Quello di oggi è l'ultimo libro dell'economista Jean Paul Fitoussi, scomparso un anno fa. Più che un libro è una intervista (a cura di Francesca Perantozzi) che copre un ampio spettro di argomenti, pertanto non è un libro sistematico e quindi difficile da sintetizzare, mi limiterò solo ad evidenziare alcuni temi e passaggi.
Il tema del libro sono le regole, regole che limitano la libertà e che portano alla impotenza politica. Tra le regole di cui ci dobbiamo liberare ci sono le regole di linguaggio, per l'autore una "neolingua" che da il titolo al libro; l'impoverimento della lingua, limitando la espessione e riducendo il linguaggio, tende a limitare anche il pensiero (pensiero unico anche economico).
Una buona parte della intervista verte sulla Europa ed Eurozona e le sue regole. Purtroppo le regole adotatte e le politiche conseguenti sono state controproducenti. Le cosidette riforme strutturali sono in realtà delle riforme che riducono il benessere dei cittadini, mentre ci sarebbe bisogno di una riforma strutturale della Europa stessa. Le riforme finora attuate hanno finito per ridurre la protezione dei cittadini e del lavoro, riducendo gli spazi di manovra degli Stati, anche perchè una economia senza Stato è pura fantasia. Aver pensato che il privato fosse sempre preferibile al pubblico, perchè più efficente, ha provocato la maggior parte delle crisi che abbiamo attraversato, e quando le politiche attutate non ottengono il risutato sperato bisogna decidersi a cambiarle. Le politiche economiche sono composte da diversi strumenti: politica della concorrenza, politica industriale, politica fiscale e la politica monetaria. Questi strumenti dovrebbero essere coordinati mentre in Europa sono indipendenti e non cooperano e non si parlano, e qualsiasi politica non coordinatata è destinata a essere una cattiva politica. Gli Stati nazionali hanno perso la sovranità monetaria, che contiene anche una parte di sovranità industriale. Il problema fondamentale è che l'Europa non è più una squadra, è un insieme di paesi che diffidano uno dell'altro. Le riforme fin qui adotatte hanno avuto per lo più un aspetto sacrificale, e far vivere le persone nella infelicità perchè si crede ai miraggi non dovrebbe essere considerata una politica.
Il nemico non sono i mercati, ma le ideologie dei mercati, i mercati non sono un entità che vive di vita propria hanno bisogno di essere inquadrati. La macroeconomia è un bene pubblico e lo è anche la stabilità, e nessuna azienda privata se ne può far carico al posto dello Stato. La precarietà, l'insicurezza economica non sono un incidente o una fatalità, sono il risultato di precise scelte politiche. L'aspetto amaramente ironico in Europa è che le nazioni tendono a nazionalizzare i successi e nell'europizzare i fallimenti; mentre l'Europa europeizza i successi e nazionalizza i fallimenti. Dobbiamo cambiare le regole e archiviare la illusione tecnocratica secondo cui esiste una sola politica obbligata. Bisogna mettere al primo posto la piena occupazione mentre questa globalizzazione fondata sulla competività è una sciagura per il lavoratori. Anche se la integrazione richiede l'apertura, questa induce la volatilità che a sua volta aumenta la insicurezza che richiede la protezione, quindi la cosa più importante è che bisogna rispondere alla richiesta di protezione dei cittadini esposti alla insicurezza economica.
Il libro contiene molti spunti interessanti di cui ho solo evidenziato alcune riflessioni, per cui ne consiglio la lettura. Fitoussi si conferma un economista con una ampia visione, peccato averlo perso.
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