La democrazia nei paesi occidentali è in crisi, una crisi di legittimità e di efficienza. La prima significa il venir meno del consenso, la seconda la difficoltà della capacità di azione, in sintesi crisi che l'autore definisce "stanchezza democratica".
Quali sono le diagnosi di tale crisi. La prima, quella populista, è che sia colpa dei politici: parassiti e approfittatori. La seconda diagnosi, quella tecnocratica, indica che il problema è la complessità del processo decisionale democratico servono, quindi, tecnocrati e specialisti che non devono preoccuparsi delle elezioni e adottare anche misure impopolari. Un altra diagnosi critica la democrazia rappresentativa, la soluzione sarebbe la democrazia diretta.
I tre rimedi o soluzioni appaiono all'autore tutti pericolosi, il populismo è pericoloso per la minoranza, la tecnocrazia è pericolosa per le maggioranza, l'anti-parlamentarismo è pericoloso per la libertà. L'autore propone una diversa diagnosi, il problema potrebbe essere la democrazia fondata sulle elezioni, sotto l'effetto della isteria collettiva dei media commerciali, dei social media e dei partiti politici la febbre elettorale è diventata permanente con gravi conseguenze sul funzionamento della democrazia. L'errore sarebbe di aver ridotto la democrazia a una democrazia rappresentativa e la democrazia rappresentativa a delle elezioni.
In realtà, la riduzione della democrazia alle sole elezioni è una deriva recente, infatti nella democrazia greca si faceva ricorso molto estesamente al meccanismo del sorteggio, ripreso poi anche in altre realtà successive ( Venezia, Firenze, ecc.)
Il sistema elettivo deriva dalle rivoluzioni americane e francese, ma leggendo attentamente gli scritti dei padri fondatori della democrazia si percepisce che il sistema era si democratico per il diritto di voto, tra l'altro inizialmente limitato, ma sopratutto aristocratico per il suo reclutamento, tutti potevano votare ma i candidati erano sostanzialmente una élite. In questo modo la uguaglianza di chance politiche è stata limitata con una separazione piuttosto netta tra governanti e governati. In pratica le rivoluzioni hanno sostituito una aristocrazia non eletta con una scelta con votazione.
Se questo è il vero problema della democrazia bisogna rivedere il sistema democratico, alcuni tentativi sono stati fatti (Islanda, Irlanda, Canada) con assemblee di cittadini chiamati a fare delle proposte legislative, le assemblee hanno prodotto dei risultati positivi che in genere però sono stati in qualche modo boicottati dai partiti politici, quindi le esperienze sono solo parzialmente positive anche se siamo solo ai primi passi. Un altra applicazione potrebbe essere un sistema bi-rappresentativo con una camera eletta e una a sorteggio.
Siamo solo all'inizio ma questa è la strada per l'autore che porta a diminuire la diffidenza tra governati e governati. Nel complesso un bel libro, ben documentato e controcorrente, che fa emergere i limiti e le difficoltà insite nel sistema attuale con una serie di proposte di cambiamento.
Siamo solo all'inizio ma questa è la strada per l'autore che porta a diminuire la diffidenza tra governati e governati. Nel complesso un bel libro, ben documentato e controcorrente, che fa emergere i limiti e le difficoltà insite nel sistema attuale con una serie di proposte di cambiamento.
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