giovedì 26 novembre 2015

Le idee dell'economia-Teoria dei vantaggi comparati e legge dei rendimenti decrescenti: David Ricardo

David Ricardo (1722-1823), a differenza di Adam Smith, fu dedito nel corso della sua esistenza ad attività pratiche, in particolare fu agente di cambio, si dedicò solo in età matura agli studi economici  grazie anche ai buoni guadagni raggiunti con il suo lavoro.
Ricardo è considerato uno degli economisti più influenti dell’economia classica, per gli scopi di questo testo evidenzieremo solo alcune delle sue idee quelle che, a parere dello scrivente, diedero vita a importanti  filoni di ricerca successiva.
Il primo aspetto di cui tratteremo è quello relativo agli scambi internazionali. In particolare mi riferisco alla teoria dei vantaggi comparati. In questa teoria Ricardo dimostra che, in determinate condizioni, conviene lo scambio tra nazioni, in quanto ognuna, date certe caratteristiche particolari naturali o di altro tipo, risulta avvantaggiata nella produzione di determinati prodotti.
In pratica questa teoria estende il concetto di divisione del lavoro di Adam Smith a livello internazionale, stabilendo la convenienza per le nazioni a specializzarsi nella produzione di determinati tipi di beni.
Per capire tale teoria dovremmo ricorrere ad un esempio pratico, semplificato, tratto dal libro di Ricardo: Sui principi dell’economia politica e della imposta.[1]
Si supponga di avere due nazioni, Inghilterra e Portogallo, e di trattare solo due tipologie di prodotto: vino e tessuto, e inoltre di considerare come componente di costo di produzione solo il lavoro.
Nella tabella seguente si riportano il numero di ore necessarie per produrre una unità dei suddetti beni in ciascuna delle due nazioni.
PORTOGALLO
INGHILTERRA
TESSUTO
90
100
VINO
80
120

Come si vede il numero di ore necessarie è minore, per entrambe le tipologie di bene, per il Portogallo (vantaggio assoluto), dovendo però trattare di scambio dovremmo ragionare in termini relativi.[2]
Al Portogallo sembrerebbe, a prima vista, non conveniente effettuare lo scambio. In realtà a ben vedere, se impiegasse il tempo  in cui produce  tessuto per produrre vino, ne potrebbe produrre circa 1,2 unità, quindi una quantità maggiore. Se esportasse il vino in Inghilterra il prezzo che ne potrebbe ricavare è maggiore di quello che otterrebbe nel mercato interno, questo perché Ricardo assume che il  prezzo è proporzionale al  costo e che il valore di scambio è  quindi a metà strada tra i costi di produzione dei due paesi. Pertanto il Portogallo ricaverà di più a vendere vino sul mercato esteso, comprendente l’Inghilterra, potendo a questo punto importare tessuto dall’estero guadagnandoci (differenza tra ricavo totale e spesa totale), cosi come pure l’Inghilterra stessa nella esportazione di tessuto.
Questa teoria segna un ulteriore punto a favore della teoria del libero scambio e delle politiche di abolizione dei dazi,  in opposizione a quanto espresso dalle politiche mercantilistiche e, pur con le sue limitazioni e semplificazioni, rappresenta il punto di partenza per le successive teorie del commercio internazionale.
E’ da notare che le critiche a questa teoria saranno mosse successivamente da altri economisti, in particolare da parte dell’economista tedesco Friedrich List (1789-1846) verrà messo in evidenza che tale teoria non tiene conto della necessità di salvaguardare, con provvedimenti di tipo protezionistico, dalla concorrenza estera le industrie nascenti nei paesi in via di sviluppo industriale, questo atteggiamento dell’economista tedesco è più che comprensibile pensando al fatto che la Germania ha iniziato lo sviluppo industriale successivamente all’Inghilterra. In particolare List accuserà esplicitamente l’Inghilterra, una volta arrivata a un maggior sviluppo economico, di «voler buttar giù la scala» per impedire agli altri paesi di raggiungere un egual livello di sviluppo.
Per quanto riguarda la teoria del valore, Ricardo sostanzialmente  esprime una teoria del valore lavoro contenuto che, contrariamente a quanto sosteneva Smith, vale per lui anche in un economia capitalista avanzata. Ricardo infatti cerca di dimostrare i limiti  della teoria del valore comandato, ma anche la sua teoria del valore-lavoro ha molte contraddizioni, di cui in parte ne è consapevole.   Sul filone della teoria del valore-lavoro proseguirà Karl Marx, con la sua teoria, portandola alle estreme conseguenze.
L’altra “legge”  che vorrei evidenziare di Ricardo è quella che va sotto il nome di legge dei rendimenti decrescenti. Tale legge deriva per Ricardo  dal fatto che, all’aumentare della popolazione e del benessere, vengono messe a coltivazione terre sempre meno fertili. Il rendimento (rendita) di questa terra, a parità di altre condizioni, sarà inferiore a quelle più fertili o meglio posizionate logisticamente. Da questo Ricardo  deriva che, essendo la terra il fattore di produzione di base, input di tutti i successivi processi produttivi,  anche la produzione industriale  tenderà ad avere dei rendimenti (o saggio di profitto)  decrescenti.[3]
Il tema dei rendimenti dei fattori produttivi, decrescenti/crescenti/costanti, sarà un argomento molto dibattuto dagli economisti successivi.
Infine, vorrei accennare ad un altro tema affrontato da Ricardo che è quello della evoluzione tecnologica e dei suoi riflessi sulla occupazione.
Su questo punto Ricardo ha due posizioni distinte nel tempo, inizialmente  afferma  che, nel breve periodo, una maggiore meccanizzazione dei processi produttivi, necessaria per ridurre i costi per l’effetto della concorrenza e ridurre quindi la tendenza ai rendimenti decrescenti, genera inizialmente un aumento della disoccupazione che viene successivamente riassorbita da nuove necessità produttive.
In un secondo momento, a dire il vero solo nell’ultima revisione dei suo libro Sui principi dell’economia politica e della tassazione, Ricardo cambia idea sostenendo che i lavoratori, essendo  in numero minore nel periodo successivo  a causa delle innovazioni tecnologiche, non sono in grado di consumare tutto quanto viene prodotto nel periodo precedente di maggiore occupazione, dando quindi luogo a una carenza di domanda che blocca il processo virtuoso che conduce ad una sempre maggiore produzione.
Abbiamo quindi con Ricardo, un primo esempio di crisi da domanda, anche se fondamentalmente nel breve periodo.





[1] D.Ricardo, Sui principi dell’economia politica e della imposta,  Isedi, Milano, 1976.
[2] E’ chiaro che in assoluto sarebbe più  conveniente  produrre in Portogallo, ma questo significherebbe in pratica spostare capitali e lavoro ed esula dalla teoria di Riccardo ed è anche coerente con il  periodo storico considerato, probabilmente adesso con la globalizzazione tale vincolo sarebbe meno stringente. 

[4] Per precisione, Ricardo in un secondo momento rivedrà la sua teoria rendendola più elaborata, ma che implica comunque una caduta del saggio di profitto del settore industriale.

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