Mi ha molto colpito la recente improvvisa scomparsa dell'economista francese Jean Paul Fitoussi. Conoscevo questo economista e infatti è suo uno dei primi libri che ho recensito in questo blog: Il teorema del lampione.
Fitoussi non era un economista mainstream, anzi era profondamente contrariato dalla direzione che aveva preso la economia; come dice nel suo libro se gli obiettivi che ci poniamo sono sbagliati non potremmo risolvere i veri problemi che affliggono le persone, è inutile illuminare con il lampione laddove non c'è niente (di utile). Si lamentava piuttosto che molti economisti investissero la loro intelligenza nel costruire teorie la cui complessità è seconda soltanto all'inutilità. La economia dovrebbe essere una disciplina che cerca di comprendere la realtà sociale, cosa spesso dimenticata da molti economisti.
E' stato anche molto critico sulla costruzione della Unione Europea dove vedeva un grosso deficit democratico, dove si sono svuotate, un poco alla volta, le sedi della sovranità nazionali senza investire nella sovranità europea, facendo del governo della UE un governo più di regole che di scelte. La costruzione europea soffre di un deficit di potere con, da un lato, una legittimità senza strumenti e, dall'altro, strumenti senza legittimità. La costruzione europea è una federazione monetaria senza solidarietà di bilancio o anche un miscuglio di ferderalismo monetario e confedaralismo di bilancio totalmente instabile. Uno dei problemi è che l'Europa affronta un problema che è essenzialmente costituzionale come se fosse un problema puramente economico. Come afferma nel libro, che ho recensito, il suo sogno è che si smetta di imporre l'Europa ai cittadini per aiutarli invece a sceglierla, costruire dunque una Europa fatta di solidarietà e responsabilità: solidarietà di bilancio e responsabilità politica.
Infine, uno dei suoi motivi di insoddisfazione è legato alla nostra incapacità di misurare veramente cosa sia il benessere; le misure e le politiche si basano sui dati del PIL (Prodotto Interno Lordo) che, già per come è costruito, male rappresenta l'effettivo benessere economico di una nazione. Inoltre, quel che è peggio, è che in una situazione come quella degli ultimi anni, in cui le diseguaglianze stanno diventando sempre più marcate, un aumento del PIL che si concentra solo in una percentuale molto ridotta della popolazione come può rappresentare un miglioramento di una maggioranza che invece perde di benessere e di sicurezza. Se gli obiettivi politici, tra l'altro mal diretti da una teoria economica sbagliata, mirano solo ad una crescita del PIL senza guardare alla sua distribuzione come possiamo pensare che i cittadini siano soddisfatti delle politiche adottate dai governi nazionali e dalla Europa?
Peccato abbiamo perso un economista a tutto tondo, dove la economia non era solo arida matematica applicata a modelli teorici completamente avulsi dalla realtà, ma invece interessato alla complessità della realtà sociale ed economica:
" Il concepimento di una buona politica non può fondarsi quindi sulla separazione artificiale tra politiche sociali e politiche macroeconomiche, lo studio del mercato del lavoro e della ripartizione dei redditi deve costruire un elemento centrale dell'analisi macroeconomica che sostiene le politiche di stabilizzazione".