Il libro che oggi presento ha due
problemi: non è tradotto in italiano (considerando quanto e cosa viene
pubblicato in Italia mi domando: perché?)
ed è di oltre 500 pagine, se siete in grado di superare questi due scogli ne
vale la pena, è uno dei libri più interessanti e completi che abbia letto
recentemente.
La prima parte (destruens) è
finalizzata a dimostrare le fallacie delle teorie economiche tradizionali.
Fondamentalmente le teorie neoclassiche presumono di capire il
funzionamento dei mercati quando, invece, sono profondamente ignoranti dei
fondamenti delle loro teorie.
Nelle loro teorie non esistono le
crisi finanziarie, infatti i loro modelli si basano sull’equilibrio, inoltre ciò che cercano di derivare dal comportamento individuale non può valere per i comportamenti
aggregati, a livello aggregato i sistemi complessi presentano fenomeni “emergenti”
dalle interazioni di molti agenti individuali (la società non è la semplice
somma degli agenti).
In particolare la legge della
domanda e dell’offerta non si applica all’intero mercato, che può dar luogo a
curve di domanda che non sono esattamente decrescenti.
Anche i costi e i ricavi delle
imprese reali sono differenti da quelli assunti dalla teoria neoclassica (teoria dei costi e ricavi marginali), cioè le imprese non massimizzano i
profitti quando costi e ricavi marginali si eguagliano. I costi di produzione sono,
per molte imprese, normalmente costi costanti o decrescenti piuttosto che crescenti.
Le imprese sono limitate più che nella produzione dalla domanda, cioè la loro mission è espandersi
a spese dei competitors.
Un'altra assunzione sbagliata
della economia neoclassica è quella di considerare il rischio (calcolabile), mentre in economia le cose sono incerte e quindi non calcolabili.
La dinamica dei processi viene
ignorata in quanto la teoria neoclassica considera solo fenomeni transitori di
breve termine, inoltre l’assunzione che il punto finale di un processo dinamico
è un equilibrio statico è semplicemente sbagliata, un economia di mercato non
può rimanere in una posizione ottimale perché gli equilibri sono instabili.
L’economia neoclassica tende a un
marcato “riduzionismo”, mentre nei
sistemi ove le variabili interagiscono in maniera non lineare i comportamenti a
livello aggregato non possono essere ricavati dai comportamenti a livello
elementare.
Un altro aspetto rilevante è che l’economia
tradizionale tende a ignorare il ruolo del credito che è invece fondamentale in
una moderna economia capitalistica (vedi Keynes-Schumpeter-Minsky).
La ossessione dell’economia
neoclassica verso l’equilibrio è in realtà un ostacolo per comprendere le forze
che permettono ad un economia di crescere.
Successivamente fa un elenco di
ulteriori fallacie dell’economia mainstream, ma la più grave è quella di non
essere stata in grado di prevedere la crisi economica del 2008.
Critica l’ipotesi dei mercati efficienti (Fama), infatti la realtà dei mercati
finanziari è più complessa e si rivela molto più instabile del previsto.
Anche il modo di fare economia con
la matematica è errato, da una parte si utilizza la matematica
sbagliata e dall’altra non si comprendono i limiti dell’utilizzo della
matematica, infatti il futuro non è prevedibile e la matematica non può risolvere
ogni problema.
In conclusione, nell’ultima parte
del libro, elenca alcune teorie che potrebbero rappresentare un alternativa
alla attuale visione dell’economia. Le teorie elencate (Economia austriaca, Post-keynesiani,
Sraffiani, Econofisici, Economia evolutiva) hanno ognuna degli elementi interessanti,
ma anche limiti e quindi nessuna può essere considerata coma la “teoria
economica” del XXI secolo.
Ovviamente nel libro c’è molto di
più di quanto questa sintesi offra, quindi se avete la possibilità leggetelo!
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