In occasione della scomparsa di Robert Solow, uno dei più grandi economisti del '900, pubblico la parte del mio libro, Le idee dell'economia, che riguarda i modelli di crescita e sviluppo tra cui appunto quello di Solow.
Nella economia classica era comune cercare di analizzare i motivi di evoluzione del sistema economico, in particolare possiamo citare Smith e Marx su cui ci siamo soffermati. Questo tipo di analisi, per cosi dire “sistemica”, diviene meno frequente nel periodo neo-classico e viene ripresa sia da Keynes sia da Schumpeter, con le differenze che abbiamo mostrato. A partire dal modello keynesiano, tenendo conto anche degli spunti di Schumpeter inerenti le innovazioni tecnologiche, una varietà di autori sviluppa una serie di teorie o modelli per individuare i parametri o le relazioni, tra le variabili macroeconomiche, che sono le determinanti della crescita o sviluppo di un sistema economico.
Dobbiamo precisare che fino ad adesso abbiamo parlato di crescita e sviluppo come sinonimi, in realtà nella letteratura economica questi due termini tendono ad assumere valenze diverse. Quando si parla di crescita si intende, in genere, soffermarsi sugli aspetti quantitativi, come ad esempio l’aumento del prodotto in generale o pro-capite. Nel termine di sviluppo si comprendono generalmente, anche aspetti più qualitativi, come ad esempio i fenomeni sociali che si accompagnano alla crescita del prodotto, ad esempio l’aumento del livello di istruzione e del tasso di alfabetizzazione.
Il primo modello in ordine temporale è quello di Harrod, sviluppato nel 1939, che quindi risente della influenza keynesiana. Tale modello, che come sempre è un modello semplificato, si basa su alcune ipotesi limitative, in particolare assume che non ci sia possibilità di sostituire lavoro a capitale e viceversa. Il modello nelle sue conclusioni arriva a dimostrare che la crescita di una data economia, e più precisamente il tasso di crescita (∆Y/Y) del prodotto Y (o reddito) di una determinata economia, è direttamente proporzionale al risparmio (specificamente alla propensione marginale al risparmio) e a quella che è definita la produttività (marginale) del capitale. Quindi, in estrema sintesi, quello che si evince dal modello è che per favorire la crescita è necessario incentivare il risparmio e gli investimenti e, inoltre, favorire anche la innovazione tecnologica, poiché questa aumenta la produttività del capitale.
Il modello fu ripreso da Domar, pur avendo delle basi diverse e concentrandosi sul lungo periodo piuttosto che sul breve, tale modello arriva a conclusioni pressoché identiche anche se formalmente più rigorose.
Un problema di questo modello, intendendolo come unico (modello Harrod-Domar), è che non è stabile, pertanto non esiste nessun meccanismo auto-equilibratore tale da assicurare che il tasso di crescita dell’economia sia esattamente pari a quello che consente, al sistema economico, uno sviluppo in equilibrio e con il pieno impiego, se ciò avviene è per puro caso. Inoltre, una delle critiche che è stata mossa al modello è che le condizioni indicate per la crescita, aumento dei risparmi e degli investimenti, sono condizioni necessarie ma non sufficienti a consentire di generare un effettivo aumento della crescita di un economia.
Un’ ulteriore evoluzione dei modelli di crescita è rappresentata dal modello di Solow-Swan, appartenente al filone della sintesi neo-classica, data la complessità matematica daremo solo una sintesi delle sue conclusioni e anche in questo caso il modello si basa su alcune ipotesi (*). Nel modello di Solow-Swan viene confermata la importanza del tasso di risparmio nella determinazione del tasso di crescita. Le conclusioni del modello sono, escludendo la innovazione tecnologica, che nel lungo periodo i sistemi economici raggiungono, con tassi di crescita decrescenti nel tempo, una situazione stazionaria; inoltre che tassi di risparmio più alti determinano, nello stato finale, un benessere maggiore in termini di reddito pro capite ma che tale livello di reddito viene influenzato negativamente, cioè risulta più basso, con la crescita della popolazione. La dinamica della crescita dipende fondamentalmente dalla quantità di capitale iniziale e la crescita del tenore di vita (reddito pro-capite) è legata alla accumulazione di capitale. Nel lungo periodo il rapporto capitale/lavoro cesserà di aumentare: l’economia entrerà in una condizione di stato stazionario in cui l’aumento dell’intensità del capitale si blocca e così anche la crescita.
In particolare le conclusioni dl modello stabiliscono che il tasso di risparmio non ha alcun effetto sulla crescita della produzione nel lungo periodo, può determinare infatti una crescita solo in un certo periodo di tempo, determina invece il livello di produzione/reddito finale di lungo periodo (quello dello stato stazionario). Il modello predice quindi che, in assenza di sviluppo della tecnologia, la produzione pro-capite di un paese tende a convergere ad un valore di equilibrio (o stato stazionario) e che tale valore è tanto più alto quanto maggiore è il tasso di risparmio, viceversa la produzione pro-capite finale risulta minore all’aumentare del tasso di crescita della popolazione. Il vantaggio di questo modello è che, contrariamente a quello di Harrod-Domar, vengono eliminati i problemi di instabilità.
Come accennato il modello è stato ampliato per tener conto della evoluzione tecnologica. In questo modello modificato non si raggiunge uno stato stazionario ma il livello di crescita è determinato solo dal ritmo di miglioramenti tecnologici; inoltre in tale modello l’evoluzione tecnologica viene considerata esogena, cioè esterna al sistema. Nel modello di Solow, che contiene l’evoluzione tecnologica, la crescita del reddito di lungo periodo è pertanto guidata dal progresso tecnologico, infatti questo causa un aumento della produttività marginale, cioè lo stesso ammontare di lavoro e di capitale produce una maggiore quantità di prodotto; questo fattore tecnologico che incrementa la crescita, non riconducibile al capitale o al lavoro, è definito come residuo di Solow. Da studi empirci successivi dello stesso Solow, su un periodo che va dal 1909 al 1949 sugli Stati Uniti, il contributo alla crescita economica dovuto alla innovazione tecnologica risulterebbe preponderante, quasi il 90%.
Dato che in tale modello il progresso tecnologico è esterno (esogeno) al modello stesso, un filone di studi successivi si è indirizzato nel cercare un modello che comprendesse al suo interno anche il progresso tecnologico. I successivi studi pertanto cercano di indagare come questo progresso tecnologico dipenda dalle decisioni degli agenti economici, ad esempio come vengono generati gli investimenti in ricerca e sviluppo.
Uno di questi modelli è quello di Romer, il cui obiettivo è di modellizzare il funzionamento del progresso tecnologico e, quindi, farlo diventare interno (endogeno) al modello stesso. Il progresso tecnologico viene ad essere schematizzato suddividendolo in:
• miglioramenti diretti di conoscenza tecnica dovuti agli investimenti di ricerca e sviluppo;
• trasferimenti di conoscenza tecnologica dall’impresa innovatrice verso gli altri;
di cui il secondo è il tipico esempio di esternalità positiva.
L’ipotesi da cui parte Romer è che il sistema economico abbia un dato ammontare di “capitale umano”, ovvero un insieme di conoscenze, competenze e abilità delle persone, che può essere utilizzato sia nella produzione sia nella ricerca. La ricerca infatti ha come scopo principale di introdurre nuovi processi produttivi che aumentano la produttività (che nel caso del lavoro abbiamo definito come output/lavoratore).
Le conclusioni del modello di Romer sono che il progresso tecnologico cresce in funzione dello stock di conoscenza tecnica accumulato; progresso che, a sua volta, dipende dalla quota del capitale umano che viene dedicato alla ricerca, decisione che spettando agli agenti economici è quindi interna (endogena) al sistema. Si pone di conseguenza il problema di quale sia la quota di capitale umano da dedicare alla ricerca e come ottimizzarla. Questo genera anche un ulteriore problema, cioè di come incentivare gli “innovatori” a investire in ricerca ed innovare, visti gli effetti di esternalità positivi; pertanto in questo caso la concorrenza perfetta va in qualche modo in contrasto con la necessità di garantire questi incentivi ai privati. Inoltre, anche nel caso in cui l’innovatore sia lo Stato, come evidenzia Mazzuccato nel suo libro Lo Stato innovatore, dovrebbe esistere un meccanismo per garantire che una parte di queste esternalità generate vada ad alimentare ulteriori spese di ricerca da parte dello Stato.
(*) Le ipotesi del modello di Solow-Swan sono: di essere in un regime di concorrenza perfetta; il rapporto tra capitale e reddito (K/Y) dipende dal rapporto tra i prezzi dei fattori, mente in Harrod è costante; il progresso tecnico è esogeno e, inoltre, assume che i rendimenti di scala siano costanti ma la produttività (marginale) dei fattori sia decrescente.
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