Riporto di seguito alcuni estratti dal capitolo conclusivo del mio ultimo libro, buona lettura.
Abbiamo in questo
libro affrontato molti temi, in particolare abbiamo cercato di
illustrare i punti di forza e di debolezza del nostro paese. Avete
anche potuto notare che alcune cose che si dicono su di noi sono
esagerate, non siamo un paese di spendaccioni anche se è vero che
non spendiamo spesso bene i soldi che abbiamo.
(...)
Quello
che emerge dalla maggioranza degli autori moderni è che un aspetto
importante nello sviluppo di una nazione è la capacità di sapere
produrre e sfruttare adeguatamente lo sviluppo tecnologico.
Questo significa, da una parte, crescita della istruzione in generale e, quindi, un buon livello della scuola e delle università, inoltre
capacità di fare ricerca scientifica di alto livello e filiere
produttive in grado di sviluppare, finanziare e applicare ricerca
scientifica e tecnologica.
Un
altro aspetto, evidenziato da molti autori è il sistema
istituzionale. Questo aspetto è molto complesso e riguarda molti
aspetti di una società.
In particolare significa avere un sistema di leggi, e capacità di farle
osservare che consenta la libertà di impresa: non c'è sviluppo
economico costante nel tempo se il sistema economico non è
sufficientemente libero. Le capacità imprenditoriali e la
possibilità di potersi arricchire, mettendo a frutto le proprie
capacità, sono un incentivo non sostituibile in un sistema
economico.
D'altra
parte ci vuole anche uno Stato in grado di fare da regolatore del
mercato, per evitare gli abusi di potere da parte delle imprese nei
confronti della concorrenza e dei clienti. Uno Stato è importante e
fondamentale perché crea da un lato le infrastrutture necessarie che
non possono essere spesso affidate ai privati, inoltre, è importante
perché deve fornire in maniera efficace tutti quei servizi che sono
propri di uno Stato: polizia, difesa, sanità, ecc.
Quindi,
quando si parla di sistema istituzionale, ci si riferisce a molti aspetti, e
dire che bisogna migliorare il sistema istituzionale non è quindi
facile da esprimere e da attuare.
(...)
Come
abbiamo affermato nei capitoli precedenti, c'è da molto fare per
migliorare la efficacia ed efficienza della nostra burocrazia sia a
livello procedurale e sia nel miglioramento del mix qualitativo delle
risorse.
Sono
assolutamente in disaccordo con chi sostiene che va ridotto il
ruolo delle Stato, il problema è piuttosto un altro, cioè come
assicurare che questo adempia al suo ruolo nel modo migliore
possibile e quindi ridurre la burocrazia laddove non serve e
invece rinforzare lo Stato laddove serve, perché il privato non può
sostituirlo in moltissimi aspetti della nostra società.
Inoltre,
come abbiamo visto, anche il nostro sistema produttivo e
industriale deve stare al passo con i cambiamenti e questo è in
parte successo negli ultimi anni, con alcune filiere che si sono
riorganizzate con un graduale riorientamento del commercio
internazionale dell’Italia verso nuovi mercati,
infatti negli ultimi anni è migliorato anche il nostro export
portando la bilancia commerciale in positivo. Questo è un processo
continuo e, come ho sottolineato nelle pagine precedenti, ci sono
molte cose che si possono fare per rendere più competitivo il paese
e anche qui è importante il ruolo dello Stato per dare i giusti
incentivi alle imprese e fornire un livello adeguato di istruzione,
oltre agli aspetti infrastrutturali.
(...)
Quindi, come si vede, ci stiamo avvitando da 30 anni nel
tentativo di ridurre il debito ma avendo una scarsa crescita, inoltre
abbiamo adottato dal 2001 una moneta esterna che non favorisce di
certo le nostre esportazioni.
Su
questo tema non possiamo però non parlare di politica anche se
termini generali. Come si è visto un atteggiamento troppo poco
attento agli equilibri economici nel breve ha portato a degli
squilibri economici che ci affliggono da molti anni. Questo pone un
problema di qualità in generale della politica, anche perché
la complessità del sistema economico è cresciuta enormemente negli
ultimi decenni e anche le relazioni internazionali sono divenute
sempre più interconnesse e intricate. Questo comporta che il livello
medio dei nostri politici dovrebbe tendere ad essere sempre più
elevato, con un alto bagaglio di competenze e conoscenze in grado di
consentirgli di comprendere la complessità dei meccanismi
sopramenzionati.
I
dati ci dicono che, ad esempio, il numero di politici laureati in
Italia è pari al 31% distante di 20/30 punti percentuali rispetto a
Germania, Francia e Inghilterra. Se è vero che da noi la percentuale
di laureati è più bassa che in Europa, ciò non toglie che per
ruoli politici mi aspetterei un numero di laureati ben superiore alla
media nazionale. Inoltre, visto che il livello di istruzione in
Italia si è molto alzato dal dopoguerra, mi aspetterei oggi una
classe politica mediamente più istruita ma, a solo a titolo di
esempio, nel primo parlamento italiano del dopoguerra i laureati
erano il 91% contro circa il 60% attuali.
Non
vorrei fare nomi ma molti dei leader di partito attuali, sia a destra
e sia sinistra, non brillano per livello d'istruzione: Salvini,
Meloni, Zingaretti, e l'ex ormai Di Maio, nessuno si è laureato e
neanche mi risulta abbia svolto una attività lavorativa
significativa nella loro vita. Lo spettacolo che vediamo è
desolante, con tanti signor nessuno che varcano le soglie del
Parlamento e assurgono anche a ruoli ministeriali. Un tempo, nei
partiti tradizionali, c'era un poco di selezione interna e anche
formazione, cosa che si è persa.
La
partecipazione politica dei cittadini alla vita pubblica è
importantissima e andrebbe anche incentivata, però anche la
selezione delle leadership è fondamentale per il bene del paese. Se
uno non ha mai gestito una attività di una certa complessità ed è
anche privo di una buona istruzione teorica perché dovrebbe sentirsi
pronto per gestire il paese, vista anche la importanza che ha il
ruolo dello Stato in una nazione moderna? Non è facile risolvere il
problema di dotare il paese di una leadership adeguata, però
dovremmo trovare qualche nuovo meccanismo per favorire l'ingresso in
politica di persone più preparate, altrimenti ci ritroveremo con
persone nei posti chiavi del paese che sono veramente imbarazzanti.
Personalmente guardo poco le trasmissioni televisive sulla attualità,
comunque quelle poche volte che assito all'intervento di qualche
politico su temi un poco più complessi o tecnici, ad esempio
economia, sono veramente pochi che danno l'impressione di averne
cognizione.
Rimanendo
sul piano istituzionale bisogna anche riflettere sul nostro sistema
politico, il sistema parlamentare con bicameralismo perfetto è un
sistema che abbiamo solo noi e pochi altri. I tentativi di riforma
sono andati male perché è mancata una visione di lungo periodo, in
genere si è cercato di fare riforme istituzionali ed elettorali solo
con l'obiettivo di un guadagno a breve ma, spesso, è accaduto che le
riforme fatte per una certa parte politica abbiano favorito l'altra
e, comunque, nell'ottica di un vero miglioramento istituzionale non è
certo questa la strada. Sono personalmente favorevole a riforme che
possano semplificare il sistema politico, fermo restando che dobbiamo
salvaguardare la tutela delle minoranze e la democrazia. Non credo
che manchino nel paese persone competenti in grado di proporre una
riforma che migliori il nostro assetto istituzionale, attingendo alle
migliori pratiche internazionali, e che possa essere approvata a
larga maggioranza.
Quando ho cominciato
a scrivere questo libro non ci eravamo ancora imbattuti nella
pandemia del coronavirus che ha complicato le cose. Purtroppo, il
fermo delle attività comporterà un calo del nostro PIL e, d'altra
parte, un notevole aumento delle spese dello Stato per tenere in
piedi l'economia e poi rilanciarla. Le stime sono ancora in corso,
sulla caduta del PIL si fanno stime in eccesso o difetto intorno al
10%, e il rapporto debito PIL peggiorerebbe ulteriormente portandoci
a valori sicuramente superiori al 150% e probabilmente oltre.
In una prima fase
sarà necessario sostenere sia il sistema produttivo e sia le
famiglie in cui verranno a diminuire, in generale, i redditi.
Su questo tutti gli
economisti concordano che l'intervento dello Stato è essenziale per
evitare il tracollo dell'economia con interventi economici di importo
elevato che sicuramente non si sono più visti dal dopoguerra. Tale
intervento deve essere veloce, più di quanto si stia facendo, e
mirato alla sopravvivenza delle imprese, evitando che falliscano o
siano preda di sciacallaggio da parte delle mafie o prede ambite
dall'estero per fare shopping a basso prezzo. E' chiaro che,
comunque, non si possono fare regalie a pioggia, come propone
qualcuno troppo facilmente, ma vanno trovati meccanismi efficaci,
anche in parte a fondo perduto, con un minimo di controllo per
evitare sprechi o ruberie, ed è qui che vediamo la arretratezza del
nostro sistema burocratico.
In una seconda fase
bisognerà ripartire e ricostruire, in questa fase le indicazioni che
ho dato restano valide e sono un inevitabile punto di partenza per
rilanciare in maniera sostenibile il paese. E’ vero che dovremmo
spendere molto ma soprattutto dobbiamo spendere bene i soldi, perché
potrebbe essere anche la occasione per migliorare il sistema paese
e renderlo più solido e competitivo.
Rimane il problema
dell'enorme quantità di denaro necessario per tutto quello che
abbiamo detto. Se il debito aggiuntivo sarà tutto a carico del solo
nostro paese il rapporto debito/PIL, come detto, schizzerà in alto
mettendoci in difficoltà ulteriore. Un incremento dell'indebitamento
porta, infatti, a un maggiore rischio e ad un sicuro aumento degli
interessi da pagare per ottenere credito, questo crea un circolo
vizioso pericoloso: aumento degli interessi che implica un aumento
del debito che provoca ulteriore aumento degli interessi, strada
pericolosa che conduce al rischio di default. Questo è il motivo
perché sia l'Italia e sia gli altri paesi europei chiedono la
nascita di nuovi strumenti che possano fornire i soldi ai paesi in
difficoltà senza aumentare automaticamente il debito e creare il
circolo vizioso accennato.
Nei casi di crisi
economica un paese che abbia la sovranità monetaria può ricorrere
alla monetizzazione del debito, cioè lo Stato in qualche modo crea
nuova moneta senza richiederla in prestito, con varie modalità su
cui non mi dilungo. Questo è un modo di operare che, da quando le
monete non sono più ancorate all'oro (cosiddette monete “fiat”),
è possibile attuare, il rischio è di generare inflazione, per
questo tale strumento si utilizza solo in condizione di grave crisi
economica dove tale rischio di fatto non esiste o è minimo
(...)
Così alla fine
siamo tornati alla connessione del problema italiano con quello
europeo di cui abbiamo parlato a proposito dell'euro.
(...)
Premesso che io sono
stato un europeista convinto e non caldeggio una “Italexit” come
soluzione di tutti i nostri problemi, non sono particolarmente
ottimista, visti i precedenti, nella capacità delle leadership
europee attuali di prendere decisioni così importanti e comunque
rischiose. Qualsiasi scelta, infatti, troverà terreno fertile per
delle forti opposizioni interne mettendo a rischio le leadership
stesse.
Sono purtroppo
propenso a pensare che il progetto europeo, per i difetti evidenti di
costruzione, abbia buone probabilità di essere destinato al
fallimento. D'altra parte è difficile pensare di costruire una casa
partendo dal tetto, e anche ammesso bisogna comunque costruire delle
solide fondamenta (istituzioni), cosa che purtroppo è mancata
soprattutto dalla introduzione dell'euro.
(...)
Come ho già
affermato la questione europea è molto aperta e sinceramente spero
che alla fine la Unione Europea ne esca rafforzata, nel caso
contrario l'importante è, come già scritto, che una disgregazione
sia la più ordinata e coordinata possibile.
In ogni caso la
strada per il nostro paese sarà molto ardua e difficile perché ci
ritroveremo con un debito pubblico ancora aumentato che ci pone in
ulteriore difficoltà. Rimane, in ogni caso, la necessità di
delineare un percorso di sviluppo del nostro paese sulla base delle
indicazioni che ho cercato di sintetizzare nel corso del libro. In
particolare, come ho detto nelle conclusioni del primo capitolo, se
vogliamo modernizzare il nostro paese e farlo crescere, in maniera
comunque equilibrata, bisogna operare su tre livelli ovvero sui tre
aspetti che ho evidenziato: Stato, mercato e democrazia.
Sull'aspetto
relativo alla democrazia è necessario migliorare il sistema
istituzionale senza stravolgere la nostra Costituzione, con una
maggiore partecipazione attiva dei cittadini grazie anche alle
nuove tecnologie. La maggiore partecipazione attiva dei cittadini a
sua volta richiede un maggiore impegno per la crescita della
istruzione, sia formale (più laureati e diplomati e di
buona qualità) e sia sostanziale.
Per il secondo
aspetto le nuove tecnologie, se ben usate, possono consentire una
maggiore diffusione delle conoscenze ai cittadini. Purtroppo, spesso
oggi, vediamo che le nuove tecnologie finiscono per far proliferare
messaggi distorti e fake news, mentre si dovrebbe fare uno sforzo per
un miglioramento qualitativo della formazione delle persone, una
specie di “non è mai troppo tardi” del XXI secolo con l'utilizzo
delle nuove tecnologie. In questo potrebbe aiutare anche la
informazione giornalistica che è in parte condizionata dalla
politica (RAI) o da potentati economici di vario tipo, mentre avremmo
bisogno di un giornalismo più indipendente e autonomo.
Questo miglioramento
nella qualità della partecipazione dei cittadini dovrebbe anche
essere la base per il miglioramento nella scelta delle leadership
politiche.
Dobbiamo quindi
migliorare anche necessariamente il funzionamento dello Stato,
aumentando la qualità della nostra burocrazia; tutti i grandi paesi
hanno alle spalle un sistema di istituzioni pubbliche di buona
qualità, un esempio da noi è la Banca D'Italia che ha fornito al
paese spesso grandi professionalità e uomini di qualità, ma ce ne
sono anche altri di esempi ovviamente.
Infine, per quanto
riguarda il mercato dobbiamo migliorare la competitività
delle aziende esistenti come abbiamo illustrato parlando di politica
industriale in senso lato, rafforzando le nostre eccellenze
industriali e aumentando, soprattutto, la possibilità di creare
nuove aziende innovative e start-up.
In questo ha un peso anche il
sistema creditizio che dovrebbe essere più attento alla creazione e
finanziamento anche delle nuove aziende, piuttosto che a meccanismi,
che si sono rilevati nel passato piuttosto opachi, nel finanziamento
di alcune aziende.
Tutto questo non è
semplice né facile, anzi dovremmo stare molto attenti ai messaggi
troppo semplicistici che ci arrivano dal mondo della politica per
allettarci e strizzarci l'occhio per fini elettorali.
In un mondo
complesso e complicato le soluzioni efficaci si possono trovare, ma
solo con impegno costante e dedizione e con l'ausilio di persone
preparate e grazie, anche, alla maggiore consapevolezza dei
cittadini.