Il libro che presentiamo oggi è molto interessante e ben scritto da Dani Rodrik, di origini turche ma professore di Economia Politica Internazionale alla John F. Kennedy School of Government alll'Università Harvard negli Stati Uniti.
Il titolo in inglese, che a mio parere è più azzeccato, The globalization paradox, spiega meglio il tema del libro, ovvero del paradosso o come vedremo più avanti, quello che l’autore definisce il trilemma della globalizzazione.
Nella prima parte c’è una lunga e molto accurata ricostruzione storica, si parte dalla prima
globalizzazione, quella che iniziata nell’800, per effetto combinato delle innovazioni tecnologiche e del gold standard ma, sopratutto, in virtù delle politiche «imperialistiche» delle potenze occidentali, che finisce
con la prima guerra mondiale, a cui segue un periodo di rinascita del
protezionismo anche a causa della Grande Depressione.
Il secondo dopo guerra è caratterizzato
dagli accordi di Bretton Woods che, con gli accordi commerciali del
GATT, permettono comunque un aumento della globalizzazione, ma consentono agli
Stati nazionali quei giusti margini di manovra per portare avanti anche politiche sociali e comunque non consentono una completa mobilità dei capitali finanziari.
Con la caduta del sistema del dollaro ancorato all’oro (gold
exchange standard) nel 1971, si avvia una
fase di accelerazione della globalizzazione e, soprattutto, del movimento dei
capitali finanziari anche per effetto dei cambiamenti ideologici.
La visione dell’autore è che questa eccessiva libertà di movimento dei capitali ha portato ad una grave instabilità e a gravi crisi in molti paesi. Infatti, tra i paesi emergenti, solo quelli che sono riusciti a contenere, con un forte intervento dello Stato, queste dinamiche sono riusciti a graduare il passaggio e ne hanno tratto un maggior beneficio (ad es. Corea e la stessa Cina).
Alla luce della storia passata, per Rodrik, si pone quindi un "trilemma", ovvero se si vuole una maggiore globalizzazione si deve rinunciare o allo Stato o alla democrazia, perché tutte e tre le alternative non sono perseguibili e compatibili:
"non appare possibile perseguite simultaneamente la democrazia, assumere decisioni a livello nazionale e realizzare la globalizzazione economica".
Il punto di vista dell’autore è che, se si vuole salvare la democrazia, o si passa ad un sistema di governance globale o si mantiene un certo grado di indipendenza degli Stati nazionali dalle regole imposte dalla globalizzazione.
La visione dell’autore è che questa eccessiva libertà di movimento dei capitali ha portato ad una grave instabilità e a gravi crisi in molti paesi. Infatti, tra i paesi emergenti, solo quelli che sono riusciti a contenere, con un forte intervento dello Stato, queste dinamiche sono riusciti a graduare il passaggio e ne hanno tratto un maggior beneficio (ad es. Corea e la stessa Cina).
Alla luce della storia passata, per Rodrik, si pone quindi un "trilemma", ovvero se si vuole una maggiore globalizzazione si deve rinunciare o allo Stato o alla democrazia, perché tutte e tre le alternative non sono perseguibili e compatibili:
"non appare possibile perseguite simultaneamente la democrazia, assumere decisioni a livello nazionale e realizzare la globalizzazione economica".
Il punto di vista dell’autore è che, se si vuole salvare la democrazia, o si passa ad un sistema di governance globale o si mantiene un certo grado di indipendenza degli Stati nazionali dalle regole imposte dalla globalizzazione.
Il sistema di governance globale, seppur invocato da molti
autori, per Rodrik è in tempi brevi irrealizzabile (una chimera), anche per le diversità oggettive di natura economica ma anche culturale delle situazioni nelle varie
nazioni. Pertanto, nella parte finale del
libro, da alcune indicazioni di massima
sulla strada da percorrere che, in sintesi, sono rappresentate da uno
strato minimale di regole comuni ma da
una certa autonomia e indipendenza degli Stati nazionali, in modo da poter perseguire
obiettivi che salvaguardino il benessere della maggioranza dei cittadini:
"Le democrazie hanno il diritto di proteggere i loro patti sociali, e quando tale diritto entra in conflitto con le esigenze dell'economia globale, è quest'ultima che deve cedere il passo.".
"Le democrazie hanno il diritto di proteggere i loro patti sociali, e quando tale diritto entra in conflitto con le esigenze dell'economia globale, è quest'ultima che deve cedere il passo.".
Infatti, un ulteriore aumento della globalizzazione, oltre
a portare indubbiamente qualche piccolo vantaggio, spesso per pochi, genera per molti delle gravi difficoltà e per
questo giustamente è molto mal vista e osteggiata.
In conclusione un libro che contiene moltissimi spunti di riflessione, molto più di quanto consenta questa sintesi, e che non dovreste mancare di leggere.
In conclusione un libro che contiene moltissimi spunti di riflessione, molto più di quanto consenta questa sintesi, e che non dovreste mancare di leggere.
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