1] V.Pareto,Trattato di sociologia generale, Einaudi, Torino.