mercoledì 21 settembre 2016

La moneta

Oggi pubblico un estratto dal mio  libro: Le idee della economia.
Una definizione breve di moneta  potrebbe essere la seguente: «la moneta è ciò che usiamo per pagare le cose»[1]; ma  la  sua definizione più completa coincide con l’elenco delle sue funzioni che sono:
  •  strumento di pagamento, quindi mezzo di scambio e intermediario  nella compravendita di beni e servizi;
  • unità di conto, dunque  misura del valore;
  • riserva di valore, in altri termini un modo come mantenere la ricchezza.
Come è noto inizialmente gli scambi, in tempi remoti, avvenivano attraverso il baratto, questa modalità era palesemente poco efficiente e, quindi, ben presto venne la necessità di regolare gli scambi attraverso qualcosa che, successivamente, prese il nome di moneta[2].
Inizialmente come moneta furono utilizzate le cose più disparate: pietre, conchiglie, sale, capi di bestiame, tabacco, ecc.
Successivamente si diffuse l’uso dei metalli, le monete più antiche sino ad ora ritrovate risalgono a  fra la seconda metà del VII e gli inizi del VI sec. a.c., per la caratteristica principalmente di non essere deperibili.
Il passaggio ai metalli preziosi, oro e argento principalmente, segna l’inizio di quella che viene definita moneta merce, ovvero dotata di un valore intrinseco.
Anche l’utilizzo delle monete in metallo prezioso presenta alcuni problemi, alcuni pratici cioè legati al peso di grosse quantità di moneta e inoltre al rischio nel loro trasferimento, questo porta alla nascita delle banconote e anche di altri strumenti sostitutivi (ad esempio lettere di cambio).
Un altro aspetto legato alle monete in metalli preziosi e quello della disponibilità, abbondanza o scarsezza dei metalli in funzione, ad esempio, della scoperta di nuove miniere o all’esaurimento di quelle vecchie. L’eccesso di moneta se non accompagnato da uno sviluppo economico può infatti portare, come avevano capito anche i primi economisti, a spinte inflazionistiche (aumento dei prezzi); al contrario una mancanza di mezzi monetari può frenare lo sviluppo economico e portare viceversa a deflazione.
Con la comparsa delle banconote nasce in seguito la necessità che tale attività sia regolata, e che ci sia un legame tra la emissione di banconote e presenza di adeguate riserve d’oro. Quindi, la attività di emissione della banconote passa nel tempo dalle banche private ad una banca centrale, che diventa l’unica ad emettere banconote e tenuta ad avere una determinata quantità di riserve auree a copertura delle emissione di banconote.
Il sistema monetario divenne quindi il cosiddetto Gold Standard[3], nel quale il valore della moneta corrispondeva ad una determinata quantità di oro stabilita dalle autorità monetarie, senza necessità di una totale convertibilità tra banconote e riserve auree, dando così la possibilità di maggiore flessibilità monetaria all’interno, mentre rimane lo scambio di riserve per regolare le transazioni tra paesi.
Il  passaggio dalla moneta metallica, con valore intrinseco, alle banconote a corso legale garantite dallo Stato segna la evoluzione dalla moneta merce alla moneta segno, cioè ad una moneta fiduciaria basata sulla fiducia nell'emittente[4].
Il secondo dopoguerra si caratterizza, con gli accordi di Bretton-Woods, per la nascita del cosiddetto Gold Exchange Standard, in cui la moneta per gli scambi internazionali rimane il dollaro che è l’unico a poter essere convertito in oro.
Quindi il dollaro diviene il punto centrale ma anche dolente di tutto il sistema e la sua presunta convertibilità in oro termina, con decisione di R.Nixon nel 1971, lasciandoci in un sistema non ben definito.
Abbiamo parlato nel corso del libro dei concetti di moneta endogena o esogena, cioè se la offerta di moneta è creata e controllata solo dalla banca centrale o, se invece, non è creata anche dal sistema bancario e finanziario per esigenze della economia. Considerando che le banche private possono emettere prestiti o dare credito sulla base anche delle riserve dei depositi, ma che non sono vincolate a prestarli in rapporto 1 a 1 con i depositi (moltiplicatore dei depositi), è chiaro che anche loro sono in grado di generare moneta. Per i sostenitori della teoria della moneta endogena in realtà sono proprio i prestiti a creare la moneta e le banche, nel loro insieme, non sono quindi vincolate nel concedere prestiti dall’ammontare del denaro precedentemente depositato; pertanto la  banca centrale non è in grado di controllare direttamente la quantità di moneta, può solo fissare il tasso d’interesse al quale rifinanzia le banche ed è  tale tasso d’interesse che influisce “indirettamente” sulla offerta di moneta.
In pratica la moneta è oggi una forma di debito, un debito di tipo speciale che è accettato come mezzo di pagamento nella economia[5].
In particolare la cosiddetta massa monetaria (o moneta legale) viene suddivisa in alcune componenti, detti aggregati monetari. Questi aggregati sono in ordine decrescente di liquidità :  
  • M0 insieme di  tutte le banconote e le monete, dette moneta legale, e le riserve obbligatorie delle banche presso la banca centrale che costituiscono la cosiddetta base monetaria;
  • M1 che comprende oltra alle banconote circolanti anche i depositi di conto corrente e postali (trasferibili con assegno);
  • M2 che oltre a ricomprendere quanto detto per M1 comprende anche i depositi di conto corrente e postali più vincolati dei precedenti;
  • ·M3 che comprende ulteriormente altri titoli a breve come le obbligazioni e i titoli di stato a breve termine.
Abbiamo parlato spesso di offerta e domanda di moneta, la prima si definisce come la moneta circolante in un sistema economico, mentre la domanda di moneta è quella che i privati (cittadini e aziende) vogliono detenere per vari motivi: speculazione, transazioni e precauzione.
Infine concludiamo con le politiche monetarie: lo scopo delle politiche monetarie è di  controllare la quantità  di moneta in generale, questo avviene da parte della autorità monetaria di un paese attraverso, principalmente, le cosiddette operazioni di mercato aperto, cioè la vendita
o acquisto da parte della banca centrale di titoli. Acquistando titoli, titoli di Stato, per la maggior parte, la banca centrale ottiene due effetti: da una parte riduce la quantità di moneta in circolazione; dall’altra, acquistando titoli, ne aumenta il valore (aumento della domanda) e per la relazione inversa tra valore dei titoli e interesse fa quindi diminuire  il tasso di interesse. Quando queste operazioni avvengono su larga scala e i titoli interessati sono anche altri titoli, come ad esempio obbligazioni private emesse dalle aziende, queste operazioni prendono il nome di quantitative easing.
Un altro campo di azione  della banca centrale è quello di modificare, in rialzo o in ribasso,  il valore  del tasso ufficiale di sconto, che determina i tassi di interesse applicati dalle banche per i prestiti.
Infine, un altro modo per controllare la emissione di moneta è attraverso il sistema di regolamentazione delle banche, ad esempio agendo sulla cosiddetta  riserva frazionaria, che è la percentuale dei depositi bancari che per legge la banca è tenuta a detenere, sotto forma di contanti o di attività facilmente liquidabili. Tale riserva determina quanto un istituto di credito  può erogare per i prestiti e, quindi, un aumento o una sua diminuzione possono variare l’offerta di credito e l’offerta di moneta.
La teoria economica ci dice, in generale, che la banca centrale dovrebbe stabilire la politica monetaria, espansiva o recessiva, in funzione dello stato dell’economia. Ad esempio in una fase di recessione dovrebbe aumentare la quantità di moneta è ridurre il tasso di sconto per favorire la ripresa, mentre in una fase espansiva dovrebbe fare il contrario per frenare il possibile rischio di spirale inflazionistica. Questo vale in generale, ci sono comunque molte divergenze sulle modalità e sulla importanza di tali politiche che variano a seconda delle correnti di pensiero: i monetaristi propendono per un controllo stretto della politica monetaria con minori interventi dello Stato; mentre le correnti keynesiane e post-keynesiane credono che non si possa far a meno di accompagnare tali politiche con un maggior intervento statale anche sul fronte della spesa pubblica o politiche fiscali.






[1] A. Lerner, Money as a creature of the State, The American Economic Review, Vol. 37, No. 2, 1947, p. 313.
[2] Il nome pecunia viene da “pecus” (pecora), a rappresentare uno dei mezzi con cui potevano avvenire gli scambi, il nome moneta verrebbe, secondo alcune teorie,  dalla dea romana Giunone Moneta, dove per moneta si intende l’aggettivo di “ammonitrice” dato alla dea, in quanto la zecca sarebbe stata nei pressi o annessa al suo tempio.
[3] In realtà si distinguono tre diversi sistemi aurei: nel primo l'oro viene usato direttamente come moneta (circolazione aurea), nel secondo viene usata cartamoneta totalmente convertibile in oro, infine, nel terzo caso, le banconote sono convertibili solo parzialmente, risultando il valore della quantità di banconote emessa un multiplo del valore dell'oro posseduta dallo stato (circolazione cartacea convertibile parzialmente in oro).
[4] Tale tipo di moneta viene definita “fiat”, cioè  una moneta stabilita da la regolamentazione del governo o della legge.
[5] Vedi: M. McLeay, A. Radia, R. Thomas, Money in the modern economy: an introduction, Quarterly Bulletin 2014 Q1, Bank Of England.

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