Oggi pubblico un estratto dal mio libro: Le idee della economia.
Una definizione breve di moneta potrebbe essere la seguente: «la moneta è ciò
che usiamo per pagare le cose»[1]; ma la sua
definizione più completa coincide con l’elenco delle sue funzioni che sono:
- strumento di pagamento, quindi mezzo di scambio e intermediario nella compravendita di beni e servizi;
- unità di conto, dunque misura del valore;
- riserva di valore, in altri termini un modo come mantenere la ricchezza.
Inizialmente come
moneta furono utilizzate le cose più disparate: pietre, conchiglie, sale, capi
di bestiame, tabacco, ecc.
Successivamente
si diffuse l’uso dei metalli, le monete più antiche sino ad ora ritrovate
risalgono a fra la seconda metà del VII
e gli inizi del VI sec. a.c., per la caratteristica principalmente di non
essere deperibili.
Il passaggio ai
metalli preziosi, oro e argento principalmente, segna l’inizio di quella che
viene definita moneta merce, ovvero
dotata di un valore intrinseco.
Anche l’utilizzo
delle monete in metallo prezioso presenta alcuni problemi, alcuni pratici cioè
legati al peso di grosse quantità di moneta e inoltre al rischio nel loro trasferimento,
questo porta alla nascita delle banconote e anche di altri strumenti sostitutivi
(ad esempio lettere di cambio).
Un altro aspetto
legato alle monete in metalli preziosi e quello della disponibilità, abbondanza
o scarsezza dei metalli in funzione, ad esempio, della scoperta di nuove
miniere o all’esaurimento di quelle vecchie. L’eccesso di moneta se non
accompagnato da uno sviluppo economico può infatti portare, come avevano capito anche i primi economisti, a
spinte inflazionistiche (aumento dei prezzi); al contrario una mancanza di mezzi
monetari può frenare lo sviluppo economico e portare viceversa a deflazione.
Con la comparsa
delle banconote nasce in seguito la necessità che tale attività sia regolata, e
che ci sia un legame tra la emissione di banconote e presenza di adeguate
riserve d’oro. Quindi, la attività di emissione della banconote passa nel tempo
dalle banche private ad una banca centrale, che diventa l’unica ad emettere
banconote e tenuta ad avere una determinata quantità di riserve auree a
copertura delle emissione di banconote.
Il sistema
monetario divenne quindi il cosiddetto Gold Standard[3], nel
quale il valore della moneta corrispondeva ad una determinata quantità di oro
stabilita dalle autorità monetarie, senza necessità di una totale convertibilità
tra banconote e riserve auree, dando così la possibilità di maggiore
flessibilità monetaria all’interno, mentre rimane lo scambio di riserve per
regolare le transazioni tra paesi.
Il passaggio dalla moneta metallica, con valore
intrinseco, alle banconote a corso legale garantite dallo Stato segna la
evoluzione dalla moneta merce alla moneta
segno, cioè ad una moneta fiduciaria basata sulla fiducia nell'emittente[4].
Il secondo
dopoguerra si caratterizza, con gli accordi di Bretton-Woods, per la nascita
del cosiddetto Gold Exchange Standard, in cui la moneta per gli scambi
internazionali rimane il dollaro che è l’unico a poter essere convertito in
oro.
Quindi il dollaro
diviene il punto centrale ma anche dolente di tutto il sistema e la sua
presunta convertibilità in oro termina, con decisione di R.Nixon nel 1971,
lasciandoci in un sistema non ben definito.
Abbiamo parlato
nel corso del libro dei concetti di moneta
endogena o esogena, cioè se la offerta
di moneta è creata e controllata solo dalla banca centrale o, se invece,
non è creata anche dal sistema bancario e finanziario per esigenze della
economia. Considerando che le banche private possono emettere prestiti o dare
credito sulla base anche delle riserve dei depositi, ma che non sono vincolate
a prestarli in rapporto 1 a 1 con i depositi (moltiplicatore dei depositi), è chiaro
che anche loro sono in grado di generare moneta. Per i sostenitori della teoria
della moneta endogena in realtà sono proprio i prestiti a creare la moneta e le
banche, nel loro insieme, non sono quindi vincolate nel concedere prestiti
dall’ammontare del denaro precedentemente depositato; pertanto la banca centrale non è in grado di controllare
direttamente la quantità di moneta, può solo fissare il tasso d’interesse al quale rifinanzia le banche ed è tale tasso d’interesse che influisce “indirettamente”
sulla offerta di moneta.
In pratica la
moneta è oggi una forma di debito, un debito di tipo speciale che è
accettato come mezzo di pagamento nella economia[5].
In particolare la cosiddetta massa monetaria (o moneta legale) viene
suddivisa in alcune componenti, detti aggregati monetari. Questi aggregati sono in ordine decrescente di liquidità :
- M0 insieme di tutte le banconote e le monete, dette moneta legale, e le riserve obbligatorie delle banche presso la banca centrale che costituiscono la cosiddetta base monetaria;
- M1 che comprende oltra alle banconote circolanti anche i depositi di conto corrente e postali (trasferibili con assegno);
- M2 che oltre a ricomprendere quanto detto per M1 comprende anche i depositi di conto corrente e postali più vincolati dei precedenti;
- ·M3 che comprende ulteriormente altri titoli a breve come le obbligazioni e i titoli di stato a breve termine.
Abbiamo parlato
spesso di offerta e domanda di moneta, la prima si definisce come la moneta circolante
in un sistema economico, mentre la domanda di moneta è quella che i privati
(cittadini e aziende) vogliono detenere per vari motivi: speculazione,
transazioni e precauzione.
Infine
concludiamo con le politiche
monetarie: lo scopo delle politiche monetarie è di controllare la quantità di moneta in generale, questo avviene da
parte della autorità monetaria di un paese attraverso, principalmente, le cosiddette
operazioni di mercato aperto,
cioè la vendita
o acquisto da parte della banca centrale di titoli. Acquistando
titoli, titoli di Stato, per la maggior parte, la banca centrale ottiene due
effetti: da una parte riduce la quantità di moneta in circolazione; dall’altra,
acquistando titoli, ne aumenta il valore (aumento della domanda) e per la
relazione inversa tra valore dei titoli e interesse fa quindi diminuire il tasso di interesse. Quando queste
operazioni avvengono su larga scala e i titoli interessati sono anche altri
titoli, come ad esempio obbligazioni private emesse dalle aziende, queste
operazioni prendono il nome di quantitative
easing.
Un altro campo di azione della banca centrale è quello di modificare,
in rialzo o in ribasso, il valore del tasso ufficiale di sconto, che determina
i tassi di interesse applicati dalle banche per i prestiti.
Infine, un altro
modo per controllare la emissione di moneta è attraverso il sistema di
regolamentazione delle banche, ad esempio agendo sulla cosiddetta riserva frazionaria, che è la
percentuale dei depositi bancari che per legge la banca è tenuta a detenere, sotto
forma di contanti o di attività facilmente liquidabili. Tale riserva determina
quanto un istituto di credito può
erogare per i prestiti e, quindi, un aumento o una sua diminuzione possono
variare l’offerta di credito e l’offerta di moneta.
La teoria economica
ci dice, in generale, che la banca centrale dovrebbe stabilire la politica
monetaria, espansiva o recessiva, in funzione dello stato dell’economia. Ad
esempio in una fase di recessione dovrebbe aumentare la quantità di moneta è ridurre
il tasso di sconto per favorire la ripresa, mentre in una fase espansiva
dovrebbe fare il contrario per frenare il possibile rischio di spirale
inflazionistica. Questo vale in generale, ci sono comunque molte divergenze
sulle modalità e sulla importanza di tali politiche che variano a seconda
delle correnti di pensiero: i monetaristi propendono per un controllo stretto
della politica monetaria con minori interventi dello Stato; mentre le correnti
keynesiane e post-keynesiane credono che non si possa far a meno di
accompagnare tali politiche con un maggior intervento statale anche sul fronte
della spesa pubblica o politiche
fiscali.
[1] A. Lerner, Money as a creature of the State, The American Economic Review, Vol.
37, No. 2, 1947, p. 313.
[2]
Il nome pecunia viene da “pecus”
(pecora), a rappresentare uno dei mezzi con cui potevano avvenire gli scambi,
il nome moneta verrebbe, secondo alcune teorie, dalla dea romana Giunone Moneta, dove per moneta si intende
l’aggettivo di “ammonitrice” dato
alla dea, in quanto la zecca sarebbe stata nei pressi o annessa al suo tempio.
[3]
In realtà si distinguono tre
diversi sistemi aurei: nel primo l'oro viene usato direttamente come
moneta (circolazione aurea), nel secondo viene usata cartamoneta totalmente
convertibile in oro, infine, nel terzo caso, le banconote sono convertibili
solo parzialmente, risultando il valore della quantità di banconote emessa un
multiplo del valore dell'oro posseduta dallo stato (circolazione cartacea
convertibile parzialmente in oro).
[4]
Tale tipo di moneta viene definita
“fiat”, cioè una moneta stabilita da la
regolamentazione del governo o della legge.
[5] Vedi:
M. McLeay, A. Radia, R. Thomas, Money in
the modern economy: an introduction, Quarterly Bulletin 2014 Q1, Bank Of England.
Super artykuł. Pozdrawiam serdecznie.
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