Le teorie dell’interesse, da Aristotele sino alla fine del medioevo, avevano più che altro un carattere
etico-religioso, la discussione era imperniata sulla liceità di richiedere e
ottenere un interesse sulle somme prestate. Da questo punto di vista le posizioni
erano generalmente negative, la
richiesta di interesse si identificava di fatto con “l’usura” e quindi
riprovevole dal punto di vista morale.
Con l’evoluzione economica e lo sviluppo
dei commerci, a partire soprattutto dalla fine del ‘400, le posizioni cominciano
a diventare più sfumate e si inizia a distinguere tra la richiesta di interesse che diviene lecita, a
fronte dei rischi e come beneficio per la perdita di opportunità dovuta al
prestito, e l’usura vera e propria che viene caratterizzata dal fatto di
richiedere un interesse particolarmente elevato.
Nel periodo dell’economia classica l’interesse
diviene la remunerazione di un fattore
produttivo, il capitale, che rende
tale remunerazione lecita come per gli altri fattori produttivi, terra e
lavoro, dove prende il nome rispettivamente di
rendita e salario.
L’intuizione innovativa di Bohm-Bawerk, Eugen
von Böhm-Bawerk (1851–1914) economista austriaco considerato esponente fondamentale della scuola austriaca,
è quella di inserire la dimensione temporale come giustificazione
dell’interesse. In particolare Bohm-Bawerk evidenzia che, per motivi psicologici, gli
individui tendono a preferire il consumo presente a quello futuro, quindi
l’interesse è la ricompensa, per chi concede il prestito, alla rinuncia al
consumo presente a beneficio di colui che chiede il prestito.
La spiegazione diviene più complessa
passando dalla sfera individuale a quella produttiva. La tesi che Bohm-Bawerk sostiene è che i metodi lavorativi
“indiretti” siano più efficienti di quelli “diretti” ma
richiedono tempi più lunghi.
Per spiegare tali concetti e le differenze
dei due metodi facciamo un esempio banale: per fare uno scavo potrei utilizzare
le mani (metodo diretto), tale metodo è immediato nel senso che posso partire
subito a scavare ma evidentemente poco efficiente. Per effettuare lo scavo con
maggiore efficienza devo ricorrere a qualche strumento, dalla pala e piccone
sino ad arrivare a un escavatore. E’ chiaro che l’uso degli strumenti (metodo
indiretto) aumenta la l’efficienza del lavoro ma in qualche modo possiamo dire
che richiede “tempi più lunghi”, nel senso che per costruire tali strumenti ci
vuole del tempo o, più realisticamente, richiede la loro acquisizione e quindi dei
capitali per comprarli.
Pertanto, in conclusione, i metodi
indiretti sono più efficienti ma richiedono un anticipazione dei capitali,
pertanto la maggiore efficienza comporta un periodo di produzione più lungo e,
il beneficio di una maggiore produttività, richiede l’esborso di un interesse
per acquistare la disponibilità di capitali necessari per acquisire i mezzi di
produzione. Come si vede si torna al concetto di produttività del capitale ma
questa volta avendo evidenziando l’aspetto
temporale del problema.
Un ulteriore contributo alle concezioni
delle teorie dell’interesse si deve a Wicksell, Johan Gustaf Knut Wicksell (1851–1926) economista svedese.
Il concetto innovativo a lui dovuto è
quello di distinzione tra interesse monetario e interesse “reale”.
L’interesse monetario è quello che si forma nel mercato del credito, ovvero laddove c’è una domanda di capitali da parte dei produttori e l’offerta di credito attraverso il circuito bancario. Il prezzo di acquisire la liquidità, e quindi l’interesse, varia in funzione della domanda e dell’offerta di capitali.
L’interesse monetario è quello che si forma nel mercato del credito, ovvero laddove c’è una domanda di capitali da parte dei produttori e l’offerta di credito attraverso il circuito bancario. Il prezzo di acquisire la liquidità, e quindi l’interesse, varia in funzione della domanda e dell’offerta di capitali.
L’interesse “reale” è quello che si forma nella sfera
produttiva e quindi connesso al “rendimento”[1] del
capitale investito nel settore produttivo, se questo rendimento è maggiore
dell’interesse monetario si avrà un incentivo ad effettuare investimenti,
viceversa gli investimenti tendono a diminuire.
Sono quindi queste differenze di
interesse che determinano la propensione ad investire, questo permette a Wicksell
di proporre una teoria per la spiegazione
dei cicli economici che influirà su
Keynes ed Hayek, come vedremo in seguito.
La spiegazione del ciclo è la seguente: quando
l’interesse monetario cresce e supera quello reale, questo tende a sfavorire
gli investimenti e di conseguenza a generare una rallentamento degli
investimenti produttivi e ad innescare un ciclo economico recessivo. Al
contrario, quando l’interesse monetario è inferiore a quello reale, si generano le condizioni favorevoli agli investimenti e quindi ad un ciclo espansivo.
Irving Fisher, di cui parleremo più
diffusamente nel prossimo post, riprende i concetti sull’interesse
sviluppati da Bohm Bawerk ma li sviluppa con maggiore rigore matematico, per
cui nei daremo solo un cenno.
Fisher conferma l’aspetto psicologico
individuale di preferenza al consumo presente rispetto a quello futuro, precisando
che tale tendenza è funzione del reddito atteso e dalla disponibilità di fondi
e che il tasso di interesse si determina nell’equilibrio tra domanda e offerta
tra agenti economici, che hanno
diverse disponibilità e motivazioni a
prendere o dare in prestito fondi.
Per quanto riguarda l’interesse
nell’aspetto produttivo, quindi visto nell’ottica della convenienza ad
effettuare un investimento, Fisher
analizza le modalità con cui avviene la scelta tra diverse opportunità di investimento.
In particolare, per un dato investimento, si può ipotizzare una serie di
rendimenti futuri, ad esempio se compriamo un immobile e lo affittiamo ne
ricaveremo degli affitti nel tempo. Dato che queste somme, che riceviamo nel
futuro, valgono meno che nel presente le dobbiamo ridurre (scontare) per aver
il valore corrispondente nel presente, quindi ipotizzando un certo tasso di
interesse si può valutare, mediante una formula matematica[2] e sulla base dei flussi di reddito attesi, il
valore presente (attuale) dell’investimento, questa valutazione consente il
confronto tra investimenti alternativi.
Tale analisi verrà ripresa da Keynes
nello sviluppare il concetto di efficienza marginale del capitale ed
evidenziare la relazione inversa tra livello
degli investimenti e tasso di interesse, infatti a parità di rendimenti
attesi dell’investimento effettuato, all’aumentare del tasso di interesse, il
valore (attuale) di un investimento diminuisce e quindi diviene meno
conveniente fare un investimento.
[1] Per precisione si dovrebbe parlare di produttività marginale del capitale, che
esprime quanto varia il prodotto per effetto della corrispondente variazione del
capitale.
[2]Ipotizzato un certo tasso di interesse
(i) e un flusso di redditi uguali (r), si può attualizzare, cioè determinare il
valore attuale/presente di un investimento con la formula: valore attuale =
sommatoria (per k che va da 1 a N) di r/(1+i)k, dove N sono il numero di anni o periodi
temporali considerati, nel caso di N infinito il valore attuale diviene r/i, che indica la
relazione inversa con il tasso di interesse.